Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza 30 aprile 2015, n. 18250
Ritenuto in fatto
1.Con ordinanza resa il 9 ottobre 2014 il Tribunale di Sorveglianza di Cagliari rigettava l’istanza, avanzata dal condannato B.T., di differimento dell’esecuzione della pena in quanto le sue condizioni di salute, seppur compromesse da plurime patologie, erano stabilizzate e compatibili con la carcerazione, nonché eventualmente gestibili mediante gli strumenti di cui all’art. 11 ord. pen..
2. Avverso tale provvedimento propone ricorso per cassazione l’interessato a mezzo del suo difensore, il quale deduce violazione di legge in riferimento al disposto degli artt. 147 cod. pen., 32 e 27 Cost. e 125 cod. proc. pen.. Il Tribunale di Sorveglianza ha frainteso i presupposti applicativi dell’istituto del differimento facoltativo dell’esecuzione che può essere accordato anche nei casi in cui, a prescindere dalle cure approntabili in ambiente carcerario, il mantenimento della restrizione sia lesivo dei diritto alla salute e contrario al divieto di trattamenti inumani e degradanti, perché causa di sofferenza aggiuntiva derivante proprio dalla privazione della libertà personale. La situazione dei ricorrente si adatta a tali valutazioni, dal momento che oltre alle gravissime patologie dalle quali è affetto, presenta una condizione psichica, derivante dall’età e dai postumi dell”‘ictus” che è destinata ad incidere sempre più negativamente anche sulle condizioni fisiche con un aggravio di sofferenze e compromette la percezione del significato della espiazione della pena. Su tali specifici profili, accertati da diverse perizie, il Tribunale non ha reso alcuna motivazione.
3. Con requisitoria scritta del 6 febbraio 2015 il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, dr. R.A., ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, condividendo le doglianze del ricorrente.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato e va dunque accolto.
1.Va premesso che in punto di diritto questa Corte ha più volte affermato che “il differimento facoltativo della pena per motivi di salute può essere concesso solo se sia stata diagnosticata una “grave infermità fisica” e ricorra un serio e conclamato pericolo quoad vitam” (Cass. sez. 1, n. 8936 dei 22/11/2000, Piromalli, rv. 21829) sicchè “anche in presenza di una patologia sicuramente grave del condannato (nel caso di specie, affetto da esiti di interventi per adenocarcinoma), il giudice non è tenuto automaticamente a concedere il rinvio dell’esecuzione della pena per ragioni di salute, ovvero la misura alternativa della detenzione domiciliare in casa di cura, dovendo invece verificare se la situazione patologica sia congruamente fronteggiabile in ambiente carcerario, senza che ciò contrasti con il basilare senso di umanità ed impedisca il normale regime trattamentale” (Cass. sez. 1, n. 45758 del 14/11/2007, De Witt, rv. 238140; sez. 1, n. 27313 del 24/06/2008, Commisso, rv. 240877; sez. 1, n. 4750 del 14/01/2011, Tinelli, rv. 249794; sez. 1, n. 5732 del 8/1/2013, Rossodivita, rv. 254509).
L’indagine demandata alla magistratura di sorveglianza impone anche di verificare se le condizioni di salute del condannato siano o meno compatibili con le finalità rieducative proprie della pena e con le concrete possibilità di reinserimento sociale, conseguenti all’attività rieducativa svolta, cosicché l’espiazione va legittimamente differita solo se, per la natura particolarmente grave dell’infermità del condannato, essa possa ritenersi come avvenuta in aperta violazione del diritto fondamentale alla salute e del senso d’umanità, al quale deve essere improntato il trattamento penitenziario, per le eccessive ed ingiustificate sofferenze che essa possa arrecare al condannato (Cass., sez. 1, nr. 28555 dei 18/6/2008, Graziano, rv. 240602; sez. 1, nr. 4690 del 23/9/1996, Camerlingo, rv. 205750) e le cure necessarie non siano praticabili in istituto, considerando peraltro che le eventuali situazioni acute e di crisi ben possono essere fronteggiate con il ricovero esterno ai sensi dell’art. 11 della L. 26 luglio 1975, n. 354 (Cass., sez. 1, nr. 36856 del 28/9/2005, La Rosa, rv. 232511).
2.Ciò posto, si osserva che il ricorso deduce, non soltanto una situazione sanitaria più grave di quella evidenziata nell’ordinanza impugnata, ampiamente documentata dalle relazioni sanitarie e dalle perizie espletate, ma anche la sussistenza di “elevato” pericolo di eventi improvvisi e letali e l’effettivo scadimento delle facoltà mentali dei detenuto, sia per le condizioni di età di ottantaquattrenne, che per le patologie dalle quali è affetto, la cui serietà e pregiudizialità è enfatizzata dalla condizione di isolamento, propria della detenzione.
3. A fronte di tale prospettazione difensiva, il Tribunale ha errato nel riferirsi, quale presupposto del beneficio richiesto, all’assoluta incompatibilità delle condizioni di salute col regime carcerario, che è richiesta per l’applicazione del differimento obbligatorio ai sensi dell’art. 146 nr. 3 cod. pen., mentre per quello facoltativo è sufficiente il riscontro circa “le condizioni di grave infermità fisica”, nel caso pacificamente sussistenti. Inoltre, è mancata qualsiasi considerazione circa l’incidenza dei fattore senilità e dello scadimento delle facoltà mentali dei detenuto sulle concrete modalità dell’espiazione, sulla sua capacità di partecipazione consapevole al percorso rieducativo e di comprensione del significato del trattamento in ragione dell’eventuale impossibilità di proiettare in un futuro gli effetti riabilitativi della sanzione. Del pari, non è rintracciabile nella motivazione del provvedimento in esame la verifica circa il portato aggiuntivo di sofferenze che la detenzione comporta in presenza di quello stato anagrafico e di quel quadro nosologico così complesso e ciò indipendentemente dalla compatibilità o meno delle infermità con la restrizione e con le possibilità di assistenza e cura offerte dal sistema carcerario, rimedi che non sono in grado di alleviare l’aggravio di sofferenze, cagionato di per sé dalla privazione dello stato di libertà in quelle condizioni. I giudici di merito avrebbero dunque dovuto porre attenzione nel caso specifico all’esigenza di non ledere il fondamentale diritto alla salute e di non consentire trattamenti contrari al senso di umanità, secondo quanto prescritto dagli artt. 32 e 27 Cost. ed estendere anche la valutazione al grado di pericolosità residua presentata dall’istante al fine di contemperare la necessità di dare attuazione concreta alla pretesa esecutiva dello Stato e le esigenze di salvaguardia della persona.
L’ordinanza, affetta da violazione di legge e da carenza ed illogicità della motivazione, va annullata con rinvio al Tribunale di Sorveglianza di Cagliari per il rinnovato esame della domanda, da condursi alla luce dei principi di diritto e dei rilievi sopra svolti.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Cagliari.
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