Il Tribunale di Sorveglianza – alle prese con un detenuto gravemente malato – deve tenere sempre presente le sue condizioni di salute e solo allora prendere una decisione, non potendosi acriticamente riprendere le motivazioni di altro Tribunale di Sorveglianza secondo cui la volontà del detenuto di non sottoporsi a intervento chirurgico fosse un semplice escamotage per procrastinare i domiciliari.
Suprema Corte di Cassazione
sezione I penale
sentenza 1 febbraio 2017, n. 4899
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BONITO Francesco M. S. – Presidente
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere
Dott. ROCCHI Giacomo – rel. Consigliere
Dott. BONI Monica – Consigliere
Dott. TALERICO Palma – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. 2395/2015 TRIB. SORVEGLIANZA di NAPOLI, del 09/04/2015;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROCCHI Giacomo;
lette le conclusioni del PG Dott. PINELLI Mario, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Sorveglianza di Napoli rigettava l’istanza di differimento dell’esecuzione della pena avanzata da (OMISSIS), condannato alla pena di anni trenta di reclusione.
Secondo il Tribunale, le condizioni di salute del condannato non rendevano necessario un costante contatto con presidi sanitari territoriali, ma la permanenza in luoghi ove sia possibile un rapido ricorso a specifiche cure cardiologiche e cardiochirurgiche; in effetti, la patologia cardiaca non aveva subito alcun rilevante aggravamento pur non essendo escluso il rischio di infarto e di morte improvvisa.
Il Tribunale ricordava che (OMISSIS) aveva rifiutato l’intervento chirurgico che gli era stato proposto dai sanitari dell’Ospedale di (OMISSIS); il trasferimento da (OMISSIS) era derivato dalla mancanza nel carcere di attrezzature in grado di gestire le emergenze cardiologiche, mentre nella realta’ campana sono presenti strutture altamente specializzate cui potersi rivolgere con l’istituto del ricovero esterno ex articolo 11 ord. pen.. La terapia farmacologica approntata in sostituzione dell’intervento chirurgico rifiutato era agevolmente esperibile in carcere.
Secondo il Tribunale, il rifiuto del condannato di praticare l’intervento chirurgico lasciava trasparire un intento di strumentalizzazione delle condizioni di salute, aggravandole al fine di ottenere il beneficio invocato. La detenzione domiciliare non era concedibile alla luce della residua pena da espiare.
2. Ricorre per cassazione (OMISSIS), deducendo violazione di legge.
Il Tribunale di Sorveglianza di Sassari, concedendo il rinvio facoltativo dell’esecuzione in regime di detenzione domiciliare, aveva ritenuto che le condizioni di salute del detenuto fossero tali da rendere contrario al senso di umanita’ il mantenimento in istituto, che le terapie cui (OMISSIS) deve sottoporsi fossero incompatibili con la gestione del carcere e che il detenuto fosse costantemente a rischio di vita.
La condizione di (OMISSIS) era rimasta uguale anche dopo il trasferimento in detenzione domiciliare, cosicche’ il giudizio di sussistenza delle condizioni di cui all’articolo 147 c.p., comma 1, n. 2 era definitivo e non modificabile in assenza di mutamento delle condizioni di fatto poste a base del provvedimento.
Viene quindi denunciata la violazione dell’articolo 649 c.p.p., applicabile anche alle ordinanze emesse dalla Magistratura di Sorveglianza.
Il Tribunale di Sorveglianza di Napoli, provvedendo sulla richiesta di proroga del regime provvisorio di detenzione domiciliare, avrebbe dovuto rispettare il giudicato, dopo avere verificato la stabilita’ delle condizioni di salute.
In un secondo motivo, il ricorrente deduce vizio di motivazione.
L’ordinanza aveva richiamato quella del Tribunale di Sorveglianza di Sassari nelle sole parti utili a motivare il rigetto dell’istanza, erroneamente affermando che i provvedimenti erano giustificati esclusivamente dalla mancanza di attrezzature per le terapie cardiologiche; al contrario, il provvedimento era fondato sul rischio per la vita del soggetto, che sarebbe rimasto fino all’esecuzione dell’intervento chirurgico.
Analogamente, erano stati travisati i motivi del rinvio dell’operazione chirurgica, deciso – come da certificazione prodotta – per l’alterazione del quadro emato-clinico che era incompatibile con l’intervento. Il Tribunale aveva usato la scienza privata per affermare che i valori di glicemia, trigliceridi e colesterolo avrebbero potuto rientrare con adeguata terapia farmacologica e dieta ipocalorica, senza avvedersi che la situazione era collegata ad un quadro morboso respiratorio.
Allo stesso modo era del tutto gratuita ed infondata l’accusa al condannato di volere aggravare le proprie condizioni di salute; cosi’ come era frutto di arbitraria valutazione derivante dalla scienza privata del giudice l’affermazione dell’esistenza nella realta’ campana di strutture specializzate cui potersi rivolgere ai sensi dell’articolo 11 ord. pen.
Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
3. Il Procuratore Generale, nella requisitoria scritta, conclude per la declaratoria di inammissibilita’ dell’impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ fondato e comporta l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
1. Il ricorrente correttamente richiama il principio del ne bis in idem al caso in esame, atteso che il Tribunale di Sorveglianza di Napoli era chiamato ad intervenire alla scadenza del termine di differimento della pena adottata dal Tribunale di Sorveglianza di Sassari con contestuale applicazione della detenzione domiciliare ex articolo 147 c.p. e articolo 47 ter, comma 1 ter, ord. pen..
Il provvedimento precedente, quindi, accertava che le condizioni di salute del detenuto imponevano tale provvedimento, risultando contrario al senso di umanita’ il mantenimento in carcere.
Questa Corte ha piu’ volte affermato che il principio del ne bis in idem sancito dall’articolo 649 c.p.p. e’ operante, oltre che nel procedimento di cognizione, anche per le ordinanze emesse dalla magistratura di sorveglianza (Sez. 1, n. 44849 del 14/10/2008 – dep. 02/12/2008, Calandruccio, Rv. 24219301); pertanto, trova applicazione il principio generale della revocabilita’ dei provvedimenti giurisdizionali quando risulti, successivamente alla loro adozione, una diversa situazione di fatto rispetto a quella assunta a presupposto del precedente provvedimento (Sez. 1, n. 15861 del 07/03/2014 – dep. 09/04/2014, Cammisa, Rv. 25960401), risultando invece illegittima la revoca in mancanza di fatti nuovi (Sez. 1, n. 32882 del 24/06/2013 – dep. 29/07/2013, Licciardi, Rv. 25700401).
Nell’ordinanza impugnata si fa menzione di due rinvii dell’intervento chirurgico prescritto al ricorrente: quello derivante dal rifiuto di (OMISSIS), ricoverato presso l’Ospedale Civile di (OMISSIS), nel settembre 2014, e quello intervenuto nel gennaio – febbraio 2015, quando (OMISSIS) si trovava gia’ in detenzione domiciliare in forza del provvedimento del Tribunale di Sorveglianza di Sassari; ebbene, e’ evidente che il primo rinvio era stato valutato dall’ordinanza suddetta che, appunto, aveva disposto la detenzione domiciliare l’11/12/2014.
Di conseguenza, la considerazione espressa nell’ordinanza impugnata secondo cui “il pregresso rifiuto del condannato di praticare l’intervento chirurgico consigliatogli e’ circostanza che lascia trasparire un intento di strumentalizzazione delle proprie condizioni di salute” puo’ avere rilevanza solo se riferita al secondo rinvio, e non al primo, che il Tribunale di Sorveglianza di Sassari aveva evidentemente ritenuto non pretestuoso.
2. Cosi’ inquadrato l’ambito entro il quale il Tribunale di Sorveglianza di Napoli poteva svolgere il suo giudizio discrezionale, l’ordinanza appare carente nella motivazione con riferimento alla valutazione della condizione attuale del detenuto.
In primo luogo, dal provvedimento non si coglie una risposta chiara al quesito se le condizioni di salute di (OMISSIS) siano migliorate, stabili o peggiorate rispetto a quelle valutate nella precedente ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Sassari.
In effetti, in base al principio sopra enunciato, questo era il primo nodo da sciogliere, non potendo il Tribunale nuovamente valutare ex novo la situazione clinica, prescindendo da quella che aveva indotto al differimento della pena con detenzione domiciliare.
In secondo luogo, non si comprende se il passo sopra citato relativo alla possibile strumentalizzazione della patologia da parte del condannato si riferisca anche al secondo rinvio dell’operazione chirurgica: l’ordinanza sottolinea il decorso di sette mesi da quando era stata diagnosticata la necessita’ dell’operazione chirurgica e si limita ad osservare che “i valori di glicemia, trigliceridi e colesterolo sono tali che ben potevano rientrare in quest’arco temporale con apposita cura farmacologica e dieta ipocalorica”: ma tale valutazione, da una parte non appare sorretta da alcun giudizio medico, dall’altra sembra non tenere conto dei risultati della relazione difensiva secondo cui l’alterazione dei valori del sangue era sopravvenuta (quindi non esisteva all’epoca il cui l’Ospedale di (OMISSIS) aveva indicato la necessita’ dell’intervento chirurgico) ed era legata ad una patologia respiratoria.
3. In definitiva, l’ordinanza del Tribunale di Sassari aveva stabilito che le condizioni di salute di (OMISSIS) erano tali da rendere la detenzione contraria al senso di umanita’, fino all’esecuzione dell’intervento chirurgico raccomandato.
Il Tribunale di Sorveglianza di Napoli non ha adeguatamente motivato in ordine al mutamento di tali condizioni di salute e ai motivi del rinvio dell’intervento chirurgico programmato per febbraio 2015, apparentemente – ma immotivatamente – addebitandolo alla volonta’ del condannato di godere ulteriormente della detenzione domiciliare, opponendo pretestuosi rifiuti all’esecuzione dell’intervento.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Napoli
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