I prossimi congiunti della persona offesa di un reato commesso con violenza alla persona e che sia deceduta, i quali abbiano un difensore ovvero (in mancanza) abbiano eletto domicilio, hanno diritto alla notificazione della richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare avanzata dalla parte interessata dopo la chiusura delle indagini preliminari e fuori dell’udienza, e ciò al pari della vittima del reato, subentrando essi in tutti i diritti e facoltà spettanti alla persona offesa deceduta
Suprema Corte di Cassazione
sezione I penale
sentenza 1 dicembre 2016, n. 51402
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI TOMASSI Mariastefani – Presidente
Dott. BONITO Francesco M. – Consigliere
Dott. SANDRINI Enrico – rel. Consigliere
Dott. SARACENO Rosa Anna – Consigliere
Dott. TALERICO Palma – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI LECCE;
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
nei confronti di:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. 38/2016 TRIB. LIBERTA’ di LECCE, del 12/02/2016;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE SANDRINI;
sentite le conclusioni del PG Dott. MARIO PINELLI che chiede l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, e in subordine l’annullamento con rinvio in accoglimento del ricorso del pubblico ministero;
l’avv. (OMISSIS) per la parte civile (OMISSIS) chiede l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata ed il (Ndr: testo originale non comprensibile);
l’avv. (OMISSIS) per la parte civile (OMISSIS) e (OMISSIS) si riporta al ricorso e ne chiede l’accoglimento;
Udito il difensore dell’imputato avv. (OMISSIS) che chiede il rigetto del ricorso delle parti civili e l’inammissibilita’, e in subordine il rigetto, del ricorso del pubblico ministero.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 12.02.2016 il Tribunale di Lecce, costituito ai sensi dell’articolo 310 c.p.p., ha rigettato l’appello proposto dal pubblico ministero avverso l’ordinanza emessa l’11.01.2016 con cui la Corte d’assise di Lecce aveva sostituito la misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari nei confronti di (OMISSIS), condannato alla pena di anni 30 di reclusione con sentenza pronunciata il 12.11.2015 per i delitti di omicidio premeditato e distruzione del cadavere di (OMISSIS); ha contestualmente dichiarato inammissibili gli appelli delle persone offese (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (in proprio e quale genitore legale rappresentante dei figli minori).
Con riguardo al gravame delle persone offese dal reato, fondato sul dato (pacifico) dell’omesso adempimento da parte dell’imputato dell’onere di notifica dell’istanza di sostituzione della misura, previsto, a pena di inammissibilita’, dall’articolo 299, comma 4 bis del codice di rito, il Tribunale riteneva che, pur rientrando l’omicidio tra i delitti commessi con violenza alla persona astrattamente soggetti all’onere di legge, una corretta interpretazione letterale e di ordine logico-sistematico-teleologico della norma conduceva a escludere la sussistenza del diritto a essere informati dell’istanza presentata dall’imputato in capo ai prossimi congiunti della vittima, sia perche’ non rientranti stricto sensu nella nozione di persone offese dal reato (dal quale erano stati danneggiati, ma non direttamente incisi nella lesione del bene della vita, costituente il bene giuridico protetto di cui era titolare esclusivamente la vittima), sia perche’ l’estensione ai prossimi congiunti della persona offesa deceduta delle facolta’ e dei diritti spettanti a quest’ultima, prevista dall’articolo 90 c.p.p., doveva ritenersi operante solamente in senso attivo e non anche in senso passivo, sia, infine, in ragione del numero tendenzialmente spropositato delle persone altrimenti destinatarie dell’onere di comunicazione alla stregua della nozione di prossimi congiunti prevista dall’articolo 307 cod. pen., incompatibile con le esigenze di celerita’ proprie del procedimento cautelare; escludeva l’esistenza di un contrasto dell’interpretazione, cosi’ operata, coi principi e con le norme della direttiva 2012/29/UE in materia di tutela delle vittime dei reati e con la relativa legge di recepimento di cui al Decreto Legislativo n. 212 del 2015, introduttiva dell’articolo 90 ter c.p.p., contemplanti forme di tutela pur sempre limitate alla persona offesa, nel senso sopra inteso, attraverso oneri informativi riguardanti i provvedimenti (e non le istanze) modificativi dello status cautelare dell’indagato, ovvero il fatto materiale della sua evasione, e rilevava l’inutilita’ della previsione di una partecipazione al contraddittorio sulle istanze ex articolo 299 del codice di rito da parte di chi, come la vittima di un omicidio, era stato privato in via definitiva di qualsiasi ipotizzabile rapporto futuro con l’autore del reato, rispetto al quale i prossimi congiunti non avevano normalmente ragione di temere alcun pericolo dalla modifica dello status libertatis del reo, ne’ avevano alcuna possibilita’ concreta di apportare elementi in grado di accrescere il patrimonio conoscitivo del giudice chiamato a pronunciarsi sull’istanza.
Quanto all’appello del pubblico ministero, il Tribunale rilevava che l’avvenuta definizione del giudizio di primo grado, tanto nei confronti dello (OMISSIS) quanto del coimputato (OMISSIS), aveva ormai cristallizzato il quadro probatorio, con conseguente superamento delle esigenze di prevenire possibili inquinamenti; che il solo fatto della condanna dello (OMISSIS) a una pena molto severa non valeva a integrare di per se’ il pericolo di fuga; che il pericolo di recidiva non poteva essere desunto dalla condotta processuale dell’imputato sostanziatasi nel negare la propria responsabilita’; che le residue esigenze cautelari, alla stregua dell’incensuratezza dello (OMISSIS), dell’osservanza delle prescrizioni della misura durante i due anni e mezzo di custodia in carcere, dell’estraneita’ del delitto a contesti di criminalita’ organizzata, dell’esigenza di equiparare la posizione dell’imputato a quella del correo (OMISSIS) (condannato alla medesima pena detentiva) potevano essere soddisfatte mediante la misura gradata degli arresti domiciliari in un luogo (ricadente nella provincia di Pavia) adeguatamente distante da quello del commesso reato.
2. Avverso l’ordinanza suindicata hanno proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lecce e, con distinti atti, sia le parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS) che (OMISSIS) (anche per conto dei figli minori).
2.1. Il ricorso del pubblico ministero deduce violazione di legge e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, di cui censura l’erronea e illogica valutazione delle esigenze cautelari con riguardo a tutte e tre le ipotesi disciplinate dall’articolo 274 c.p.p., comma 1.
Il ricorrente rileva che lo (OMISSIS) aveva prospettato al (OMISSIS), prima di essere arrestato, l’intenzione di inquinare le prove, secondo un disegno che non si era realizzato grazie alla collaborazione del correo, che lo (OMISSIS) avrebbe potuto contattare dal luogo degli arresti domiciliari e indurre a ritrattare, senza che la relativa distanza territoriale potesse costituire un reale ostacolo alla possibilita’ di comunicazione tra i due soggetti.
Deduce che la particolare gravita’ della pena inflitta, di anni 30 di reclusione, era tale da rendere concreto e attuale il pericolo di fuga, specie in assenza di applicazione di dispositivi di controllo elettronico a distanza e a fronte della mancanza di qualsiasi segnale di resipiscenza da parte dello (OMISSIS), che durante la carcerazione non aveva fatto altro che uniformarsi doverosamente alle prescrizioni del regime detentivo.
Rileva che la gravita’ del fatto e delle modalita’ della condotta inducevano un effettivo pericolo di recidiva, anche alla stregua del comportamento processuale dell’imputato, diverso da quello parzialmente collaborativo del (OMISSIS).
2.2. I ricorsi delle parti civili deducono entrambi violazione di legge, nonche’ vizio di motivazione, in relazione all’articolo 299, comma 4 bis, e articolo 90 del codice di rito, di cui lamentano la disapplicazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi delle parti civili sono fondati, per le ragioni che seguono, e il loro accoglimento determina l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e dell’ordinanza della Corte d’assise di Lecce in data 11.01.2016 che ha sostituito, su richiesta dell’imputato, la misura cautelare della custodia in carcere originariamente applicata a (OMISSIS) con quella degli arresti domiciliari, con effetto assorbente delle doglianze dedotte nel ricorso del pubblico ministero.
2. Occorre premettere che, cosi’ come risulta dal testo dell’ordinanza impugnata, l’istanza di sostituzione della misura cautelare e’ stata presentata dai difensori, nell’interesse dell’imputato, in data 7.01.2016, e dunque nelle more tra la pronuncia del dispositivo della sentenza di condanna dello (OMISSIS) alla pena di anni 30 di reclusione (il 12.11.2015) e il deposito in cancelleria della relativa motivazione (avvenuto il 10.02.2016); la presentazione dell’istanza (e la conseguente pronuncia dell’ordinanza) fuori udienza ha dunque precluso alle altre parti processuali (diverse dal pubblico ministero, che ha espresso il proprio parere ex articolo 299 c.p.p., comma 4 bis) di interloquire sulla stessa, non essendo state le parti civili costituite, corrispondenti agli stretti congiunti della vittima ( (OMISSIS)) – pacificamente – destinatarie di alcuna notificazione (o comunicazione) della richiesta formulata dall’imputato.
3. L’articolo 299 c.p.p., comma 4 bis, cosi’ come novellato dal Decreto Legge n. 93 del 2013, convertito con modificazioni nella L. n. 119 del 2013, stabilisce a carico della parte che abbia formulato, dopo la chiusura delle indagini preliminari, richiesta di revoca o sostituzione (in melius) di una delle misure cautelari personali previste dagli articoli del codice ivi richiamati (tra le quali, per quanto qui interessa, la custodia in carcere disciplinata dall’articolo 285) l’obbligo di notificare contestualmente la richiesta – a pena di inammissibilita’ – al difensore della persona offesa di un delitto commesso con violenza alla persona, ovvero, in mancanza del difensore, direttamente a quest’ultima (salvo che non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio), al fine di stimolare l’instaurazione di un contraddittorio cartolare (di tipo eventuale) prima che il giudice si pronunci, mediante l’esercizio della facolta’ riconosciuta alla persona offesa di presentare memorie ai sensi dell’articolo 121 c.p.p..
La norma costituisce attuazione, nel settore delle misure cautelari personali, del sistema di tutele e garanzie dei diritti della persona offesa e di protezione delle vittime dei reati, che e’ stato ulteriormente implementato dalle nuove disposizioni processuali, di carattere generale, introdotte nel codice di rito dal Decreto Legislativo 15 dicembre 2015, n. 212, emanato in attuazione della direttiva 2012/29/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012; la norma, e l’obbligo di notificazione in essa previsto, si applica, in base al suo disposto testuale, ai procedimenti di cui al medesimo articolo 299 c.p.p., comma 2 bis, e cioe’ a quelli aventi ad oggetto “delitti commessi con violenza alla persona”, tra i quali rientra pacificamente l’omicidio volontario ascritto nel caso di specie allo (OMISSIS) (al quale ha fatto seguito la distruzione del cadavere della vittima, oggetto di autonoma imputazione ex articolo 411 c.p., e articolo 61 c.p., n. 2).
4. Poiche’ la Corte d’assise di Lecce, giudice competente ex articolo 279 del codice di rito, ha provveduto alla sostituzione della misura coercitiva – con altra meno grave – su richiesta dell’imputato, doveva trovare integrale applicazione il disposto dell’articolo 299 c.p.p., comma 4 bis; il dato, pacifico, dell’adozione del provvedimento nonostante l’omessa notificazione della richiesta ai prossimi congiunti della vittima, costituiti parti civili, e la mancata rilevazione della relativa causa di inammissibilita’ da parte del Tribunale investito dell’appello cautelare del pubblico ministero e delle parti civili integra, dunque, la violazione di legge denunciata nei ricorsi per cassazione delle parti civili.
4.1. L’articolo 90 c.p.p., comma 3, statuisce che le facolta’ e i diritti riconosciuti dalla legge alla persona offesa dal reato sono esercitati, qualora la stessa sia deceduta (come nel caso di specie) in conseguenza del reato, dai prossimi congiunti della vittima (categoria, individuata dall’articolo 307 c.p., comma 4, alla quale la recente novella di cui al Decreto Legislativo n. 212 del 2015, ha aggiunto la persona legata da relazione affettiva e stabilmente convivente). L’ordinanza impugnata, pur dichiaratamente consapevole della norma suddetta, che estende ai prossimi congiunti della vittima del delitto di omicidio la titolarita’ dei diritti e delle facolta’ che la legge attribuiva a quest’ultima, ha escluso che in essi rientri il diritto di ricevere la notificazione prevista dall’articolo 299 c.p.p., comma 4 bis, sulla base di argomentazioni giuridicamente infondate.
4.2. Erronea, e contrastante con elementari principi logici, prima ancora che giuridici, e’ l’affermazione del provvedimento gravato secondo cui il subentro, riconosciuto dall’articolo 90 c.p.p., comma 3, ai prossimi congiunti della vittima del reato, nella posizione giuridica di tipo attivo costituita dall’esercizio dei diritti e delle facolta’ ad essa spettanti, non postula la successione dei medesimi soggetti anche nella titolarita’ della corrispondente situazione passiva (di cui era originariamente titolare la persona offesa), rappresentata dal diritto a, ricevere gli avvisi, le notificazioni e le comunicazioni che sono preordinate e funzionali proprio all’esercizio di quei diritti e di quelle facolta’: la titolarita’ del diritto attivo a un facere presuppone logicamente (e necessariamente) quella del diritto (passivo) all’adempimento informativo che e’ preordinato al relativo esercizio, come si ricava dai principi affermati da questa Corte in materia di avvisi propedeutici all’esercizio delle facolta’ riconosciute ai prossimi congiunti della persona offesa nei confronti della richiesta del pubblico ministero di archiviazione del procedimento relativo al reato in conseguenza del quale la stessa sia deceduta (Sez. 6 n. 16715 del 26/02/2003, Rv. 224960; Sez. 5 n. 31921 del 2/07/2007, Rv. 237575).
4.3. Giuridicamente errato, oltre che inconferente al caso di specie, e’ anche l’argomento che valorizza l’elemento di fatto rappresentato dal numero tendenzialmente elevato dei destinatari dell’obbligo di notificazione gravante sull’imputato, discendente dall’ampiezza della nozione di prossimi congiunti recepita dall’articolo 307 c.p., comma 4, di cui il Tribunale prospetta l’incidenza negativa sulle esigenze di celerita’ proprie del procedimento cautelare de libertate; lo stesso testo dell’articolo 299 c.p.p., comma 4 bis, esclude, invero, la paventata dilatazione del novero dei destinatari dell’adempimento informativo, delimitandolo ai soggetti – persone offese o prossimi congiunti delle stesse – che siano muniti di difensore ovvero (in mancanza) abbiano provveduto a dichiarare o eleggere domicilio, utilizzando una terminologia che, pur non dovendosi interpretare in senso tecnico (non prevedendo il codice di rito a carico di soggetti diversi dall’imputato formalita’ analoghe a quelle disciplinate dall’articolo 161 e segg.), individua come destinatari dell’obbligo di notifica solo quei prossimi congiunti che abbiano comunque interloquito nel processo, nominando un difensore ovvero depositando un atto che contenga le indicazioni necessarie all’esecuzione della notificazione.
Nel caso in esame, in cui il processo e’ pervenuto alla fase del giudizio di merito nel quale i prossimi congiunti della vittima si sono costituiti parti civili, il problema sollevato dall’ordinanza impugnata neppure si poneva, coincidendo esattamente i soggetti destinatari della notificazione della richiesta di sostituzione della misura cautelare con le parti civili costituite.
4.4. Privo di fondamento, e ai limiti del paradosso, infine, si rivela l’argomento che pretende di fondare sulla definitiva interruzione di ogni rapporto del (presunto) autore del reato con la persona offesa, per effetto della morte di quest’ultima, l’esclusione dei prossimi congiunti della vittima di omicidio volontario – che costituisce il delitto in cui la violenza alla persona raggiunge la massima esplicazione – dai destinatari legali dell’obbligo informativo funzionale a garantire e stimolare il diritto di interloquire sulla modifica dello status cautelare dell’imputato.
L’ordinanza gravata muove dal dichiarato, quanto indimostrato ed erroneo, postulato teorico che i prossimi congiunti della vittima di un omicidio non abbiano nulla da temere dalla modifica dello status libertatis dell’imputato, e non abbiano percio’, in via di principio, ne’ l’interesse, ne’ la concreta possibilita’ di interloquire sulla relativa richiesta di modifica mediante l’apporto di utili elementi di conoscenza al giudice chiamato a decidere sulla stessa.
L’argomento di mera natura fattuale, cosi’ introdotto, non trova riscontro ne’ nella lettera della norma di cui all’articolo 299 c.p.p., comma 4 bis, ne’ nella ratio legis del relativo intervento normativo.
La valutazione dell’interesse e dell’opportunita’ di interloquire sulla richiesta di modifica dello stato cautelare dell’imputato e’, infatti, rimessa dalla norma di nuovo conio alla persona offesa dal reato, e qualora essa sia deceduta in conseguenza di esso ai prossimi congiunti, con riferimento alla (intera) categoria generale dei delitti commessi con violenza alla persona, espressione che – come e’ stato chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 10959 del 29/01/2016 – deve essere intesa in senso ampio, comprensiva tanto delle aggressioni fisiche al bene della vita e dell’incolumita’ della persona, quanto delle aggressioni morali o psicologiche alla sua integrita’ psichica (o sessuale), senza alcuna possibilita’ per l’interprete di operare restrizioni di sorta all’interno di tale categoria (che finirebbero per rivelarsi arbitrarie), escludendo dalle nuove forme di tutela del contraddittorio processuale una o piu’ tipologie di delitti che rientrano nella nozione definita dalla legge, anche solo sotto il profilo della limitazione del diritto di ricevere gli avvisi o le notificazioni il cui obbligo e’ stato introdotto proprio al fine di garantire e ampliare la facolta’ di partecipazione della vittima del reato al procedimento penale a carico del suo autore.
4.5. E’ proprio l’interpretazione sistematica e funzionale della novella normativa, raccordata ai contenuti della direttiva 2012/29/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012, che ha istituito norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato (alla quale e’ stata data attuazione nell’ordinamento interno col citato Decreto Legislativo n. 212 del 2015), a convalidare ed esigere un’esegesi della lettera della norma che non escluda, contrariamente a quanto affermato dall’ordinanza impugnata, i prossimi congiunti della persona offesa dal reato, che sia deceduta in conseguenza di esso, dal novero degli aventi diritto alla notificazione prevista dall’articolo 299 c.p.p., comma 4 bis: l’articolo 2 della direttiva (la cui dichiarata funzione, si ribadisce, e’ quella di garantire forme “minime” di tutela alle vittime dei reati) ricomprende testualmente – nella definizione di “vittima” anche il “familiare di una persona la cui morte e’ stata causata direttamente da un reato e che ha subito un danno in conseguenza della morte di tale persona”, prevedendo che gli Stati membri possano stabilire procedure per limitare il numero di familiari ammessi a beneficiare dei diritti previsti dalla direttiva; il successivo articolo 10 stabilisce, poi, a carico degli Stati membri di garantire che la “vittima” (come sopra definita) possa essere sentita nel corso del procedimento penale e possa fornire elementi di prova, secondo le norme procedurali stabilite dal diritto nazionale.
5. Il provvedimento di annullamento deve essere comunicato al Procuratore Generale in sede perche’ dia i provvedimenti occorrenti, conseguenti al venir meno del titolo concessivo degli arresti domiciliari allo (OMISSIS), in applicazione (estensiva) del disposto dell’articolo 626 del codice di rito.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e l’ordinanza della Corte d’assise di Lecce in data 11.01.2016.
Dispone la comunicazione del dispositivo al Procuratore Generale in sede perche’ dia i provvedimenti occorrenti
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