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Sez. 5, n. 47621 del 25/09/2014 Rv. 261684 “In tema di bancarotta fraudolenta, le operazioni dolose di cui alla L. Fall., articolo 223, comma 2, n. 2, attengono alla commissione di abusi di gestione o di infedelta’ ai doveri imposti dalla legge all’organo amministrativo nell’esercizio della carica ricoperta, ovvero ad atti intrinsecamente pericolosi per la “salute” economico-finanziaria della impresa e postulano una modalita’ di pregiudizio patrimoniale discendente non gia’ direttamente dall’azione dannosa del soggetto attivo (distrazione, dissipazione, occultamento, distruzione), bensi’ da un fatto di maggiore complessita’ strutturale riscontrabile in qualsiasi iniziativa societaria implicante un procedimento o, comunque, una pluralita’ di atti coordinati all’esito divisato. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto corretta la qualificazione di operazione dolosa data nella sentenza impugnata al protratto, esteso e sistematico inadempimento delle obbligazioni contributive, che, aumentando ingiustificatamente l’esposizione nei confronti degli enti previdenziali, rendeva prevedibile il conseguente dissesto della societa’)”.
2. Nel capo C) d’imputazione non viene descritta esplicitamente, fra le operazioni dolose che hanno determinato il fallimento e di cui i sindaci si sarebbero resi responsabili per omessa vigilanza, quella indicata al punto a.6 del capo A), contestato agli amministratori, vale a dire la dissipazione di parte del patrimonio della fallita attraverso pagamenti privi di causale alla societa’ (OMISSIS).
La condotta, tuttavia, rientra nell’addebito, svolto in via generale al capo C), di avere omesso di vigilare sul generale andamento della societa’ e, del resto, gli imputati sono stati in grado di difendersi sul punto, posto che i finanziamenti alle societa’ facenti capo agli amministratori della societa’ fallita hanno rappresentato uno dei temi maggiormente approfonditi nel corso del giudizio.
La risposta che la Corte d’Appello ha dato al corrispondente motivo di gravame e’ in questi termini ed e’ conforme alla giurisprudenza di legittimita’.
Va detto, infatti, che in tema di correlazione tra accusa e sentenza, le previsioni di cui agli articoli 521 e 522 cod. proc. pen. hanno lo scopo di garantire il contraddittorio sul contenuto dell’accusa e, quindi, l’esercizio effettivo del diritto di difesa dell’imputato, con la conseguenza che non e’ possibile ipotizzarne una violazione in astratto, prescindendo dalla natura dell’addebito specificamente formulato nell’imputazione e dalle possibilita’ di difesa che all’imputato sono state concretamente offerte dal reale sviluppo della dialettica processuale (Sez. 5, n. 46203 del 09/11/2004 Ud. Rv. 231169).
3. Il terzo motivo di ricorso e’ astrattamente fondato, in quanto l’operazione dolosa costituita dall’eccessivo accantonamento relativo all’indennita’ per l’infortunio di due lavoratori non e’ mai stata contestata agli amministratori (a pagina 13 della sentenza impugnata ne’ da conto lo stesso giudice di appello), sicche’ non e’ possibile ritenere la responsabilita’ concorsuale ex articoli 110 e 40 cpv. c.p. se la condotta non sia stata contestata al concorrente qualificato.
Tale conclusione, tuttavia, non ha alcun effetto al fine di ritenere o meno integrato il reato di cui all’articolo 223, comma 2, n. 2, seconda parte, dal momento che le operazioni dolose contestate sono plurime ed il venir meno di una di esse, fra l’altro marginale, non incide sulla possibilita’ di configurarlo.
Neppure vi sono gli estremi per un rinvio al giudice di merito per una nuova valutazione sulla congruita’ della pena, vista l’esclusione di una delle condotte contestate, posto che ai due imputati e’ stata irrogata la pena minima edittale, a (OMISSIS) sono gia’ state concesse le attenuanti generiche e (OMISSIS) non ha proposto ricorso in relazione al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche che, del resto, e’ stato motivato su presupposti soggettivi diversi dalla gravita’ del fatto, sicche’, anche sotto tale profilo, il venir meno di una delle condotte incriminate non ha alcun effetto concreto sulla entita’ della pena.
4. E’ infondato anche il quarto motivo di ricorso.
L’assunzione di un mutuo ipotecario in una fase di conclamato dissesto della societa’ ne ha aggravato l’indebitamento, a prescindere dalla eventuale intenzione di privilegiare alcuni creditori rispetto ad altri, sicche’ l’operazione rientra a pieno titolo in quei fatti di maggiore complessita’ strutturale, non direttamente riconducibili a distrazioni o dissipazioni, ma comunque pericolose per lo stato di salute della societa’ (in questi termini Sez. 5, Sentenza n. 38728 del 03/04/2014 Rv. 262207).
5. Analogamente si deve ritenere quanto alla condotta consistita nell’essere ricorsi, gli amministratori, a fonti di finanziamento anomale, attraverso forme illecite di sconto di ricevute bancarie.
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