Presidente del collegio e sindaci corresponsabili per le operazioni illecite se queste, per la loro rilevanza, non potevano sfuggire all’organo di controllo.
Sentenza 16 novembre 2017, n. 52433
Data udienza 10 agosto 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE FERIALE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IZZO Fausto – Presidente
Dott. MORELLI Francesca – rel. Consigliere
Dott. RAMACCI Luca – Consigliere
Dott. TALERICO Palma – Consigliere
Dott. PARDO Ignazio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS) a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS) a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 12/01/2017 della CORTE APPELLO di MILANO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa MORELLI FRANCESCA;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. DE MASELLIS MARIELLA;
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto;
Udito il difensore.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’Appello di Milano ha parzialmente riformato, concedendo le attenuanti generiche a due degli imputati appellanti e riducendo la pena irrogata nei loro confronti, la sentenza del GUP del Tribunale di Milano che, in esito al giudizio abbreviato, aveva condannato alla pena di giustizia (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ritenuti responsabili del delitto di cui agli articoli 110, 40 cpv. c.p., L. Fall., articolo 216, articolo 223, comma 2.
1.1. Limitando l’analisi alle posizioni di (OMISSIS) e (OMISSIS), unici imputati ricorrenti, va detto che la loro responsabilita’ e’ stata riconosciuta, quanto al primo, quale presidente del collegio sindacale della s.p.a. (OMISSIS), dichiarata fallita l’ (OMISSIS), e, quanto al secondo, quale componente del collegio sindacale.
Viene loro addebitato, al capo c) d’imputazione, di avere omesso di vigilare sul generale andamento della societa’ e di controllare la regolare tenuta della contabilita’, cosi’ non impedendone il fallimento.
1.2. Le sentenze di merito esaminano dapprima la posizione degli amministratori, (OMISSIS) e (OMISSIS), separatamente definita ai sensi dell’articolo 444 c.p.p., precisando che le operazioni illegali compiute da costoro (con il beneplacito dei sindaci, secondo l’ipotesi d’accusa), erano consistite:
– nell’acquisto da parte di (OMISSIS), in data 2.6.00, del 40% della societa’ (OMISSIS), in stato di decozione e posta in liquidazione nel 2002, con operazioni correlate anche in favore della societa’ (OMISSIS), posseduta da uno degli amministratori ( (OMISSIS)) ed amministrata dalla moglie e dalla madre;
– nell’errata contabilizzazione dei costi afferenti lo smaltimento dei rifiuti, che venivano quantificati in anticipo, stornati nel medesimo importo l’anno successivo sempre in assenza di documentazione comprovante l’effettivo smaltimento, sicche’, all’atto del fallimento, erano stati rinvenuti presso lo stabilimento rifiuti da smaltire per un corrispettivo di circa 2 milioni di Euro, pari alle somme ingiustificatamente contabilizzate;
– nella contabilizzazione di false ricevute bancarie, costituenti sostanzialmente attivita’ liquidatoria in favore dell’istituto di credito mutuante e nell’accensione di un mutuo;
– nell’eccessivo accantonamento, nei bilanci degli anni 1999 e 2000, delle indennita’ per infortunio di due lavoratori;
– nell’esistenza di pagamenti anomali in favore della societa’ (OMISSIS), riconducibile a (OMISSIS).
La definitivita’ della sentenza pronunciata ai sensi dell’articolo 444 c.p.p. nei confronti degli amministratori permetteva, secondo la Corte d’Appello, di ritenere pienamente e definitivamente dimostrate le distrazioni, le dissipazioni, i falsi in bilancio e le operazioni dolose, fatti cosi’ come sopra descritti, che avevano condotto (OMISSIS) al fallimento.
La particolare rilevanza delle operazioni illecite compiute dagli amministratori non poteva, secondo la Corte d’Appello, sfuggire all’organo di vigilanza, sicche’ dovevano essere imputate anche ai membri di esso.
2. I ricorsi presentati dal difensore di (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno analogo contenuto e si articolano su nove motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce la genericita’ del capo di imputazione in relazione all’omessa individuazione della fattispecie di bancarotta, all’omessa specificazione della fattispecie concorsuale di reato ed alla assenza di una correlata ipotesi attiva. Con conseguente nullita’ della sentenza di primo grado ex articoli 521, 522 c.p.p..
In particolare, si sostiene che dalla lettura del capo di imputazione non si comprende se sia contestata un’ipotesi di bancarotta da reato societario ovvero per mezzo di operazioni dolose ovvero per avere cagionato dolosamente il fallimento della societa’. Ne’ maggiore chiarezza si ottiene esaminando i fatti imputati, posto che alcune di tali condotte (l’esposizione di passivita’ fittizie per lo smaltimento rifiuti, l’illegittimita’ dell’acquisto della quota di (OMISSIS) e l’eccessivo accantonamento per l’infortunio dei due lavoratori) non sembrano riconducibili al paradigma di cui alla L. Fall., articolo 223, comma 2; ed inoltre l’eccessivo accantonamento per l’infortunio dei due lavoratori non e’ stato contestato agli amministratori mentre le altre due condotte sono state contestate agli amministratori sotto il diverso profilo della distrazione (le passivita’ fittizie per lo smaltimento dei rifiuti) e della dissipazione (l’acquisto della (OMISSIS)). Parrebbe, secondo la difesa, che il giudizio di colpevolezza sia stato pronunciato per il concorso con gli amministratori in operazioni di distrazione e dissipazione, con conseguente nullita’ della sentenza ai sensi dell’articolo 522 c.p.p..
2.2. Con il secondo motivo si deduce la nullita’ della sentenza di primo grado in relazione alla condanna per i fatti inerenti ai pagamenti, per un miliardo di Lire, in favore delle societa’ (OMISSIS) e (OMISSIS), nonostante si trattasse di condotte non contestate nell’imputazione ascritta ai ricorrenti, essendo del tutto irrilevante che si trattasse di condotte contestate invece agli amministratori.
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione degli articoli 110, 40 cpv. c.p. e L. Fall., articolo 223, comma 2 in relazione alla pronuncia di condanna quanto alla condotta costituita dall’eccessivo accantonamento di somme per l’infortunio di due lavoratori.
La contestazione ai sindaci di un reato omissivo improprio presuppone necessariamente la analoga contestazione all’autore del fatto reato, oggetto del dovere di vigilanza dei sindaci, sicche’, secondo la difesa, la mancata contestazione di quel fatto agli amministratori impedirebbe di ritenere configurato il reato omissivo a carico dei sindaci.
Mancherebbero poi del tutto i presupposti per la configurabilita’ della bancarotta da reato societario, non essendovi stato alcun accertamento in merito alla presentazione della querela, al superamento delle soglie di punibilita’, al nesso di causa fra condotta e dissesto.
2.4. Con il quarto motivo si deduce la violazione delle norme gia’ citate, oltre che i correlati vizi motivazionali, con riguardo alla condanna in ordine alla assunzione di un mutuo ipotecario da parte della societa’ fallita, condotta che avrebbe dovuto essere qualificata come bancarotta preferenziale, reato ormai prescritto.
2.5. Con il quinto motivo si deducono violazione di legge e vizi motivazionali laddove la condotta costituita dall’emissione di false ricevute bancarie non e’ stata qualificata come ricorso abusivo al credito, punibile ai sensi della L. Fall., articoli 225 e 218, reato ormai prescritto.
2.6. Con il sesto motivo si deduce la erronea interpretazione ed applicazione dell’articolo 2423 bis c.c. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 109, comma 5 in relazione alla corretta contabilizzazione delle operazioni di smaltimento dei rifiuti.
Si sostiene che, stante il principio della correlazione fra i ricavi conseguiti nell’esercizio e i costi ad essi relativi, i criteri utilizzati per la contabilizzazione di costi e ricavi relativi allo smaltimento dei rifiuti non erano diretti ad occultare distrazioni ma a cercare di dare attuazione al principio contabile.
Il collegio sindacale era tenuto, inoltre, alla verifica del rispetto dei principi contabili, non avendo la possibilita’ di conoscere eventuali operazioni illecite ad opera degli amministratori.
Si contesta, inoltre, che la somma sborsata dal fallimento per le operazioni di bonifica costituisca l’equivalente dei costi per lo smaltimento dei rifiuti illegittimamente contabilizzati.
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