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2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera b) e c), sotto il profilo della violazione di legge in relazione all’articolo 517 ter c.p., e correlato vizio di travisamento della prova determinato dall’errore metodologico grossolano ed apodittico relativo alla tecnica di comparazione della contraffazione ed alla ricostruzione della figura dell’utilizzatore informato.
In sintesi, sostiene il ricorrente, dopo aver ricordato che nella materia in esame, la norma di tutela dei modelli nazionali e’ una norma armonizzata con la disciplina prevista dal regolamento EU di disciplina del modello registrato EU, osserva che il perito nominato nel giudizio di primo grado ( (OMISSIS)) avrebbe correttamente utilizzato lo stesso modello di analisi cui ricorre l’EUIPO, ossia l’Ufficio dell’Unione Europea per la proprieta’ intellettuale che rilascia i titoli internazionali di modello, quanto all’aspetto di un prodotto, inteso come forma, motivi e colori (in ricorso si riporta uno stralcio della perizia (OMISSIS), sostenendo che quanto espresso dal perito riguarderebbe non solo il prodotto esaminato, ossia un coniglietto, ma anche gli altri prodotti sequestrati); il modus procedendi del perito, si evidenzia, sarebbe in linea con il modello seguito dell’EUIPO, richiamando a titolo esemplificativo una decisione di annullamento datata 1.03.2010 del predetto Ufficio brevetti in relazione a due modelli (riproducenti una sedia), tra loro ad occhio nudo uguali, ma differenti secondo la legge di concessione dei modelli; lo stesso ricorrente, passando poi a illustrare la figura del c.d. utilizzatore informato, richiama le linee guida dettate dalla CGUE, che avrebbe chiarito la nozione nell’ambito di un procedimento (C-281/10 P), relativo ad un disegno comunitario raffigurante dischetti di metallo o di plastica destinati al gioco dei bambini; la Corte di giustizia UE avrebbe colto l’occasione per chiarire alcuni concetti del regolamento CE n. 6/2002 sul designer comunitario, sovrapponibili alla norma armonizzata italiana in tema di modello registrato; muovendo proprio dalla nozione di utilizzatore informato, fondamentale nella valutazione dei requisiti di registrabilita’ di un disegno, la CGUE avrebbe chiarito che si tratta di una nozione intermedia tra quella di consumatore medio e quella di persona competente in materia, dovendosi intendere per utilizzatore informato un utilizzatore dotato non gia’ di un’attenzione media, bensi’ di una particolare diligenza, a prescindere dal fatto se quest’ultima sia dovuta alla sua esperienza personale o alla sua conoscenza approfondita del settore considerato; tale figura, afferma la CGUE, senza essere un progettista o un esperto tecnico, conosce vari disegni o modelli esistenti nel comparto di riferimento, dispone di un certo grado di conoscenza quanto agli elementi che questi disegni o modelli comportano di regola, e, a causa del suo interesse per i prodotti in questione, da prova di un grado di attenzione relativamente elevato quando li utilizza; nella fattispecie in esame, deduce il ricorrente, il perito (OMISSIS) si sarebbe attenuto strettamente a tale linea guida della CGUE quanto al concetto di utilizzatore informato, richiamandosi a tal proposito nel ricorso uno stralcio della perizia in cui si descrive detta figura in maniera corrispondente alle predette linee guida, evidenziandosi come il mercato di riferimento dei prodotti di cui si discute e’ molto affollato.
2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera b), sotto il profilo della violazione di legge in relazione all’articolo 517 ter c.p., quanto all’errato presupposto dell’esistenza del diritto d’autore nei modelli (OMISSIS) nonche’ in materia di diritto d’autore allorche’ si riconosce agli oggetti (OMISSIS) valore artistico.
In sintesi, sostiene il ricorrente – dopo aver ricordato che la protezione prevista dal diritto d’autore non e’ una privativa industriale registrata, disciplinata dal codice della proprieta’ industriale, e non prevede formalita’ costitutive a differenza delle privative industriali, venendo sanzionata la violazione dalla L. n. 633 del 1941, articolo 171 e ss., – che non sarebbe giuridicamente fondato quanto sostenuto dalla (OMISSIS) circa la mutevolezza di tutela delle proprie opere, sia ai sensi della L. n. 633 del 1941, articolo 2, n. 4, quali opere della scultura, sia ai sensi dell’articolo 2, n. 10, legge citata, in quanto opere del disegno industriale; si osserva, quanto alla prima norma richiamata, che essendo la produzione degli oggetti (OMISSIS) industriale, le stesse creazioni non possono essere considerate opere della scultura; quanto alla seconda norma evocata, si ricorda che la protezione e’ riservata alle opere del disegno industriale che presentino di per se’ carattere creativo e valore artistico; nel caso di specie, difetterebbe nei prodotti (OMISSIS) il valore artistico, ossia la considerazione, sul piano estetico ed artistico, che l’opera gode presso il pubblico ovvero presso ambienti culturali ed istituzionali a prescindere dalla gradevolezza della forma e dalla funzionalita’ dell’oggetto; orbene, si sostiene sotto tale profilo che gli articoli (OMISSIS) non rivestono valore artistico, non avendo ricevuto riconoscimento da organismi deputati alla tutela di opere d’arte, ne’ da ambienti culturali, seppure le caratteristiche delle creazioni (OMISSIS) siano rappresentate delle fattezze arrotondate sinuose e bombate dall’aspetto sognante.
2.3. Deduce, con il terzo motivo, il vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera c), sotto il profilo (per quanto si evince dal tenore del motivo, non essendo stata indicata la norma violata), della violazione di legge in relazione all’articolo 648 c.p.p., per violazione del principio del giudicato formatosi a seguito della rinuncia all’appello da parte del P.G. in relazione al reato sub a).
In sintesi, sostiene il ricorrente – dopo aver ricordato che all’imputato erano stati originariamente contestati il delitto di cui all’articolo 474 e 474-ter c.p. (capo a) e quello di cui all’articolo 517 ter c.p., (capo b) – che l’assoluzione per insussistenza del fatto intervenuta per il reato di cui al capo a) avrebbe precluso l’adozione di una sentenza di condanna per il capo b), tenuto altresi’ conto della giurisprudenza di questa Corte che ha sempre considerato il rapporto tra le predette fattispecie penali come di natura sussidiaria; non sarebbe privo di rilievo il fatto processuale della rinuncia all’appello da parte del PG di udienza in relazione al capo a), facendo divenire res iudicata quella parte di sentenza in favore dell’imputato; richiamando a tal fine il disposto dell’articolo 648 c.p.p., il ricorrente sostiene che al rigoroso divieto di instaurare un nuovo procedimento penale per i fatti oggetto di accertamento irrevocabile, si contrappone la capacita’ della cosa giudicata di far stato in relazione ad altri procedimenti che vertono su regiudicande piu’ o meno coincidenti con quella definita; nel caso in esame, opererebbe a favore del ricorrente la res iudicata che il fatto non sussiste e che quindi vi e’ mancanza dell’elemento oggettivo del reato, comune ad entrambe le imputazioni; opererebbe, in ultima analisi, la forza del giudicato sostanziale interno che, a differenza di quello formale, si riferisce alla situazione sostanziale protetta che e’ l’oggetto del processo; sul piano logico – giuridico sostanziale, dunque, non era possibile giungere per i giudici di appello alla condanna per il capo b), a fronte dell’irrevocabilita’ della sentenza sul reato sub a) per insussistenza del fatto, in quanto gli elementi oggettivi sarebbero comuni ad ambedue i capi di imputazione formulati dal PM.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso e’ infondato e dev’essere complessivamente rigettato.
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