Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 18 gennaio 2018, n. 1999. In tema di reati tributari, ai fini della configurabilita’ dell’aggravante nel caso in cui reato e’ commesso dal concorrente nell’esercizio dell’attivita’ di consulenza fiscale

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13. Trattasi di fatto, perdipiu’, aggravato nell’esercizio dell’attivita’ professionale di consulenza fiscale con ideazione di modelli di evasione. L’aggravante di nuovo conio rappresenta un’ipotesi di “concorso qualificato”, relativo a condotte che, in realta’, erano gia’ punibili – e punite – a titolo di concorso “ordinario” ex articolo 110 c.p.; la peculiarita’ sta nel condizionare l’applicabilita’ della circostanza alla sussistenza di due presupposti, l’uno soggettivo e l’altro oggettivo. Quanto al primo, soggetti attivi sono solo il “professionista, l’intermediario finanziario o bancario”. A tal proposito, all’indomani dell’entrata in vigore della disciplina, in dottrina si e’ discusso sulla nozione di “professionista” ed, in particolare, se questa comprenda esclusivamente i soggetti di cui al Decreto Legislativo n. 241 del 19971, articolo 7, e cioe’ i soggetti abilitati dall’agenzia delle Entrate alla presentazione delle dichiarazioni o, piuttosto, ciascun soggetto che svolge attivita’ di consulenza fiscale. Ritiene peraltro il Collegio di dover seguire l’interpretazione fornita dall’Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione nella relazione 111/5/2015 sulla revisione del sistema sanzio-natorio penale tributario, laddove si precisa che la nozione di “professionista” deve essere intesa “in senso sostanziale” e, dunque, comprensiva di chiunque, nell’esercizio della sua professione, svolge attivita’ di consulenza fiscale (commercialisti, consulenti, avvocati e cosi’ via). Nessun dubbio, nel caso di specie, dunque, circa la sussistenza di tale primo profilo.

In merito al secondo presupposto, e’ richiesta una particolare modalita’ della condotta, ovverosia la “serialita’” che, se pur non prevista espressamente nell’articolo, e’ desumibile dalla locuzione “…elaborazione o commercializzazione di modelli di evasione…”, rappresentativa di una certa abitualita’, ripetitivita’ della condotta incriminata; d’altronde nella scarna parte della Relazione Illustrativa dello schema di decreto viene utilizzato l’aggettivo “seriale”, a conferma della necessarieta’ che la condotta in argomento assuma il carattere della riproducibilita’ in futuro. E anche su tale profilo non v’e’ alcun dubbio nel caso di specie, atteso che il maccanismo fraudolento ideato era stato impiegato con modalita’ “seriali”, risultando ben 47 soggetti che avevano fatto ricorso alla (OMISSIS), di cui l’ (OMISSIS) era il consulente fiscale, con trasmissione di 229 modelli di pagamento per compensazioni di ammontare, come visto, pari ad oltre 42 milioni di Euro tra il 2013 ed il 2016.

Quanto al concetto di “modelli di evasione”, la norma nulla specifica a riguardo; tuttavia, poiche’ questi sono oggetto di una condotta “seriale”, e’ indubbio che rappresentano forme di evasione particolarmente complesse ed elaborate replicabili in piu’ casi analoghi, come accertato nel caso in esame.

14. Deve, pertanto, essere affermato il seguente principio di diritto:

“In tema di reati tributari, ai fini della configurabilita’ dell’aggravante nel caso in cui reato e’ commesso dal concorrente nell’esercizio dell’attivita’ di consulenza fiscale svolta da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario attraverso l’elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale (Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 13 bis, comma 3), e’ richiesta una particolare modalita’ della condotta, ovverosia la serialita’ che, se pur non prevista espressamente nell’articolo, e’ desumibile dalla locuzione …elaborazione o commercializzazione di modelli di evasione…, rappresentativa di una certa abitualita’ e ripetitivita’ della condotta incriminata”.

15. Infine, nessun dubbio ricorre quanto all’ulteriore questione afferente al conseguimento del profitto anche in capo al consulente fiscale, alla luce della impostazione sopra data alla partecipazione alla commissione del reato.

In ogni caso, non puo’ ritenersi fondata l’eccezione difensiva del consulente fiscale di non aver tratto in proprio alcuna utilita’ e di non aver conseguito nessun profitto dalla attivita’ illecita, che doveva essere imputabile esclusivamente al cliente-contribuente.

A questa obiezione e’ agevole infatti replicare osservando che il concorso di persone nel reato implica l’imputazione dell’intera azione delittuosa e dell’effetto conseguente in capo a ciascun concorrente e il sequestro non e’ collegato all’arricchimento personale di ciascuno dei correi, bensi’ alla corresponsabilita’ di tutti nella commissione dell’illecito. Trattasi di principio piu’ volte affermato da questa Corte a cui il Collegio ritiene di dover dare continuita’, dovendosi ricordare che, una volta esclusa la possibilita’ di sequestrare l’originario profitto del reato, il sequestro preventivo per equivalente, in vista della confisca prevista dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12 bis, puo’ essere disposto, entro i limiti quantitativi del suddetto profitto, indifferentemente nei confronti di uno o piu’ degli autori della condotta criminosa, non essendo esso ricollegato all’arricchimento personale di ciascuno dei correi bensi’ alla corresponsabilita’ di tutti nella commissione dell’illecito (v., tra le tante: Sez. 2, n. 10838 del 20/12/2006 – dep. 14/03/2007, Napolitano, Rv. 235832; v. anche, con particolare riferimento a fattispecie relativa ad un professionista ritenuto concorrente, a titolo di istigazione, delle violazioni tributarie imputabili al contribuente nell’interesse del quale espletava gli adempimenti fiscali: Sez. 3, sentenza n. 24967 del 2015, ud. 14/05/2015 – dep. 16/06/2015, ric. Taurino, non massimata).

16. Deve, infine, essere affermato il seguente principio di diritto:

“In tema di reati tributari, il sequestro preventivo per equivalente, in vista della confisca prevista dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12 bis, puo’ essere disposto, entro i limiti quantitativi del profitto, indifferentemente nei confronti di uno o piu’ degli autori della condotta criminosa, non essendo esso ricollegato all’arricchimento personale di ciascuno dei correi bensi’ alla corresponsabilita’ di tutti nella commissione dell’illecito (nella specie la S.C. ha ritenuto legittimo il sequestro disposto nei confronti del consulente fiscale ispiratore del meccanismo fraudolento attuativo del c.d. accollo fiscale, integrante il reato di indebita compensazione)”.

17. Alla stregua delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, dunque, rigettato. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spesi del procedimento ex articolo 616 c.p.p..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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