Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 18 gennaio 2018, n. 1999. In tema di reati tributari, ai fini della configurabilita’ dell’aggravante nel caso in cui reato e’ commesso dal concorrente nell’esercizio dell’attivita’ di consulenza fiscale

segue pagina antecedente
[…]

In secondo luogo, sostiene la difesa del ricorrente, la fattispecie oggetto di contestazione costituisce un reato proprio di natura commissiva, in quanto reato proprio del debitore che non versa quanto dovuto allo Stato; la Pubblica Accusa ha ritenuto la condotta del ricorrente quale condotta concorsuale perpetrata dall’indagato con i titolari dei debiti tributari compensati; gli istituti di diritto tributario che nel presente procedimento sarebbero stati illecitamente utilizzati per perpetrare le condotte contestate all’indagato, introducono nel delitto un altro soggetto, il creditore accollante e compensante, significativamente indicato nel Modello F24 quale coobbligato; tale figura, pero’, non muterebbe la struttura soggettiva del reato; il modello fraudolento di pagamento dei debiti tributari non sarebbe luogo per l’indagato ad alcun conseguimento di profitto derivante dal delitto di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 quater, in quanto la condotta che sarebbe dal medesimo stata perpetrata, non avrebbe direttamente prodotto un incremento patrimoniale ne’ consentito un mancato decremento patrimoniale; in altri termini, il profitto sarebbe costituito dal pagamento effettuato dai titolari del debito tributario, fittiziamente compensato in favore dei creditori compensanti e pari al 70% del valore nominale del credito senza che vi sia un profitto direttamente derivante dal reato in contestazione in capo all’indagato, addirittura allorche’ il medesimo ha solo percepito una giusta ricompensa professionale regolarmente fatturata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso e’ infondato e dev’essere rigettato.

5. Il tribunale del riesame, in accoglimento dell’appello del PM, ha infatti esaminato i profili oggetto di doglianza, pervenendo a conclusioni del tutto corrette in diritto. Ed invero, ha anzitutto analizzato la tesi della buona fede del ricorrente, escludendo che la stessa potesse essere sostenuta; in particolare, sotto il profilo materiale, ha sottolineato come (OMISSIS) abbia fornito un apporto essenziale al meccanismo, posto che risulta essere colui che ha apposto il visto di conformita’ obbligatorio per la certificazione dei crediti inseriti nelle dichiarazioni relative all’anno d’imposta 2013 della (OMISSIS) s.r.l. e della ditta individuale (OMISSIS), dichiarazioni da lui trasmesse quale intermediario; proprio la posizione di professionista, in questo caso, consente di fargli carico di oneri di controllo sicuramente superiori al normale cliente che si rivolge al professionista, essendo l’ (OMISSIS) un soggetto che compie un’attivita’ di importanza tale da determinare per legge a suo carico l’obbligo di controllo L. n. n. 147 del 2013, ex articolo 1, comma 574; non si e’ in presenza quindi di un normale contribuente che si fida delle altrui attestazioni (nella premessa che la certificazione circa l’esistenza del credito presuppone un controllo ad opera id altri), ma di un professionista obbligato a verificare la veridicita’ di quanto riportato in bilancio; a cio’, poi, sotto il profilo della sussistenza dell’elemento psicologico del reato, si aggiungano le risultanze delle intercettazioni richiamate alle pagg. 7/8 dell’ordinanza impugnata, dalle quali emerge non soltanto la pacifica inesistenza dei crediti opposti in compensazione, ma anche la partecipazione dell’ (OMISSIS) al complessivo sistema facente capo alla (OMISSIS) ed altri correi, meccanismo di cui era pienamente consapevole, specie riguardo all’inesistenza dei crediti.

6. Nessun dubbio, poi, in ordine alla corretta qualificazione giuridica del fatto ai sensi del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 quater.

Anche su tale punto, il tribunale del riesame si sofferma osservando correttamente come il reato de quo sia un reato proprio, in cui l’agente-intraneus viene descritto dalla norma come “chiunque”, essendo essenziale rimarcare ad avviso del tribunale che la norma pone l’accento non tanto su una qualifica soggettiva ma su un soggetto qualsiasi che peraltro si qualifica in base a cio’ che compie, ossia non versa le somme dovute utilizzando in compensazione crediti inesistenti.

Il richiamo e’ alla norma del Decreto Legislativo n. 241 del 1997, articolo 17, che cosi’ recita: “1. I contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva. La compensazione del credito annuale o relativo a periodi inferiori all’anno dell’imposta sul valore aggiunto, per importi superiori a 5.000 Euro annui, puo’ essere effettuata a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui il credito emerge”. La norma in questione fa necessariamente riferimento al concetto di contribuente, poiche’ muove dal presupposto che colui che ricopre una posizione passiva versoi il Fisco (appunto, il contribuente), puo’ scegliere di compensare crediti anziche’ versare le imposte: il contribuente e’, cioe’, nella normalita’ il debitore, che, se assomma su di se’ anche la posizione di creditore verso il Fisco, puo’ compensare le due poste; l’articolo 10 quater, riferendosi a chi “non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione” crediti inesistenti si riferisce ai soggetti legittimati, Decreto Legislativo n. 241 del 1997, ex articolo 17 ss., ad effettuare pagamenti di imposta utilizzando in compensazione crediti verso l’Erario, ed in tale categoria devono farsi necessariamente rientrare anche coloro che, in virtu’ del contratto di accollo, agiscono come debitori proprio in virtu’ del fatto che, con l’accollo, si sono volontariamente fatti carico di debiti altrui.

7. Trattasi, peraltro, di operazione fiscalmente illecita e penalmente rilevante.

In sostanza, detta operazione prevede che il debito del contribuente (accollato) venga pagato da una terza societa’ (accollante), che lo onora non pagandolo direttamente bensi’ mediante compensazione con un proprio credito, credito che a sua volta l’accollante ha acquistato da soggetti che, per varie ragioni, non potevano monetizzarlo. Nel modello F24, vengono indicati due codici fiscali, inserendo il codice “62”, denominato “soggetto diverso dal fruitore del credito” (ris. Agenzia delle Entrate 22 dicembre 2009 n. 286). Infine, il contribuente (accollato) corrisponde all’accollante una percentuale del valore del proprio debito, risparmiando cosi’ la differenza.

segue pagina successiva in calce all’articolo
[…]

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *