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Il pubblico ministero, al riguardo, osserva che la domanda originaria cumulava due rimedi, l’uno di opposizione agli atti esecutivi, quanto alla notifica a mezzo di ufficiale giudiziario territorialmente incompetente, l’altro di opposizione all’esecuzione, quanto al resto. In questa prospettiva, in ordine al primo rimedio potrebbe ritenersi essersi registrata una completa soccombenza, attesa la ritenuta sanatoria per raggiungimento dello scopo con la medesima opposizione. Con riguardo al secondo rimedio vi e’ certamente la soccombenza reciproca in cui si risolve l’accoglimento parziale. Fatta questa premessa, il pubblico ministero conclude per la legittimita’ di una compensazione quanto al “secondo” ricorso e la condanna alle spese quanto al “primo”, nella quota stabilita e in se’ non oggetto di censura.
Ritiene il Collegio che non si possano condividere le suddette conclusioni. Cio’ in quanto il giudice, nel regolare le spese, deve tener presente l’esito complessivo della lite, poiche’ la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione in questione, in base a un criterio pur sempre unitario e globale (cfr., di recente, Cass., 16/05/2017, n. 12005, in tema di pluralita’ di domande contrapposte).
Cio’ posto, va dato seguito alla giurisprudenza secondo cui, nel regime normativo posteriore alle modifiche introdotte all’articolo 91 c.p.c., dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, al di fuori dell’ipotesi prevista dal secondo periodo del comma 1 del suddetto articolo, l’attore parzialmente vittorioso sull’unica domanda, e dunque, logicamente, anche quello vittorioso su una delle domande proposte, nonostante l’esistenza di una soccombenza a suo carico per la parte di domanda rigettata o per le altre domande rigettate, e cioe’ nonostante la sussistenza di una soccombenza reciproca, non puo’ essere condannato neppure parzialmente alle spese. Esse, in alternativa all’imposizione totale al convenuto, mera espressione del principio di causalita’, possono essere solo compensate totalmente o parzialmente, con condanna, pero’, in questo secondo caso, a carico del convenuto per la parte non compensata (Cass., 19/10/2016, n. 21069, punti 3.1.-3.5., specie pagg. 8-9).
E’ lo stesso secondo periodo dell’articolo 91 c.p.c., comma 1, a confermarlo, appunto, “a contrario”. Infatti, la norma li’ collocata prevede che il giudice “se accoglie la domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta, salvo quanto disposto dall’articolo 92”.
Se per giustificare la condanna dell’attore parzialmente vittorioso risulta necessario che egli abbia immotivatamente rifiutato l’offerta conciliativa proprio di quanto gli e’ stato parzialmente riconosciuto, cio’ significa che, eccetto tale ipotesi, il sistema processuale impone che, al netto delle facolta’ di compensazione, si faccia rigorosa applicazione del principio di causalita’ e non si condanni mai alla rifusione delle spese chi e’ stato costretto a innescare la lite in modo fondato anche solo in parte.
Si tratta, a ben vedere, di un disincentivo alla resistenza alle liti che risulti infondata sia pure solo parzialmente, oltre che di un incentivo a offerte conciliative che le prevengano esponendo per il residuo la controparte, pur parzialmente vittoriosa, al rischio dei costi del processo.
Nella fattispecie, la domanda di dichiarazione di nullita’ del precetto era richiesta per nullita’ della notifica ovvero eccedenza delle somme pretese rispetto al dovuto, sotto i richiamati profili dell’imposta sul valore aggiunto e delle discusse voci autoliquidate. La domanda e’ stata accolta limitatamente alla parte degli importi i.v.a., e dunque, in quest’ottica, non avrebbe potuto condannarsi il vincitore, sia pure parziale, al pagamento dei due terzi delle restanti spese liquidate.
Pertanto il motivo va accolto e la sentenza cassata in relazione ad esso.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti, puo’ decidersi nel merito compensandosi le spese dell’intero giudizio in relazione alla descritta soccombenza reciproca.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo, cassa in relazione al motivo accolto, e, decidendo nel merito, compensa le spese dell’intero giudizio.
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