Corte di Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 19 gennaio 2018, n. 1257. L’art. 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa

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Unicamente laddove sia esclusa la possibilita’ di una effettiva custodia del bene demaniale, puo’ pertanto applicarsi il diverse) criterio di imputazione della responsabilita’ di cui all’articolo 2043 c.c., che opera in termini soggettivi, richiedendo la dimostrazione (da parte del danneggiato) della colpa dell’ente proprietario del bene, la quale puo’ peraltro di fatto presumersi laddove il danneggiato dimostri che il danno si e’ verificato in ragione di una anomalia della cosa, ma che non sussiste laddove sia dimostrato che la suddetta anomalia risultava percepibile o prevedibile (e il conseguente danno evitabile) con l’ordinaria diligenza, e quindi sostanzialmente anche in tal caso in ragione della condotta del danneggiato stesso (cfr. ancora, ad es., le gia’ citate Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11016 del 19/05/2011, Rv. 618175 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 12821 del 19/06/2015, Rv. 635770 – 01).
1.2 I giudici di merito non hanno correttamente applicato i principi di diritto appena esposti.
Essi hanno deciso la controversia negando la sussistenza di un effettivo potere di custodia in capo all’ente convenuto sul bene demaniale affidato alla sua gestione.
Di conseguenza, non si sono limitati a verificare la sussistenza del nesso di causa tra cosa e danno (eventualmente accertando se questo fosse imputabile esclusivamente ad un comportamento della vittima di imprudenza tale da potersi ritenere causa esclusiva dell’incidente, e quindi integrante il caso fortuito, in considerazione della situazione di rischio percepibile, o quanto meno sufficiente ad assumere efficacia causale concorrente nella determinazione del danno), come sarebbe stato necessario in caso di applicabilita’ alla fattispecie dell’articolo 2051 c.c., ma hanno preso in esame circostanze rilevanti essenzialmente sul piano della condotta colposa dell’ente convenuto, condotta colposa rilevante ai sensi dell’articolo 2043 c.c. e che invece nella sistematica della disposizione di cui all’articolo 2051 c.c. e’ del tutto inconferente (se non nell’ottica esclusiva della dimostrazione dello stato della cosa e della sua capacita’ o incapacita’ di recare danno, cioe’ in relazione alla prova del rapporto causale tra la cosa stessa e l’evento dannoso).
L’esclusione della possibilita’ di esercitare un effettivo potere di fatto sulla cosa e’ stata peraltro sostanzialmente ritenuta solo in ragione della rilevante estensione del bene demaniale, senza l’esame di tutte le concrete circostanze di fatto in cui aveva avuto luogo l’incidente.
In particolare, avrebbe dovuto certamente considerarsi in proposito che, se la buca in cui era caduto il (OMISSIS) si trovava ad una certa distanza (50 mt.) dal sentiero segnalato, quest’ultimo – classificato come escursionistico di tipo “E”, gestito e mantenuto dall’Ente Parco e liberamente accessibile anche in pieno inverno – attraversava un sito turistico di particolare interesse soprattutto in ragione della presenza dei reperti storici della prima guerra mondiale che si trovano disseminati in prossimita’ di esso e che normalmente gli escursionisti hanno interesse a visitare, e avrebbe quindi dovuto accertarsi se in concreto poteva dirsi esistente la possibilita’ di una effettiva custodia, oltre che in relazione al percorso del sentiero segnato – in merito al quale non possono sussistere dubbi di sorta, data la sua estensione relativamente limitata e la sua destinazione alla percorrenza da parte dei visitatori in condizioni di sicurezza – anche in relazione alle aree immediatamente limitrofe, in cui risultano allocati i reperti di interesse per gli escursionisti, che e’ ragionevole presumere che questi ultimi possano intendere raggiungere nel corso della visita (almeno in mancanza di espresse limitazioni in tal senso adeguatamente segnalate).
1.3 La questione del criterio di imputazione della responsabilita’ dovra’ pertanto essere rivalutata, in sede di rinvio, alla luce del seguente principio di diritto:
“la presunzione di responsabilita’ per danni da cose in custodia prevista dall’articolo 2051 c.c. non si applica, per i danni subiti dagli utenti dei beni demaniali, le volte in cui non sia possibile esercitare sul bene stesso la custodia intesa quale potere di fatto sulla cosa; la possibilita’ concreta di esercitare tale potere non va valutata solo in base all’estensione dell’intero bene demaniale, ma alla luce di tutte le circostanze del caso concreto, e in primo luogo della natura e della tipologia dell’evento dannoso; in proposito assumono rilievo determinante la natura, la posizione e l’estensione della specifica area in cui si e’ verificato l’evento dannoso, le dotazioni e i sistemi di sicurezza nonche’ di possibile segnalazione di eventuali pericoli disponibili, e ogni altro elemento rilevante; in particolare, per i parchi naturali, l’oggettiva impossibilita’ della custodia non puo’ affermarsi per i sentieri escursionistici segnati, in quanto destinati alla percorrenza da parte dei visitatori in condizioni di sicurezza, ne’ per le zone immediatamente circostanti agli stessi che costituiscono la ragione di interesse (turistico, naturale, storico o di altro tipo) della visita, almeno nei limiti in cui risulti sussistere uno stretto vincolo funzionale tra il percorso segnalato e le aree di interesse a questo circostanti”.

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