Corte di Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 15 febbraio 2018, n. 3708. La banca non è responsabile per le perdite subite con piani di investimento, se l’investitore era perfettamente in grado di capire che le modalità di esecuzione dell’operazione erano anomale

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4.2. Le critiche del ricorrente postulano per vero una erronea sussunzione nel detto quadro di riferimento del fatto cosi’ come accertato, sull’assunto che questo sia segnato da una mera conoscibilita’ o consapevolezza in capo all’investitore dell’anomalia della condotta del promotore e delle modalita’ di pagamento effettuate per l’investimento, non ancora sufficiente a interrompere il nesso di causalita’ esistente tra lo svolgimento dell’attivita’ del promotore finanziario e la consumazione dell’illecito.
Viene in tale prospettiva invocato il principio in piu’ occasioni affermato da questa Corte secondo cui “in tema di contratti di intermediazione finanziaria, al fine di escludere la responsabilita’ solidale dell’intermediario per gli eventuali danni arrecati ai terzi nello svolgimento delle incombenze affidate ai promotori finanziari, non e’ sufficiente la mera consapevolezza da parte dell’investitore della violazione da parte del promotore delle regole di comportamento poste a tutela dei risparmiatori” (Cass. n. 6708 del 2010; Cass. n. 18928 del 2017).
Tale principio e’ giustificato dal rilievo che “la responsabilita’ dell’intermediario finanziario non potrebbe comunque essere esclusa da un’ingenuita’ dell’investitore ingannato dal promotore, perche’ la finalita’ di tutela del risparmiatore, ispiratrice di queste norme, risulterebbe vanificata, se si accollasse al risparmiatore stesso la responsabilita’ per la loro violazione da parte dei promotori finanziari.
“Sicche’ l’esigenza della tutela va preservata con riferimento a un ambito di prevedibile tipicita’ dei rapporti tra promotore e risparmiatore; mentre va certamente esclusa se tali rapporti presentino connotati di anomalia, quando non di connivenza o di collusione in funzione elusiva della disciplina legale.
“Come l’illiceita’ penale della condotta del promotore non vale a escludere la responsabilita’ della banca, cosi’ l’atteggiamento dell’investitore rileva solo se risulti di connivenza con il promotore in danno dell’istituto di credito, non essendo sufficiente la mera consapevolezza di una pur riconoscibile violazione di regole comportamentali” (Cass. n. 6708 del 2010).
4.3. Il richiamo a tale principio – il quale evidentemente non muta il quadro di riferimento prima esposto ma solo ne precisa alcuni aspetti – non e’ pero’ pertinente alla fattispecie, non potendosi dalla sentenza impugnata trarre l’applicazione di una regula iuris difforme, ne’ per converso potendosi leggere la valutazione operata dalla Corte come volta, da un lato, ad accertare, in fatto, una situazione di mera negligenza o consapevolezza dell’anomalia della condotta del promotore sul presupposto pero’ di un permanente collegamento con le attribuzioni della banca e, dall’altro, a valorizzare, in diritto, tale situazione, come gia’ di per se’ sufficiente ad escludere la responsabilita’ della banca.
Non puo’ dubitarsi invero che secondo la motivata valutazione della Corte il fatto accertato si collochi, in ragione dei plurimi elementi evidenziati, nel loro complesso apprezzati, al di la’ della soglia di irrilevanza segnata dalle pronunce da ultimo citate, evidenziando nel contegno dell’investitore un coefficiente soggettivo ben piu’ intenso della mera negligenza o tolleranza delle molteplici anomalie della condotta del promotore e piuttosto segnato da un innegabile maggiore coinvolgimento nelle scelte del promotore, siccome elusive della disciplina legale o comunque al di fuori del rapporto di intermediazione con la banca.
Oltremodo chiara in tal senso l’affermazione (pag. 10 della sentenza, in fine) secondo cui “cio’ che emerge… (dalla) coordinata e combinata valutazione degli elementi indicati… non puo’ ricondursi ad una “certa superficialita’” del (OMISSIS)” ma tratteggia “una condotta che puo’ trovare spiegazione ragionevole soltanto ipotizzando una consapevole adesione del (OMISSIS) all’operato del promotore finanziario” (assai significativo al riguardo non puo’ del resto non apparire il riferimento all’intestazione degli assegni a societa’ unipersonale dello stesso, la ripetizione e il valore complessivo degli investimenti operati, l’indifferenza rispetto alla mancata ricezione di documenti di rendicontazione della banca).
La contrarie considerazioni svolte in ricorso prescindono da tale valutazione e si appuntano piuttosto sui singoli elementi considerati (dei quali peraltro si omette una coordinata e complessiva lettura) prospettandone una diversa in chiave riduttiva; esse in tal modo, lungi dell’evidenziare il dedotto error in iudicando, si risolvono nella inammissibile prospettazione di una mera diversa lettura delle risultanze procedimentali cosi’ come accertate e ricostruite dalla Corte territoriale.
5. Discende dalle considerazioni che precedono il rigetto anche del secondo motivo.
Secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimita’, non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancanza di espressa statuizione sul punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo (v. in particolare, Cass. n. 5351 del 2007, che ha ravvisato il rigetto implicito dell’eccezione di inammissibilita’ dell’appello nella sentenza che aveva valutato nel merito i motivi posti a fondamento del gravame), ed inoltre che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di una espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto, e dovendo pertanto escludersi il suddetto vizio quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilita’ pur in assenza di una specifica argomentazione (v. Cass. n. 10636 del 2007).
Nel caso di specie e’ evidente che la ritenuta assenza di un nesso di “occasionalita’ necessaria” tra illecito del promotore e incombenze affidategli dalla banca, esclude in radice che il danno patito possa sul piano causale ascriversi alla banca, rimanendo pertanto del tutto irrilevante che in capo alla prima, nello svolgimento dei rapporti col proprio promotore, possa eventualmente ravvisarsi culpa in eligendo o in vigilando.
6. Discende da cio’ anche l’inammissibilita’ del terzo motivo, censurandosi con essa l’omesso esame di fatti privi, nella detta prospettiva, di alcuna rilevanza e decisivita’.
7. Per le considerazioni che precedono, il ricorso va in definitiva rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.
Ricorrono le condizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, per l’applicazione del raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 15.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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