In tema di responsabilita’ del datore di lavoro ex articolo 2087 c.c., ai fini del superamento della presunzione di cui all’articolo 1218 c.c., grava sul datore di lavoro l’onere di dimostrare di aver rispettato le norme specificamente stabilite in relazione all’attivita’ svolta, e di aver adottato tutte le misure che, in considerazione della peculiarita’ dell’attivita’ e tenuto conto dello stato della tecnica, siano necessarie per tutelare l’integrita’ del lavoratore, vigilando altresi’ sulla loro osservanza.
A sua volta, il lavoratore che agisca, nei confronti del datore di lavoro, per il risarcimento integrale del danno patito a seguito di infortunio sul lavoro ha l’onere di provare il fatto costituente l’inadempimento ed il nesso di causalita’ materiale tra l’inadempimento ed il danno, ma non anche la colpa della controparte, nei cui confronti opera la suddetta presunzione ex articolo 1218 c.c.
L’articolo 2087 c.c., non configura una forma di responsabilita’ oggettiva a carico del datore di lavoro, non potendosi automaticamente desumere dal mero verificarsi del danno l’inadeguatezza delle misure di protezione adottate: la responsabilita’ datoriale va infatti collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle migliori conoscenze sperimentali o tecniche del momento al fine di prevenire infortuni sul lavoro e di assicurare la salubrita’ e, in senso lato, la sicurezza in correlazione all’ambiente in cui l’attivita’ lavorativa viene prestata, onde in tanto puo’ essere affermata in quanto la lesione del bene tutelato derivi causalmente dalla violazione di determinati obblighi di comportamento imposti dalla legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche in relazione al lavoro svolto.
Si tratta, in altri termini, di un’obbligazione assimilabile a quelle tradizionalmente definite “di mezzi”, in cui la diligenza, oltre a costituire il criterio per valutare l’esattezza dell’adempimento, esaurisce l’oggetto stesso dell’obbligazione, traducendosi nel dovere di conoscere quei saperi e di adottare quelle tecniche considerate piu’ attendibili nell’ottica di perseguire il fine indicato dall’articolo 2087 cit., e in cui il mancato conseguimento di tale fine rileva solo in quanto sussista un nesso di causalita’ (non solo in senso materiale, ma anche normativo) tra la condotta che detto obbligo di diligenza abbia violato e l’evento dannoso in concreto verificatosi. Vale a dire che l’articolo 2087 c.c., nella misura in cui costruisce quale oggetto dell’obbligazione datoriale un facere consistente nell’adozione delle “misure che, secondo la particolarita’ del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrita’ fisica e la personalita’ dei prestatori di lavoro”, permette di imputare al datore di lavoro non qualsiasi evento lesivo della salute dei propri dipendenti, ma solo quello che concretizzi le astratte qualifiche di negligenza, imprudenza, imperizia o inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline, dovendo per contro escludersi la responsabilita’ datoriale ogni qualvolta la condotta sia stata diligente ovvero non sia stata negligente (imprudente, imperita, ecc.) in ordine allo specifico pericolo di cagionare proprio quell’evento concreto che in fatto si e’ cagionato, cioe’ quando la regola cautelare violata non aveva come scopo anche quello di prevenire quel particolare tipo di evento concreto che si e’ effettivamente verificato (o almeno un evento normativamente equivalente ad esso).
Sentenza 15 gennaio 2018, n. 749
Data udienza 10 ottobre 2017
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente
Dott. TORRICE Amelia – Consigliere
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere
Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 11307/2012 proposto da:
(OMISSIS), C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., (gia’ (OMISSIS) S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– controricorrente –
e contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA C.F. (OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 121/2012 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 15/02/2012 R.G.N. 244/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/10/2017 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’Appello di Ancona, con la sentenza n. 121 del 2012, depositata il 15 febbraio 2012, rigettava l’impugnazione proposta da (OMISSIS) nei confronti del MIUR e della societa’ (OMISSIS) p.a., avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Pesaro tra le parti, n. 178/11 del 25 marzo 2011, che aveva rigettato la domanda di risarcimento danni per infortunio sul lavoro proposta dalla lavoratrice.
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