Mediazione: il contratto
Articolo aggiornato al 18 ottobre 2020
Analisi schematica del contratto di mediazione alla luce delle recenti sentenze della Cassazione sulla provvigione per il mediatore non abituale senza iscrizione e sul diritto alla corresponsione del compenso anche nel caso di mancata conclusione dell’affare.
LA MEDIAZIONE
Libro IV delle obbligazioni – Titolo III dei singoli contratti – Capo XI 1754 – 1765
art. 1754 c.c. mediatore
è mediatore colui che mette in relazione 2 o più parti (intermediati)per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti(la c.d. libertà d’azione) di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza (1761)
Per la Cassazione
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 24 ottobre 2013, n. 24118
la “messa in relazione” di cui all’art. 1754 c.c., pur potendo assumere in concreto le forme più disparate, concettualmente non può che ridursi a due attività principali: individuare o la persona con cui contrattare, o l’oggetto della contrattazione.
L’individuazione della persona con cui contrattare, a sua volta, è attività che può teoricamente avvenire con due modalità diverse: l’avvicinamento od il reperimento.
Si ha la prima quando il mediatore favorisce la conoscenza di due persone che in precedenza erano ignote l’una all’altra; si ha la seconda quando il mediatore appiana le divergenze esistenti tra due intermediati che già si conoscevano, e che avevano fino ad allora impedito la conclusione dell’affare.
In altri termini – si continua a leggere nella sentenza – si ha attività di mediazione solo quando l’intervento del mediatore sia stato la causa della conclusione dell’affare non significa elevare al rango di attività mediatoria qualsiasi antecedente causale che ha condotto alla conclusione di quello. Se così non fosse, si dovrebbe pervenire all’irrazionale conclusione di qualificare come “mediatore” ex art. 1754 c.c. sinanche il tassista che accompagni il contraente nel luogo scelto per le trattative, o il cartolaio che fornisca ai contraenti i fogli per la stesura della minuta contrattuale.
Questa evidente reductio ad absurdum dimostra l’erroneità della premessa, e cioè che qualunque collaborazione prestata ad uno dei potenziali contraenti possa essere qualificata come “causa” della conclusione dell’affare. Un affare può dirsi concluso “per effetto” dell’intervento del mediatore (secondo la previsione dell’art. 1755 c.c.) non quando questi abbia svolto un generico ruolo di assistenza, consiglio o consulenza di una delle parti, ma quando abbia svolto un’opera di reperimento od avvicinamento tra queste, nel senso sopra indicato. È necessario, quindi, che “tra l’attività del mediatore ed il negozio giuridico ai fini del quale egli ha prestato la sua opera vi sia un rapporto di causalità per cui il contratto principale, nel suo contenuto essenziale, appaia come il risultato utile dell’attività dell’intermediario, [e che] questa possa ritenersi conseguenza (…) dell’opera dell’intermediario (…), tale che senza di essa, secondo l’ordine normale delle cose, il contratto non si sarebbe concluso” (così Sez. 3, Sentenza n. 3071 del 26/10/1962, Rv. 254531).
Ancora per ultima Cassazione
Corte di Cassazione, sezione sesta civile, Ordinanza 3 luglio 2018, n. 17319.
in tema di mediazione, per “conclusione dell’affare”, da cui, a norma dell’art. 1755 cod. civ., sorge il diritto alla provvigione del mediatore, deve intendersi il compimento di un’operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, di un atto, cioè, in virtù del quale sia costituito un vincolo che dà diritto di agire per l’adempimento dei patti stipulati o, in difetto, per il risarcimento del danno, sicché anche la stipulazione di un contratto preliminare è sufficiente a far sorgere tale diritto anche se in epoca successiva alla scadenza dell’accordo di mediazione.
Sul punto è nuovamente tornata la Cassazione
Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 7 gennaio 2019, n. 120
specificando che il rapporto di mediazione, inteso come interposizione neutrale tra due o più persone per agevolare la conclusione di un determinato affare, non postula necessariamente un preventivo accordo delle parti sulla persona del mediatore, ma è configurabile pure in relazione ad una materiale attività intermediatrice che i contraenti accettano anche soltanto tacitamente, utilizzandone i risultati ai fini della stipula del contratto. Sicché, ove il rapporto di mediazione sia sorto per incarico di una delle parti, ma abbia avuto poi l’acquiescenza dell’altra, quest’ultima resta del pari vincolata verso il mediatore, onde un eventuale successivo suo rifiuto non sarebbe idoneo a rompere il nesso di causalità tra la conclusione dell’affare, effettuata in seguito direttamente tra le parti, e l’opera mediatrice precedentemente esplicata.
NATURA
È un contratto – anche se sulla sua natura sono sorti dei contrasti, poiché il legislatore pur inserendo la mediazione nel titolo III del libro IV relativo ai singoli contratti, ha omesso di qualificarlo come tale
Teoria contrattuale (Marini – Minervini – Azzolina – De Sinno – Gambardella – Ferrara Corsi)
il contratto di mediazione si perfeziona anche quando il mediatore entra in contatto con la prima parte , dovendosi ritenere implicita l’accettazione successiva delle altre in presenza dell’attività del mediatore, ovvero quando, preventivamente, tutte le parti abbiano attribuito l’incarico anche tacitamente.
Teoria non negoziale (Cataudella – Giordano – Catricalà – Ferri )
atto giuridico in senso stretto, che s’identifica con la messa in relazione delle parti e che è fonte di obbligazioni simultanee a carico delle parti stesse.
L’opera del mediatore esula da un accordo con le parti, altrimenti, se così non fosse, questi non sarebbe più libero ed imparziale come vuole la legge ed il relativo rapporto si configurerebbe non come mediazione, ma, a seconda, come mandato, commissione, agenzia, locazione d’opera. L’obbligo di pagare la provvigione nascerebbe, perciò, esclusivamente dalla legge, come conseguenza del fatto che l’affare sia stato concluso
La Giurisprudenza:
1) da un lato: la mediazione nasce a prescindere dall’accordo dei futuri contraenti sulla persona del mediatore ed a prescindere da un formale incarico;
2) dall’altro: si nega che il rapporto sia configurabile quando le parti, pur avendo sfruttato l’attività di intermediazione, non siano state in grado di rilevare l’attività prestata dal mediatore e di valutare l’opportunità di servirsene, ovvero abbiano manifestato una volontà contraria.Quanto alla contrattualità essa è talvolta affermata (C.’90, n. 7985), talvolta negata (C.’91, n. 11384)
Per Cassazione già citata
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 24 ottobre 2013, n. 24118
è noto infatti come sia la dottrina, sia – in misura minore – la giurisprudenza di legittimità non siano unanimi nell’ammettere l’esistenza della c.d. mediazione contrattuale.
Taluni, infatti, muovendo dal rilievo che la legge accordi al mediatore il diritto alla provvigione per il solo fatto di avere messo in relazione le parti, ne traggono la conclusione che la mediazione sia un rapporto giuridico di fatto, scaturente dalla mera conclusione dell’affare per opera del mediatore, e non da un previo accordo tra le parti intermediate ed il mediatore. Secondo questo orientamento, pertanto, la mera circostanza che il mediatore abbia ricevuto incarico da una delle parti sarebbe di per sé sufficiente ad escludere la sussistenza d’una mediazione tipica (così si è espressa, isolatamente, Sez. 3, Sentenza n. 16382 del 14/07/2009, Rv. 609184).
Altri, all’opposto, ritengono – ma con molte sfumature diverse – che accanto alla mediazione non negoziale (od “anegoziale”) prevista dal codice civile, sia ammissibile e lecita una mediazione preceduta da un accordo tra il mediatore ed una o tutte le parti interessate all’affare: e tale è l’orientamento prevalente di questa Corte (ex plurimis, in tal senso, Sez. 3, Sentenza n. 9547 del 22/04/2009 (Rv. 608335; Sez. 3, Sentenza n. 24333 del 30/09/2008, Rv. 604883; Sez. 3, Sentenza n. 19066 del 05/09/2006, Rv. 592043; Sez. 3, Sentenza n. 7252 del 07/04/2005, Rv. 581339; Sez. 3, Sentenza n. 7251 del 07/04/2005, Rv. 581454; Sez. 3, Sentenza n. 5952 del 18/03/2005, Rv. 580839; Sez. 2, Sentenza n. 9380 del 27/06/2002, Rv. 555412).
Poi, è opportuno precisare, come da altro arresto della S.C.
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 27 febbraio 2014, n. 4745
è configurabile, accanto alla mediazione ordinaria, una mediazione negoziale cosiddetta atipica, fondata su di un contratto a prestazioni corrispettive, con riguardo anche ad una soltanto delle parti interessate (cosiddetta mediazione unilaterale), ipotesi ricorrente nel caso in cui una parte, volendo concludere un affare, incarichi altri di svolgere un’attivita’ intesa alla ricerca di una persona interessata alla conclusione del medesimo affare a determinate, prestabilite conclusioni; essa rientra nell’ambito di applicabilita’ della disposizione prevista dalla Legge n. 39 del 1989, articolo 2 comma 4, che, per l’appunto, disciplina anche ipotesi atipiche di mediazione, stante la rilevanza, nella atipicita’, che assume il connotato della mediazione alla quale si accompagna l’attivita’ ulteriore in vista della conclusione dell’affare (Cass. 5-9-2006 n. 19066; Cass.30-9-2008 n. 24333; Cass. 8-7-2010 n. 16147).
Sul punto sono intervenute anche le S.U.
Corte di Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 2 agosto 2017, n. 19161
stabilendo il seguente principio:
E’ configurabile, accanto alla mediazione ordinaria, una mediazione negoziale cosiddetta atipica, fondata su un contratto a prestazioni corrispettive, con riguardo anche ad una soltanto delle parti interessate (c.d. mediazione unilaterale). Tale ipotesi ricorre nel caso in cui una parte, volendo concludere un singolo affare, incarichi altri di svolgere un’attivita’ intesa alla ricerca di un persona interessata alla conclusione del medesimo affare a determinate, prestabilite condizioni, e proprio per il suo estrinsecarsi in attivita’ di intermediazione, rientra nell’ambito di applicabilita’ della disposizione prevista dalla L. n. 39 del 1989, articolo 2, comma 4, che, per l’appunto, disciplina anche ipotesi atipiche di mediazione per il caso in cui oggetto dell’affare siano beni immobili o aziende. Ove oggetto dell’affare siano altre tipologie di beni – e segnatamente beni mobili – l’obbligo di iscrizione sussiste solo per chi svolga la detta attivita’ in modo non occasionale e quindi professionale o continuativo. Ove ricorra tale ipotesi, anche per l’esercizio di questa attivita’ e’ richiesta l’iscrizione nell’albo degli agenti di affari in mediazione di cui alla citata L. n. 39 del 1989, menzionato articolo 2, (ora, a seguito dell’abrogazione del ruolo dei mediatori, la dichiarazione di inizio di attivita’ alla Camera di commercio, ai sensi del Decreto Legislativo n. 59 del 2010, articolo 73), ragion per cui il suo svolgimento in difetto di tale condizione esclude, ai sensi dell’articolo 6 della stessa legge, il diritto alla provvigione.
1 – a prestazioni corrispettive
Dall’agenzia deriva a carico di entrambe le parti il dovere di eseguire una prestazione (sinallagma):
A) per il mediatore quella di obbligarsi a mediare per la conclusione di un affare;
B) per il contraente di pagare la retribuzione denominata provvigione.
2 – non solenne
Non è necessaria la forma scritta
3 – consensuale
Esso si perfeziona, infatti con il semplice consenso delle parti
4 – a 2 parti
A) una prima teoria (Bolaffio – Varelli – Ferrara – teoria delle 3 parti, ovvero contraenti sarebbero il mediatore ed i 2 intermediati) afferma che il contratto di mediazione sorge solo quando entrambe le parti del contratto principale danno l’incarico al mediatore o, il che fa lo stesso , ne accettano l’opera. Finché solo una parte abbia dato l’incarico, non si ha ancora mediazione, ma un contratto < in itinere > : ne deriva che il soggetto può dare l’incarico anche ad altri mediatori al fine di aumentare la possibilità di concludere l’affare.
B) Altra teoria (Finocchiaro – Manca – Stolfi – Azzolinae la giurisprudenza prevalente – teoria delle 2 parti, ovvero contraente sarebbe il mediatore e uno degli intermediati), la quale sembra preferibile (Capozzi) ritiene che ci si ritrova di fronte a due distinti contratti, ognuno tra il mediatore ed uno degli intermediati, perché ogni incarico costituisce una distinta ed autonoma manifestazione di volontà; a conferma di tale teoria si richiama la norma contenuta nell’art. 1756
art. 1756 c.c. rimborso delle spese
salvo patti o usi contrari il mediatore ha diritto al rimborso delle spese nei confronti della persona per incarico della quale sono state eseguite anche se l’affare non è stato concluso.
5 – con soggetto qualificato
La disciplina – art. 2 L. 3.2.1989, n. 39 – richiede l’iscrizione, in appositi albi, anche per coloro che esercitano la mediazione in modo discontinuo o occasionale.
È nata così la figura del mediatore abusivo, a carico del quale sono stabilite sanzioni sia amministrative che penali, oltre, naturalmente, all’incapacità giuridica di stipulare un valido contratto di mediazione. Con la conseguenza che egli non potrà neanche invocare la soluti retentio in caso di spontanea elargizione da parte del proponente.
Secondo la S.C. (19.07.10 – Cassazione Civile) non è prevista la provvigione per il mediatore non abituale senza iscrizione.
Anche i procacciatori di affari, che svolgono l’attività di intermediazione per la conclusione dell’affare su incarico di una parte, devono essere iscritti nell’albo professionale di cui alla l. n. 39/1989, con la conseguenza che la mancata iscrizione esclude il diritto alla provvigione.
La Cassazione si è così pronunciata su una vertenza che vedeva contrapposto un geometra che reclamava il rispetto dell’accordo intercorso con un imprenditore edile, sulla base del quale quest’ultimo gli avrebbe dovuto corrispondere il 5% dell’ammontare dei lavori edili che in virtù dell’opera mediatoria del primo il secondo avrebbe eseguito in un determinato complesso immobiliare. Il Tribunale riteneva sussistente un contratto atipico di procacciamento d’affari e condannava al pagamento a favore del geometra di un importo a titolo di provvigione. La Corte d’appello riformava integralmente la sentenza di primo grado ritenendo sussistente un contratto di mediazione, nel quale il diritto alla provvigione compete solo in presenza di iscrizione all’albo dei mediatori, non presente nel caso di specie.
La Cassazione ha in sostanza confermato la sentenza di secondo grado.
Vediamo le motivazioni.
Innanzitutto la Cassazione ha ricordato che il Decreto Legislativo 59/2010 ha soppresso il ruolo dei mediatori, tuttavia il predetto Decreto Legislativo non ha efficacia retroattiva e in ogni caso non ha abrogato la Legge 39/1989, anzi le attività disciplinate da quest’ultima Legge sono soggette a dichiarazione di inizio attività da presentare alla Camera di Commercio competente per territorio, corredata delle autocertificazioni e delle certificazioni attestanti il possesso dei requisiti prescritti che verifica il possesso dei requisiti e iscrive i relativi dati nel registro delle imprese, se l’attività è svolta in forma di impresa, oppure nel repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA). Il comma sei dell’articolo 73 statuisce che “Ad ogni effetto di legge, i richiami al ruolo contenuti nella legge 3 febbraio 1989, n. 39, si intendono riferiti alle iscrizioni previste dal presente articolo nel registro delle imprese o nel repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA)”.
Conclude pertanto la Cassazione che “in assenza di abrogazione dell’art. 6 della l. n. 39/1989, ma in presenza della sola soppressione del ruolo, la norma di cui all’art. 6 va letta nel senso che, anche per i rapporti di mediazione sottoposti alla normativa di cui al d. 19s. n. 59/2010, hanno diritto alla provvigione solo i mediatori che sono iscritti nei registri o nei repertori tenuti dalla Camera di Commercio secondo l’articolo 73”.
Quanto alla natura del rapporto di mediazione e di procacciamento di affari, la Cassazione dichiara di aderire all’orientamento secondo cui anche il procacciatore di affari rientra nell’ambito di applicazione delle Legge 39/1989 che disciplina anche ipotesi atipiche di mediazione. In ogni caso, “indipendentemente da quale sia la natura giuridica delle figure, identico è il nucleo essenziale, costituito dall’attività di mediazione prevista”.
“Infatti il codice qualifica come mediatore anche colui che ha ricevuto l’incarico di promuovere la conclusione dell’affare da una sola delle due parti (cfr. art. 1756 c.c.) ovvero colui che ha avuto l’incarico da una delle due parti di rappresentarla negli atti relativi all’esecuzione del contratto concluso con il suo intervento (art. 1761, c.c.). E’ stato infatti di recente affermato che in tema di rapporti tra mediazione e procacciamento di affari, costituisce elemento comune a dette figure la prestazione di un’attività di intermediazione diretta a favorire tra terzi la conclusione di un affare, con conseguente applicazione di alcune identiche disposizioni in materia di diritto alla provvigione (Cass. civ., Sez. II, 24/02/2009, n. 4422).
Inoltre, e soprattutto, va osservato che la legge n. 39/1989, art. 2, c. 4, stabilisce che l’iscrizione al ruolo deve essere richiesta anche se l’attività viene esercitata in modo occasionale o discontinuo da coloro che svolgono, su mandato a titolo oneroso, attività per la conclusione di affari relativi ad immobili o ad aziende“.
Né tale obbligo di iscrizione urta contro la disciplina comunitaria.
Infatti, quanto alla compatibilità della disciplina di cui alla n. 39 del 1989 con il Trattato di Roma, si osserva che la Corte di Giustizia delle Comunità Europee già si è espressa al riguardo ed ha statuito che la direttiva 67/43/CEE del Consiglio, del 12 febbraio 1967, concernente la realizzazione della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi per le attività non salariate relative al settore degli affari immobiliari, non impedisce allo Stato membro di riservare determinate attività rilevanti nel settore degli affari immobiliari alle persone autorizzate ad esercitare la professione di agente immobiliare (C. Giust. CE 25 giugno 1992, n. 147).
Ne consegue che nella fattispecie, poiché è pacifico che l’attore non era iscritto nell’apposito albo per la disciplina della professione di mediatore, poiché la mancanza di tale iscrizione preclude il diritto alla provvigione anche a chi si sia limitato a svolgere attività di intermediazione nella qualità di procacciatore di affari, quindi su mandato di una sola parte, il motivo di ricorso è inammissibile per carenza di interesse sul punto di quale delle due figure (mediazione tipica o atipica) ricorresse nella fattispecie.
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione
(Corte di Cassazione – Sezione Terza Civile, Sentenza 8 luglio 2010, n.16147: Provvigione nella mediazione)
Poi, sempre in tema, secondo altra Cassazione,
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 14 maggio 2013 n. 11539
ai fini del riconoscimento del diritto al compenso per l’attività prestata, l’onere della prova dell’iscrizione all’albo dei mediatori così come previsto nella legge n. 39 del 1989, può essere assolto anche mediante il ricorso alla prova per presunzioni.
Può valere in tal senso il modulo di proposta di acquisto predisposto dalla società dal quale risulta la suddetta iscrizione e vale comunque la prova per testimoni.
Nuovamente, la Cassazione è intervenuta sul punto.
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 16 gennaio 2014, n. 762.
Il giudizio in commento è stato introdotto per la condanna al pagamento della somma dovuta per la intermediazione effettuata, nella qualità di intermediatore immobiliare, nella compravendita di un immobile.
I convenuti, costituitisi, contestarono il fondamento della domanda eccependo la mancanza di prova della qualifica di mediatore immobiliare.
Il tribunale rigettò la domande per non avere l’attore provato di essere iscritto all’albo dei mediatori in Italia, condizione per legge indispensabile per potere avere diritto alla provvigione per l’intermediazione.
Mentre a diversa conclusione pervenne la Corte d’Appello che accolse l’appello condannando gli appellati al pagamento della provvigione come quantificata in sentenza
Orbene, secondo la S.C. la Corte di merito ha erroneamente ritenuto che sussistesse il diritto alla provvigione in favore del mediatore non iscritto sulla base della abolizione del ruolo di cui all’art. 2 L. n. 39 del 1989 ad opera del “cosiddetto Decreto Bersani Bis” – divenuto nelle more del procedimento legge dello stato.
In realtà il D.L. 31.1.2007 (decreto Bersani bis), convertito in L. 2.4.2007 n. 40 non costituisce alcun criterio di riferimento per legittimare il diritto alla provvigione in favore del mediatore non iscritto, resta, invece, applicabile esclusivamente quella di cui alla L. n. 39 del 1989.
Inoltre, la previsione del rifiuto di ogni tutela al mediatore non iscritto nel ruolo – secondo quanto stabilito dalla Legge Statale 3 febbraio 1989, n. 39 – non contrasta con la direttiva 86/653/CEE, relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti, giacché tale direttiva – che osta ad una normativa nazionale che subordini la validità di un contratto di agenzia all’iscrizione dell’agente di commercio in apposito albo – non si rivolge al mediatore, il quale agisce in posizione di terzietà rispetto ai contraenti posti in contatto, a tale stregua differenziandosi dall’agente di commercio, che attua invece una collaborazione abituale e professionale con altro imprenditore.
Infine, ancora una volta la Cassazione
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 29 gennaio 2016, n. 1735
è intervenuta in merito, riaffermando che ai fini del riconoscimento del compenso al mediatore, è necessario che colui che abbia messo in relazione due o più parti per la conclusione di un affare sia regolarmente iscritto all’Albo dei mediatori professionali, mentre è sufficiente a far sorgere il diritto al compenso che l’iscrizione sia intervenuta dopo l’inizio dell’attività di mediazione e, finché essa sia in corso, e tuttavia, in questo caso la provvigione è dovuta solo da quel momento. Ne consegue che chi abbia svolto attività di intermediazione è tenuto a restituire l’acconto percepito. quando ancora non possedeva la qualifica di mediatore professionale per mancanza di iscrizione nell’apposito albo, non bastando la sopravvenienza della suddetta qualifica nel corso del rapporto di mediazione, né l’unitarietà del compenso spettante al mediatore a legittimare “ex post” un pagamento non consentito dalla legge al momento della sua effettuazione.
L’obbligatorietà dell’iscrizione, secondo la Cassazione,
Corte di Cassazione, sezione VI civile, sentenza 7 luglio 2016, n. 13903
è necessaria in alcuni casi ai fini della provvigione, anche a carico degli ausiliari del mediatore.
infatti, secondo la sentenza in commento, gli ausiliari del mediatore o di una società di mediazione sono tenuti all’iscrizione nel ruolo solo quando essi risultino assegnati allo svolgimento di attività mediatizia in senso proprio, della quale compiono gli atti a rilevanza esterna, con efficacia nei confronti dei soggetti intermediati, e impegnativi per l’ente da cui dipendono; l’iscrizione non è, invece, richiesta per quei dipendenti che esplicano attività accessoria e strumentale a quella di vera e propria mediazione, in funzione di ausilio ai soggetti a ciò preposti.
Poi, secondo altra ultima sentenza
Corte di Cassazione, sezione sesta (seconda) civile, Ordinanza 1 giugno 2020, n. 10350
qualora l’attività di intermediazione sia svolta in forma societaria, ai fini del riconoscimento del diritto alla provvigione è necessario che la società o il suo legale rappresentante siano iscritti nell’albo di cui alla l. n. 39 del 1989 (nel testo applicabile “ratione temporis”), con la conseguenza che l’iscrizione nel ruolo dei mediatori del legale rappresentante a titolo personale (e, cioè, come persona fisica) non è sufficiente a far sorgere in capo alla società il diritto alla provvigione.
Infine, la Cassazione
Corte di Cassazione, sezione sesta (seconda) civile, Ordinanza 24 settembre 2020, n. 20016.
ha avuto modo di chiarire che in tema di mediazione, quando l’attività di mediazione abbia ad oggetto la conclusione di un contratto relativo a beni immobili, l’intermediario matura il diritto al compenso soltanto se iscritto all’albo di cui all’art. 2 della legge n.39/1989, a prescindere da qualsiasi considerazione, tanto relativamente alla professionalità o alla continuatività con cui egli svolga la sua opera di intermediazione, quanto con riguardo all’inquadramento del rapporto, se nell’alveo della mediazione cd. bilaterale, ovvero nell’ambito della cd. mediazione atipica, o del procacciamento di affari
I REQUISITI DEL CONTRATTO
1 – L’accordo delle parti
La mediazione è un tipico contratto consensuale e si perfeziona, perciò, con il semplice accordo delle parti secondo la normativa stabilita dagli artt. 1326 e seg.Poiché si è seguita la tesi della mediazione come contratto a due parti, ognuno dei contratti (ciascuno tra il mediatore ed uno degli intermediati), si conclude nel momento in cui viene conferito l’incarico al mediatore e costui accetta di occuparsi dell’affare.
2 – La causa
La funzione economica sociale del contratto di mediazione viene identificata nello scambio tra un servizio ed un compenso;il contratto di mediazione, pur qualificandosi come un contratto preparatorio del contratto principale, resta autonomo ed indipendente rispetto al contratto da concludere. Ciò è confermato dall’art. 1757
art. 1757 c.c.provvigione nei contratti condizionali o invalidi
…….il diritto alla provvigione non viene meno con il verificarsi della condizione.
La disposizione del comma precedente si applica anche quando il contratto è annullabile (1425 e seguenti) o rescindibile (1447 e seguenti), se il mediatore non conosceva la causa d’invalidità.
3 – L’oggetto
Riguardo all’oggetto immediato (rectius prestazione)
A – relativamente al mediatore – < obbligarsi a mettere in relazione> ma tale espressione comprende atti di vario contenuto necessari per lo svolgimento del lavoro
B – relativamente all’intermediato – PAGAMENTO DEL CORRISPETTIVORiguardo all’oggetto mediato (rectius oggetto della prestazione)Possibile – lecito – determinato o determinabile
4 – La forma
La legge non prescrive alcuna forma particolare per la conclusione del contratto di mediazione.Restano salve le ipotesi in cui è prescritta ad substantiam una forma determinata.
LA DISCIPLINA
La provvigione
art. 1755 c.c.provvigione
il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti (la clausola che prevede la provvigione a carico di una sola delle parti è, però, valida e non comporta di per sé il venir meno della configurazione del rapporto di mediazione), se l’affare (la nozione di affare è più ampia di quella del contratto ed include ogni operazione di contenuto economico che si risolva in un’utilità di natura patrimoniale) è concluso per effetto del suo intervento.
La natura della provvigione e la proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti, in mancanza di patto, di tariffe professionali o di usi, sono determinate dal giudice secondo equità.
Proprio in merito all’equità è intervenuta con un’ultima pronuncia la S.C.
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 31 luglio 2012 n. 13656
secondo la quale in tema di determinazione della provvigione dovuta al mediatore, atteso il carattere sussidiario dei criteri previsti in ordine successivo dall’articolo 1755, secondo comma del codice civile, questa deve essere determinata dal giudice secondo equità, se le parti non ne abbiano stabilito la misura e se non è provata l’esistenza di tariffe professionali e di usi locali.
Poi, è stato anche precisato, come da ultimo
Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 10 febbraio 2020, n. 3055.
che il diritto del mediatore a percepire la provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attività intermediatrice. Non è richiesta l’esistenza di un nesso eziologico diretto ed esclusivo tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare. E’ sufficiente che il mediatore – pur in assenza di un suo intervento in tutte le fasi della trattativa ed anche in presenza di un processo di formazione della volontà delle parti complesso ed articolato nel tempo – abbia messo in relazione le stesse, in modo da realizzare l’antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, secondo i principi della causalità adeguata.
Ancora la Cassazione
Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 20 agosto 2020, n. 17481.
sul punto ha stabilito quanto segue:
in tema di mediazione, ai sensi dell’art. 1754 cod. civ., il mediatore è colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, risultando idonea al fine del riconoscimento del diritto alla provvigione anche l’esplicazione della semplice attività consistente nella ricerca ed indicazione dell’altro contraente o nella segnalazione dell’affare, non rilevando, a tale scopo, che il mediatore debba partecipare attivamente anche alle successive trattative. In altri termini, per il diritto del mediatore al compenso, non è determinante un suo intervento in tutte le fasi delle trattative sino all’accordo definitivo, essendo sufficiente che la conclusione dell’affare possa ricollegarsi all’opera da lui svolta per l’avvicinamento dei contraenti, con la conseguenza che anche la mera attività indirizzata al reperimento dell’altro contraente ovvero all’indicazione specifica dell’affare legittima il diritto alla provvigione, sempre che, però, tale attività costituisca il risultato utile della condotta posta in essere dal mediatore stesso e poi valorizzata dalle parti
Per autorevole dottrina (Gazzoni) – Il pagamento della provvigione può essere rifiutato anche nel caso in cui la parte ignorava l’esistenza di un mediatore, perché, ad esempio, costui si era presentato nella veste di diretto interessato all’affare.
Norma che può essere derogata, nel senso che il compenso sia dovuto anche in caso di mancata conclusione, per l’attività di ricerca svolta dal mediatore, o di revoca anticipata dell’incarico.
Per altra pronuncia Corte di cassazione (sentenza 22357/10 del 03/11/2010) in tema di mediazione, qualora – per il caso in cui il conferente l’incarico rifiuti di concludere l’affare con il terzo indicato dal mediatore – sia pattuito che quest’ultimo abbia comunque diritto ad un compenso pari a quello previsto per l’ipotesi di conclusione dell’affare, il giudice deve stabilire se tale clausola sia vessatoria, ai sensi dell’art. 1469 bis, comma primo, cod. civ. (ora art. 33, comma primo, codice del consumo), se nel detto patto non sia chiarito che, nell’ipotesi considerata, il compenso al mediatore è dovuto per l’attività sino a quel momento esplicata.
Qualora, invece, il rifiuto del conferente tragga origine da circostanze ostative, non comunicate al mediatore al momento del contratto o cui il conferente abbia dato causa successivamente, è configurabile una responsabilità di quest’ultimo per violazione dei doveri di correttezza e buona fede; in tal caso la previsione dell’obbligo di pagare comunque la provvigione può integrare una clausola penale, soggetta al diverso apprezzamento di cui all’art. 1469 bis, comma terzo, n. 6, cod. civ., (ora art. 33, comma secondo, codice del consumo), concernente la presunzione di vessatorietà delle clausole che, in caso di inadempimento, prevedano il pagamento di una somma manifestamente eccessiva.
Ma i motivi che hanno indotto il legislatore a richiedere che la conclusione del contratto sia intervenuta per effetto dell’opera del mediatore sono evidenti. Si è voluto evitare di correre il rischio di individuare un mediatore ogni volta che ci fosse una qualsiasi intromissione negli affari altrui.
Pertanto la giurisprudenza, ritiene che l’intervento del mediatore non deve essere stato fattore esclusivo o determinante della conclusione, essendo sufficiente la completezza, può anche risolversi in una semplice segnalazione senza particolare attività ulteriore dal momento che quello che conta è il fatto che sussista un nesso di causalità, nel senso che anche l’opera del mediatore sia stata condicio sine qua non per la conclusione dell’affare.
In sostanza la Suprema corte, ritiene ad esempio, che per la nascita del diritto alla provvigione sia sufficiente che le parti abbiano stipulato un contratto preliminare, anche se non seguito dal contratto definitivo.
La Cassazione (sezione Terza Civile, Sentenza 3 novembre 2010, n.22357) inoltre ha formulato un principio di diritto per il caso della mancata conclusione dell’affare per rifiuto del conferente l’incarico al mediatore, per dirimere la controversia in merito al diritto alla corresponsione del compenso da parte di quest’ultimo.
La Cassazione ha ricordato che “e’ stato chiarito (da Cass., n. 7067/2002) che il patto col quale sia previsto il diritto del mediatore al compenso anche nel caso di mancata conclusione dell’affare “deve valere a collegare il diritto alla provvigione ad un fatto diverso” e che “questo fatto può essere l’avere il mediatore svolto per un certo tempo una concreta attività di ricerca di terzi interessati all’affare ed essere pervenuto al risultato entro un certo termine od anche non esservi pervenuto, se prima della scadenza del termine la parte ritira l’incarico al mediatore: in questi casi la provvigione costituisce il compenso per aver il mediatore assunto ed adempiuto l’obbligo di impegnare la propria organizzazione nella ricerca del terzo interessato all’affare“.
Secondo la Cassazione “Se, dunque, il conferente l’incarico rifiuti (anche se ingiustificatamente) di concludere l’affare col terzo indicato dal mediatore e che abbia fatto un offerta coincidente con le aspettative del conferente, la previsione dell’obbligo di corrispondere comunque un compenso all’intermediario può avere causa nella remunerazione dell’attività da quello posta in essere nella ricerca di un interessato. Ma se il compenso sia previsto in misura identica (o vicina) a quella stabilita per l’ipotesi di conclusione dell’affare, si pone il problema di stabilire se, in relazione al caso di mancata conclusione dell’affare per scelta di chi ha conferito l’incarico, vi sia squilibrio fra i diritti e gli obblighi delle parti (art. 1469 bis, comma l, c.c.; ora art. 33, comma l, del codice del consumo), giacché solo con la conclusione dell’affare il preponente realizza il suo interesse e poiché il rifiuto da parte sua di concluderlo non integra comunque un inadempimento.
Il giudice dovrà dunque stabilire se la clausola sia vessatoria, considerando che l’art. 1469 ter, comma 3, c.c. (ora, art. 34, comma 3, del citato codice del consumo) esclude bensì che la valutazione della vessatorietà possa concernere l’oggetto del contratto e l’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tuttavia “tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile”: nel patto intercorso tra preponente e mediatore deve dunque essere chiarito che, in caso di mancata conclusione dell’affare per oggettivamente ingiustificato rifiuto del preponente, il compenso al mediatore sarà dovuto per l’attività sino a quel momento esplicata.
Se tanto non sia chiaro, l’adeguatezza del corrispettivo per l’ipotesi di mancata conclusione dell’affare dovrà essere apprezzata dal giudice, che potrà concludere nel senso del significativo squilibrio delle prestazioni e dunque per l’inefficacia della clausola ex art. 1469 quinqies, comma 1, c.c. (o per la sua nullità ex art. 36, comma l, del codice del consumo), segnatamente se il diritto al compenso per il dell’affare per scelta di chi ha conferito l’incarico, vi sia squilibrio fra i diritti e gli obblighi delle parti (art. 1469 bis, comma l, c.c.; ora art. 33, comma l, del codice del consumo), giacché solo con la conclusione dell’affare il preponente realizza il suo interesse e poiché il rifiuto da parte sua di concluderlo non integra comunque un inadempimento”.
In sostanza “Il giudice dovrà dunque stabilire se la clausola sia vessatoria, considerando che l’art. 1469 ter, comma 3, c.c. (ora, art. 34, comma 3, del citato codice del consumo) esclude bensì che la valutazione della vessatorietà possa concernere l’oggetto del contratto e l’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tuttavia “tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile”: nel patto intercorso tra preponente e mediatore deve dunque essere chiarito che, in caso di mancata conclusione dell’affare per oggettivamente ingiustificato rifiuto del preponente, il compenso al mediatore sarà dovuto per l’attività sino a quel momento esplicata. Se tanto non sia chiaro, l’adeguatezza del corrispettivo per l’ipotesi di mancata conclusione dell’affare dovrà essere apprezzata dal giudice, che potrà concludere nel senso del significativo squilibrio delle prestazioni e dunque per l’inefficacia della clausola ex art. 1469 quinqies, comma 1, c.c. (o per la sua nullità ex art. 36, comma l, del codice del consumo), segnatamente se il diritto al compenso per il caso di mancata conclusione dell’affare sia fissato in misura indipendente dal tempo per il quale l’attività del mediatore s’è protratta prima del rifiuto del preponente.
L’insussistenza dello squilibrio delle prestazioni per il caso di mancata conclusione dell’affare per causa imputabile alla Gentile è stata, come s’è già osservato, esclusa dalla corte d’appello senza spiegazione alcuna“
“se, invece, il rifiuto di concludere il contratto da parte di chi abbia conferito l’incarico tragga origine dalla sussistenza, originaria o sopravvenuta, di circostanze ostative alla conclusione stessa, di cui la stessa parte abbia omesso di informare il mediatore al momento del patto o cui abbia dato causa successivamente, sarebbe allora configurabile una sua responsabilità per violazione dei doveri, di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c.. In casi siffatti, la previsione dell’obbligo di pagare i comunque la provvigione o somma equivalente integrerebbe una clausola penale e sarebbe dunque soggetta al diverso apprezzamento di cui all’art. 1469 bis, comma 2, n. 6, c.c. (ora art. 33, comma 2, lettera f, del codice del consumo), concernente la presunzione di vessatorietà delle clausole che, in caso di inadempimento, prevedano il pagamento di una somma manifestamente eccessiva“.
Sempre in merito al diritto alla provvigione la Corte di Piazza Cavour
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 16 settembre 2013, n. 21095
ha affermato che pur non essendo necessario, ai fini del diritto del mediatore al pagamento della provvigione, che questi abbia partecipato a tutte le fasi della trattativa e sino all’accordo definitivo, è tuttavia indispensabile che la messa in relazione delle parti, ad opera del mediatore, costituisca l’antecedente necessario per pervenire alla conclusione dell’affare.
Mediazione indiretta: non è ammissibile
a) né sul piano soggettivo, così non ha diritto alla provvigione chi segnala l’affare ad altra persona, che metterà poi essa stessa le parti in contatto;
b) né sul piano oggettivo, cioè quando le parti, messe in contatto per un determinato affare, successivamente ne concludono uno totalmente diverso.
Le parti per evitare il pagamento della provvigione potrebbero simulare l’abbandono dell’affare, concludendo, all’insaputa del mediatore, direttamente tra loro.
Il mediatore, in tal caso, avrà diritto al compenso, provando che la revoca è intervenuta dopo che la sua attività era stata determinante per la successiva conclusione dell’affare tra le parti.
Pluralità di mediatori: il credito dei mediatori non è solidale e, se rinunziato da uno di loro, non determina alcun accrescimento in favore degli altri.
La ripartizione interna della provvigione va operata in relazione all’efficienza casuale dell’attività da ciascuno svolta.
art. 1758 c.c.pluralità di mediatori
se l’affare è concluso per l’intervento di più mediatori ciascuno di essi ha diritto ad una quota della provvigione.
La provvigione nei contratti condizionali, invalidi o simulati:
art. 1757 c.c.provvigione nei contratti condizionali o invalidi
se il contratto è sottoposto a condizione sospensiva, il diritto alla provvigione sorge nel momento in cui si verifica al condizione .
Se il contratto è sottoposto a condizione risolutiva, il diritto alla provvigione non viene meno con il verificarsi della condizione.
La disposizione del comma precedente si applica anche quando il contratto è annullabile (1425 e seguenti) o rescindibile (1447 e seguenti), se il mediatore non conosceva la causa d’invalidità.
All’ipotesi di condizione sospensiva è assimilato il caso del contratto concluso dal falsus procurator in tal caso il mediatore avrà diritto alla provvigione, nel momento in cui la ratifica del < dominus > che, può, a tal fine, essere parificata all’avveramento di una condizione sospensiva.
Diversa è la regola per il contratto sottoposto a condizione risolutiva.
In tale ipotesi, il mediatore, non subisce le conseguenze (la c.d. efficacia retroattiva della condizione del verificarsi della condizione, perché il vincolo nasce con la conclusione del contratto e con questo nasce il diritto alla provvigione.
Prosennetico (intermediazione matrimoniale): è esclusa la rilevanza della mediazione è la provvigione non è dovuta se l’affare è illecito. Tale è ad es.,l’intermediazione matrimoniale, quando essa si risolva in una pressione sulla volontà dei controinteressati.
Contratto annullabile o rescindibile: il diritto alla provvigione viene meno solo se il mediatore era a conoscenza del vizio.
Contratto nullo: non essendo concluso nessun affare non sorge nessun dubbio sul diritto alla provvigione.
La provvigione è però dovuta in caso di conversione del contratto ex art. 1424 c.c..
Contratto simulato: anche sulla base della giurisprudenza sembra potersi dire che se il mediatore è consapevole nulla è dovuto in caso di simulazione assoluta, atteso che il contratto non è mai avvenuto tra le parti, mentre in caso di simulazione relativa è dovuta la provvigione relativa al contratto dissimulato.
In caso d’ignoranza la posizione del mediatore è , invece, quella di un terzo, tutelato quindi ex art. 1415 c.c.
Gli obblighi del mediatore
A – adempiere con diligenza l’incarico affidatogli:
il primo co dell’art. 1759 non è altro che un ulteriore esplicazione di tale obbligo
art. 1759 1 co c.c. responsabilità del mediatore
il mediatore deve comunicare alla parti le circostanze a lui note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, che possono influire sulla conclusione di esso.
Con ultima sentenza la Cassazione
Corte di Cassazione, II sezione, sentenza n. 19095 del 19 settembre 2011
è intervenuta sul punto, condividendo la decisione della Corte d’Appelo di Bari secondo la quale il mediatore è tenuto all’obbligo di comunicare le circostanze a lui note o comunque conoscibili con la comune diligenza che si richiede al mediatore, e, in negativo, il divieto di fornire informazioni su circostanze che non abbia controllato.
Ancora secondo la Cassazione
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 10 aprile 2015, n. 7178
il mediatore professionale è tenuto all’obbligo di verificare tutte le informazioni a lui note e comunque acquisibili con l’uso della diligenza professionale del caso. Il principio è stato ribadito dal giudice di legittimità con sentenza del 10 aprile 2015, n. 7178. Il mediatore non può limitarsi a trasmettere informazioni non verificate, o peggio che si rifiutato di verificare. In caso di inadempimento, la colpa è presunta ed incombe sul mediatore l’onere di provare o l’inesistenza dell’inadempimento o l’inimputabilità a se medesimo.
Sul punto è nuovamente tornata la Cassazione
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 16 settembre 2015, n. 18140
affermando il seguente principio: il mediatore, pur non essendo tenuto, in difetto di un incarico particolare in proposito, a svolgere, nell’adempimento della sua prestazione, specifiche indagini di natura tecnico-giuridica (come l’accertamento della regolarità edilizia ed urbanistica dell’immobile oggetto del trasferimento), al fine di individuare circostanze rilevanti circa la conclusione dell’affare a lui non note, tuttavia, qualora dia informazioni su circostanze di cui non abbia consapevolezza e che non abbia controllato, che si rivelino poi inesatte e non veritiere, ovvero ometta di comunicare circostanze da lui non conosciute ma conoscibili con l’ordinaria diligenza professionale, è legittimamente configurabile una sua responsabilità per i danni sofferti, per l’effetto, dal cliente.
Da ultimo la Corte di Legittimità
Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 16 gennaio 2020, n. 784
sul punto ha di nuovo affermato che il mediatore, pur non essendo tenuto, in difetto di un incarico specifico, a svolgere nell’adempimento della sua prestazione particolari indagini di natura tecnico-giuridica (come l’accertamento della libertà da pesi dell’immobile oggetto del trasferimento, mediante le cosiddette visure catastali ed ipotecarie) allo scopo di individuare fatti rilevanti ai fini della conclusione dell’affare, è pur tuttavia gravato, in positivo, dall’obbligo di comunicare le circostanze a lui note o comunque conoscibili con la comune diligenza che è richiesta in relazione al tipo di prestazione, nonché, in negativo, dal divieto di fornire non solo informazioni non veritiere, ma anche informazioni su fatti dei quali non abbia consapevolezza e che non abbia controllato, poiché il dovere di correttezza e quello di diligenza gli imporrebbero in tal caso di astenersi dal darle; cosicché, qualora il mediatore infranga tali regole di condotta, è legittimamente configurabile una sua responsabilità per i danni sofferti, per l’effetto, dal cliente. In particolare, la mancata informazione del promissario acquirente sull’esistenza di una irregolarità urbanistica non ancora sanata relativa all’immobile oggetto della promessa di vendita, della quale il mediatore stesso doveva e poteva essere edotto, in quanto agevolmente desumibile dal riscontro tra la descrizione dell’immobile contenuta nell’atto di provenienza e lo stato effettivo dei luoghi, legittima il rifiuto del medesimo promissario di corrispondere la provvigione.
B – adempiere con imparzialità l’incarico affidatogli:
per taluni si parla di semplice terzietà (Marini), la giurisprudenza invece ritiene che il mediatore debba necessariamente essere imparziale ed infatti l’imparzialità è collegata anche all’autonomia di cui deve godere il mediatore.
Per la Cassazione
Corte di Cassazione, sezione civile, Ordinanza 20 agosto 2020, n. 17480.
ai fini della configurazione della necessaria sussistenza del dovere di imparzialita’ in capo al mediatore ed in funzione della corretta interpretazione dell’articolo 1761 c.c., egli non puo’ curare gli interessi di uno solo dei contraenti e non puo’ essere mandatario e rappresentarlo nella stipulazione del contratto, restando limitata la possibilita’ di rappresentanza soltanto nell’esecuzione del contratto concluso con il suo intervento. In altri termini, colui che agisce in rappresentanza di una delle parti nella conclusione di un negozio non puo’ pretendere la provvigione, assumendo di avere svolto anche attivita’ di mediazione, ne’ dalla parte rappresentata, perche’ ad essa legato da un rapporto di mandato, ne’ dall’altra parte, perche’ nei confronti di questa agisce in veste di parte, pur se nell’interesse altrui, e non come mediatore, mentre, al contrario, il mediatore puo’ esser incaricato soltanto ad attivita’ esaurita da una delle parti di rappresentarla negli atti relativi al contratto concluso mediante il suo intervento.
Assenza di obbligo di promozione: senza dubbio un obbligo potrebbe sorgere solo in seguito ad una espressa pattuizione ma in tal caso vi sarebbe un contratto d’opera tipico, se oneroso, ovvero atipico, se gratuito
art. 1760 c.c.obblighi del mediatore professionale
il mediatore professionale in affari su merci o su titoli deve:
1) conservare i campioni delle merci vendute sopra campione (1522), finché sussista la possibilità di controversia sull’identità della merce;
2) rilasciare al compratore una lista firmata dei titoli negoziati, con l’indicazione della serie e del numero;
3) annotare su apposito libro (2214 e seguenti) gli estremi essenziali del contratto che si stipula col suo intervento e rilasciare alle parti copia da lui sottoscritta di ogni annotazione.
art. 1764 c.c. sanzioni: il mediatore che non adempie gli obblighi imposti dall’art. 1760 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 10.000 a lire l.000.000 (c.p. 26).
Nei casi più gravi può essere aggiunta la sospensione dalla professione fino a sei mesi (c.p. 35)
Alle stesse pene è soggetto il mediatore che presta la sua attività nell’interesse di persona notoriamente insolvente o della quale conosce lo stato d’incapacità.
Responsabilità: tale responsabilità è ravvisabile sia quando l’affare vada a buon fine, sia in caso contrario.
art. 1759 c.c. responsabilità del mediatore
il mediatore deve comunicare alla parti le circostanze a lui note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, che possono influire sulla conclusione di esso.
Il mediatore risponde dell’autenticità della sottoscrizione delle scritture e dell’ultima girata dei titoli trasmessi per il suo tramite.
Rappresentanza:
at. 1761 c.c.rappresentanza del mediatore
il mediatore può essere incaricato da una delle parti di rappresentarla (1388) negli atti relativi all’esecuzione del contratto concluso con il suo intervento.
Fideiussione
Inoltre è prevista la possibilità per il mediatore di prestare fideiussione per l’adempimento delle obbligazioni di una delle parti.
art. 1763 c.c. fideiussione del mediatore
il mediatore può prestare fideiussione per una delle parti (936 e seguenti).
Recesso ad nutum
Gazzoni
caratteristica precipua del rapporto di mediazione (che mal si concilia con l’esistenza di un vincolo contrattuale) è inoltre la possibilità di recedere ad nutum in ogni caso, pur in assenza di una giusta causa, fino al momento della conclusione del contratto (quando nasce il diritto alla provvigione da parte del mediatore) senza alcuna responsabilità e senza che alcunché sia dovuto ad alcun titolo meno ex art. 1337.
Il mediatore, infatti, ha diritto al rimborso delle spese, qualora il contratto non si concluda, solo se ha ricevuto (ed accettato) un preciso incarico da una o entrambe le parti, se, cioè, è stato concluso un contratto d’opera.
art. 1756 c.c. rimborso delle spese
salvo patti o usi contrari il mediatore ha diritto al rimborso delle spese nei confronti della persona per incarico della quale sono state eseguite anche se l’affare non è stato concluso.
Contraente non nominato
in particolare il dovere di informazione è importante per quanto riguarda la solvibilità delle parti, tanto in più in quanto il mediatore ha diritto alla provvigione, se non è stata pattuita la clausola <salvo buon fine >
art. 1762 c.c. contraente non nominato
il mediatore che non manifesta a un contraente il nome dell’altro risponde dell’esecuzione del contratto e, quando lo ha eseguito, subentra nei diritti verso il contraente non nominato (art. 1203).
Se dopo la conclusione del contratto il contraente non nominato si manifesta all`altra parte o è nominato dal mediatore, ciascuno dei contraenti può agire direttamente contro l’altro, ferma restando la responsabilità del mediatore.
Per una parte della Dottrina (Carraro): contratto per persona da nominare: il contratto intercorrerebbe perciò inizialmente tra mediatore e contraente palese, con la conseguenza che il diritto alla provvigione del mediatore maturerebbe solo se ed in quanto intervenga la dichiarazione di nomina dell’altro contraente. A tale inquadramento osta, però, il fatto che il mediatore continui a rispondere degli obblighi contrattuali anche qualora nomini l’atro contraente;
tesi negativa (Marini – Stolfi – Ferrara): appare però preferibile, perché il mediatore non assume la qualità di parte del contratto ma solo il garante della sua esecuzione nei confronti del contraente noto.
LE FIGURE AFFINI
Il mandato
L’opinione tradizionale ravvisa la differenza nel fatto che
A) nel mandatario è un cooperatore giuridico, mentre il mediatore è un operatore materiale,
B) e sia nel fatto che il mandatario assume l’obbligo di curare l’esecuzione dell’incarico ricevuto, mentre il mediatore non ha alcun obbligo di mediare, ma soltanto, l’onere di mettere in relazione i futuri contraenti.
C) Inoltre, mentre il mandatario agisce per conto di uno dei contraenti, la caratteristica del mediatore è la sua imparzialità, vale a dire la sua neutralità rispetto alle parti.
L’agenzia
dalla nozione di mediatore si evince chiaramente la differenza tra il mediatore e l’agente, operando quest’ultimo e non sempre per un singolo affare come per il mediatore, sempre nell’interesse di una parte ben determinata.
La prestazione d’opera professionale
Per la Cassazione
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 24 ottobre 2013, n. 24118
fu dapprima la Sez. I, Sentenza n. 2721 del 25/06/1977, Rv. 386375, a qualificare come contratto d’opera, e non mediazione, quello con cui una persona si era obbligata, dietro compenso, ad assistere la controparte nella richiesta di un finanziamento.
In seguito, chiamata a stabilire se potesse qualificarsi come “mediazione” l’attività di consulenza ed assistenza finalizzata all’individuazione di forme di investimento od al reperimento di soggetti cui domandare un finanziamento, la Corte l’ha ripetutamente negato: dapprima con la sentenza pronunciata da Sez. 1, Sentenza n. 6956 del 06/07/1999, Rv. 528303, e quindi con la decisione pronunciata da Sez. 3, Sentenza n. 15200 del 06/08/2004 (la cui massima non è del tutto corrispondente alla motivazione).
In quest’ultima decisione la Corte, chiamata a qualificare un contratto in virtù del quale una società commerciale aveva assunto l’obbligo, dietro compenso, di prestare “consulenza e di assistenza” in favore di un imprenditore affinché questi ottenesse un contributo pubblico, ritenne “assolutamente pacifico” che quel contratto prevedesse una “prestazione d’opera professionale (attività di consulenza e assistenza), secondo lo schema di cui all’art. 2230 c.c.” (Cass. 15200/04, cit., p. 5.4 dei “Motivi della decisione”).
In definitiva per la sentenza più volte citata in quest’articolo, ovvero la n. 24118 del 24 ottobre 2013, l’attività di mera assistenza e consulenza finalizzata alla preparazione ed alla presentazione di una domanda rivolta alla concessione di finanziamenti pubblici, da presentare ad un organo già determinato direttamente dalla legge, non costituisce mediazione tipica né atipica, ma va qualificata come prestazione d’opera professionale.