La donazione mista alla vendita (donazione indiretta)

 

 

 

La donazione mista alla vendita (donazione indiretta)

 

Ricorre questa figura quando in un negozio oneroso una delle prestazioni è notevolmente inferiore a quanto dovuto e chi la riceve intende, in tal modo, arricchire volontariamente l’altra parte.

Ovviamente, perché si abbia donazione indiretta è necessario che il venditore sia cosciente della differenza di prezzo.

Esempi:

1)     vendita per un prezzo inferiore al valore della cosa venduta, e, viceversa;

2)     vitalizio la cui rendita è inferiore al reddito della cosa trasferita;

3)     divisione con cui uno dei condividenti volontariamente riceve  beni di valore inferiore alla quota di diritto a lui spettante.

4)     Concedente di enfiteusi   che dispensa l’enfiteuta dall’obbligo di pagare il canone annuo e in tal caso se il canone capitalizzato fosse inferiore al valore della cosa, si avrebbe, appunto, una donazione indiretta.

Si discute se questa figura dia luogo

 

1) alla donazione indiretta

(Capozzi – Torrente – Biondi – Giannattasio – Cassazione II^ sez. 17/11/2010 n. 23215preferibile:

in quanto una delle due parti ha l’intenzione di arricchire l’altra e realizza tale scopo attraverso un atto diverso dalla donazione tipica, e, cioè, indirettamente, a mezzo di un diverso negozio (vendita, rendita e divisione).Difatti secondo la sentenza su citata si è precisato che il negotium mixtum cum donatione non è riconducibile alla figura del contratto misto, quanto, invece, al negozio indiretto, la cui principale caratteristica risiede nell’utilizzazione di un negozio tipico in vista della realizzazione di uno scopo ulteriore o diverso rispetto a quello del negozio realmente posto in essere.

Detto contratto si qualifica come un contratto mediante il quale le parti volutamente stabiliscono un corrispettivo di gran lunga inferiore a quello che sarebbe dovuto, con l’intento di arricchire la parte acquirente per quella parte eccedente il corrispettivo pattuito. In sostanza le parti adottano lo schema tipico del contratto oneroso con l’ulteriore intento di far conseguire a una di esse un arricchimento a titolo gratuito, in modo da piegare la causa tipica del contratto stipulato alla realizzazione di una finalità di liberalità.

Pertanto detto contratto non dovrà rivestiire la forma prescritta della donazione ma quella propia dello schema negoziale effettivamente adottato.

In virtù anche dell’ art. 809 c.c., nel sancire l’applicabilità delle norme sulle donazioni agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi da quelli previsti dall’art. 769 c.c., non richiama l’art. 782 c.c., che prescrive la forma dell’atto pubblico per la donazione;

essendo la norma appena richiamata volta a tutelare il donante, essa, a differenza delle norme che tutelano i terzi, non può essere estesa a quei negozi che perseguono l’intento di liberalità con schemi negoziali previsti per il raggiungimento di finalità diverse. (1-5)

(1) Nello stesso senso,si veda Cassazione civile, sez. II, sentenza 30.01.2007 n° 1955.
(2) In tema di donazione e valuta estera, si veda Cassazione civile , sez. tributaria, sentenza 22.10.2010 n° 21689.
(3) In materia di donazione remuneratoria ed adempimento del terzo, si veda Cassazione civile , sez. II, sentenza 17.05.2010 n° 12045.
(4) Relativamente al rapporto tra successione e donazione indiretta, si veda Cassazione civile , sez. I, sentenza 12.05.2010 n° 11496.
(5) In materia di donazione di cosa altrui ed usucapione abbreviata, si veda Cassazione civile , sez. II, sentenza 05.05.2009 n° 10356.

Per recente cassazione

corte di cassazione, Sez. II, sentenza n. 3175 del 9/2/2011

nel caso di un atto di compravendita, in cui il rapporto tra valore dei beni e  prezzo scambiato è estremamente sbilanciato, si ritiene operante la  figura del negotium  mixtum cum donatione, ovvero un contratto oneroso accompagnato dalla cosciente pattuizione di un corrispettivo inadeguato alla controprestazione per  il quale non é richiesta la forma particolare prevista per le donazioni.

Nel caso di specie veniva qualificato come “vendita” il contratto il cui  prezzo, asseritamente quietanzato dal venditore nel rogito stesso, risultava essere inferiore o circa pari ad un settimo del valore complessivo del compendio  immobiliare ceduto. Secondo i ricorrenti, la assoluta inadeguatezza del prezzo,  nonché il legame familiare e di convivenza dei contraenti, costituivano indici
sicuri del fatto che l’elemento di liberalità del contratto era prevalente  rispetto a quello oneroso con la conseguenza che la forma del negozio, in  correlazione a tale criterio di prevalenza, doveva essere quella della  donazione.

Ancora per ultima cassazione

Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 16 giugno 2014, n. 13684

premesso che il negotium mixtum cum donatione e’ un negozio a titolo oneroso che persegue una finalita’ di liberalita’ e che costituisce fattispecie non di contratto misto, ma di donazione indiretta (giurisprudenza costante di questa Corte: cfr. Cass. nn. 23215/10, 23297/09, 1955/07, 13337/06, 19601/04, 5333/04, 6711/01, 642/00, 1214/97, 7969/91, 1931/91, 6411/88, 6723/82, 3661/75, 201/72, 1790/71 e 1685/63), ne consegue che la disciplina applicabile non e’ quella della donazione tout court, bensi’ quella delle liberalita’ risultanti da atti diversi, ai sensi dell’articolo 809 c.c. Tale articolo, che a sua volta stabilisce quali norme della donazione sono applicabili alle liberalita’ che risultino da atti diversi, deve essere interpretato restrittivamente, nel senso che alle liberalita’ anzidette non si applicano tutte le altre norme da esso non richiamate. Ne consegue che l’articolo 778 c.c., che detta limiti al mandato a donare, non essendo richiamato dal citato articolo 809, non e’ applicabile al mandato a stipulare un negotium mixtum cum donatione.

Ad esempio, poi, come da recente Cassazione

Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 2 settembre 2014, n. 18541

nel caso di soggetto che abbia erogato il denaro per l’acquisto di un immobile in capo ad uno dei figli si deve distinguere l’ipotesi della donazione diretta del denaro, impiegato successivamente dal figlio in un acquisto immobiliare, in cui, ovviamente, oggetto della donazione rimane il denaro stesso, da quella in cui il donante fornisce il denaro quale mezzo per l’acquisto dell’immobile, che costituisce il fine della donazione. In tale caso il collegamento tra l’elargizione del denaro paterno e l’acquisto del bene immobile da parte del figlio porta a concludere che si è in presenza di una donazione (indiretta) dello stesso immobile e non del denaro impiegato per il suo acquisto.

Critica alla teoria opposta (negozio misto): non può accogliersi l’opposta teoria del negozio misto in quanto appare insostenibile la fusione di due cause completamente diverse tra loro, anzi contrapposte.

Conseguenze: la disciplina applicabile sarà quella dei negozi indiretti: andranno applicate le norme del negozio mezzo (ossia del negozio oneroso) per gli aspetti formali, mentre andranno applicate le norme delle donazioni per gli aspetti sostanziali.

2) Al negozio misto  

(Carnevali – Rescigno – Bianca)

questi autori muovono dal presupposto che è compatibile la fusione, in un’unica causa, di due funzioni così diverse tra loro: quella di scambio (ossia onerosa) e quella gratuita.

 Critica alla teoria opposta (negozio indiretto). Sempre per questi autori l’opposta teoria della donazione indiretta darebbe luogo ad un inconveniente: l’onere della forma donativa (atto pubblico alla presenza irrinunciabile di due testimoni) non dovrebbe essere rispettata quando il corrispettivo è d’importo molto basso.

Conseguenze: è che la disciplina applicabile alla figura è quella del contratto misto.