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11. Con memoria, l’appellato ha controdedotto, prospettando anche una serie di eccezioni:
– irricevibilità dell’appello ex art. 35 cod. proc. amm., in quanto depositato soltanto il 2 febbraio 2018, oltre il termine, ex art. 129, comma 8, di due giorni dalla pubblicazione della sentenza, avvenuta il 29 gennaio 2018;
– inammissibilità dell’appello, in quanto nella relata di notifica allegata al messaggio PEC l’appellante ha dichiarato di eseguire la notifica nei confronti della Prefettura – UTG di Lodi, litisconsorte necessario ex art. 129, comma 8, cod. proc. amm., all’indirizzo PEC estratto dal registro PP.AA., e tuttavia nel registro l’indirizzo della Prefettura di Lodi non risulta inserito;
– inammissibilità dell’appello in quanto la procura alle liti è una copia digitale per immagini priva dell’attestazione di conformità all’originale di cui all’art. 22 del c.a.d., in violazione degli artt. 136, comma 2-ter, cod. proc. amm., 8, comma 2, e 14 dell’Allegato del d.P.C.M. 40/2016, con conseguente difetto dello ius postulandi; nullità dell’appello e della procura alle liti, in quanto i relativi file sono stati sottoscritti con firma digitale PAdES-BASIC, anziché PAdES-BES come prescritto dall’art. 24 del c.a.d. richiamato dall’art. 9 del d.P.C.M., cit. e dal successivo art. 12, comma 6 dell’Allegato.
12. Nel corso della discussione in udienza, l’appellato ha replicato a dette eccezioni.
13. L’istanza di rimessione in termini dell’appellante può essere accolta, anche tenuto conto che l’indirizzo presso il quale è stato effettuato il deposito risulta indicato nell’elenco pubblico degli indirizzi PEC abilitati, ex art. 16, comma 2, e 16-ter, del d.l. 179/2012, presso il Ministero della Giustizia, e che nessun riscontro dell’errore è stato dato all’appellante il quale ne è stato reso edotto soltanto a seguito di richiesta diretta agli uffici di questa Sezione.
Nonostante le modalità telematiche di notificazione e deposito degli atti siano in vigore da tempo, il Collegio ritiene che, soprattutto riguardo al processo elettorale che prevede termini molto brevi, l’evoluzione tecnologica non possa risolversi in un ostacolo alla tutela giurisdizionale, qualora – come nel caso in esame – le difformità negli adempimenti processuali non siano accompagnate da alcun pregiudizio per il diritto di difesa delle controparti e per l’attività del giudice.
14. Nella medesima prospettiva, occorre disattendere le eccezioni prospettate dall’appellato, anche tenuto conto che:
– l’irricevibilità dell’appello è esclusa dalla suddetta rimessione in termini;
– ogni eventuale vizio di notifica risulta sanato, ex art. 44, comma 3, cod. proc. amm., dalla costituzione in giudizio dell’UTG di Lodi (senza contare che dall’eventuale assenza nell’elenco ufficiale dell’indirizzo PEC di una Pubblica Amministrazione non potrebbero comunque derivare preclusioni processuali per la parte privata);
– l’asseverazione della procura risulta effettuata mediante attestazione in calce al documento depositato; senza contare che, in ogni caso, l’irregolarità degli atti redatti in violazione delle norme disciplinanti il P.A.T. sarebbe sanabile mediante l’assegnazione di un termine perentorio per la regolarizzazione nelle forme di legge (cfr. Cons. Stato, IV, n. 1541/2017; V, n. 652/2018); .
– l’utilizzazione per la firma digitale di un formato diverso da quello prescritto dalle norme tecniche costituisce difformità che, in applicazione dell’art. 156, comma 3, c.p.c., non si traduce in nullità, avendo l’atto raggiunto il suo scopo; infatti, il rilievo di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme di rito non è volto a tutelare l’interesse all’astratta regolarità del processo, ma a garantire solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della rilevata violazione (cfr. Cass. Civ., S.U., n. 7665/2016).
15. Riveste carattere logicamente prioritario ed è fondato il motivo di appello basato sulla violazione dell’art. 112 c.p.c.
E’ infatti indubbio che il ricorso introduttivo non contenga alcun riferimento, neanche indiretto, alla carenza di potere dell’Ufficio elettorale provinciale in ordine alla verifica del requisito della durata del mandato residuo dei candidati, e nemmeno alla distinzione tra cause di incandidabilità e cause di ineleggibilità sottesa alla individuazione dei limiti di detto potere.
Il TAR Lombardia non avrebbe dunque potuto esaminare il profilo di legittimità che ha condotto all’accoglimento del ricorso introduttivo, e la sentenza appellata deve pertanto essere riformata.
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