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In primo luogo, va rilevato che la sentenza appellata si è espressamente pronunciata sulla sussistenza di tale giurisdizione, sicché – in assenza di un appello incidentale – sulla relativa statuizione si è formato il giudicato interno.
In secondo luogo, va condivisa la statuizione con cui la sentenza impugnata ha rilevato la sussistenza della giurisdizione amministrativa, in quanto – in relazione alla scelta con le quale l’Amministrazione decida di coprire i posti vacanti e disponibili mediante forme di reclutamento alternative allo scorrimento di una graduatoria di concorso ancora efficace – si configurano posizioni di interesse legittimo in capo ai soggetti inseriti in graduatoria che la contestino (cfr. Cass. Sez. Unite, 9 febbraio 2009, n. 3055; Sez. Unite, 18 giugno 2008, n. 16527; Sez. Unite, 18 ottobre 2005, n. 20107).
Mentre la giurisdizione in ordine allo scorrimento della graduatoria concorsuale ricade pacificamente nell’ambito della giurisdizione del giudice ordinario (ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 23 gennaio 2012, n. 269), nell’ambito della giurisdizione amministrativa ricade invece la scelta discrezionale dell’amministrazione in ordine alla determinazione di quale sia il canale di provvista del personale da utilizzare (ex plurimis, Sez. V, n. 269 del 2012, cit; Ad. Plen., 28 luglio 2011, n. 14).
2. Ciò posto, il ricorso è ammissibile anche per quanto concerne la sussistenza dell’interesse ad agire, sicché sul punto va riformata la sentenza appellata con conseguente disamina nel merito delle censure non scrutinate in primo grado e riproposte nell’atto di appello.
Infatti, i ricorrenti sono indubbiamente titolari di una posizione differenziata rispetto al quisque de populo in relazione agli effetti pregiudizievoli che l’atto impugnato è in grado di produrre già sin d’ora relativamente alla loro chance di poter essere assunti per scorrimento della graduatoria.
Al contrario, deve escludersi la sussistenza di un loro diritto soggettivo all’assunzione, in quanto, come correttamente rilevato dalla difesa dell’Azienda Ospedaliera, il concorso pubblico al quale essi hanno partecipato, collocandosi nella graduatoria finale degli idonei, è stato espletato nella vigenza del D.P.R. 27 marzo 2001, n. 220, che così stabiliva: «La graduatoria degli idonei rimane efficace per un termine di 24 mesi dalla pubblicazione per eventuali coperture di posti per i quali il concorso è stato bandito».
Dunque, la disciplina applicabile nella fattispecie, vale a dire il D.P.R. n. 220/2001, non prevedeva affatto l’utilizzo obbligatorio delle graduatorie per la copertura dei posti resisi disponibili entro il biennio successivo alla data di pubblicazione, sicché l’Amministrazione non era obbligata ad utilizzare la graduatoria, rientrando tale scelta nell’ambito dei suoi poteri discrezionali.
3. Il ricorso di primo grado è invece infondato nel merito, il che consente di prescindere dalla disamina dell’ulteriore eccezione preliminare di tardività sollevata dalla parte resistente.
In effetti, come correttamente rilevato dalle Amministrazioni intimate ed in continuità con quanto innanzi accennato, nel caso di specie si è in presenza di una scelta dal legislatore statale (art. 1, comma 565, della Legge finanziaria n. 296/2006), poi recepita a livello regionale, dapprima con l’art. 30 della L.R. n. 10/2007 e successivamente (per quanto riguarda gli aspetti operativi) con la deliberazione di G.R. 1657/2007 (non oggetto di gravame); tale scelta, ai fini della copertura di posti vacanti di livello non dirigenziale presso gli enti del SSN, è stata quella della stabilizzazione di lavoratori precari, ossia di soggetti che hanno svolto o stanno svolgendo attività lavorativa a tempo determinato presso gli enti medesimi, e ciò, ovviamente, a scapito dello scorrimento delle graduatorie concorsuali ancora efficaci e dell’indizione di nuovi concorsi.
4. Con l’ordinanza 3 giugno 2008, n. 4770, del Consiglio di Stato, Sez. V, la Corte Costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 30 L.R. Puglia n. 10/2007, per violazione dell’art. 9 L. n. 207/1985 e dell’art. 12 della L.R. n. 12/2005, nonché per violazione degli artt. 97, 3° comma, e 117, primo comma, della Costituzione (nel testo stabilito dalla L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3).
La questione è stata dichiarata non fondata, con la sentenza n. 327 del 2010.
Ha osservato la Corte che la disposizione in questione – la quale si limita a rimettere ad una delibera regionale l’adozione di modalità e criteri per la procedura di stabilizzazione del personale precario prevista dalla legge finanziaria 2007 (art. 1, comma 565, L. 27 dicembre 2006, n. 296) – in realtà non dispone alcunché in ordine alla utilizzabilità delle graduatorie concorsuali nell’ambito della procedura di stabilizzazione del precariato.
Il divieto di utilizzare tali graduatorie è stato affermato per la prima volta solo con la delibera regionale impugnata, cosicché è in sede di valutazione di questa che va affrontata la questione della necessità o meno di rendere operativo il sistema dello scorrimento delle graduatorie.
5. Nel caso di specie la delibera regionale 15 ottobre 2007, n. 1657, non risulta impugnata.
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