Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 1 dicembre 2017, n. 5637. In materia di ricostruzione di carriera dei pubblici dipendenti

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In ogni caso la sua legittimità, nella parte in cui non ha previsto il meccanismo dello scorrimento delle graduatorie, è stata affermata da questa stessa Sezione nella pronuncia n. 5012/2011, sulla base di argomentazioni, che si intendono qui richiamate ai sensi dell’art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a., incentrate essenzialmente sulla rispondenza di tale delibera alle scelte discrezionali operate dal legislatore statale con la legge finanziaria n. 296/2006, e poi recepite a livello regionale con l’art. 30 L.R. n. 10/2007, nonché sul carattere di per sé non irragionevole o contrario ai principi di cui all’art. 97 Cost. della scelta di stabilizzare soggetti che hanno svolto attività lavorativa per periodi significativi in favore di enti del Servizio sanitario nazionale, per cui sono già in possesso di una adeguata professionalità, e che sono stati assunti a seguito del superamento di procedure comunque selettive (nello stesso senso, si veda Cons. Stato, sez. II, 12 agosto 2014, n. 2707).
La stessa Corte Costituzionale ha affermato, con sentenza n° 274 del 2003, che alla regola del concorso pubblico è possibile apportare deroghe qualora sussistano particolari situazioni che le rendano non irragionevoli.
E, certamente, non può considerarsi irragionevole la stabilizzazione di soggetti che hanno svolto attività lavorativa per periodi significativi in favore di enti del Servizio sanitario nazionale, per cui sono già in possesso di una adeguata professionalità, e che sono stati assunti a seguito del superamento di procedure comunque selettive o che, se assunti «a chiamata», dovranno comunque sottoporsi a procedure del genere.
Sicché, nella fattispecie la Regione poteva utilizzare, così come lo scorrimento delle graduatorie degli idonei, anche il meccanismo della stabilizzazione dei precari, costituendo entrambi strumenti derogatori rispetto al sistema del concorso pubblico, di per sé utilizzabili nell’esercizio di un potere discrezionale conferito dalla legge.
6. La tesi degli appellanti non trova un supporto nemmeno sulla motivazione della sentenza della Corte Costituzionale 11 febbraio 2011, n. 42, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 40, L.R. Puglia 31 dicembre 2007, n. 40.
Invero, essa si è pronunciata su una disposizione regionale (l’art. 3, comma 40, della L.R. Puglia 31 dicembre 2007, n. 40) che – diversamente da quella che rileva nel caso in esame – nel prevedere la stabilizzazione del personale precario della dirigenza, vietava espressamente alle Aziende sanitarie a partire dal 1° gennaio 2008 di «indire ovvero proseguire procedure concorsuali ovvero utilizzare le graduatorie dei concorsi già espletati per la copertura dei posti vacanti destinati all’attuazione del processo di stabilizzazione».
Dunque, la Corte ha inteso censurare la scelta legislativa che – nel riservare una procedura selettiva ad una determinata categoria di soggetti – rigidamente precludeva ogni altra modalità alternativa di accesso dall’esterno alle medesime posizioni lavorative, venendo a determinarsi, con un tale assetto normativo, un sovvertimento in toto dei principi fondamentali in materia di impiego presso le pubbliche Amministrazioni.
In termini generali, la Corte ha invece riaffermato il principio per cui la stabilizzazione del personale precario può rappresentare la ragione di una disposizione che deroghi al principio costituzionale del pubblico concorso, senza che possa stabilirsi, in relazione a tale scelta, alcun ordine di priorità rispetto all’alternativa dello scorrimento delle graduatorie.
5. Va parimenti respinto anche l’ulteriore motivo di censura con il quale i ricorrenti si dolgono della circostanza che la L.R. n. 20/2005 prevedesse una anzianità inferiore e più favorevole ai lavoratori (almeno 12 mesi) per la partecipazione a tali procedure, rispetto a quella (triennale) prevista dalla determinazione del Direttore dell’Area per le politiche del personale n. 2212 del 31 ottobre 2008 e dalla precedente determinazione dirigenziale n. 1666 del 7 agosto 2008.
Si deve infatti considerare che gli atti amministrativi oggetto di contestazione sono stati emanati in attuazione della deliberazione della Giunta Regionale 15 ottobre 2007, n. 1657, con cui è stato disposto l’avvio delle procedure di stabilizzazione, ai sensi dell’art. 30 della L.R. 16 aprile 2007, n. 10, il quale recita: «In attuazione della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2007), la Giunta regionale, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, delibera un piano per la stabilizzazione del personale in possesso dei requisiti previsti dalla legge sopra indicata».
Proprio le disposizioni della legge n. 296/2006 (art. 1, comma 519) hanno previsto l’applicazione del beneficio esclusivamente in favore del personale in possesso di determinati specifici requisiti soggettivi (l’aver superato prove selettive ed il possesso di tre anni di servizio nel quinquennio anteriore).
Dunque, il parametro normativo richiamato dagli appellanti risulta superato dalla legislazione successiva, il che determina l’infondatezza della censura.
6. Per tutto quanto esposto, previo accoglimento del primo motivo d’appello (per il quale il ricorso originario risulta procedibile), le censure contenute nel ricorso di primo grado risultano infondate e vanno respinte.
7. Nondimeno, la complessità delle questioni trattate, afferenti a disposizioni normative la cui legittimità costituzionale è stata rilevata solo in corso di giudizio, giustifica la compensazione delle spese di lite in entrambi i gradi di giudizio (il che comporta la caducazione della statuizione resa dal TAR sulle spese del primo grado).
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza,
definitivamente pronunciando sull’appello n. 9664 del 2010, come in epigrafe proposto:
– lo accoglie quanto al primo motivo, con riferimento alla declaratoria del TAR sulla inammissibilità del ricorso di primo grado;
– pronunciando sul ricorso di primo grado, lo respinge in quanto infondato;
– compensa le spese di lite dei due gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2017, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Gabriele Carlotti – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere, Estensore
Solveig Cogliani – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere

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