Il soggetto che ha prestato acquiescenza al rigetto dell’istanza di sanatoria di opera da lui abusivamente realizzata, decade dalla possibilità di rimettere in discussione le ragioni del diniego in sede di impugnazione dell’ordine di demolizione, atteso che quest’ultimo in detto diniego, divenuto definitivo perché non impugnato, rinviene il suo presupposto. Si tratta di espressione del più generale principio secondo il quale qualora sussista un rapporto di presupposizione tra atti, l’omessa o tardiva impugnazione dell’atto presupposto rende inammissibile il ricorso giurisdizionale proposto contro l’atto consequenziale, ove non emerga la deduzione di vizi propri che possano connotare un’autonoma illegittimità della singola fase procedimentale di attuazione
Sentenza 20 novembre 2017, n. 5325
Data udienza 28 settembre 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8878 del 2015, proposto da:
Ma. Po., rappresentato e difeso dall’avvocato An. So., con domicilio eletto presso lo studio St. No. in Roma, viale (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ro. In., con domicilio eletto presso la segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro 13;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. CALABRIA – SEZIONE STACCATA DI REGGIO CALABRIA, n. 00669/2015, resa tra le parti e concernente: diniego di sanatoria e ordinanza di demolizione di opere abusive realizzate in assenza di permesso di costruire;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 settembre 2017 il Cons. Giordano Lamberti e uditi per le parti gli avvocati So. e Po. in dichiarata delega dell’avv. In.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con istanza prot. n. 4327 del 29.03.1986 Gu. Ca. richiedeva al Comune di (omissis) il condono per l’immobile di sua proprietà sito in località (omissis). Ma. Pa., successivamente, acquistava da Gu. Ca. il medesimo immobile. Il Comune, in data 27.10.2014, notificava all’appellante il provvedimento con il quale negava il condono edilizio a suo tempo chiesto dal suo dante causa. In data 06.05.2015 il Comune notificava all’appellante ingiunzione di demolizione dell’immobile (fabbricato a 2 piani sito in via (omissis), località (omissis), catastalmente individuato come segue: Foglio (omissis), part. (omissis)). Ma. Pa. proponeva ricorso avverso tale provvedimento.
2. Il Tar lo respingeva, motivando sul fatto che il ricorrente non aveva impugnato il diniego di condono, di cui l’ordine di demolizione costituirebbe conseguenza necessitata.
3. Il ricorrente soccombente proponeva appello avverso tale sentenza, deducendo i motivi di seguito esaminati, che sostanzialmente ripropongono le censure di cui al ricorso respinto in primo grado.
4. E’ utile esaminare preliminarmente quei motivi che muovono dalla contestata illegittimità\nullità del diniego di condono, da cui conseguirebbe l’illegittimità derivata dell’ordine di demolizione, limitatamente ai quali la sentenza impugnata deve essere confermata. Tanto precisato, con il secondo motivo di appello, che ripropone il primo motivo di ricorso del giudizio di primo grado, Ma. Pa. lamenta l’eccesso di potere, la contraddittorietà del provvedimento impugnato, la violazione di legge; nonché l’inesistenza\nullità dell’atto presupposto. Più precisamente, secondo l’appellante, poiché il titolo legittimante l’ingiunzione di demolizione sarebbe il provvedimento di diniego del rilascio del condono richiesto da Cardone Guido, anche a quest’ultimo doveva essere notificato il diniego di sanatoria, circostanza invece non verificatasi. Con il terzo motivo d’appello, che riproduce il terzo ed il quarto motivo di ricorso, si deduce l’eccesso di potere, la contraddittorietà del provvedimento, violazione di legge. In particolare, l’appellante lamenta che era ampiamente trascorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda di condono, previsto dall’art. 35 L. 47/1985, talché questa si doveva intendere accolta, così che l’ordine di demolizione sarebbe privo del proprio presupposto.
[…segue pagina successiva]
Leave a Reply