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In base ad un consolidato orientamento, la sussistenza di una posizione di controllo societario ai sensi dell’articolo 2359 Cod. civ., ovvero la sussistenza di una più generica “relazione, anche di fatto” (secondo una formulazione comprensibilmente ampia) fra due concorrenti è condizione necessaria, ma non anche sufficiente perché si possa inferire il reciproco condizionamento fra le offerte formulate.
A tal fine (recependo un’indicazione fornita in modo netto dalla Corte di giustizia) è altresì necessario che venga fornita adeguata prova circa il fatto “[che] la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili a un unico centro decisionale”.
Tale prova, riferita alle concrete circostanze del caso, riguarda l’esistenza di un unico centro decisionale e non anche la concreta idoneità ad alterare il libero gioco concorrenziale. Ciò, in quanto la riconducibilità di due o più offerte a un unico centro decisionale costituisce ex se elemento idoneo a violare i generali principi in tema di par condicio, segretezza e trasparenza delle offerte (in tal senso, ex multis, Cons Stato, V, 18 luglio 2012, n. 4189).
Ciò premesso, ritiene il Collegio che, nel caso di specie, non sia stata raggiunta una sufficiente ed univoca dimostrazione di tale presupposto, con quel livello di verosimile certezza che appare imposto dalla serietà delle conseguenze di un tale riscontro.
Invero, alla luce di quanto documentato da CPA nelle proprie difese, gli elementi indiziari indicati nella sentenza appellata appaiono vieppiù smentiti, o comunque privati degli indispensabili requisiti di gravità, precisione e concordanza.
Va innanzitutto ricordato come l’onere della prova del collegamento tra imprese ricada sulla stazione appaltante o, comunque, sulla parte che ne affermi l’esistenza, al fine della loro esclusione dalla gara, dimostrazione che deve necessariamente fondarsi su elementi di fatto univoci – non suscettibili cioè di letture alternative o dubbie – desumibili sia dalla struttura imprenditoriale dei soggetti coinvolti (ossia dal loro assetto interno, personale o societario – cd. aspetto formale), sia dal contenuto delle offerte dalle stesse presentate (cd. aspetto sostanziale).
Inoltre, ai fini della predetta esclusione non è sufficiente una generica ipotesi di collegamento “di fatto”, essendo necessario che per tale via risulti concretamente inciso l’interesse tutelato dalla norma, volta ad impedire un preventivo concerto delle offerte (ex multis, Cons. Stato, V, 16 dicembre 2016 n. 5324) tale da comportare un vulnus al principio di segretezza delle stesse (Cons. Stato, V, 11 luglio 2016, n. 3057).
Ritiene il Collegio, sulla base di tali premesse, che gli elementi indiziari individuati nella sentenza appellata non consentano di ritenere provato un “collegamento” tra imprese rilevante ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. m) del d.lgs. n. 50 del 2016, laddove – per contro – le argomentazioni dell’appellante CPA paiono fornire una plausibile giustificazione delle perplessità ivi evidenziate.
Invero, i rilievi che:
1) il consigliere di amministrazione di CPA che aveva sottoscritto la relativa documentazione di gara, tal Ma. Gi., possedesse altresì una partecipazione dell’1,44% nel capitale sociale di In. s.r.l.;
2) la pagina web della In., alla voce “Programma Enti Pubblici”, contenesse un collegamento ipertestuale alla pagina del sito della CPA relativa a “Gestione in outsourcing dei sinistri sotto franchigia per Enti Pubblici in autoassicurazione”;
non sembrano possedere, visti nel loro insieme ed ancor più alla luce delle giustificazioni fornite da CPA, quei requisiti di gravità, precisione e concordanza imprescindibili ai fini della rilevanza probatoria di cui si è detto in precedenza.
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