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Anche tale considerazione, in difetto di ulteriori e documentati riscontri, finisce però per risolversi in un’asserzione apodittica.
Asse del ragionamento di cui all’impugnata sentenza è che, se realmente le due società fossero in competizione tra loro, certo non farebbero pubblicità l’una ai prodotti dell’altra, tramite un rinvio pressoché automatico, nelle rispettive pagine web, ai servizi offerti dalla concorrente.
Al riguardo, In. s.r.l. parla di semplice dimenticanza, in quanto i link contestati risalirebbero all’epoca (2013) in cui tra i suddetti operatori sussistevano effettivamente dei rapporti commerciali e, comunque, non darebbero atto di alcuna “cointeressenza commerciale” tra CPA ed In..
Cointeressenza che neppure integrerebbe – ove mai esistente – la causa di esclusione come ri-configurata dalla Corte di Giustizia (in causa C-538/07, cit.) e recepita dall’art. 80, comma 5, lett. m) del d.lgs. n. 50 del 2016, che presupporrebbe piuttosto l’unicità del centro decisionale (da provarsi con indizi univoci) e non mere e generiche “cointeressenze commerciali” tra due imprese.
Quanto evidenziato dal primo giudice, con valore indiziario, non appare purtuttavia decisiva.
In sé astrattamente considerata, tale circostanza può infatti anche essere fonte di perplessità, ma non incide sull’oggetto attorno al quale ruota il divieto di cui all’art. 80, comma 5 lett. m) del d.lgs. n. 50 del 2016.
E’ significativo, al riguardo, che le censure dedotte in giudizio nei confronti dell’ammissione alla gara (e successiva aggiudicazione) in favore di CPA non abbiano avuto ad oggetto la documentazione di gara depositata da quest’ultima o da In., così come non risultano essere stati mossi rilievi, a riscontro del presunto “collegamento strutturale”, circa il contenuto delle relative offerte.
Le censure mosse nel corso del primo grado di giudizio dalle ricorrenti Co. s.r.l. e Wi. s.r.l., invero, attenevano solamente ad aspetti per così dire “estrinseci” alla gara, ossia quelli poi considerati dal primo giudice in sentenza, limitandosi a riferire – sotto il profilo delle offerte – che quelle presentate dalle prime due classificate avrebbero avuto caratteristiche opposte, avendo CPA “formulato un’offerta molto competitiva sotto il profilo qualitativo che le aveva fruttato (con il meccanismo premiale della gara) il punteggio massimo possibile per l’offerta tecnica di 55 punti, mentre la In. aveva puntato su un forte ribasso della tariffa per ogni sinistro che le aveva fruttato (con il medesimo meccanismo premiale) il punteggio massimo possibile per l’offerta economica di 45 punti”.
Concludevano, le ricorrenti, ipotizzando che l’ottenimento per ognuna delle due società del massimo punteggio nelle due categorie soggette a avrebbe ridotto enormemente l’alea di gara, facilitato il risultato che almeno una di esse risultasse prima in graduatoria.
Tali considerazioni risultano però, all’atto pratico, del tutto generiche ed ipotetiche, non spiegando in qual modo l’aver eventualmente puntato, le due società, rispettivamente sull’offerta tecnica e su quella economica avrebbe portato ad una potenziale alterazione del confronto concorrenziale, né evidenziando specifici profili delle suddette offerte dai quali poter obiettivamente desumere, se non già la piena prova dell’accordo, perlomeno un indice inequivoco di anomalia del comportamento tenuto dalle parti.
A ciò aggiungasi – con riferimento al caso specifico – che se risulterebbe ancora plausibile un accordo sulle condizioni dell’offerta economica, per contro nessuno potrebbe invece prevedere come verrà valutata la propria offerta tecnica, a maggior ragione quando – come nel caso di specie – “questa debba essere liberamente formulata tramite elaborati descrittivi (si vedano i paragrafi 5.2.1, 5.2.2, 5.2.3 e 5.2.4 della Lettera di invito, allegata sub. 6), senza l’indicazione di soglie minime e massime per ogni parametro”.
In ogni caso, come in precedenza ricordato, infatti, ai fini della prova del “collegamento” vietato non può prescindersi dall’aspetto sostanziale dato dal contenuto delle offerte presentate dalle ditte in questione, atteso che il “concerto”, per essere vietato, deve avere ad oggetto proprio queste ultime, al fine di modificarne il contenuto in senso elusivo della concorrenza e della par condicio degli offerenti.
Vale, al riguardo, quanto già rilevato – ex multis – da Cons. Stato, V, 17 gennaio 2017, n. 169, che a tal fine individua una serie di indici rivelatori (ad esempio, la predisposizione di buste contenenti le offerte identiche; documenti redatti in modo identico; utilizzo degli stessi caratteri formali per la formulazione delle offerte; scarto minimo di prezzo offerto; utilizzo di certificazioni di qualità rilasciate dalla medesima società e ottenute il medesimo giorno; fideiussioni rilasciate dalla medesima banca e autenticate con numero progressivo dello stesso notaio; consegna contemporanea delle offerte ovvero spedizione con lo stesso corriere o dal medesimo ufficio postale, etc.) utilizzati dalla giurisprudenza per inferire l’esistenza di un unico centro decisionale (cfr. Cons. Stato, VI, 17 gennaio 2017, n. 169; V, n. 1668 del 2014, cit.).
Conclusivamente, per le ragioni in precedenza esposte l’appello appare fondato. Per le stesse ragioni l’appello incidentale di In. s.r.l., che per espressa ammissione di quest’ultima nulla aggiungono rispetto alle questioni sottoposte da CPA all’attenzione del giudice d’appello, può considerarsi assorbito.
Le spese del grado, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta,
definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe proposti da Ce. Pr. As. s.r.l., li accoglie, conseguentemente annullando, in riforma della gravata sentenza, i provvedimenti recanti l’esclusione dalla gara e l’annullamento dell’originaria aggiudicazione in favore dell’appellante.
Dichiara assorbiti i motivi di appello incidentale proposti da In. s.r.l.
Condanna le parti appellate Wi. s.r.l., Co. s.r.l., Fe. s.p.a. e Fe. dello St. It. s.p.a., in solido tra loro, al pagamento in favore dell’appellante Ce. Pr. As. s.r.l. delle spese di lite del presente grado del giudizio, che liquida in euro 12.000,00 (dodicimila/00) complessivi, oltre oneri di legge.
Compensa tra le parti le spese di lite del grado di appello, relativamente alla posizione di In. s.r.l.
Compensa integralmente tra le parti le spese di lite del primo grado di giudizio.
Ordina che il presente dispositivo sia eseguito dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini – Presidente
Claudio Contessa – Consigliere
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Fabio Franconiero – Consigliere
Valerio Perotti – Consigliere, Estensore

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