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11. In via preliminare, va dato atto della avvenuta estromissione dal processo di appello della Provincia di Catanzaro, da ritenersi peraltro intimata per mero errore nell’odierno grado di giudizio, visto che essa era già stata estromessa dal processo di primo grado con la impugnata sentenza, e che il relativo capo della pronuncia non era stato appellato.
1.2.Seguendo la tassonomia propria delle questioni (secondo le coordinate ermeneutiche dettate dall’Adunanza plenaria n. 5 del 2015), in ordine logico è prioritario l’esame della eccezione di parziale inammissibilità del ricorso in appello, con riferimento al terzo motivo che -secondo il comune appellato- sarebbe nuovo in quanto non proposto in primo grado.
1.2.1. Osserva in proposito il Collegio che la censura è infondata in fatto, in quanto a pag. 4 del ricorso di primo grado l’appellante regione Calabria aveva invocato l’assenza di proprie competenze in materia, seppur non facendo diretto riferimento all’art. 89, comma 1, lett. c) della L.R. n. 34/2002: peraltro trattasi di una norma di legge (ed in materia opera, come è noto, il principio iura novit curia); si è quindi al cospetto di una specificazione di una doglianza già proposta in primo grado, ed essa è pertanto ammissibile.
2 Venendo al merito delle censure proposte, si osserva che:
a) la censura infraprocedimentale è infondata: la convocazione del comune dava atto di quale fosse la problematica da risolvere,e le statuizioni consequenziali adottate discendono da norme di legge: la Regione non può invocare la violazione di alcuna garanzia di rispetto del contraddittorio, e d’altro canto non può neppure invocare che la “convocazione” sia stata indirizzata ad un “ramo” dell’amministrazione regionale non direttamente competente (a tutto concedere, era onere dell’ufficio intimato inoltrare la comunicazione al Dipartimento regionale competente); il contradidttorio si è dipanato sugli aspetti essenziali, e la regione appellante non può sindacare che esso non sia stato esteso a tematiche (effettiva titolarità dell’area) sì rilevanti, ma evincibili in via amministrativa attraverso la consultazione dei registri catastali: tutt’altro aspetto,ovviamente,concerne la legittimità -o meno- del provvedimento adottato dal comune,(il che integra il punto centrale della disamina del merito) ma sotto il profilo procedurale, l’azione amministrativa è immune da vizi, tantopiù laddove si consideri che la circostanza che i rifiuti abbandonati non fossero pericolosi non vale ad escludere che non ricorresse una situazione connotata dall’urgenza del provvedere, il che rende legittima l’omissione dell’avviso partecipativo ex art. 7 della legge n. 241/1990;
b) invece, proprio venendo alle censure di merito che più radicalmente contestano la legittimità del provvedimento adottato dal comune, rileva il Collegio che:
I) è incontestato che l’area per il cui tramite si è verificato il deposito incontrollato da rifiuti non sarebbe di pertinenza del comune;
II) va rammentato infatti che il presupposto della individuazione della Regione quale soggetto destinatario dell’ordinanza riposerebbe nella circostanza fattuale secondo cui i rifiuti si trovavano lungo una stradina sterrata che si trovava all’interno dell’alveo del fiume Al., cui correva parallela e l’area rientrava nell’ambito del demanio fluviale, la cui gestione spettava alla Regione Calabria che, avendo compiti di gestione del demanio fluviale, aveva la giuridica disponibilità dell’area;
c) appare corretto rilevare però che:
I) non è contestato che la regione intimata non sia stata diretta responsabile dell’abbandono incontrollato di rifiuti;
II) ad essa si imputa una omissione di controllo sull’abbandono posto in essere da terzi;
III) per costante giurisprudenza la responsabilità ex art. 192 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 non è oggettiva, ma dolosa o colposa;
IV) quanto appunto alla responsabilità del proprietario, è stato acutamente rilevato in passato che (tra le tante, Consiglio di Stato, sez. V, 28settembre 2015, n. 4504, T.A.R. Bari,-Puglia, sez. I, 24 marzo 2017, n. 287) “l’obbligo di diligenza va valutato secondo criteri di ragionevole esigibilità, con la conseguenza che va esclusa la responsabilità per colpa anche quando sarebbe stato possibile evitare il fatto solo sopportando un sacrificio obiettivamente sproporzionato; in tale ottica la mancata recinzione del fondo, con effetto contenitivo dubitabile, atteso che non sempre la presenza di una recinzione è di ostacolo allo sversamento dei rifiuti, non può comunque costituire di per sé prova della colpevolezza del proprietario, rappresentando la recinzione una facoltà e non un obbligo “.
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