Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 15 dicembre 2017, n. 5911. La responsabilita’ ex art. 192, D.Lgs. 152/2006 non e’ oggettiva, ma dolosa o colposa

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1.1. La Regione odierna appellante aveva lamentato la mancanza di contraddittorio prodromica all’emanazione del provvedimento, mancanza che si sarebbe riverberata in un difetto di istruttoria quanto:
a) alla titolarità del diritto di proprietà o di un altro diritto reale o di un diritto personale di godimento sull’area in cui sono abbandonati i rifiuti;
b) all’imputabilità della violazione all’amministrazione regionale.
2. La Provincia di Catanzaro si era costituita in giudizio chiedendo di essere estromessa dal processo, mentre il Comune di (omissis) si era costituito in giudizio chiedendo la declaratoria di inammissibilità, ovvero la reiezione del ricorso in quanto infondato.
3. Il T.a.r. con la impugnata decisione ha innanzitutto affermato il difetto di legittimazione passiva dell’Amministrazione Provinciale di Catanzaro, che nella vicenda controversa non aveva svolto alcun ruolo attivo, estromettendola dal processo.
3.1. Nel merito, la sentenza gravata ha:
a) richiamato il disposto di cui all’art. 192 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152;
b)rilevato che il Comune di (omissis) aveva invitato la Regione Calabria (in particolare, il Dipartimento Bilancio e Patrimonio – Settore Demanio e il Dipartimento Ambiente e Territorio) a prendere parte al sopralluogo, tenutosi il 4 febbraio 2016, volto a individuare i luoghi in cui si era verificato l’abbandono incontrollato di rifiuti e che in ogni caso, sebbene svoltosi, in assenza di rappresentanti dell’amministrazione regionale, il sopralluogo, il verbale di questo era stato trasmesso alla Regione (e in particolare ai due Dipartimenti già citati), dal che discendeva che semmai era stata la Regione Calabria a sottrarsi colpevolmente al contraddittorio che il Comune di (omissis) aveva invece correttamente istaurato;
c) escluso la fondatezza di vizii di merito, in quanto:
I) non appariva rilevante, la questione relativa all’esistenza, in capo alla Regione Calabria, del diritto di proprietà o di un altro diritto reale o di un diritto personale di godimento sull’area su erano stati accumulati i rifiuti in quanto l’ampia formulazione legislativa (“in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area”) consentiva un’interpretazione estensiva della norma, per cui alla rimozione dei rifiuti era tenuto, oltre al responsabile dell’abbandono o del deposito dei rifiuti, anche il proprietario del bene o chi ne avesse a qualunque titolo la disponibilità;
II) era stato accertato (verbale di sopralluogo del 4 febbraio 2010) che i rifiuti si trovavano lungo una stradina sterrata che si trovava all’interno dell’alveo del fiume Al., cui correva parallela e l’area rientrava nell’ambito del demanio fluviale, la cui gestione spettava alla Regione Calabria che, avendo compiti di gestione del demanio fluviale, aveva la giuridica disponibilità dell’area;
III) il proprietario o del titolare di altro diritto reale cui la “violazione sia imputabile a titolo di dolo o di colpa” rispondeva della rimozione, e tale era la situazione riscontrabile: ciò che rilevava era la sussistenza di uno stato di negligenza, e non importava se il proprietario dell’area fosse un soggetto pubblico o un soggetto privato:
d) posto che dal verbale del 4 febbraio 2010 risultava che l’abbandono e il deposito incontrollato dei rifiuti era agevolato dalla presenza della stradina sterrata, alla quale, pur non trattandosi di strada aperta al pubblico transito, era possibile accedere agevolmente e senza alcun controllo, dalla mancata regolamentazione dell’uso della stradina (la quale, peraltro, rappresentava anche una criticità nel contesto del piano di sicurezza per il caso di rottura della diga del Passante) discendeva la negligenza che consentiva di imputare alla Regione Calabria l’abbandono e il deposito incontrollato dei rifiuti di cui al provvedimento impugnato che, pertanto, era immune da vizi.
4. L’amministrazione regionale originaria ricorrente rimasta soccombente, ha impugnato la suindicata decisione criticandola sotto ogni angolo prospettico, e, dopo avere riepilogato le principali tappe infraprocedimentali della vicenda contenziosa (pagg. 1-3- dell’atto di appello) ha riproposto le censure di primo grado, deducendo che:
a) sussisteva la violazione infraprocedimentale denunciata in primo grado in quanto, dal tenore della convocazione fatta dal Comune di (omissis) datata 1 febbraio 2016, inviata ad un elevato numero di amministrazioni pubbliche ed avente ad oggetto “rifiuti abbandonati nell’alveo del Fiume Al. in località (omissis)”, con le quali tutte le Amministrazioni in indirizzo venivano invitate a presenziare al sopralluogo sul sito in argomento, si evinceva che la stessa non conteneva neanche i requisiti minimi richiesti dal suindicato art. 7 della Legge n. 241/1990, apparendo in realtà una convocazione interistituzionale tra enti, al fine di chiedere la collaborazione su una problematica indiscutibilmente di rilievo sociale;
a1) il contraddittorio imposto dalla norma avrebbe dovuto invece essere incentrato sulla verifica della sussistenza di due presupposti primari: la titolarità di un diritto di proprietà, ovvero di altro diritto reale o personale di godimento in capo al soggetto cui far gravare la responsabilità in solido; l’accertamento che le violazioni fossero imputabili a titolo di dolo o di colpa; nulla di tutto ciò era contenuto nell’avviso;
b) l’art. 192 del d. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152,, escludeva, in linea di principio, qualsiasi forma di responsabilità oggettiva del proprietario ed a carico della Regione non era contestabile alcunchè: semmai, l’esistenza di una stradina sterrata che permetteva l’accesso incontrollato di chiunque nell’alveo del fiume Al., utilizzata, tra l’altro, per il deposito dei rifiuti in argomento, avrebbe dovuto far ricadere la responsabilità sull’Amministrazione Comunale, non avendo la stessa adempiuto al proprio dovere di sorveglianza;
c) la Regione Calabria con la legge regionale del 12 agosto 2002 n. 34 (recante “Riordino delle funzioni amministrative regionali e locali”) aveva provveduto al riordino delle funzioni nelle materie stabilite dal D. Lgs. 112/1998 e l’art. 89 prevedeva che alla Regione pertenevano le funzioni di programmazione, di indirizzo, di coordinamento e di controllo mentre ai comuni spettavano i compiti di polizia idraulica e di piccola manutenzione delle aree del Demanio Idrico: unico responsabile della condizione di degrado, semmai, era il comune che per liberarsi delle proprie responsabilità aveva coinvolto la Regione.
5. In data 10.4. 2017 la provincia di Catanzaro si è costituita ribadendo la circostanza che essa non aveva svolto alcun ruolo, e chiedendo di essere estromessa dal processo, rilevando altresì che il capo della sentenza di primo grado che l’aveva estromessa era rimasto inimpugnato.
6. In data 28.4.2017 il comune di (omissis) si è costituito depositatndo una articolata memoria ed ha chiesto la reiezione dell’appello in quanto infondato, deducendo che:
a) non sussisteva alcun vizio infraprocedimentale, in quanto l’art. 192 del d.Lgs. n. 15272006 prevedeva che gli accertamenti in ordine alla responsabilità dell’inquinamento venissero effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo: ciò era avvenuto, e tale segmento procedimentale esauriva l’obbligo di partecipazione dei controinteressati;
b)sussisteva la negligenza (colpa) della regione Calabria riposante nell’avere consentito che i rifiuti venissero abbandonati sul demanio fluviale;
c) la terza censura (secondo cui erano stati attribuiti alla Regione Calabria oneri e adempimenti che in realtà competevano al Comune in
forza dell’art. 89, comma 1, lett. c) della L.R. n. 34/2002) era inammissibile, in quanto nuova, ed infondata, in quanto la regione Calabria svolgeva in materia una attività di coordinamento.
7. Alla camera di consiglio del 4 maggio 2017 fissata per la delibazione della domanda di sospensione della provvisoria esecutività dell’impugnata decisione la Sezione,con la ordinanza cautelare n. 1869 del 5.5.2017 ha accolto il petitum cautelare, alla stregua delle considerazioni per cui..” Rilevato che l’appello prospetta delicate problematiche in punto di fumus, con precipuo riferimento alla effettiva spettanza in capo all’appellante regione Calabria della custodia e “gestione” del sito (tenuto conto della circostanza che non è stato contestato che il soggetto proprietario è il Comune appellato);
rilevato che l’interesse dell’appellante può essere adeguatamente soddisfatto dalla sollecita fissazione del merito della causa ad una udienza da celebrarsi nel quarto trimestre del 2017; “.
8. In data 15.11.2017 il comune di (omissis) ha depositato una memoria facendo presente che non era contestato che l’alveo del fiume ove era avvenuto il deposito incontrollato appartenesse alla regione Calabria, che la stessa fosse il gestore del demanio fluviale, e che il deposito incontrollato era avvenuto a cagione dell’omessa regolamentazione dell’utilizzo della stradella/trazzera che correva parallela al fiume.
9.Alla odierna pubblica udienza del 5 dicembre 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è fondato e va accolto nei sensi di cui alla motivazione che segue, con conseguente riforma dell’impugnata sentenza, accoglimento del ricoro di primo grado, ed annullamento degli atti impugnati.

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