Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 15 dicembre 2017, n. 5911. La responsabilita’ ex art. 192, D.Lgs. 152/2006 non e’ oggettiva, ma dolosa o colposa

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V) nel caso di specie, l’atto è carente di qualsivoglia elemento dimostrativo dell’elemento soggettivo e pertanto l’ordinanza impugnata è illegittima in quanto carente del momento valutativo della responsabilità dell’appellante Regione, mentre avrebbe dovuto necessariamente indicare i comportamenti quanto meno colposi della Regione Calabria causalmente collegati all’evento dannoso;
VI) sotto il profilo fattuale, non è poi trascurabile che l’esistenza di una stradina sterrata che permette l’accesso incontrollato di chiunque nell’alveo del fiume Al., utilizzata per il deposito dei rifiuti in argomento, ha consentito il formarsi della discarica abusiva: laddove si consideri che la stradina seppure non di pertinenza dell’amministrazione comunale, ricadeva nel territorio comunale e che nessuno ha dedotto che questa fosse controllata, appare non in linea con il concetto di responsabilità “colposa” che la responsabilità venga fatta ricadere sul proprietario del sito “finale” di ricezione dei rifiuti: e comunque, si osserva, che ricadendo la stradella nel territorio comunale,ed essendo la stessa aperta al transito (non è stato dedotto né provato il contrario) non si vede in forza di quale disposizione o principio il comune si spinga ad affermare che esso fosse esonerato da qualsiasi obbligo di vigilanza sulla stessa.
3. In ultimo, appare al Collegio anche fondato anche l’argomento (che possiede portata assorbente) incentrato sulla previsione di cui all’art. 89 della legge regionale della Calabria – 12/08/2002, n. 34 – (“1. Ai Comuni sono attribuite le funzioni amministrative e i compiti concernenti:
a) la polizia idraulica e il pronto intervento disciplinato dal r.d. 523/1904 e dal r.d. 2669/1937, l’imposizione di limitazioni e divieti all’esecuzione di qualsiasi opera o intervento anche al di fuori dell’area demaniale idrica, qualora questi siano in grado di influire anche indirettamente sul regime dei corsi d’acqua;
b) il rilascio delle concessioni relative alle estrazioni di materiali, all’uso delle pertinenze idrauliche e delle aree fluviali e lacuali, anche ai sensi della legge 5 gennaio 1994, n. 37 in materia di tutela ambientale delle acque demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque pubbliche;
c) l’esecuzione di piccole manutenzioni finalizzate alla difesa del suolo e al pronto intervento idraulico fatte salve le competenze dei Consorzi di bonifica;
d) l’approvvigionamento idrico di emergenza;
e) la vigilanza sulle aree demaniali e sulla realizzazione degli obblighi posti a carico dei concessionari, nonché l’intervento in caso di inadempienza dei predetti obblighi, salvo il diritto di rivalsa nei confronti dei soggetti inadempienti.
3. I Comuni concorrono alla pianificazione e alla programmazione in materia di tutela del reticolo idrografico e di difesa del suolo attraverso gli strumenti di pianificazione urbanistica, in conformità ai piani di bacino e agli strumenti di pianificazione territoriale.
4. Qualora i corsi d’acqua superficiali e i laghi naturali interessino il territorio di più Comuni, le funzioni amministrative di cui al presente articolo sono esercitate dai Comuni in forma associata”.).
3.1. Da tale disposizione (che il comune appellato non ha mai contestato, e della quale non è stata dedotta l’inapplicabilità, se non per motivi processuali che il Collegio ha già chiarito essere infondati) si ricava che i compiti di polizia idraulica erano attribuiti al comune, per cui anche seguendo il riparto di competenza di cui alla legge, l’ordinanza si appalesa illegittima.
4. Conclusivamente, l’appello va accolto, e per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, va accolto il ricorso di primo grado, ed annullata l’ordinanza impugnata.
5. Quanto alle spese processuali del doppio grado, esse seguono la soccombenza, e pertanto l’appellato comune va condannato al pagamento delle medesime in favore della appellante Regione, nella misura che appare equo determinare in Euro tremila (E. 3000//00) oltre oneri accessori, se dovuti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, accoglie il ricorso di primo grado, ed annulla l’ordinanza impugnata.
Condanna l’appellato comune al pagamento delle spese processuali del doppio grado, in favore della appellante Regione, nella misura di Euro tremila (E. 3000//00) oltre oneri accessori, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente
Fabio Taormina – Consigliere, Estensore
Carlo Schilardi – Consigliere
Giuseppe Castiglia – Consigliere
Luca Lamberti – Consigliere

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