Consiglio di Stato
sezione IV
sentenza 9 novembre 2015, n. 5091
N. 05091/2015REG.PROV.COLL.
N. 04107/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 4107/2015 RG, proposto dalla De. s.s.d.r.l., corrente in Casoria (NA), in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e n.q. di capogruppo mandataria della costituenda ATI con la Az. s.s.d.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Ma.Ca., An.Au. e Sa.Ra., con domicilio eletto in Roma,
contro
– il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed il Provveditorato interregion. OO.PP. Campania e Molise (sede di Napoli), rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12 e
– il Comune di Casoria, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Fa.Or., con domicilio eletto in Roma
nei confronti di
– Associazione sportiva dilettantistica Al., con sede in Casandrino (NA), in persona del legale rappresentante pro tempore, controinteressata e appellante incidentale, rappresentata e difesa dagli avvocati Al. ed Is.Lo., con domicilio eletto in Roma e – Ur. Soc. coop. sociale, corrente in Giugliano di Napoli (NA), in persona del legale rappresentante pro tempore, controinteressata, non costituita nel presente giudizio,
per la riforma
della sentenza del TAR Campania – Napoli, sez. IV, n. 2456/2015, resa tra le parti e concernente l’affidamento in concessione della gestione, conduzione e manutenzione ordinaria del Centro polifunzionale sportivo di Casoria;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio solo delle Amministrazioni statali intimate, del Comune di Casoria e dell’ASD aggiudicataria;
Visti gli atti tutti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, c. 10, c.p.a.;
Relatore all’udienza pubblica dell’8 ottobre 2015 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti costituite, gli avvocati Au., Or. e Lo. e l’Avvocato dello Stato Ra.;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. – Il Comune di Casoria (NA) è proprietario d’un centro sportivo polifunzionale – CSP, sito in via (…) e costituito da un palazzetto dello sport e da un impianto sportivo per il nuoto, finora affidato in gestione, pure in regime di prorogatio, alla De. s.s.d.r.l., corrente in Casoria.
Con determinazione dirigenziale n. 141 del 22 gennaio 2014, il Comune ha indetto una procedura aperta, da aggiudicare all’offerta economicamente più vantaggiosa, per la concessione novennale di gestione, conduzione e manutenzione del CSP, per un canone a rialzo a base d’asta pari a Euro 70.000 annui, oltre IVA. Il Comune ha disposto altresì di delegare la funzione di stazione appaltante unica – SUA al Provveditorato interreg. OO.PP. Campania e Molise (sede di Napoli), che ha pubblicato il bando e gestito la procedura di gara.
A quest’ultima ha inteso partecipare, tra gli altri soggetti, pure la predetta Società sportiva -nella sua qualità di capogruppo mandataria della costituenda ATI con la Az. s.s.d.r.l. -, ma ne è stata esclusa con un atto del seggio di gara poi annullato in sede giurisdizionale.
In esito a tal procedura, è risultata aggiudicataria definitiva del servizio appaltando l’associazione sportiva dilettantistica Al., con sede in Casandrino (NA), mentre detta ATI si è collocata solo al terzo posto della graduatoria di merito, dopo la Ur. Soc. coop. sociale, corrente in Giugliano di Napoli (NA). Detta ATI ha allora acceduto in parte, in data 13 gennaio 2015, agli atti di gara, rilevando, a suo dire, vari profili d’illegittimità. Il successivo giorno 16, essa ha inoltrato al Comune, alla SUA ed al RUP un’articolata istanza di preavviso di ricorso, ma rimasta senza esito.
2. – Avverso tal aggiudicazione, la lex specialis e gli atti di gara, l’omessa esclusione delle società controinteressate ed il silenzio sul citato preavviso, nonché per ottenere tutti i restanti documenti e per la declaratoria d’inefficacia del contratto, detta ATI è allora insorta innanzi al TAR Napoli, con il ricorso n. 494/2015 RG. Essa ha al riguardo dedotto tre articolati gruppi di censure, contro la Ur. (A), la Al. (B) e l’intera procedura di gara (C). In particolare, ha lamentato: 1A) – il mancato possesso del requisito d’esperienza professionale, previsto dal par. 6, lett. e) del disciplinare e non surrogabile in via di avvalimento, trattandosi di requisito d’idoneità professionale ex art. 39 del Dlg 12 aprile 2006 n. 163; 2A) – l’illegittimità in ogni caso di tal avvalimento, perché l’impresa ausiliaria aveva esperienza solo in campo natatorio e perché il relativo contratto è nullo per genericità e contraddittorietà; 3B) – l’illegittimità dell’offerta dell’aggiudicataria, per aver essa attestato il requisito economico-finanziario ricorrendo a due Consorzi CONFIDI -per legge non abilitati a svolgere ed effettuare tutte le operazioni riservate agli intermediari finanziari-, fermo in ogni caso restando che le relative attestazioni sono nulle perché prodotte in copia informe e recanti una firma illeggibile; 4B) – l’omessa dimostrazione del requisito d’idoneità professionale, poiché l’impresa ausiliaria è proprietaria solo d’una piscina e d’una piccola palestra; 5C) – in subordine, l’omessa specificazione, da parte della lex specialis, dei sub-criteri e dei sub-punteggi per valutare le offerte tecniche ed il difetto di motivazione dei punteggi attribuiti.
Costituitesi in giudizio le parti intimate, solo l’aggiudicataria ha a sua volta proposto un gravame incidentale, contestando la mancata esclusione di detta ATI dalla gara stessa a causa sia delle gravi e definitivamente accertate violazioni tributarie anche verso il Comune di Casoria, sia dell’omessa dichiarazione da parte degli amministratori cessati nell’anno precedente alla pubblicazione del bando, sia del difetto del requisito esperienziale in capo alla società mandante.
Con sentenza n. 2465 del 30 aprile 2015, l’adito TAR, pur in presenza di due gravami a contenuto reciprocamente escludente ma a fronte d’un contenzioso con più d’un controinteressato, ha preso in esame quello incidentale, per poi rigettarlo reputando inconsistenti tutt’e tre i motivi colà esposti. Ha respinto altresì le questioni principali avverso la posizione della Ur., con conseguente declaratoria di sopravvenuta carenza d’interesse circa quelle verso l’aggiudicataria e contro la lex specialis di gara.
3. – Appella quindi detta ATI, con il ricorso in epigrafe, deducendo, oltre alla ribadizione dei motivi contro l’aggiudicataria, l’erroneità della sentenza per: A) – non aver considerato come il requisito ex art. 6, lett. e) del disciplinare non sia assimilabile ai casi ex art. 42 del Dlg 163/2006, ma vada inteso come requisito non avvalibile d’idoneità ai sensi del precedente art. 39 agli specifici fini della partecipazione alla gara de qua in base a quanto ben si evince dal dato testuale della norma di gara e, in coerenza con l’intuitus personae che caratterizza l’istituto della concessione amministrativa, dalla natura dell’appalto in esame quale concessione di servizi ai sensi dell’art. 30 del decreto n. 163 (cfr. così Cons. St., ad. plen., 7 maggio 2013 n. 13; id., 6 agosto 2013 n. 19); B) – per la nullità comunque del contratto d’avvalimento, non avendo il TAR tenuto conto del dato testuale dell’art. 6, lett. e) del disciplinare, ove si parla al plurale delle attività analoghe a quelle oggetto di concessione, donde il necessario cumulo delle esperienze professionali in materia natatoria e nella gestione di palazzetti dello sport (ché a quest’ultima la lex specialis di gara attribuisce punti 50), non superabile certo grazie al solo certificato CONI che costituisce un titolo abilitativo personalissimo e quindi non avvalibile; C) – non aver valutato che oggetto della censura subordinata non son stati il criterio di aggiudicazione, né la formula all’uopo prevista, ma le omesse specificazione e motivazione sull’attribuzione dei punteggi, in assenza di previa puntualizzazione dei sub-criteri e dei sub-punteggi.
S’è costituito il Comune di Casoria, che conclude per l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso in epigrafe. Anche le Amministrazioni statali intimate resistono nel presente giudizio, concludendo per il rigetto dell’appello. Appella in via incidentale la Al. s.s.d.r.l., deducendo a sua volta l’erroneità dell’impugnata sentenza laddove ha respinto il suo gravame incidentale e concludendo comunque per il rigetto dell’appello principale.
Alla pubblica udienza dell’8 ottobre 2015, su conforme richiesta delle parti costituite, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.
4. – Si ripropone in appello lo stesso schema di gravami incrociati, entrambi con effetti escludenti dell’un appellante verso l’altro, in esito ad una gara, però, in cui, v’è un terzo (NON aggiudicatario) che potrebbe avvantaggiarsi, ancorché non costituito in questa sede, d’un tal evento, ad effetto reciprocamente espulsivo delle parti private costituite.
Ebbene, è corretta regola di trattazione dei motivi di ricorso (ben lo ricapitola da ultimo Cons. St., VI, 10 febbraio 2015 n. 713) che questo Giudice decida disponendo le questioni prospettate in ordine logico, anteponendo le questioni di rito a quelle di merito e dando priorità sì ai gravami incidentali, ma solo se essi abbiano carattere escludente, in rapporto alla stessa fase procedimentale. È comunque possibile effettuare un esame prioritario del ricorso principale, per ragioni logiche e di economia processuale, qualora esso sia manifestamente infondato, inammissibile, irricevibile o improcedibile. Tanto, ovviamente, avendo riguardo sia al principio dispositivo (che consente agli interessati di graduare le proprie domande, prospettandone alcune in via subordinata), sia alla facoltà del Giudice adito di seguire, per le eventuali ulteriori censure prospettate, un ordine logico di trattazione razionale, partendo dalle questioni a contenuto più satisfattivo e procedendo per quelle via via più ristrette nei limiti dell’interesse ai sensi dell’art. 34, c. 3, c.p.a.
Per contro (come nella specie, lo si vedrà meglio tra breve), la doverosità d’un esame “incrociato” del ricorso (o dell’appello) incidentale e di quello principale è ammesso, secondo la giurisprudenza (arg., da ultimo, ex Cons. St., IV, 20 gennaio 2015 n. 140; id., V, 30 aprile 2015 n. 2190; id., 21 luglio 2015 n. 3615; id., 1° settembre 2015 n. 4089; tutte successive e conformi a Cons. St., ad. plen., 25 febbraio 2014 n. 9), nel caso d’impugnazione principale ed incidentale avverso gli atti di una gara alla quale abbiano partecipato due soli concorrenti.
Ne è chiara la ragione: sarebbe prioritario l’esame del gravame incidentale “escludente”, in quanto destinato a incidere sul presupposto della legittimazione ad causam del ricorrente principale, ma solo se non siano implicate censure reciprocamente escludenti e simmetricamente rivolte contro tal presupposto. Ove ciò non sia, l’esame contestuale di entrambe le impugnazioni è necessario a causa proprio del carattere speculare e reciprocamente escludente dei vizi denunciati in ciascun atto, tant’è che in tal caso neppure si pone un problema di esame prioritario del ricorso incidentale rispetto al ricorso principale, sicché, se il vizio c’è, entrambi i ricorsi dovranno esser accolti, se no saranno disattesi, con la conferma dell’ aggiudicazione. In sostanza, il principio di parità delle armi, che è il portato della giurisprudenza comunitaria e che non richiede a rigori l’ assoluta identità causale del vizio (bastando la deduzione di cause escludenti che afferiscano alla stessa fase procedimentale di verifica dell’ammissione a gara dell’impresa e della sua offerta), si ha solo quando: 1) – si versi all’interno del medesimo procedimento; 2) – gli operatori rimasti in gara siano solo due; 3) – il vizio che affligge le posizioni delle parti (nel procedimento, prima che in giudizio) sia identico non tanto in modo speculare, quanto sul piano della pari e definitiva efficacia escludente.
Tuttavia e come s’è accennato nelle premesse in fatto, i concorrenti in gara, tutti aspiranti all’unico bene della vita, sono tre sì, ma l’appellante principale è al terzo posto della graduatoria definitiva di merito e soltanto l’aggiudicatario propone gravame incidentale.
In tal peculiare caso, si ha per vero un’impugnazione che, sotto il profilo meramente descrittivo, porterebbe alla reciproca esclusione di entrambi i concorrenti qui costituiti, ma che non consente, appunto per la presenza della seconda graduata, d’applicare in automatico la regola posta da Ad. plen. n. 9/2014. Infatti, quest’ultima, non presente nel grado d’appello ma costituita innanzi al TAR, in quella sede non ha spiegato alcun gravame incidentale avverso l’aggiudicataria e s’è limitata solo a condividere le censure escludenti proposte dalla parte ricorrente principale, ma non per ciò solo la posizione della seconda graduata sarebbe neutra nel presente contenzioso. Ove mai s’applicasse in modo meccanico la regola testé citata, essa potrebbe finire per avvantaggiarsi, per puro caso, d’un risultato indotto sì dal contenzioso stesso, ma verso il quale essa non avrebbe titolo, avendo prestato acquiescenza alle posizioni relative in graduatoria. Da ciò discende che, ad onta dell’eventuale pari efficacia escludente (materiale) dei vizi che le parti costituite hanno denunciato a vicenda, resta ferma la regola generale del processo amministrativo, quella, cioè, dell’esame prioritario del ricorso incidentale ad efficacia escludente.
La ragione è evidente e discende proprio da tal regola: qualora il gravame incidentale fosse accolto, l’aggiudicazione resterebbe ferma sic et simpliciter, cioè in base alle posizioni relative cristallizzate in graduatoria e tal risultato si avrebbe pure a seguito del rigetto integrale dell’appello principale; nel caso contrario, l’accoglimento delle censure di merito contro le posizioni dei soggetti graduati in posizione poziore, darebbe l’aggiudicazione allo stesso appellante principale, seppur terzo graduato; se si perviene all’accoglimento dell’ultimo motivo, subordinato, sull’illegittimità in sé della gara, la soddisfazione dell’interesse strumentale porterebbe al rifacimento di questa. Nessuno dei possibili scenari, come si vede, potrebbe mai far conseguire l’aggiudicazione alla seconda graduata.
5. – Ciò posto e prendendo in esame l’appello incidentale, esso è infondato e va respinto.
Con riguardo al primo mezzo d’impugnazione incidentale di primo grado, esso corrisponde al primo motivo del predetto appello e concerne la pretesa irregolarità tributaria in capo alle imprese facenti parte dell’ATI appellante principale, con conseguente mendace dichiarazione ex art. 38, lett. g) del Dlg 163/2006. Sul punto, il TAR ha chiarito, per la capogruppo De.: 1) – l’irrilevanza degli avvisi di pagamento per le annualità dal 2010 al 2013, in quanto oggetto di contenzioso in atto e, perciò privi, del requisito della definitività; 2) – per le cartelle esattoriali inerenti a tributi dovuti al Comune di Casoria, l’intervenuta stipulazione inter partes di tre verbali di conciliazione giudiziale; 3) – l’assenza di prova, circa tal definitività, relativamente all’avviso di pagamento per la TARES 2013, mentre l’avviso di pagamento per la TARI 2014 è stato emanato dopo la scadenza del termine per la presentazione dell’offerta (25 marzo 2014). Quanto alla posizione della mandante Az., il TAR fa presente: 4) – l’esistenza d’un piano di rateazione per i debiti tributari di quest’ultima, disposto il 7 maggio 2013, ossia ben prima della scadenza del predetto termine; 5) – la presenza di sei cartelle esattoriali, documentata dall’Agenzia delle entrate, di cui, però, le prime tre riguardano tal rateazione e le rimanenti sono state formate, come precisa detta Agenzia, dopo la scadenza del termine stesso.
Tanto in risposta del gravame incidentale, il quale, per vero, aveva richiamato il significato, in base all’art. 38, c. 2 del Dlg 163/2006, delle violazioni gravi e delle violazioni definitivamente accertate, relative ad omessi pagamenti di imposte e tasse per debiti certi, scaduti ed esigibili per un importo di Euro 200.000,00 in capo alla capogruppo De. e per un importo di Euro 12.000/13.000 in capo alla mandante.
Tal risposta, però e ben lungi dall’essere incompleta o evasiva, in realtà ha esaminato quanto in atti, in base alla domanda da essa posta, l’odierna appellante incidentale aveva effettivamente reso noto al TAR. A ben vedere, infatti, l’appellante incidentale dedusse in tutto, innanzi al TAR e al di là di quanto testé accennato, d’aver chiesto al Comune ed alla Equitalia s.p.a. di darle contezza della reale esposizione di detta ATI nei confronti d’entrambi gli enti. A parte che di ciò era onere della medesima appellante incidentale fornire un serio principio di prove e non aspettare che detti enti le indicassero un percorso probatorio, consta in atti che soltanto con il deposito in vista dell’udienza avanti al TAR essa ha prodotto taluni avvisi di liquidazione a carico della sola mandataria, per la TARSU 2010/2012 e per la TARES 2013. Si tratta di vicende, tutte queste, non definite ed oggetto o di attuale e non risolto contenzioso, o di conciliazione giudiziale con il Comune, quindi di debiti tributari non certi e sicuramente allo stato (recte, alla data di presentazione dell’offerta, ancora) non esigibili, onde di ciò il TAR ha dato ampiamente atto, con statuizione completa ed impeccabile.
In questa sede l’appellante incidentale, intanto, nulla ha contestato circa la posizione fiscale della mandante, onde è passata in giudicato in parte qua l’impugnata sentenza.
Per quanto attiene poi alla posizione della capogruppo, l’appellante incidentale esibisce in questa sede la certificazione (la nota prot. n. 7468 del 23 febbraio 2015) del II settore – Ragioneria e tributi, con allegato l’estratto conto della situazione debitoria fiscale della stessa De. con il Comune intimato. L’appellante incidentale fa di tal estratto una tabella riassuntiva (pagg. 10/11 del gravame incidentale), evidenziado una residua situazione debitoria della stessa De. pari a Euro 93.114,84, da ciò inferendone il mendacio di quanto dichiarato ai sensi dell’art. 38 del decreto n. 163, come già dedotto in prime cure. Ebbene, si può prescindere da ogni questione sulla novità in appello della produzione di questo schema, piuttosto che del suo mero contenuto riassuntivo ma non innovativo di quanto già esposto negli allegati alla nota comunale n. 7468/2015 e, dunque, se così sia stato violato l’art. 104 c.p.a. Infatti, l’importo evidenziato è sì la sommatoria di tutte le cartelle notificate e, per talune partite, certamente alla De. note perché in tutto o in parte pagate, ma, al di là di questo dato materiale, non v’è sicurezza in ordine né alla certezza dei singoli titoli, né della loro legittima formazione, giacché talune di esse rimontano ad annate lontane, su cui è assai probabile la decadenza dell’azione del Fisco. Anzi, in disparte l’assenza d’ogni chiarimento della stessa appellante incidentale circa la sorte dei debiti tributari rateizzati, non appalesa di per sé sicura la loro definizione nemmeno per quelle somme in parte già assolte dalla De., ma pur sempre soggette al solve et repete.
Come si vede, non basta indicare un elenco di partite tributarie correnti per affermare la loro certa debenza in capo all’appellante principale, la quale, a fronte d’un dato solo apparentemente chiaro, ha buon gioco a contestarne l’ammissibilità per genericità ed imprecisione. Invero, se non è inibito all’appellante incidentale d’elaborare i dati grezzi forniti dalla P.A. e sottoporli all’esame di questo Giudice, occorre che il contenuto dell’inferenza non sia meramente ipotetico o, peggio, ripetitivo di operazioni aritmetiche meccaniche ed in sé amorfe, ma che si fondi sul reale stato dell’obbligazione tributaria sottesa a ciascuna cartella esattoriale.
Non a diversa conclusione deve il Collegio pervenire con riguardo al secondo mezzo di gravame incidentale, poiché non si può affermare l’esclusione dell’ATI De. per l’omessa indicazione del “buon esito” delle pregresse esperienze professionali dichiarate dalla mandante.
Sul punto, infatti, nel ricorso incidentale di primo grado (cfr. pagg. 15 ss.) l’ASD Al. si è doluta che i documenti della Az. s.s.d.r.l. non integrassero tal requisito, in quanto: 1) – l’uno, in data 13 luglio 2011, s’è riferito ad altro soggetto, gestore del palazzetto dello sport di Bologna, adesso fallito e radiato dalla FIP; 2) – esso non è idoneo a provare il buon esito, essendo riferito alla gestione per l’annata sportiva 2011/2013, cioè ancora all’inizio e, come tale, di per sé non suscettibile di valutazione, che dev’esser fatta a consuntivo; 3) – l’altro concerne sì la gestione del palazzetto di Ferrara, ossia un impianto diverso da quello dichiarato e non verificabile ai sensi dell’art. 48 del Dlg 163/2006.
Ebbene, i due certificati in parola attengono non già a terzi soggetti, bensì alle società sportive incorporate dalla Az., onde essi descrivono la vicenda gestoria che è refluita nel patrimonio dell’incorporante. Non dura fatica il Collegio a convenire, sotto il profilo materiale, che il secondo certificato non è coinciso con quanto dichiarato da quest’ultima, ma è vero pure che esso ha formato oggetto della verifica favorevole ex art. 48 del Dlg 163/2006, da parte del seggio di gara e, in esito ad essa, è stato ulteriormente confermato e dimostrato il possesso del requisito come parte integrante e indefettibile del patrimonio dell’incorporante. Tal giudizio positivo non è stato gravato per tempo ed in modo espresso dall’appellante incidentale, ma tale fatto non è rilevante e certo non perché essa sarebbe incorsa nella decadenza che adombra l’ATI De.. In realtà, essa non s’è avveduta, con riguardo al primo (e, secondo la prospettazione di essa, l’unico rilevante) certificato, che la dichiarazione dell’ATI De. s’è riferita alla gestione del palazzetto di Bologna non per il solo anno certificato, ma per il biennio giugno 2011 – giugno 2013 e con buon esito. Su tal dato, l’appellante incidentale, tutta assorta nella deduzione dell’assenza del “buon esito”, ha sorvolato, mentre gli elementi, ritraibili dalla stessa documentazione che essa ha allegato al suo attuale appello incidentale, costituiscono seri e concordanti indizi del buon fine della gestione in Bologna, sdì da superare ogni torsione logica per superarla.
Scolora così la censura di travisamento del TAR sulle prove in atti, giacché, oltre a quanto fin qui detto, a tutto concedere gli si sarebbe potuto imputare l’avallo d’un sub-procedimento di verifica ad oggetto (forse) erroneo, non già di non aver colto il profilo dell’effettivo buon esito, ché invece il Giudice di prime cure ha tratto dalla verifica stessa il proprio autonomo convincimento al riguardo, in sé razionale e ben articolato.
6. – Per quanto ammissibile, però, l’appello principale è anch’esso privo di pregio e dev’esser rigettato, per le considerazioni di cui appresso.
Già in primo grado, l’odierna appellante aveva ritenuto non avvalibile e non dimostrato il possesso, in capo alla seconda graduata Ur., del requisito esperienziale, inerente allo svolgimento, nel triennio precedente alla pubblicazione del bando, di attività analoga a quella oggetto di concessione.
A tal riguardo, il TAR ha precisato, con statuizione ben condivisibile, che siffatto requisito era certo posseduto dalla Ur., essendosi avvalsa di quello di altra impresa e che l’avvalimento era stabilito in modo espresso dal par. 13) del disciplinare. A differenza di ciò che opina l’ATI appellante non è vero che, nelle gare per affidare concessioni, vi sia una preclusione contro l’avvalimento ex art. 49 del Dlg 163/2006, istituto, invece, che ha efficacia generale ed è ammesso, senza sbarramenti rilevanti, per ogni tipo di requisito tecnico, professionale o finanziario. L’avvalimento serve infatti a garantire la massima partecipazione alle gare ad evidenza pubblica, consentendo ai concorrenti, che siano privi di quelli richiesti dal bando, di parteciparvi ricorrendo ai requisiti di altri soggetti, così agevolando l’ingresso sul mercato di nuovi operatori e, quindi, la concorrenza fra le imprese (cfr. così Cons. St., III, 13 ottobre 2014 n. 5057). Si tratta di una precisazione assai rilevante, agli occhi del Collegio, se si considera che dal 2013 (cfr. Cons. St., ad. plen., 7 maggio 2013 n. 13), questo Giudice interpreta l’esclusione, posta dall’art. 30, c. 3 del Dlg 163/2006, delle concessioni di servizi dall’ambito delle regole sugli appalti.
L’affidamento di queste ultime, conformemente alla giurisprudenza europea e nazionale, deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato UE e dei principi generali sui contratti ad evidenza pubblica, all’uopo distinguendo tra principi e disposizioni. Si devono allora intendere riconducibili ai primi (e quindi estensibili anche alle concessioni di servizi) tutte quelle norme che, pur configurandosi a guisa di disposizioni legislative specifiche, rappresentino la declinazione dei principi generali della materia e trovino la propria ratio immediata nei medesimi principi: siffatte norme sono, dunque, esse stesse come principi generali della materia. In particolare, l’art. 30 sottrae sì dette concessioni alle disposizioni sugli appalti, ma le assoggetta comunque, in coerenza con il precedente art. 27 (principi relativi ai contratti esclusi), al rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità (arg. ex Cons. St., VI, 16 luglio 2015 n. 3571). In aggiunta, l’art. 2, c. 1 del Dlg 163/2006 impone alle procedure inerenti alle concessioni de quibus di rispettare i principi, tra l’altro, di libera concorrenza, non discriminazione, proporzionalità e pubblicità, con le modalità indicate nello stesso decreto n. 163. Sicché il ripetuto art. 30 s’inserisce nell’ottica della progressiva assimilazione delle concessioni stesse agli appalti (arg. ex Cons. St., VI, 4 giugno 2015 n. 2755), nel senso di renderne omogenee le regole di scelta del contraente. Così l’asserito (dall’ATI appellante) intuitus personae, che a suo dire connoterebbe il regime delle concessioni di servizi, al più è divenuto un concetto se non contrario, certo recessivo secondo le norme UE, nella misura in cui anche l’affidamento in concessione, pur non tollerando la sussunzione in blocco di tutto il Codice degli appalti pubblici, dev’esser preceduto dall’applicazione rigorosa, tra gli altri, dei principi di pubblicità, concorsualità e tutela della concorrenza.
7. – Se, dunque, l’avvalimento è predicato quale strumento anche per aumentare la libera concorrenza nel mercato delle commesse pubbliche (ossia, della messa a disposizione delle utilità collettive nei confronti delle imprese del settore) poiché consente all’impresa ausiliata d’utilizzare tutti i requisiti di capacità economica e tecnica dell’impresa ausiliaria (compresa la certificazione di qualità: cfr. in questi termini Cons. St., IV, 3 ottobre 2014 n. 4958), allora è anch’esso modo con cui in concreto si attua un principio indefettibile tra le regole di detto mercato.
Non sfugge certo al Collegio che, a seconda del tipo di bene pubblico da concedere e della natura e particolare sensibilità degli interessi collettivi coinvolti, la lex specialis di gara potrebbe delineare, negli ovvi limiti di proporzionalità, adeguatezza e ragionevolezza, un concorso solo tra soggetti ad alta qualificazione e, quindi, idonei per le loro esclusive qualità a gestire il bene. Ma nemmeno si può sottacere che una tal vicenda rientra nei poteri discrezionali (si badi, e non arbitrari) d’ogni ente aggiudicatore nella scelta della platea dei possibili concorrenti e dei modi di aggiudicazione, onde essa non è un connotato peculiare delle concessioni. E pure ad accedere alla tesi restrittiva attorea, non irrazionale è quella clausola della lex specialis, pure per le concessioni e come nella specie, che fissi l’utilizzabilità dell’avvalimento in base alle regole proprie di questo, le quali appunto svolgono in concreto l’attuazione della libera concorrenza.
Né tampoco erronea deve dirsi la lettura che del par. 6), lett. f) del disciplinare fa il TAR, e non solo perché il relativo dato testuale (“…dichiara di aver svolto, nel triennio antecedente… regolarmente e con buon esito attività analoghe a quelle oggetto della concessione per un periodo… di almeno dodici mesi…”) è cosi chiaro da NON lasciar adito a dubbi che la norma di gara si sia limitata a fissare un mero requisito di esperienza professionale, parafrasando addirittura l’art. 42, c. 1, lett. a) del Dlg 163/2006.
Pare invece al Collegio che sia l’ATI appellante a voler a tutti i costi leggere la citata norma quale manifestazione della “… chiara volontà della S.A. di elevare a requisito di partecipazione a gara, il requisito esperienziale di attività analoghe…”, quando mancano altri e più dirimenti dati nella lex specialis che possano far concludere in tal senso. In realtà la lex specialis è stata costruita con la (non manifestamente irrazionale o arbitraria) struttura e la semantica notorie a qualunque operatore del settore, secondo le quali i requisiti d’idoneità professionale ex art. 39 del decreto n. 163 ed i metodi di dimostrazione delle esperienze pregresse ex art. 42 del Dlg 163/2006 restano nettamente distinti, avvalibili essendo le seconde e non i primi. Malamente richiamato è l’arresto di Cons. St., V, 2 maggio 2013 n. 2385, poiché nella specie non v’è elemento sicuro che la stazione appaltante abbia voluto “elevare” la predetta indicazione del requisito esperienziale ad alcunché d’altro. Per contro, la stessa sentenza, piace al Collegio notarlo, fa salva l’applicabilità alle concessioni delle disposizioni del Dlg 163/2006, in quanto è stata espressamente resa manifesta in parte qua dalla stazione appaltante mercé il richiamo nella lex specialis. È solo da soggiungere l’inutilità pure del richiamo a Cons. St., V, 30 aprile 2015 n. 2191, poiché, ferma la correttezza di quanto statuito dal TAR sugli elementi fin qui esaminati, tal sentenza non fa che confermare l’ovvio, cioè la nullità del contratto d’avvalimento avente ad oggetto un requisito strettamente personale ex art. 39 del decreto n. 163 dell’impresa ausiliaria.
Anzi, al di là degli altri arresti citati passim sui limiti del contratto di avvalimento, la sentenza n. 2191/2015 s’appalesa, agli occhi del Collegio e più delle altre cui detta ATI si riferisce, alquanto fuori contesto rispetto all’oggetto del contendersi, essendosi occupata della peculiarissima vicenda dell’iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali ex art. 212, c. 5 del Dlg 3 aprile 2006 n. 152 per un appalto avente la bonifica di siti inquinati, iscrizione che costituisce, a differenza delle attestazioni SOA, un titolo abilitativo di natura personale, come tale non cedibile con un contratto di avvalimento.
Con ogni evidenza sfugge all’ATI appellante che, quantunque il certificato d’iscrizione nel registro nazionale delle associazioni sportive presso il CONI costituisca titolo d’ammissione alla gara in base al par. 4) del disciplinare, esso va sì prodotto dalle associazioni sportive, ma in quanto dirette partecipanti alla gara stessa. E, sebbene lo si debba indicare tra i documenti che il par. 13), II parte del disciplinare il soggetto ausiliario deve attestare, per vero tale titolo è stato sì indicato nel contratto d’avvalimento, ma ai fini della legittimazione a contrarre, in una con le risorse ed i mezzi messi a disposizione dall’uno all’altro. Di tal ultimo aspetto il TAR ha dato puntualmente atto e, ad avviso del Collegio, senza realmente incorrere in alcun travisamento, appunto per la diversa funzione che il certificato svolge a seconda che esso vada esibito dall’ASD che intenda partecipare, piuttosto che attestato da quelle che svolgono l’ausilio al soggetto concorrente. Non si può seguire l’argomento (pagg. 22/23 dell’appello) dell’ATI appellante, secondo il quale non sarebbe possibile sganciare il prestito dell’esperienza professionale dal predetto certificato: mentre quest’ultimo è servito all’ASD ausiliare per giustificare il possesso dell’ammissione in gara, l’oggetto dell’avvalimento è e resta solo il complesso dei requisiti strettamente connessi alla prova della capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale per far fronte alle carenze dell’impresa ausiliata (cfr. Cons. St., V, 28 luglio 2015 n. 3698).
Non ha pregio, poi, l’assunto attoreo per cui, parlando il par. 6), lett. e) del disciplinare di attività analoghe (cioè, usa il plurale), non potrebbe mai bastare il requisito dell’esperienza natatoria. Per vero, il precedente par. 4) si riferisce solo allo svolgimento di attività in discipline sportive natatorie, che poi l’ausiliario deve attestare ai sensi del citato par. 13). Inoltre, l’esperienza nella gestione dei palazzetti, quantunque ben apprezzata dalla legge di gara con un punteggio significativo, non è dedotta in termini parimenti precisi. Infatti, per un verso, che il disciplinare richiede esperienze analoghe e non identiche all’oggetto della concessione e, per l’altro, che a differenza degli impianti natatori alla gestione ed alla manutenzione ordinaria di palazzetti ben potrebbero attendere mere imprese commerciali o industriali (com’è appunto la Ur. s.r.l.), ancorché prive di precipua esperienza sportiva.
Infine, sfugge al Collegio perché mai il contratto d’avvalimento, del cui oggetto l’ATI appellante dà atto (pur definendolo generico) per la parte inerente all’elenco del personale da prestare all’impresa ausiliata, debba esser ritenuto in contraddizione con la autodichiarazione resa dall’ASD ausiliare, con la quale essa rende noto di avvalersi di prestatori e di collaboratori occasionali, stante la natura meramente associativa e non imprenditoriale dell’ausiliaria stessa.
8. – Il rigetto in parte qua dell’appello principale rende sì improcedibile, a cagione del mancato superamento della c.d. “prova di resistenza”, ogni questione posta nei confronti dell’appellante incidentale, ma non elide affatto l’interesse strumentale alla caducazione della procedura di cui al quinto motivo subordinato (che corrisponde al medesimo di primo grado), pur se la relativa censura non possa esser condivisa nel merito.
L’ATI odierna appellante aveva dedotto innanzi al TAR che, non avendo la lex specialis specificato i sub-criteri ed i sub-punteggi di valutazione delle offerte tecniche, il seggio di gara non ha motivato alcunché nell’attribuire i punteggi i quali, perciò, sono stati assegnati in modo arbitrario. Tanto, a suo dire, perché la semplice previsione di elementi e sub-elementi di valutazione certo non equivale alla predisposizione dei relativi criteri e, quindi, non soddisfa l’obbligo di motivazione quando tal giudizio sia stato espresso mediante un punteggio numerico. Il TAR ha risposto che il disciplinare ha recato i parametri valutativi dell’offerta tecnica, la griglia di elementi e sub-elementi del peso e del sub-peso ponderali, la formula di calcolo dell’offerta economicamente più vantaggiosa ed il relativo metodo di calcolo (“confronto a coppie”), della cui applicazione il verbale 1) della seduta riservata dà contezza dettagliata. Obietta l’ATI che il TAR avrebbe travisato l’oggetto del V motivo il quale s’è appunto contro non già il criterio d’aggiudicazione o la formula prevista, bensì l’omessa specificazione e/o motivazione sull’attribuzione dei punteggi, a fronte della mancata specificazione dei sub-criteri e dei sub-punteggi di valutazione.
Non dura fatica il Collegio a concedere all’ATI appellante che la questione dedotta s’incentri non sul fatto in sé che la lex specialis non abbia previsto i sub-criteri e i sub-pesi o i sub-punteggi per ciascun criterio di valutazione dell’offerta tecnica, bensì sul più stringente obbligo di motivazione imposto al seggio di gara nell’attribuzione dei punteggi quando non vi sia tal previsione. Questa, per vero ed in base all’art. 83, c. 4, del Dlg 163/2006, serve in pratica a limitare discrezionalità della commissione aggiudicatrice nella specificazione di sub-criteri e sub-punteggi, escludendo così ogni facoltà in capo al medesimo seggio di gara d’integrare la lex specialis (cfr. così Cons. St., V, 15 maggio 2013 n. 2625; id., 13 maggio 2014 n. 2430).
Spetterebbe allora a quest’ultimo di prevedere e specificare, se del caso, gli eventuali sottocriteri, oppure di meglio motivare le ragioni di ciascun punteggio assegnato (arg. ex Cons. St., V, 19 aprile 2013 n. 2214).
Sennonché il citato art. 83, c. 4 non obbliga la lex specialis ad introdurre sub-criteri e sub-punteggi, poiché essi devono esser stabiliti a priori solo “ove necessario”, ossia se v’è la reale esigenza che, fin dalla formulazione del bando, ogni concorrente sia posto in grado di formulare la propria offerta tecnica, conoscendone gli elementi che verranno presi in considerazione. A parte che tal cognizione a priori ben sarebbe stata possibile secondo l’ordinaria diligenza, non irrazionale s’è appalesata la scelta della stazione appaltante di non ulteriormente sub-articolare gli elementi da prendere in considerazione. E tanto non perché un’eccessiva analiticità del bando avrebbe potuto determinare la nociva omogeneizzazione delle offerte e, dunque, far aumentare il rilievo, invece escluso proprio dal minore peso ponderale in concreto attribuitogli, dell’elemento prezzo. La verità è che siffatta esigenza non v’è stata e, correlativamente, neppure v’è l’obbligo di motivare più di tanto, poiché nella specie il criterio di valutazione dell’offerta tecnica più vantaggiosa è stato quello del confronto a coppie. Ad esso il TAR e le parti resistenti hanno fatto preciso riferimento, mentre su di esso l’ATI appellante non spende alcuna parola nel ricorso in epigrafe (ogni altra deduzione altrove sul medesimo punto essendo tardiva), sì da far dubitare dell’ammissibilità stessa del motivo.
Infatti, quest’ultimo, dopo aver citato l’argomento del TAR su tal specifico aspetto, adopera sì la frase “È vero l’esatto contrario! ” (in grassetto a pag. 34 del ricorso in epigrafe), ma non per confutare tal passaggio della motivazione dell’appellata sentenza, bensì per replicare tal quale il V motivo di primo grado, tant’è che, al di là degli adattamenti occorrenti per i due gradi di giudizio all’inizio ed alla chiusa delle rispettive censure, il testo del ricorso al TAR, dal rigo 3 di pag. 41 al rigo 24 di pag. 42, è perfettamente sovrapponibile a quello dal rigo 14 di pag, 35 al rigo 18 di pag. 36 del ricorso in epigrafe.
Circa l’uso del confronto a coppie, è tanto jus receptum, quello sì -tanto da esimere il Collegio da ogni pignolesca citazione-, il concetto per cui, una volta accertata la correttezza dell’applicazione del predetto metodo, o quando non ne sia stato accertato l’uso distorto o irrazionale, non c’è spazio alcuno per un sindacato di questo Giudice nel merito dei singoli apprezzamenti effettuati e, in particolare, sui punteggi attribuiti nel confronto a coppie, che indicano il grado di preferenza riconosciuto ad ogni singola offerta in gara, con l’ulteriore conseguenza che la motivazione delle valutazioni sugli elementi qualitativi risiede nelle stesse preferenze attribuite ai singoli elementi di valutazione considerati nei raffronti con gli stessi elementi delle altre offerte. In ciò s’incentra la manifesta infondatezza, nel caso di specie, della pretesa attorea, che insiste, ma senza curarsi di giustificarne l’applicazione alla vicenda in esame, su un meccanico richiamo di principi espressi altrove e per altre ragioni dalla giurisprudenza di questo Giudice.
9. – In definitiva, i due appelli vanno così rigettati, ma la complessità della vicenda contenziosa e giusti motivi suggeriscono la compensazione integrale, tra tutte le parti, delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. IV), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 4107/2015 RG in epigrafe, respinge l’appello incidentale e l’appello principale.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio dell’8 ottobre 2015, con l’intervento dei sigg. Magistrati:
Giorgio Giaccardi – Presidente
Nicola Russo – Consigliere
Fabio Taormina – Consigliere
Andrea Migliozzi – Consigliere
Silvestro Maria Russo – Consigliere, Estensore
Depositata in Segreteria il 9 novembre 2015.
Leave a Reply