E’ legittimo l’ammonimento che non è stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento se sono emerse particolari esigenze di celerità del procedimento, anche al fine di “evitare che – da parte dell’ammonito – si potessero scatenare ulteriori dinamiche reattive”
Consiglio di Stato
sezione III
sentenza 6 giugno 2016, n. 2419
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1964 del 2016, proposto dal Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, alla via (…);
contro
Il signor Le. Ma., rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Ri., con domicilio eletto presso la signora Gi. Ni. in Roma, piazza (…);
nei confronti di
La signora Da. Sa.;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Liguria, Sez. II, n. 701/2015, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del signor Le. Ma.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 maggio 2016 il pres. Luigi Maruotti e uditi per le parti l’avvocato Gi. Ni., su delega dell’avvocato Ma. Ri., e l’avvocato dello Stato Ma. Vi. Lu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con decreto del 3 luglio 2014, n. 9903, emanato ai sensi degli articoli 7 ed 8 della legge n. 38 del 2009, il Questore di Genova ha ammonito l’appellato ad astenersi da qualsiasi comportamento molesto nei confronti della signora Da. Sa.
L’interessato ha proposto ricorso gerarchico al Prefetto di Genova, che con la decisione di data 9 aprile 2015, n. 14734, ne ha disposto il rigetto.
2. Col ricorso di primo grado n. 593 del 2015 (proposto al TAR per la Liguria), l’interessato ha impugnato l’atto del Questore e quello del Prefetto, chiedendone l’annullamento.
Il TAR ha accolto il motivo col quale è stata lamentata la mancata comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento, prevista dall’art. 7 della legge n. 241 del 1990, ha assorbito le residue censure ed ha annullato «il provvedimento impugnato».
3. Con l’appello in epigrafe, il Ministero dell’Interno ha chiesto che, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado sia respinto.
L’Amministrazione ha dedotto che nella specie non occorreva la comunicazione prevista dall’art. 7 della legge n. 241 del 1990, sia per la natura cautelare del provvedimento previsto dagli artt. 7 e 8 della legge n. 38 del 2009, sia in considerazione delle specifiche circostanze emerse nel corso del procedimento.
L’appellato si è costituito in giudizio e, con la sua memoria difensiva, ha riproposto le censure formulate in primo grado e non esaminate dal TAR.
4. Ritiene la Sezione che l’appello del Ministero dell’Interno sia fondato e vada accolto.
4.1. Va respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello del genericità, formulata dall’appellato.
Infatti, le censure del Ministero dell’Interno sono state specificamente formulate avverso ogni passaggio argomentativo della ratio decidendi posta a base della sentenza impugnata.
4.2. L’art. 8 del d.l. n. 11 del 2009, convertito nella legge n. 38 del 2009, prevede che:
«1. Fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all’art. 612 bis c.p.,…, la persona offesa può esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al questore».
«2. Il questore, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l’istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento».
4.3. Il Questore, nell’ambito dei suoi poteri discrezionali, può valutare il se ed il quando emanare il provvedimento di ammonizione: oltre ad essere titolare del potere di emettere o meno la misura, egli può decidere se emanare senza indugio il provvedimento di ammonizione, oppure se le circostanze consentano di avvisare il possibile destinatario dell’atto, con l’avviso di avvio del procedimento, previsto dall’art. 7 della legge n. 241 del 1990.
4.4. Nella specie, il provvedimento del Questore ha dato espressamente atto che sussistevano «particolari esigenze di celerità del procedimento amministrativo» e che la misura andava senz’altro emessa, «al fine di scongiurare il possibile scatenarsi di dinamiche reattive ulteriori».
Una tale valutazione risulta del tutto ragionevole, in considerazione del fatto che, nella richiesta inviata al Questore, la ex convivente dell’appellato aveva segnalato le proprie preoccupazioni per la situazione venutasi a verificare, evidenziando anche che egli risultava titolare di una licenza di polizia per porto d’armi.
4.5. Va dunque respinta la censura di primo grado, di violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990: il provvedimento del Questore ha espressamente dato atto dell’urgenza, con una specifica valutazione contro la quale non sono state formulate specifiche contestazioni e che comunque risulta motivata e suffragata dalle risultanze del procedimento.
4.6. Peraltro, l’interessato a suo tempo ha proposto ricorso gerarchico avverso l’atto del Questore (senza prospettare in questa sede di aver proposto in quella sede la censura di violazione del citato art. 7), sicché sotto tale profilo si deve ritenere che in sostanza comunque egli ha potuto rappresentare le proprie ragioni in sede amministrativa, prima ancora di proporre il ricorso giurisdizionale.
5. Si deve dunque passare all’esame delle articolate censure dell’appellato, assorbite in primo grado, secondo cui il provvedimento del Questore sarebbe stato emanato in assenza dei relativi presupposti, poiché la richiesta di ammonimento aveva segnalato l’invio di alcuni messaggi alla settimana, in assenza di atti di violenza fisica o verbale.
Ritiene la Sezione che le censure dell’appellato, riproposte in questa sede, vadano respinte, perché infondate.
Dalla documentazione acquisita, emerge che la richiesta di emanazione dell’atto di ammonimento è stata formulata a seguito del ricevimento di una serie di sms e di email, nonché anche di messaggi scritti sul selciato della adiacente abitazione.
Il Questore ha complessivamente valutato la situazione, giungendo alla conclusione – di per sé ragionevole e motivata – per la quale la misura dell’ammonimento avrebbe potuto indurre l’interessato a non avere più comportamenti molesti nei confronti della richiedente.
Non rileva la circostanza evidenziata dall’appellato, sul numero di sms e di email trasmesse nel corso del tempo.
Infatti, dalla documentazione acquisita emerge che già nel corso del procedimento il Questore ha constatato la notevole ripetitività di tali contatti, malgrado la ripetuta richiesta che essi non ci fossero.
6. Per le ragioni che precedono, l’appello risulta fondato e va accolto e, previa reiezione delle censure assorbite in primo grado, il ricorso originario va respinto.
La condanna al pagamento delle spese dei due gradi del giudizio segue la soccombenza.
Di essa è fatta liquidazione nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Terza) accoglie l’appello e, previa reiezione delle censure assorbite in primo grado, respinge il ricorso originario n. 593 del 2015.
Condanna l’appellato al pagamento – in favore del Ministero appellante – di euro 3.000 per spese ed onorari dei due gradi del giudizio, di cui euro mille per il primo grado ed euro 2.000 per il secondo grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, nella camera di consiglio del giorno 26 maggio 2016, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente, Estensore
Carlo Deodato – Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia – Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Pierfrancesco Ungari – Consigliere
Depositata in Segreteria il 06 giugno 2016.
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