Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 25 febbraio 2019, n. 8341.
La massima estrapolata:
La circostanza aggravante dell’esposizione alla pubblica fede, prevista dall’articolo 625, n. 7, cod. pen., sussiste anche nel caso in cui la cosa si trova in luoghi privati ma aperti al pubblico ed e’ soggetta a sorveglianza saltuaria, posto che la ragione dell’aggravamento consiste nella volonta’ di apprestare una piu’ elevata tutela alle cose mobili lasciate dal possessore, in modo temporaneo o permanente, senza custodia continua.
Sentenza 25 febbraio 2019, n. 8341
Data udienza 30 novembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMMINO Matilde – Presidente
Dott. FILIPPINI Stefano – Consigliere
Dott. BELTRANI Sergio – Consigliere
Dott. PACILLI G. A. R. – rel. Consigliere
Dott. MONACO Marco Maria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1072 della Corte d’Appello di Firenze del 6 marzo 2017;
Visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
Udita nella pubblica udienza del 30 novembre 2018 la relazione fatta dal Consigliere PACILLI Giuseppina Anna Rosaria;
Udito il Sostituto Procuratore Generale in persona di COCOMELLO Assunta, che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 6 marzo 2017 la Corte d’appello di Firenze ha confermato la sentenza emessa il 3 dicembre 2013 dal Tribunale di Pisa, con cui (OMISSIS), in atti generalizzato, e’ stato condannato alla pena ritenuta di giustizia per il danneggiamento aggravato della portiera e dello specchietto retrovisore di un’autovettura, esposta per necessita’ alla pubblica fede.
Avverso la sentenza d’appello l’imputato personalmente ha proposto ricorso per cassazione, deducendo:
1) violazione dell’articolo 192 c.p.p. e vizi di motivazione, per essere stata affermata la responsabilita’ per il reato contestato, in assenza di elementi di prova ed essendo stati trascurati elementi evidenziati con l’atto d’appello, quali le deposizioni dei genitori dell’imputato e alcuni passaggi delle deposizioni dei testi – (OMISSIS) e (OMISSIS);
2) violazione di legge riguardo all’aggravante dell’articolo 625 n. 7 c.p., essendo risultato che l’autovettura era stata sottoposta alla sorveglianza specificamente efficace della teste (OMISSIS);
3) violazione di legge in relazione alla mancata applicazione dell’articolo 131 bis c.p., pur sussistendone i presupposti;
4) violazione di legge e vizi della motivazione, per non essere state concesse le attenuanti di cui all’articolo 62 bis c.p., e articolo 62 c.p., n. 4, essendo stati trascurati la giovane eta’ dell’imputato, il comportamento provocatorio della persona offesa e il danno esiguo arrecato.
All’odierna udienza pubblica e’ stata verificata la regolarita’ degli avvisi di rito; all’esito, la parte presente ha concluso come da epigrafe e questa Corte, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in pubblica udienza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile.
1.1 Le censure, formulate con il primo motivo in ordine all’affermazione della penale responsabilita’ per il delitto di danneggiamento aggravato, sono prive di specificita’.
Al cospetto di una doppia conforme motivazione dei giudici del merito, il motivo, con cui il ricorrente contesta la sussistenza del reato anzidetto, si connota per la sua genericita’, in quanto solo apparentemente si presta a criticare la sentenza di secondo grado, limitandosi, invece, a riproporre le stesse censure sollevate in precedenza e motivatamente disattese.
Difatti, la Corte d’appello ha rimarcato che la riconducibilita’ del danneggiamento al ricorrente era fondata sul riconoscimento fotografico della teste (OMISSIS), che aveva assistito ai fatti, e sulle dichiarazioni di (OMISSIS), che aveva venduto all’imputato lo scooter, alla cui guida si trovava il giovane che era stato visto dalla teste forare una gomma e rompere lo specchietto retrovisore dell’autovettura della persona offesa, la quale, dopo il diverbio con l’imputato, aveva parcheggiato il veicolo e si era allontanata.
La Corte di merito ha poi specificamente sottolineato che, a fronte di tali risultanze, non potevano ritenersi attendibili le dichiarazioni dei genitori dell’imputato, “palesemente compiacenti”.
Siffatte argomentazioni sfuggono ad ogni rilievo censorio, in quanto del tutto congrue e prive di vizi di manifesta illogicita’.
A tal riguardo va richiamato l’indirizzo, piu’ volte affermato dalla Corte, secondo cui l’indagine di legittimita’ sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato al giudice di legittimita’ essere limitato – per espressa volonta’ del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, esulando dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto, posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e’, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita’ la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu’ adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone ed altri, Rv. 207944).
1.2 Anche la censura sulla ritenuta sussistenza dell’aggravante e’ priva di specificita’.
Il giudice d’appello ha affermato che “il fatto era avvenuto su un’auto in sosta sulla pubblica via, al di fuori di qualsiasi forma di vigilanza del proprietario o di persona dallo stesso incaricata della custodia del bene, non potendosi attribuire nessuna rilevanza all’occasionale presenza sul posto della teste (OMISSIS) e all’attenzione dalla stessa prestata casualmente al comportamento dell’imputato”.
Cosi’ argomentando, la Corte territoriale si e’ conformata al consolidato orientamento di legittimita’ (Sez. 5, n. 9245 del 14/10/2014, Rv. 263258), secondo cui la circostanza aggravante dell’esposizione alla pubblica fede, prevista dall’articolo 625, n. 7, cod. pen., sussiste anche nel caso in cui la cosa si trova in luoghi privati ma aperti al pubblico ed e’ soggetta a sorveglianza saltuaria, posto che la ragione dell’aggravamento consiste nella volonta’ di apprestare una piu’ elevata tutela alle cose mobili lasciate dal possessore, in modo temporaneo o permanente, senza custodia continua.
1.3 Il terzo motivo non e’ consentito.
Va ricordato che questa Corte (Sez. U. n. 13681 del 25.2.2016, Rv 266590) ha affermato che se l’articolo 131 bis c.p., era gia’ in vigore alla data della deliberazione della sentenza d’appello (pur se introdotto, quindi, successivamente alla data di proposizione dell’appello), come nel caso in esame, la questione della sua applicabilita’ non puo’ essere dedotta per la prima volta in cassazione, ostandovi il disposto di cui all’articolo 609 c.p.p., comma 3, ma deve essere stata proposta come motivo di appello ovvero almeno come sollecitazione in sede di conclusioni del giudizio di secondo grado (Sez. 7, n. 15659 dell’8/3/2018, Rv. 272913; Sez. 3, n. 19207 del 16/03/2017, Rv. 269913).
Nel caso in esame, il ricorrente non ha chiesto l’applicazione della norma in appello, almeno come sollecitazione in sede – di conclusioni del giudizio di secondo grado (quando la norma era gia’ entrata in vigore), cosi’ che la relativa doglianza non puo’ essere proposta in questa sede.
1.4 Immune da vizi e’ anche la motivazione con cui il giudice di merito ha denegato le attenuanti, invocate dal ricorrente.
Difatti, la Corte d’appello non ha riconosciuto le attenuanti generiche, avendo ritenuto insussistenti elementi a tal fine valorizzabili e in ragione dei precedenti penali dell’imputato.
In tal modo, il giudice di merito ha fatto corretta applicazione dei principi enunciati in sede di legittimita’ (Sez. 3, n. 44071 del 25.9.2014, Rv 260610), secondo cui il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche puo’ essere legittimamente giustificato con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la modifica dell’articolo 62 bis, disposta con il Decreto Legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella L. 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente non e’ piu’ sufficiente lo stato di incensuratezza dell’imputato.
Del pari, avendo negato l’attenuante di cui all’articolo 62 n. 4 per l’entita’ del danno arrecato, pari a circa 700,00 Euro, la Corte territoriale si e’ posta in linea con l’orientamento di questa Corte (Sez. 2, n. 50660 del 5/10/2017, Rv. 271695), secondo cui l’applicazione della circostanza attenuante, prevista dall’articolo 62 c.p., n. 4, presuppone che il pregiudizio causato sia di valore economico pressoche’ irrisorio, sia quanto al valore in se’ della cosa sottratta, che per gli ulteriori effetti pregiudizievoli, subiti dalla parte offesa.
2. Il ricorso e’ quindi inammissibile e tale declaratoria comporta, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’ – valutati i profili di colpa nella proposizione del ricorso inammissibile – della somma indicata in dispositivo in favore della Cassa delle Ammende, a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.
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