Appello: ammesse prove nuove per fatti sopravvenuti
Articolo

Appello: ammesse prove nuove per fatti sopravvenuti

L'ordinanza n. 34 del 2 gennaio 2025 della Corte di Cassazione ha chiarito un aspetto cruciale del processo d'appello: la possibilità di presentare nuove prove documentali. Di norma, in appello non è consentito introdurre nuove prove, ma la Corte ha precisato che questa regola non si applica ai fatti sopravvenuti, cioè a quegli eventi che si verificano dopo la scadenza del termine per presentare le prove nel giudizio di primo grado.

La Corte ha sottolineato che impedire la presentazione di prove relative a fatti nuovi priverebbe le parti del diritto al doppio grado di giudizio, essenziale per una corretta valutazione del merito della causa. In particolare, il nuovo articolo 345 del codice di procedura civile consente di produrre documenti in appello se la parte dimostra di non aver potuto farlo in primo grado, e questa possibilità non è legata all'indispensabilità della prova, come era in passato.

In un caso specifico riguardante la responsabilità professionale di un avvocato, la Corte ha annullato una precedente decisione perché il giudice d'appello non aveva valutato correttamente se l'attività difensiva svolta dall'avvocato fosse stata diligente.

In sintesi, l'ordinanza chiarisce che il divieto di nuove prove in appello non è assoluto e che è possibile presentare documenti relativi a fatti nuovi, garantendo così il diritto a un giudizio completo e approfondito.

Contumacia: la verifica delle prove e la non contestazione
Articolo

Contumacia: la verifica delle prove e la non contestazione

La sentenza n. 25 della Corte di Cassazione, datata 2 gennaio 2025, chiarisce un aspetto fondamentale del processo civile, in particolare quando una delle parti non si presenta in tribunale (contumacia).

La Corte ha stabilito che, in tali casi, il giudice non può dare per automaticamente veri i fatti affermati dalla parte presente in aula. In altre parole, il principio di "non contestazione", che normalmente impone di considerare veri i fatti non contestati dalla parte presente, non si applica al contumace.

Questo significa che, anche se la parte assente non ha modo di contestare le affermazioni dell'altra parte, il giudice deve comunque verificare se chi ha iniziato la causa (l'attore) ha fornito prove sufficienti a dimostrare ciò che afferma. La mancata presenza dell'altra parte non esonera l'attore dal proprio onere di provare i fatti.

In sostanza, la Corte ha voluto garantire che le sentenze siano basate su prove concrete, anche quando una delle parti non partecipa attivamente al processo.

Unioni di fatto: doveri morali, tutele sociali
Articolo

Unioni di fatto: doveri morali, tutele sociali

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 28 del 2 gennaio 2025, ha ribadito l'importanza delle unioni di fatto come fenomeno sociale tutelato dalla Costituzione. Nonostante non siano equiparabili al matrimonio, queste unioni comportano doveri morali e sociali tra i conviventi, che possono tradursi in assistenza e sostegno economico reciproco, sia durante la convivenza che dopo la sua cessazione.

La Corte ha precisato che tali obblighi, se rispettano determinati requisiti come proporzionalità, spontaneità e adeguatezza, possono essere considerati "obbligazioni naturali", cioè doveri morali e sociali che, se adempiuti, non danno diritto alla restituzione di quanto prestato. Questo riconoscimento si inserisce in un contesto sociale in evoluzione, che valorizza le diverse forme di famiglia e le relazioni affettive stabili.

Prededuzione e la prova utilità credito per creditori
Articolo

Prededuzione e la prova utilità credito per creditori

Nell'ordinanza n. 55 del 2 gennaio 2025, la Corte di Cassazione ha chiarito un aspetto importante relativo al concordato preventivo. In particolare, si è soffermata sull'onere della prova nel riconoscimento della prededuzione, ovvero il diritto di un creditore di essere pagato con precedenza rispetto ad altri.

La Corte ha stabilito che chi richiede la prededuzione deve fornire prove concrete a sostegno della propria richiesta, dimostrando che il credito è stato maturato nell'interesse dei creditori. In pratica, non basta affermare di avere diritto alla prededuzione, ma occorre documentare che l'attività o la fornitura che ha generato il credito sia stata utile per la massa dei creditori.

Questo principio è stato applicato a un caso specifico in cui un'azienda fallita aveva presentato una domanda di concordato preventivo. La Corte ha ritenuto che il creditore non avesse dimostrato che la fornitura da lui effettuata fosse coerente con la situazione finanziaria dell'azienda e che quindi rientrasse tra gli atti di ordinaria amministrazione necessari per la continuità aziendale.

In sintesi, la decisione della Corte sottolinea l'importanza della prova documentale nel riconoscimento della prededuzione, al fine di evitare abusi e garantire una corretta ripartizione dei beni tra i creditori.

Deposito telematico: e la ricezione quarta PEC.
Articolo

Deposito telematico: e la ricezione quarta PEC.

L'ordinanza n. 69 del 3 gennaio 2025 della Corte di Cassazione ha affrontato una questione di grande rilevanza pratica per gli avvocati: il perfezionamento del deposito telematico degli atti processuali.

La Corte ha chiarito che, sebbene la "seconda PEC" (ricevuta di avvenuta consegna) indichi il momento iniziale del deposito ai fini della tempestività, questo non è sufficiente. Il deposito telematico è un processo a più fasi, e il suo completamento effettivo dipende dalla ricezione positiva delle successive PEC, in particolare della "quarta PEC".

Se quest'ultima non viene generata, ad esempio a causa di un rifiuto da parte della cancelleria, il deposito si considera inefficace. In tal caso, la parte ha l'obbligo di intervenire tempestivamente, ripetendo la procedura o presentando una richiesta di rimessione in termini, cioè chiedendo al giudice di essere riammessa nei termini per il deposito.

La Corte ha quindi cassato una precedente decisione in cui il giudice non aveva considerato la mancata ricezione della quarta PEC, ritenendo erroneamente tempestivo il deposito.

In sintesi, la decisione sottolinea che il deposito telematico è un processo complesso e che la semplice ricezione della seconda PEC non garantisce la sua validità, imponendo alle parti un'attenzione costante e una pronta reazione in caso di problemi.

Sospensione e necessaria motivazione mancato riconoscimento sentenza
Articolo

Sospensione e necessaria motivazione mancato riconoscimento sentenza

La Corte di Cassazione ha stabilito che la sospensione discrezionale di un processo, ai sensi dell'articolo 337, comma 2, del codice di procedura civile, è ammissibile solo se il giudice del secondo giudizio motiva esplicitamente le ragioni per cui non riconosce l'autorità della sentenza precedente. Questo implica un confronto tra la decisione e le critiche mosse, dato che la sospensione comprime l'interesse alla ragionevole durata del giudizio e la sentenza di primo grado modifica la posizione delle parti. Nel caso specifico, la Cassazione ha annullato l'ordinanza di sospensione perché il tribunale si era limitato a rilevare l'opportunità della sospensione senza fornire adeguate motivazioni sul mancato riconoscimento dell'autorità della sentenza precedente.

Danno abbandono: risarcimento equo e criteri trasparenti necessari
Articolo

Danno abbandono: risarcimento equo e criteri trasparenti necessari

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31552 del 9 dicembre 2024, ha stabilito che quando un giudice deve calcolare il risarcimento del danno subito da un figlio a causa dell'abbandono di un genitore, deve seguire criteri ben precisi. In particolare, se il giudice decide di utilizzare un metodo equitativo per determinare l'ammontare del risarcimento, deve indicare chiaramente quali criteri ha seguito.

Questo significa che il giudice non può decidere arbitrariamente l'importo del risarcimento, ma deve basarsi sui fatti e le prove presentate durante il processo. La Corte ha chiarito che il potere discrezionale del giudice è valido solo se egli dimostra di aver tenuto conto di tutti i dati rilevanti.

Nel caso specifico, la Cassazione ha annullato una sentenza che aveva ridotto l'importo del risarcimento basandosi sull'incertezza della relazione parentale prima del riconoscimento legale della paternità, e aveva addirittura negato il risarcimento per il periodo successivo.

Revocatoria fallimentare e interessi dalla domanda giudiziale
Articolo

Revocatoria fallimentare e interessi dalla domanda giudiziale

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31652 del 9 dicembre 2024, ha chiarito che l'azione revocatoria fallimentare, prevista dall'articolo 67 della legge fallimentare, ha natura costitutiva. Questo significa che, quando un giudice accoglie questa azione, l'obbligo di restituzione che ne deriva è considerato un debito di valuta, e non di valore.

In pratica, questo significa che chi deve restituire delle somme a seguito di un'azione revocatoria fallimentare è tenuto a corrispondere anche gli interessi su tali somme. Questi interessi decorrono dalla data in cui è stata presentata la domanda giudiziale, se è stata fatta, oppure dalla data della sentenza che ha accolto l'azione revocatoria.

La Corte ha quindi stabilito che il creditore ha il diritto di ottenere, oltre alla restituzione delle somme, anche il pagamento degli interessi maturati.

Vacanza “tutto compreso”: annullo uno, annullano tutti
Articolo

Vacanza “tutto compreso”: annullo uno, annullano tutti

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31368 del 6 dicembre 2024, ha stabilito che nei contratti di viaggio "tutto compreso", l'obiettivo di trascorrere una vacanza insieme ad altri può essere considerato un elemento fondamentale del contratto, anche se i contratti individuali sono stati stipulati separatamente.

In pratica, se un gruppo di persone (anche piccolo) acquista pacchetti vacanza con l'intenzione di trascorrere le vacanze insieme, questi contratti sono considerati "collegati". Di conseguenza, se una persona del gruppo non può più partire per motivi di forza maggiore, come una malattia improvvisa, anche gli altri membri del gruppo hanno il diritto di annullare il proprio contratto e ottenere il rimborso.

La Corte ha annullato una sentenza che non aveva tenuto conto di questo principio, sostenendo che le vicende personali di un viaggiatore non potevano influenzare il contratto degli altri.

Intervento volontario nuove eccezioni e difesa garantita
Articolo

Intervento volontario nuove eccezioni e difesa garantita

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 31665 del 9 dicembre 2024, ha chiarito che quando un terzo decide di intervenire volontariamente in una causa già in corso, può sollevare nuove eccezioni su fatti già presenti nel processo.

Questo non viola il principio del giusto processo, a condizione che sia garantito il diritto di difesa delle altre parti coinvolte. In altre parole, le controparti devono avere la possibilità di rispondere alle nuove eccezioni, presentare le proprie contro-eccezioni e, se necessario, richiedere una rimessione in termini per presentare nuove prove.

La Corte ha quindi stabilito che l'intervento di un terzo può arricchire il dibattito processuale, purché ciò avvenga nel rispetto dei diritti di tutte le parti.