Mantenimento: capacità lavorativa rilevante ed inutilizzata
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Mantenimento: capacità lavorativa rilevante ed inutilizzata

L'ordinanza n. 234 del 7 gennaio 2025 della Corte di Cassazione, sezione civile, si occupa del diritto all'assegno di mantenimento in caso di separazione dei coniugi. La Corte ha precisato che tale diritto, previsto dall'articolo 156 del codice civile, si fonda sulla persistenza del dovere di assistenza materiale e morale e si correla al tenore di vita avuto durante il matrimonio.

A differenza dell'assegno di divorzio, l'assegno di mantenimento non ha componenti compensative. Pertanto, nel valutare se chi richiede l'assegno sia effettivamente privo di adeguati redditi propri, si deve tenere conto anche della sua concreta e attuale capacità lavorativa. Questo vale anche se l'istante non sfrutta tale capacità senza un motivo giustificato, poiché l'assegno di mantenimento non può arrivare a coprire ciò che l'istante, usando l'ordinaria diligenza, è effettivamente in grado di procurarsi autonomamente.

Interruzione prescrizione e domanda di accertamento negativa
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Interruzione prescrizione e domanda di accertamento negativa

L'ordinanza n. 75 del 3 gennaio 2025 della Corte di Cassazione, sezione civile, si occupa dell'interruzione della prescrizione in relazione a una domanda di accertamento negativo di un debito.

La Corte ha stabilito che la richiesta del convenuto di semplice rigetto della domanda altrui di accertamento negativo di un debito può essere considerata una domanda idonea a interrompere la prescrizione del diritto vantato nei confronti del debitore, ai sensi dell'articolo 2943, comma 2, del codice civile.

Questo è possibile se tale richiesta è concretamente volta a ribadire le ragioni del proprio credito e a chiederne l'accertamento in sede giudiziale, con i conseguenti effetti permanenti previsti dall'articolo 2945, comma 2, del codice civile.

Reciproche domande di risoluzione per inadempimento
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Reciproche domande di risoluzione per inadempimento

L'ordinanza n. 66 del 3 gennaio 2025 della Corte di Cassazione, sezione civile, si occupa delle conseguenze delle reciproche domande di risoluzione per inadempimento in un contratto.

La Corte ha stabilito che, in presenza di domande contrapposte di risoluzione contrattuale per inadempimento, il giudice ha il compito di valutare il comportamento di entrambe le parti e di determinare quale di esse sia effettivamente responsabile dell'inadempimento del contratto.

Se il giudice accerta che l'inadempimento non è imputabile alla parte convenuta (cioè, alla parte contro cui è stata inizialmente presentata la domanda di risoluzione), ma alla parte attrice (cioè, alla parte che ha inizialmente richiesto la risoluzione), quest'ultima non ha diritto a ottenere il doppio della caparra. Al contrario, in tale circostanza, è la parte convenuta ad avere il diritto di trattenere la caparra.

Locazione: ritardo restituzione, danno minimo pari canone
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Locazione: ritardo restituzione, danno minimo pari canone

L'ordinanza n. 78 del 3 gennaio 2025 della Corte di Cassazione, sezione civile, si occupa del tema della locazione e, in particolare, del risarcimento del danno per la ritardata restituzione dell'immobile.

La Corte ha ricordato che l'articolo 1591 del codice civile garantisce al locatore che ha subito un danno a causa della ritardata restituzione dell'immobile una liquidazione automatica del danno. Questa liquidazione si basa sulla presunzione che il danno sia almeno pari al canone di locazione precedentemente pagato.

La Corte ha precisato che si tratta di una presunzione assoluta, che non ammette prova contraria, se non in senso più favorevole al locatore. Ciò significa che il conduttore che è in mora nella restituzione non può contestare che il danno subito dal locatore sia inferiore all'importo del canone. Il conduttore deve continuare a versare una somma corrispondente al canone come corrispettivo di una prosecuzione del rapporto di godimento con l'immobile non ancora restituito, prosecuzione che non è voluta dal locatore.

Marchi: novità valutata in astratto, contraffazione concreta
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Marchi: novità valutata in astratto, contraffazione concreta

L'ordinanza n. 280 del 7 gennaio 2025 della Corte di Cassazione, sezione civile, tratta del tema dei marchi d'impresa. La Corte ha stabilito che la registrazione di un marchio successivo è possibile solo se non sussiste un rischio di confusione con un marchio anteriore.

Il giudizio sulla novità di un marchio deve essere condotto in astratto, confrontando i segni come sono stati registrati, indipendentemente dal loro effettivo utilizzo e dall'intensità o dall'estensione della loro notorietà tra i consumatori. Un'eccezione a questo principio è rappresentata dal limite della decadenza per non uso.

Questo approccio si differenzia dalla valutazione che viene effettuata nel giudizio di contraffazione, dove l'accertamento è influenzato dalle modalità con cui il marchio anteriore viene utilizzato e percepito dal pubblico di riferimento.

I requisiti della transazione divisoria novativa
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I requisiti della transazione divisoria novativa

La sentenza n. 210 del 7 gennaio 2025 della Corte di Cassazione, sezione civile, chiarisce i requisiti della transazione divisoria novativa. La Corte precisa che, in questo tipo di transazione, è fondamentale che l'accordo si basi sullo scioglimento della comunione, con la consapevolezza delle parti riguardo alle differenze nelle attribuzioni patrimoniali o nelle quote. Le parti devono essere consapevoli di queste differenze senza, tuttavia, dover necessariamente calcolare le proporzioni esatte, con l'obiettivo di prevenire o risolvere controversie. La sentenza sottolinea che non è richiesto che le parti esprimano la volontà di creare un nuovo rapporto giuridico, estinguendo quello preesistente.

Modifica domanda aquiliana ammessa se fatti originari invariati
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Modifica domanda aquiliana ammessa se fatti originari invariati

La Corte di Cassazione ha stabilito che in una causa di risarcimento danni, se la domanda iniziale è basata sull'articolo 2050 del codice civile (attività pericolose), è ammissibile in appello, anche in comparsa conclusionale, prospettare la responsabilità ex articolo 2051 c.c. (danno cagionato da cose in custodia). Questo è possibile a condizione che i fatti alla base della domanda siano stati tempestivamente e chiaramente allegati in primo grado, permettendo alla controparte di difendersi adeguatamente anche rispetto alla diversa fattispecie di responsabilità.

Nel preliminare caparra e penale possono coesistere
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Nel preliminare caparra e penale possono coesistere

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza Ordinanza|7 gennaio 2025| n. 236., ha chiarito che in un contratto preliminare, sia la caparra confirmatoria che la clausola penale possono coesistere, poiché entrambe mirano a incentivare l'adempimento. Tuttavia, differiscono nel loro ambito di applicazione: la caparra confirmatoria si applica quando il contratto non può più essere adempiuto a causa del recesso, mentre la clausola penale si applica quando la parte non inadempiente preferisce chiedere l'esecuzione del contratto o la sua risoluzione.

Il principio di non dispersione della prova
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Il principio di non dispersione della prova

L'ordinanza n. 238 del 7 gennaio 2025 della Corte di Cassazione, sezione civile, affronta il tema della prova documentale nel processo civile. La Corte ribadisce il principio di non dispersione (o di acquisizione) della prova, valido sia per i documenti telematici che per quelli cartacei. Questo principio implica che i fatti rappresentati in un documento si considerano dimostrati nel processo e costituiscono fonte di conoscenza per il giudice, con un'efficacia che non si limita a un singolo grado di giudizio. In altre parole, la validità probatoria di un documento non dipende dalle successive decisioni difensive della parte che lo ha inizialmente prodotto. Nel caso specifico, relativo a una controversia sulla compravendita di beni mobili, la Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza impugnata. La corte territoriale aveva erroneamente basato la sua decisione sulla mancata produzione dei fascicoli dei precedenti gradi da parte del ricorrente, nonostante questi fossero stati regolarmente depositati telematicamente. La Suprema Corte, nel prendere questa decisione, ha richiamato i principi espressi in precedenti sentenze e ordinanze (Cassazione, sezione civile III, sentenza 23 marzo 2024, n. 7923; Cassazione, sezione civile III, ordinanza 17 aprile 2023, n. 10202; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 16 febbraio 2023, n. 4835).  

Licenziamento giusta causa: singolo episodio può bastare
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Licenziamento giusta causa: singolo episodio può bastare

L'ordinanza n. 172 del 7 gennaio 2025 della Corte di Cassazione, sezione civile, si occupa del licenziamento per giusta causa. La Corte ha stabilito che quando un licenziamento è motivato da giusta causa e al dipendente vengono contestati diversi comportamenti rilevanti dal punto di vista disciplinare, ciascuno di essi, considerato singolarmente, può costituire una base sufficiente per giustificare la sanzione del licenziamento.

In altre parole, non è il datore di lavoro a dover dimostrare di aver licenziato il dipendente solo per la somma delle condotte contestate. Al contrario, è il lavoratore che ha interesse a farlo a dover provare che i singoli episodi, considerati solo nel loro insieme e valutati nella loro gravità complessiva, non erano tali da impedire la prosecuzione, nemmeno provvisoria, del rapporto di lavoro.