Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 2 maggio 2019, n. 11589. La massima estrapolata: Il “factoring” è un contratto atipico complesso, il cui nucleo fondamentale prevede sempre un accordo in forza del quale un’impresa specializzata (il “factor”) si obbliga ad acquistare (“pro soluto” o “pro solvendo”), per un periodo di tempo determinato e rinnovabile...
Categoria: Factoring
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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 23 giugno 2015, n. 12994. Ai sensi della Legge n. 52 del 1991, articolo 5 qualora il cessionario abbia pagato in tutto o in parte il corrispettivo della cessione ed il pagamento abbia data certa, la cessione e’ opponibile al fallimento del cedente dichiarato dopo la data del pagamento, salvo quanto disposto dalla stessa legge all’articolo 7, comma 1; detta norma dispone che “l’efficacia della cessione verso i terzi prevista dall’articolo 5, comma 1, non e’ opponibile al fallimento del cedente, se il curatore prova che il cessionario conosceva lo stato di insolvenza del cedente quando ha eseguito il pagamento e sempre che il pagamento del cessionario al cedente sia stato eseguito nell’anno anteriore alla sentenza dichiarativa di fallimento e prima della scadenza del credito ceduto”. Nella prospettiva della Legge n. 52 del 1991 il momento dal quale si fa discendere la sua opponibilita’ ai terzi non e’ il perfezionamento dell’atto contrattuale, bensi’ il “pagamento” del cessionario al cedente (fatto che rappresenta la “causa” della cessione, non gia’ l’effetto di essa, come nella cessione-vendita del credito) e la revoca, coerentemente con questa impostazione, colpisce l’accordo in base al quale sarebbero ceduti i crediti e, per conseguenza, sono prive di effetti le cessioni di credito che ne sono state o ne potranno essere l’esecuzione. La norma speciale della Legge n. 52 del 1991, articolo 7 – si e’ rilevato – si inserisce nell’ambito del disposto della L.F., articolo 67, comma 2, in relazione agli atti a titolo oneroso compiuti nel periodo sospetto annuale e a condizione che il curatore provi la scientia decoctionis e, come la seconda, colpisce le disposizioni patrimoniali compiute dall’imprenditore dichiarato fallito, le quali, sebbene non inique o squilibrate, vanno a turbare la consistenza della massa attiva, destinata, in sede concorsuale, a soddisfare le ragioni dei creditori del fallito.
Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 23 giugno 2015, n. 12994 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CECCHERINI Aldo – Presidente Dott. NAPPI Aniello – Consigliere Dott. DIDONE Antonio – Consigliere Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere...