Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 30 aprile 2020, n. 13367.
Massima estrapolata:
Nel procedimento separato per ragioni di competenza territoriale sono utilizzabili gli esiti delle intercettazioni disposte nel procedimento originario, prima della separazione, in relazione alla medesima notizia di reato.
Sentenza 30 aprile 2020, n. 13367
Data udienza 27 febbraio 2020
Tag – parola chiave: Uso indebito di carte di credito o di debito – Carte poste pay – Art. 55, DL 231 del 2007 – Mezzi di ricerca della prova – Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Utilizzazione – Intercettazioni disposte nel procedimento originario relativo a traffico di stupefacenti – Utilizzabilità nel procedimento separato per ragioni di competenza territoriale – Sussistenza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMMINO Matilde – Presidente
Dott. DE CRESCIENZO Ugo – Consigliere
Dott. AGOSTINACCHIO Luigi – Consigliere
Dott. FILIPPINI Stefa – rel. Consigliere
Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 01/12/2017 della CORTE APPELLO di FIRENZE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. FILIPPINI STEFANO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa ZACCO FRANCA, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ dei ricorsi.
CONSIDERATO IN FATTO
1. La CORTE di APPELLO di FIRENZE, con sentenza in data 01/12/2017, parzialmente riformando la sentenza pronunciata dal TRIBUNALE di PISTOIA, in data 31/05/2016, nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), assolveva i predetti dall’accusa di riciclaggio mentre confermava la condanna degli stessi in relazione al reato, contestato in concorso, di cui al Decreto Legge n. 231 del 2007, articolo 55, per avere cooperato nel determinare l’uso indebito di carte poste-pay fatte aprire a soggetti terzi, generalmente tossicodipendenti, e poi cedute ad ulteriori complici rumeni per l’utilizzazione nell’ambito di azioni di azioni di “phishing” telematico.
2. Propongono separati ricorsi per cassazione gli imputati, tramite i rispettivi difensori, deducendo i seguenti motivi che partitamente si riassumono nei termini seguenti:
2.1. (OMISSIS), con un primo ricorso, deduce:
– vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilita’ dell’imputato, desunta da intercettazioni aventi contenuto non adeguatamente univoco e probante, che autorizzano ricostruzioni alternative; ne’ e’ emersa quale specifica forma di indebito utilizzo abbia posto in essere l’imputato, non risultando individuati gli utilizzatori finali delle carte, sicche’ difetta anche la dimostrazione della presenza dell’elemento soggettivo del reato, e cioe’ della consapevolezza e volontarieta’ del fatto integrativo della violazione della norma ascritta.
– violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche, negate per la pretesa gravita’ e pluralita’ dei fatti ma concedibili per il ruolo marginale ricoperto dall’imputato.
Lo stesso (OMISSIS), con altro ricorso a firma del medesimo difensore, lamenta ulteriormente il vizio della motivazione con riferimento alla interpretazione del contenuto delle intercettazioni rilevanti, dalle quali non si comprende se oggetto del discorso siano le carte di credito o altro, ne’ quale sia il ruolo ricoperto dal (OMISSIS) nella vicenda di causa. Si eccepisce inoltre la violazione di legge e il vizio di motivazione con riferimento alla affermazione di ricorrenza della recidiva, non adeguatamente giustificata alla luce dei dettami della piu’ recente giurisprudenza costituzionale in materia (si richiama la sentenza n. 185/2015); il motivo di appello al riguardo e’ stato sbrigativamente trattato con motivazione apparente.
2.2. (OMISSIS) deduce:
– violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilita’ dell’imputato per l’ipotesi Decreto Legislativo n. 231 del 2007, ex articolo 55, comma 9, dovendosi invece configurare una ipotesi di concorso dell’imputato nei reati informatici ex articoli 615 ter e 640 ter c.p. posti in essere dagli utilizzatori finali delle carte poste-pay.
2.3. (OMISSIS) deduce:
– violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’articolo 270 c.p.p., essendosi utilizzate intercettazioni provenienti da altro procedimento avente ad oggetto vicende di traffico di stupefacenti che nulla hanno a che vedere, sotto il profilo teleologico e sostanziale, con le vicende di causa.
– violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’affermazione di penale responsabilita’ rispetto all’ipotesi ascritta, difettando dimostrazione dell’esistenza di un profitto connesso all’utilizzo delle carte, da tenere distinto dall’eventuale profitto conseguito per averle procacciate.
RITENUTO IN DIRITTO
Tutti i ricorsi sono inammissibili perche’ generici e comunque manifestamente infondati; possono essere affrontati unitariamente per quanto riguarda le questioni comuni.
1. Manifestamente infondato, oltre che generico perche’ meramente reiterativo, e’ il motivo di natura processuale, ora riproposto dal (OMISSIS), avente ad oggetto l’utilizzabilita’ delle intercettazioni. Come gia’ adeguatamente chiarito dalla Corte territoriale (cfr. pagg. 15 e 16 della sentenza impugnata), il presente procedimento (rubricato al n.g.n.r. 124/2012 della Procura di Pistoia) costituisce mero stralcio, dettato da ragioni di competenza, del procedimento n.g.n.r. 20179/2011 della Procura di Firenze; nell’ambito di quest’ultimo procedimento le intercettazioni risultano ritualmente disposte in relazione a vicende di traffico di stupefacenti. E quindi, secondo condivisa giurisprudenza, nel procedimento separato per ragioni di competenza sono utilizzabili gli esiti delle intercettazioni disposte nel procedimento originario prima della separazione in relazione alla medesima notizia di reato (Sez. 6, n. 8934 del 10/12/2014, Rv. 262648; massime precedenti conformi: n. 35060 del 2010 Rv. 248587). Rispetto a tali argomenti, nessuna specifica censura viene introdotta con il ricorso in esame.
2. Quanto ai motivi sulla penale responsabilita’, giova premettere che, secondo la conforme ricostruzione del fatto recepita dalle due sentenze di merito, agli imputati e’ stato attribuito, sulla base delle risultanze tratte da operazioni di intercettazione telefonica, di aver cooperato con terzi soggetti ignoti nel procurare a questi ultimi, dietro ricompensa, carte di pagamento da utilizzare per il compimento di operazioni illecite (prevalentemente phisching telematico); in particolare, agli imputati e’ stato attribuito il ruolo di reclutatori di soggetti i quali provvedevano poi ad attivare svariate carte poste-pay a proprio nome, da cedere successivamente ai prevenuti.
2.1. Cio’ posto, del tutto generici e reiterativi sono gli argomenti esposti dalla difesa del (OMISSIS). Invero, le risultanze delle intercettazioni sono state analiticamente esaminate dal primo giudice, e quello d’appello ha puntualmente evidenziato (cfr. pagg. 13 e 14 della sentenza impugnata) le conversazioni maggiormente indicative del ruolo attribuito al (OMISSIS) nel traffico di carte poste-pay, valorizzando, oltre all’assenza di logiche spiegazioni alternative, anche il dato della sostanziale confessione del (OMISSIS) e del (OMISSIS) circa l’attivita’ svolta nel reperimento di persone disponibili ad attivare carte poste-pay da cedere poi agli imputati, che provvedevano a loro volta a farle avere al soggetto rumeno che le commissionava (pag. 20 della sentenza di primo grado).
2.2. Del resto, secondo condivisa giurisprudenza in materia di intercettazioni telefoniche (Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, Rv. 268389), costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non puo’ essere sindacato in sede di legittimita’ se non nei limiti della manifesta illogicita’ ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (massime precedenti conformi: n. 35181 del 2013 Rv. 257784; n. 46301 del 2013, Rv. 258164).
3. Non consentita e’ la censura del (OMISSIS) in relazione allo specifico profilo del profitto conseguito o perseguito nell’azione criminosa, non oggetto di puntuale deduzione in appello, come emerge dal tenore del relativo atto di gravame; peraltro, dalla decisione dei giudici del merito (cfr. pagg. 15 e 16 della sentenza d’appello) e’ agevole cogliere come detto profitto risulti comunque correttamente individuato in relazione al compenso percepito per l’intermediazione rispetto alla creazione e uso fraudolento delle carte nonche’ in relazione al profitto perseguito dai committenti con i quali consapevolmente si cooperava. Per tale ragione, manifestamente infondato e meramente reiterativo e’ il motivo di ricorso proposto sul tema anche dal (OMISSIS) (che, a differenza del (OMISSIS), aveva proposto gravame al riguardo).
4. Manifestamente infondato e genericamente reiterativo e’ il motivo del (OMISSIS) sulla qualificazione giuridica; nessuna evidenza dimostra il concorso dell’imputato nelle attivita’ di frode informatica poste in essere dagli utilizzatori finali delle carte poste-pay, mentre dimostrata e’ l’intermediazione del prevenuto nell’attivita’ volta a favorire il moltiplicarsi di casi di uso indebito di carte poste-pay, intestate a soggetti che si prestavano ad attivarle per poi cederle, da parte degli autori delle frodi informatiche
5. Manifestamente infondato e’ il motivo del (OMISSIS) sulla recidiva. Come ripetutamente affermato da questa Corte, l’adeguatezza della motivazione offerta dal giudice d’appello deve essere apprezzata alla luce della specificita’ censoria contenuta nei motivi di appello; e, nella fattispecie, la motivazione resa dalla Corte fiorentina in punto di recidiva deve essere valutata rispetto all’assoluta genericita’ dell’atto di appello, che sul punto si era limitato a lamentare l’assenza di una specifica motivazione, non potendo ritenersi sufficiente la sola valorizzazione dei “numerosi precedenti penali”.
5.1. Se dunque e’ ben vero che, secondo condivisa giurisprudenza in tema di recidiva facoltativa (cfr., tra le tante, Sez. 6, n. 56972 del 20/06/2018, Rv. 274782), al giudice e’ richiesta, in conformita’ agli insegnamenti contenuti nella sentenza n. 185/2015 della Corte Costituzionale, una specifica motivazione, sia che egli affermi sia che escluda la sussistenza della stessa, parimenti indubitabile risulta che l’adempimento di tale dovere debba essere verificato con riferimento alle deduzioni difensive contenute nell’appello, non potendosi obliterare, in ogni ipotesi di impugnazione, il precetto di cui all’articolo 581 c.p.p., lettera c).
5.2. Cio’ posto, nella fattispecie il dovere motivazionale della Corte territoriale deve ritenersi adeguatamente adempiuto, essendosi richiamata sia la presenza dei precedenti penali del (OMISSIS), sia la ricorrenza, tra le condotte contestate, di plurime operazioni illecite (integrate, come detto, dalla creazione di carte di credito da destinare, con l’intermediazione dell’imputato in parola, all’uso da parte di soggetti diversi dagli intestatari); e dunque, in maniera evidente, seppure implicita, e’ stata logicamente valorizzata la maggior pericolosita’ sociale di una condotta criminosa costituente significativa prosecuzione di un percorso delinquenziale gia’ avviato.
5.3. Peraltro, sulla legittimita’ della motivazione implicita sulla recidiva, si e’ anche recentemente espressa questa Corte, con argomenti che il Collegio condivide (cfr. Sez. 6, n. 14937 del 14/03/2018, Rv. 272803; massime precedenti conformi: n. 20271 del 2016 Rv. 267130, n. 4135 del 2018 Rv. 272040; massime precedenti conformi delle Sezioni Unite: n. 5859 del 2012 Rv. 251690).
6. Alla inammissibilita’ dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonche’, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ emergenti dai ricorsi (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), di ciascuno al versamento della somma, che si ritiene equa, di Euro duemila a favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila ciascuno a favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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