Il parere della C.E.C. non è obbligatorio ai fini della definizione della domanda di condono edilizio
Consiglio di Stato
sezione IV
sentenza 12 ottobre 2016, n. 4208
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 685 del 2006, proposto da:
Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro-tempore, già rappresentato e difeso dagli avv.ti Ed. Ba. e Gi.Ta. per mandato a margine dell’appello, quindi anche dagli avv.ti Gi. Ta. e An. Pu., per mandato a margine di atto di costituzione depositato il 25 ottobre 2011, nonché dagli avv.ti Gi. Da. e An. An., per mandato a margine di atto di costituzione depositato il 14 marzo 2013, e con questi elettivamente domiciliati in Roma, al corso (…), presso lo studio Gr. & Associati;
contro
Fr. La., rappresentata e difesa dall’avv. En. An., ed elettivamente domiciliata in Roma al viale (…), presso lo studio dell’avv. Cl. De Cu., per mandato a margine dell’atto di costituzione nel giudizio d’appello;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, Sez. IV, n. 19318 del 17 dicembre 2004, resa tra le parti, con cui, in accoglimento del ricorso in primo grado n. r. 8086/2001, integrato con motivi aggiunti, è stato annullato il provvedimento n. 968 del 30 marzo 2001, recante diniego di concessione edilizia in sanatoria di opere realizzate in terzo e quarto piano di immobile ubicato in Napoli alla via (omissis) e l’ordinanza di demolizione e riduzione in pristino n. 290 del 14 marzo 2002
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 settembre 2016 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avv. Ni. La., per delega dell’avv. An. An., per il Comune di Napoli e l’avv. En. An. per Fr. La.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.) Fr. La., quale proprietaria dell’immobile, ha presentato in data 28 febbraio 1995 domanda di condono edilizio in relazione a opere abusive eseguite al terzo e quarto piano dell’edificio ubicato in Napoli alla via (omissis), con successiva relazione tecnica integrativa del 18 febbraio 2000.
Con determinazione dirigenziale n. 968 del 30 marzo 2001 la domanda di condono edilizio è stata rigettata sul rilievo della indimostrata realizzazione delle opere, non che alla data del 31 dicembre 1993, nemmeno alla data del sopralluogo tecnico del 12 gennaio 2001, oggetto del verbale del 28 marzo 2001.
Da quest’ultimo era emerso che le opere oggetto dell’istanza di condono erano diverse da quelle descritte nella relazione integrativa del 18 febbraio 2000 e che alla data del sopralluogo non erano funzionali e ultimati né il frazionamento né il cambio di destinazione d’uso dei locali sottotetto in abitazione, essendo risultati privi di impiantistica idraulica e elettrica, e privi di accessi distinti le due unità da frazionare.
2.) Con il ricorso in primo grado n. r. 8086/2001 l’interessata ha impugnato il diniego di condono, deducendo, in sintesi, le seguenti censure:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 39 comma 1 legge n. 724/1994, dell’art. 31 comma 2 legge n. 47/1985, dell’art. 3 legge n. 241/1990; difetto di istruttoria e presupposti; motivazione erronea e insufficiente; contraddittorietà e illogicità manifesta; travisamento dei fatti; perplessità
Le opere erano state ultimate entro il 31 dicembre 1993, laddove i servizi igienici e la scala di collegamento tra terzo e quarto piano, riportati negli elaborati della domanda di condono erano stati demoliti in base a fonogramma della stessa amministrazione comunale in relazione al pericolo statico che essi rappresentavano per il solaio di separazione tra terzo e secondo piano
I locali al quarto piano non erano destinati a uso residenziale e quindi non era necessario che fossero pavimentati e completati con infissi e impianti idrico-elettrico.
2) Ulteriore violazione della normativa sub 1); difetto di istruttoria e motivazione, in relazione al contenuto asseverativo, disatteso, della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà allegata alla domanda di condono.
3) Violazione dell’art. 39 comma 1 della legge n. 724/1994; violazione del giusto procedimento; difetto di istruttoria
Non è stato acquisito il prescritto parere obbligatorio della commissione edilizia comunale.
Il Tribunale penale di Napoli con sentenza depositata l’11 febbraio 2003 ha assolto l’interessata con formula ampia.
A seguito di emanazione di ordinanza di demolizione n. 290 del 14 marzo 2002 e rimessione in pristino, l’interessata ha proposto motivi aggiunti, deducendo:
4) Violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990; illegittimità derivata.
5) Violazione e omessa applicazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990; difetto assoluto di istruttoria e dei presupposti; violazione del giusto procedimento.
7) Ulteriore violazione dell’art. 9 comma 2 della legge n. 241/1990.
Nel giudizio si è costituito il Comune di Napoli che ha dedotto l’irricevibilità per tardività dei motivi aggiunti, nonché l’infondatezza del ricorso e dei motivi aggiunti.
3.) Con sentenza n. 19318 del 17 dicembre 2004 il T.A.R. ha accolto il ricorso ritenendo fondato il terzo motivo, relativo all’omessa acquisizione del parere della C.E.C., ritenuto essenziale anche nel procedimento di sanatoria e anche con riferimento all’ipotesi in cui il diniego di condono afferisca alla data di esecuzione delle opere abusive, con “assorbimento di tutte le questioni ulteriori”.
4.) Con appello notificato il 16 gennaio 2006 e depositato il 25 gennaio 2006, il Comune di Napoli ha impugnato la predetta sentenza, deducendo, senza rubricazione di motivi, le seguenti censure:
1) Il T.A.R. ha disatteso, senza esaminarla, l’eccezione di irricevibilità dei motivi aggiunti: posto che l’ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi è stata notificata ai sensi dell’art. 140 c.p.c., e che la raccomandata relativa alla comunicazione dell’avvenuto deposito è stata ricevuta dalla ricorrente il 10 gennaio 2003, la notificazione dei motivi aggiunti in data 22 luglio 2003 è irrimediabilmente tardiva; ne consegue che l’acquiescenza prestata al provvedimento riverbera i suoi effetti sull’impugnativa proposta con il ricorso, da dichiarare improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse alla declaratoria d’illegittimità del diniego di condono edilizio;
2) il parere della C.E.C., secondo prevalente e più recente giurisprudenza, è facoltativo ma non obbligatorio ai fini della definizione delle domande di condono edilizio, perché non vi è luogo ad alcuna valutazione di natura tecnica quando il diniego si fondi sul rilievo preliminare e preclusivo che le opere abusive sono state ultimate oltre il termine temporale che circoscrive la sanatoria;
3) Il diniego di condono è stato formulato in relazione alle opere indicate nella domanda di condono e nella relativa documentazione (che faceva riferimento alla ristrutturazione dei locali in sottotetto del quarto piano con trasformazione della destinazione d’uso in unità di civile abitazione, e al frazionamento di tale immobile dal terzo piano); in riferimento a tale tipologia di opere è incontestabile che i lavori non siano stati eseguiti, non potendosi aver riguardo alla relazione integrativa che riferiva altro tipo del tutto diverso di lavori (con destinazione dei locali in sottotetto a locali di sgombero e lavanderia, e in cui si faceva riferimento all’elevazione del tetto); in ogni caso lo stato dei locali non configura la loro ultimazione funzionale, nemmeno qualora si consideri la destinazione non abitativa; mentre del tutto apodittico e privo di concreta dimostrazione è l’allegazione che il servizio igienico e la scala siano stati rimossi a seguito del fonogramma comunale;
4) non può sostenersi alcuna illegittimità dell’ordinanza di rimessione in pristino derivata dalla pretesa illegittimità del diniego di condono edilizio, perché essa riguarda non solo le opere oggetto del condono ma anche opere diverse, comunque le une e le altre abusive; non occorreva alcuna comunicazione d’avvio del procedimento repressivo delle opere edilizie abusive, essendo già stata data comunicazione dell’avvio del procedimento di diniego di condono, e essendo l’interessata ben consapevole della natura abusiva dei lavori, e comunque trattandosi di atto vincolato; non occorreva alcuna precisazione delle modalità di esecuzione della rimessione in pristino.
Nel giudizio si è costituita l’appellata Fr. La. con atto di stile, depositato il 21 febbraio 2006.
Con note d’udienza depositate il 3 giugno 2016 l’interessata ha svolto deduzioni difensive relative a diverso appello pendente n. r. 10327/2010.
Con memoria depositata il 15 luglio 2016, il Comune di Napoli ha insistito per l’accoglimento dell’appello, rilevando che l’appellata non aveva riproposto con la memoria di costituzione le censure dichiarate assorbite dal giudice amministrativo partenopeo, e che, pertanto, il thema decidendum doveva intendersi limitato al solo profilo relativo alla doverosità dell’acquisizione del parere della C.E.C., e in ogni caso insistendo nelle ulteriori deduzioni di cui all’appello.
All’udienza pubblica del 22 settembre 2016 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.
5.) L’appello in epigrafe è fondato e deve essere accolto, onde, in riforma della sentenza gravata, va rigettato il ricorso proposto in primo grado.
Non avendo l’appellata riproposto i motivi dichiarati assorbiti, poiché, come rilevato le deduzioni difensive depositate il 3 giugno 2016 si riferiscono a diverso appello n. r. 10327/2010, il Collegio ritiene di prescindere dall’eccezione pregiudiziale di tardività dei motivi aggiunti -comunque non decisiva perché persisterebbe l’interesse all’impugnativa del diniego di condono edilizio sulla quale non potrebbe incidere, sotto il profilo della carenza d’interesse sopravvenuta, l’inoppugnabilità dell’ordinanza di ripristino- dovendo concentrarsi sull’unico capo di sentenza appellato, in funzione della mancata riproposizione dei motivi del ricorso in primo grado assorbiti.
E’ evidente l’erroneità della sentenza, come dedotta dal Comune appellante, poiché secondo pacifica e consolidata giurisprudenza il parere della C.E.C. non è obbligatorio ai fini della definizione della domanda di condono edilizio (cfr. tra le tante e solo più recenti sez. IV 12 maggio 2016 n. 1913, Sez. V, 29 ottobre 2014 n. 5336 e Sez. VI 17 dicembre 2013 n. 6042).
Sotto altro aspetto, in ogni caso, è incontestabile che il diniego di condono si riferisce, e non poteva che riferirsi, alle opere come indicate nella domanda di condono edilizio, rispetto alle quali non è revocabile in dubbio che esse non fossero ultimate alla data del 31 dicembre 1993, posto che ancora all’epoca del sopralluogo i locali al quarto piano erano privi di pavimentazione e impianti idrici ed elettrici, rimanendo del tutto indimostrata l’epoca di presunta realizzazione di servizi igienici e scala interna e la loro demolizione ai fini della sicurezza statica del secondo piano.
6.) In conclusione l’appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza gravata, deve rigettarsi il ricorso proposto in primo grado, avendo il Collegio esaminato e toccato tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663), laddove gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso.
7.) Il regolamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate come da dispositivo, segue la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta) così provvede sull’appello in epigrafe n. r. 685 del 2006:
1) accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma sentenza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, Sez. IV, n. 19318 del 17 dicembre 2004, rigetta il ricorso proposto in primo grado;
2) condanna Fr. La. alla rifusione, in favore del Comune di Napoli, in persona del Sindaco in carica, delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate in complessivi € 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e 15% a titolo di rimborso di spese generali);
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 settembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi – Presidente
Raffaele Greco – Consigliere
Leonardo Spagnoletti – Consigliere, Estensore
Giuseppe Castiglia – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere
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