Cassazione 10

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 30 marzo 2015, n. 6403

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22024/2012 proposto da:

(OMISSIS) SPA (OMISSIS), appartenente al GRUPPO (OMISSIS), cessionaria dei crediti in virtu’ del contratto di cessione dei crediti tra il (OMISSIS) SPA e la (OMISSIS) SPA, e per essa quale mandataria, nonche’ procuratrice, (OMISSIS) SPA, Capogruppo del GRUPPO (OMISSIS), societa’ incorporante il (OMISSIS) SPA, societa’ che a sua volta ha incorporo il (OMISSIS) SPA, in persona del Dott. (OMISSIS), Quadro direttivo preposto alla struttura di (OMISSIS) alla medesima (OMISSIS) SPA per la cura dei crediti vantati alla predetta (OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS) SPA, CONDOMINIO (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 9070/2012 del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 30/07/2012, r.g.n. 5289/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/12/2014 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Il (OMISSIS) s.p.a. propose opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza del 1 dicembre 2009, con la quale il giudice del processo esecutivo immobiliare promosso nei confronti di (OMISSIS) (nel quale erano intervenuti (OMISSIS) s.p.a. e il Condominio di (OMISSIS)), aveva dichiarato esecutivo il progetto di distribuzione ai sensi dell’articolo 512 c.p.c., rigettando le contestazioni dell’istituto di credito, poi opponente.

Quest’ultimo lamentava la mancata collocazione in privilegio ipotecario di una parte del proprio credito, costituito dagli interessi di mora e dagli interessi al tasso legale maturati sulle somme dovute, in riferimento all’articolo 2855 c.c., commi 2 e 3.

Il Tribunale di Milano, con sentenza in data 30 luglio 2012, rigetto’ l’opposizione, confermando il progetto di distribuzione, col quale non era stato riconosciuto all’opponente il privilegio ipotecario sugli interessi di mora, calcolati al tasso convenzionale, maturati nel triennio di cui all’articolo 2855 c.c., comma 2, (per euro 91.223,44) e sugli interessi legali maturati dopo il compimento dell’annata in corso al giorno del pignoramento e fino alla data della vendita (per euro 46.820,71).

2.- Avverso la sentenza Societa’ per la (OMISSIS) S.p.A., cessionaria dei crediti del (OMISSIS) S.p.A., e per essa, quale sua mandataria, (OMISSIS) S.p.A., ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico articolato motivo, ed in subordine ha sollevato la questione di illegittimita’ costituzionale della disposizione di cui all’articolo 2855 c.c., commi 2 e 3, nella parte in cui esclude l’estensione della prelazione ipotecaria agli interessi moratori per violazione del principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 Cost..

Non hanno svolto attivita’ difensiva gli intimati (OMISSIS) s.p.a. e Condominio di (OMISSIS), nonche’ il debitore (OMISSIS), gia’ contumaci in sede di merito.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- La societa’ ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 2855 c.c., commi 2 e 3, e dell’articolo 12 preleggi, con riferimento all’articolo 510 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, nonche’ vizio di motivazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5.

La ricorrente evidenzia che, seguendo l’interpretazione del Tribunale, in casi quale quello di specie, in cui il credito deriva dalla richiesta di restituzione con ricorso per decreto ingiuntivo delle somme anticipate a seguito di apertura di credito in conto corrente, non sarebbe mai possibile riconoscere interessi corrispettivi in privilegio.

Sostiene che questa interpretazione contrasta col principio, comune a tutti i crediti muniti di diritto di prelazione, dell’estensione del privilegio sul capitale anche agli interessi, come si desumerebbe dall’articolo 2749 c.c., e dall’articolo 2788 c.c., che, cosi’ come l’articolo 2855 c.c., non fanno alcuna differenza tra interessi corrispettivi ed interessi moratori. I primi due articoli sarebbero interpretati dalla giurisprudenza senza distinguere tra interessi corrispettivi e moratori, sicche’ ne risulterebbe un regime deteriore dei crediti garantiti da ipoteca rispetto a quelli garantiti da privilegio o da pegno, con gravi conseguenze sia dal punto di vista sistematico che dal punto di vista costituzionale.

La ricorrente richiama il precedente costituito dalla sentenza di questa Corte dell’8 luglio 1998 n. 6668, quanto all’interpretazione da dare all’espressione, adoperata dal legislatore, di “capitale che produce interessi”, come riferibile anche agli interessi moratori, non anche soltanto ai corrispettivi. Svolge ulteriori considerazioni in merito alle conseguenze illogiche di un’interpretazione che privilegia comunque soltanto il dato letterale, a sua volta suscettibile di essere interpretato in piu’ sensi; riporta, quindi, a sostegno dei propri assunti, la motivazione di una sentenza del Tribunale di Roma e richiama altri precedenti di merito e dottrina.

2.- Il motivo e’ infondato quanto alla censura relativa all’articolo 2855 c.c., comma 2; fondato, quanto alla censura relativa al comma 3.

La prima delle questioni di diritto da risolvere e’ relativa all’interpretazione della disposizione di cui all’articolo 2855 c.c., comma 2, essendo necessario determinare, nella specie, se, iscritta ipoteca per un capitale, l’estensione del privilegio ipotecario agli interessi, secondo le condizioni indicate dalla norma, abbia ad oggetto interessi di qualsiasi natura, ovvero sia limitata ai soli interessi corrispettivi, con conseguente esclusione di quelli moratori.

Il Tribunale di Milano, investito della questione a seguito di opposizione ex articolo 617 c.p.c., al progetto di distribuzione confermato con ordinanza pronunciata dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’articolo 512 c.p.c., (che aveva deciso nel medesimo senso sulle stesse doglianze dell’istituto di credito ipotecario), ha ritenuto di risolverla nel senso di limitare ai soli interessi corrispettivi il privilegio ipotecario, cosi’ aderendo all’orientamento maggioritario espresso, sull’argomento, da questa Corte di legittimita’ (cfr. tra le altre, Cass. n. 21998/11; n. 18312/07; n. 10070/99, n. 8657/98).

Questo orientamento e’ stato ribadito di recente da Cass. n. 775/13, che si e’ occupata di un caso analogo al presente, motivando nel senso che esso e’ “fondato su di un argomento di ordine tanto letterale quanto sistematico-interpretativo, che induce a ritenere il sintagma capitale che produce interessi inequivocabilmente circoscritto ai soli interessi che, in guisa di frutti civili (articolo 820 c.c., comma 3), costituiscono remunerazione del capitale medesimo, vale a dire i (soli) interessi corrispettivi, senza che, neppure in via analogica, possano ritenersi inclusi nei frutti civili della sorte capitale quegli interessi che trovino il loro presupposto… nel ritardo imputabile al debitore. D’altra parte, se il legislatore si fosse riferito a tutti i capitali (anche, cioe’ a quelli infruttiferi), gli interessi dovuti non avrebbero potuto essere altro che quelli moratori. Ma, avendo precisato di riferirsi ai soli capitali fruttiferi, gli interessi dovuti devono ritenersi quelli prodotti dal capitale e non dalla mora”.

Nello stesso senso si sono espresse anche le piu’ recenti Cass. n. 17044/14 e n. 23164/14.

2.1.- Il Tribunale di Milano ha ritenuto di applicare la norma dell’articolo 2855 c.c., comma 2, come sopra interpretata, anche al caso dell’azione esecutiva intentata per il pagamento dell’intero credito da restituzione per la risoluzione del contratto di apertura di credito in conto corrente, con la conseguenza che, essendo venuta meno la possibile decorrenza di interessi corrispettivi dopo la richiesta di restituzione di cui al ricorso per decreto ingiuntivo, il ritardo nel pagamento del dovuto non avrebbe potuto che produrre interessi moratori, quindi mai collocabili in privilegio nella misura convenzionale (salvo quanto si dira’, trattando del terzo motivo di ricorso, per gli interessi maturati dopo il compimento dell’annata in corso alla data del pignoramento e fino alla data della vendita, sia pure nel limite della misura legale).

In effetti, l’orientamento prevalente di questa Corte, seguito dal Tribunale, comporta la sostanziale disapplicazione dell’estensione del privilegio ipotecario triennale agli interessi convenzionali nei casi, piuttosto frequenti nella pratica, quale quello di specie, in cui il titolo esecutivo sia costituito da decreto ingiuntivo emesso per la restituzione dell’intera somma anticipata per affidamento in conto corrente, dato il presupposto della mora del debitore.

Gli interessi che decorrono dopo la notificazione del decreto ingiuntivo per il pagamento dell’intero credito residuo non possono che essere moratori, sicche’ non vi e’ spazio per applicare l’articolo 2855 c.c., comma 2, qualora il pignoramento sia stato eseguito dal creditore che intende azionare il decreto ingiuntivo.

In effetti, nel caso in esame, si esclude che la norma trovi applicazione malgrado l’ipoteca sia giudiziale e riferita ad una condanna, che pure comprende gli interessi di mora, sicche’ risulta delimitata la portata dell’incipit del secondo comma dell’articolo 2855 c.c., per il quale la relativa disciplina andrebbe applicata “qualunque sia la specie d’ipoteca” (come rilevato da Cass. n. 6668/98, indicata in ricorso, ed espressione di orientamento contrario a quello che qui si preferisce).

Malgrado tali perplessita’, il Collegio ritiene che siano tuttora validi gli argomenti invocati a sostegno dell’orientamento preferito da questa Corte.

Allo stato, ritiene percio’ di poter ribadire che in caso di iscrizione di ipoteca per un capitale, l’estensione del privilegio ipotecario agli interessi, secondo le condizioni indicate dall’articolo 2855 c.c., comma 2, e’ limitata ai soli interessi corrispettivi, con conseguente esclusione di quelli moratori, dovendosi ritenere l’espressione “capitale che produce interessi” circoscritta ai soli interessi che costituiscono remunerazione del capitale medesimo. Giova aggiungere che la questione di illegittimita’ costituzionale sollevata dalla ricorrente – sull’assunto che si avrebbe un trattamento deteriore dei crediti muniti di privilegio e di pegno rispetto a quelli assistiti da garanzia ipotecaria – non tiene conto della diversa portata assicurata dal legislatore a ciascuna delle garanzie reali. Ed invero la diversita’ di disciplina non e’ limitata a quella che si trae dalla lettera dell’articolo 2855 c.c., comma 2, (che contiene una precisazione quanto al “capitale che produce interessi”, invece mancante nelle altre due norme), ma investe altri aspetti rilevanti, atteso che l’estensione degli effetti della prelazione dal capitale agli interessi e’ limitata all’anno dagli articoli 2749 e 2788 c.c., laddove l’articolo 2855 c.c., comma 2, prevede, invece, un’estensione triennale.

Poiche’ non si tratta di situazioni identiche disciplinate in termini differenziati, il diverso trattamento normativo dei crediti ipotecari che risulta dall’interpretazione di cui sopra dell’articolo 2855 c.c., appare ragionevole e non sospetto di illegittimita’ costituzionale.

In conclusione, va rigettato il motivo di ricorso riferito all’articolo 2855 c.c., comma 2.

3.- Sussiste, invece, in riferimento agli interessi legali successivi (all’anno in corso al momento del pignoramento e) fino alla vendita, la denunciata violazione dell’articolo 2855 c.c., comma 3.

La societa’ ricorrente contesta l’interpretazione data dal giudice di merito al comma 3, come collegato al comma 2, e quindi espressione della regola per la quale anche gli interessi legali successivi all’annata in corso e fino alla vendita, quando abbiano natura moratoria, come nel caso di specie, sarebbero esclusi dal privilegio ipotecario previsto dal comma 3.

La censura e’ fondata.

E’ sufficiente, al riguardo, il richiamo dei precedenti di questa Corte n. 775/13, n. 17044/14 e n. 23164/14, che hanno affrontato casi analoghi al presente.

Va in particolare ribadito il principio di diritto che ai sensi del terzo comma dell’articolo 2855 c.c., sono assistiti dal privilegio ipotecario pure gli interessi di qualunque natura – e cioe’, non rilevando se qualificabili come corrispettivi o moratori – ed al tasso legale via via vigente, maturati successivamente all’annata in corso al momento del pignoramento (ovvero in caso di credito azionato con intervento nel processo esecutivo, al momento di questo) fino alla vendita del bene oggetto di ipoteca.

Questo principio di diritto consegue all’interpretazione dell’articolo 2855 c.c., che disgiunge la lettura del comma 3, da quella del secondo, attribuendo soltanto al terzo comma il significato di previsione della collocazione privilegiata degli interessi maturati nel periodo considerato, calcolati nella misura legale, senza necessita’ di individuarne la natura e di distinguere tra interessi corrispettivi ed interessi moratori, avendo il legislatore contemperato le ragioni del creditore ipotecario e dei creditori concorrenti con la previsione di limiti a carico del primo, temporale (fino al momento della vendita) e quantitativo (tasso legale).

A questi ultimi limiti va aggiunto, in ragione di quanto esposto nel richiamato precedente n. 17044/14, quello sistematico, per il quale, nel caso in cui il credito garantito da ipoteca venga azionato con ricorso per intervento nel processo esecutivo avviato da altro creditore, il riferimento che l’articolo 2855 c.c., comma 3, fa al pignoramento andra’ operato al ricorso per intervento nel processo esecutivo.

In conclusione, il ricorso va accolto nei limiti della dedotta violazione dell’articolo 2855 c.c., comma 3.

L’accoglimento del ricorso entro tali limiti comporta la cassazione, negli stessi limiti, della sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Milano, in persona di diverso magistrato, che decidera’ attenendosi al principio di diritto di cui sopra.

Va rimessa al giudice del rinvio la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei limiti specificati in motivazione; cassa la sentenza impugnata, nei limiti di tale accoglimento, e rinvia al Tribunale di Milano, in persona di diverso magistrato, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione

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