Suprema Corte di Cassazione
sezione V
sentenza 5 marzo 2015, n. 9693
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDI Alfredo – Presidente
Dott. DE BERARDINIS Silvana – Consigliere
Dott. PEZZULLO Rosa – Consigliere
Dott. SETTEMBRE Anton – rel. Consigliere
Dott. LIGNOLA Ferdinando – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 126/2010 GIUDICE DI PACE di RECANATI, del 24/02/2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/01/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. SETTEMBRE ANTONIO;
Udito il Procuratore generale della repubblica presso la Corte di Cassazione, Dott. FRATICELLI Mario, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per cassazione, nell’interesse dell’imputata, l’avv. (OMISSIS), dolendosi del mancato riconoscimento della legittima difesa. Deduce che la sentenza e’ priva di un apparato logico-argomentativo idoneo a sostenere la conclusione cui e’ pervenuta, in quanto omette di valutare adeguatamente la tesi difensiva – imperniata sulla necessita’ dell’imputata di difendersi da un atteggiamento aggressivo dell’uomo – e di spiegare perche’ la tesi accusatoria abbia maggiore credibilita’ di quella difensiva. Lamenta un travisamento delle dichiarazioni dell’imputata – che ha parlato della possibilita’ di aver “toccato” l’uomo per divincolarsi da lui e non ha ammesso di averlo deliberatamente colpito – e la sottovalutazione delle dichiarazioni del teste (OMISSIS), che accolse la donna allorche’, dopo il fatto, giunse trafelata nel suo ufficio ed evidentemente impaurita.
Ne’ la motivazione appare illogica nella valutazione delle dichiarazioni del teste (OMISSIS), che, per non essere stato presente ai fatti, non poteva sapere come si erano svolti. Peraltro, la circostanza che la donna giunse da lui “trafelata” o anche “impaurita” non significa affatto che fosse stata aggredita, potendolo essere solo perche’ temeva la reazione dell’uomo che era stato da lei colpito.
In conclusione, sebbene la sentenza non sia di agevole lettura e contenga passaggi non perfettamente comprensibili (come rimarcato dal ricorrente, che preferisce fare una diversa – e per lui piu’ favorevole – qualificazione delle cadute relative a quei passaggi), niente autorizza a ritenere che sia anche illogica o apodittica, essendo comunque ancorata ad obbiettive risultanze processuali e non essendo contraddetta da una diversa ricostruzione della vicenda ad opera della ricorrente.
Il ricorso e’ pertanto inammissibile. Consegue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della cassa delle ammende, che si reputa equo quantificare in euro 1.000.
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