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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 8 gennaio 2015, n. 295. A seguito della Legge 8 agosto 1995, n. 332, che ha modificato l'articolo 275, comma 1, lettera c), la pericolosita' sociale, che giustifica l'adozione di una misura cautelare, va desunta sia dalle specifiche modalita' e circostanze del fatto sia dalla personalita' dell'indagato, oggettivamente valutata, alla stregua dei precedenti penali e della condotta rilevata. La duplicita' delle fonti indicate dalla legge per la definizione della pericolosita' dell'indagato mostra che con l'espressione "modalita' e circostanze del fatto" il legislatore ha inteso riferirsi al fatto-reato e che con l'espressione "comportamenti e atti concreti" ha inteso riferirsi a condotta diversa dal fatto reato, cioe' alla condotta anteatta e a quella successiva. La pericolosita' rilevante nella soggetta materia va desunta, dunque, sia dal fatto reato, sia dal comportamento e dai precedenti penali che definiscono la persona. Correttamente, nel caso di specie, il Tribunale ha escluso ogni automatismo nella valutazione della custodia sofferta. Infatti, e' illegittimo il provvedimento di revoca della custodia cautelare motivato esclusivamente in riferimento alla sopravvenuta carenza di proporzionalita' della misura in ragione della corrispondenza della durata della stessa ad una percentuale, rigidamente predeterminata ricorrendo ad un criterio aritmetico, della pena irroganda nel giudizio di merito e prescindendo da ogni valutazione della persistenza e della consistenza delle esigenze cautelari che ne avevano originariamente giustificato l'applicazione.

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 8 gennaio 2015, n. 295 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PETTI Ciro – Presidente Dott. DAVIGO P. – rel. Consigliere Dott. LOMBARDO Luigi – Consigliere Dott. PELLEGRINO Andrea – Consigliere Dott. RECCHIONE...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 8 gennaio 2015, n. 301. Il formale riferimento normativo ad "atti diretti a percuotere o a ledere" non esclude la possibilità che questi siano accettati come eventuali; in tale ottica la direzione degli atti va intesa come requisito strutturale oggettivo dell'azione e l'espressione impiegata come finalizzata a ricomprendere in essa atti realizzanti semplice tentativo del delitto a cui consegua l'evento morte

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 8 gennaio 2015, n. 301 Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 16.06.2014, il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Caltagirone applicava nei confronti di M.L. la misura cautelare della custodia in carcere per i reati di rapina impropria aggravata (capo A) e omicidio...