cassazione 5

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 16 dicembre 2014, n. 26361

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni B. – Presidente

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere

Dott. AMBROSIO Annamaria – rel. Consigliere

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11028-2012 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SPA in persona del suo Responsabile della Direzione Affari Legali, Societari e Conformita’ Dott. (OMISSIS) elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4506/2011 del TRIBUNALE di FIRENZE, depositata il 09/01/2012, R.G.N. 13795/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/10/2014 dal Consigliere Dott. ANNAMARIA AMBROSIO;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio che ha concluso per il rigetto dei primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo motivo.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Tribunale di Firenze ai sensi del Decreto Legislativo n. 196/2003dell’articolo 152 (in materia di protezione dei dati personali) l’avv. (OMISSIS) chiedeva il risarcimento dei danni asseritamente derivatigli dall’indebita segnalazione di un credito della (OMISSIS) s.p.a. (di seguito, brevemente, (OMISSIS)) nei suoi confronti nella categoria delle “sofferenze” dell’elenco della Centrale Rischi presso la (OMISSIS), quantificando il danno patrimoniale in euro 540.000,00 e chiedendo la determinazione equitativa del danno non patrimoniale.
A fondamento della domanda esponeva che si trattava di un mero ritardo conseguente alla necessita’ di chiarimenti, per essere stata la richiesta di rimborso avanzata dalla (OMISSIS) a distanza di tempo dall’erogazione, allorche’ non era piu’ in grado di ricordare l’esistenza dell’impegno.
Resisteva la (OMISSIS), che deduceva l’infondatezza nell’an e nel quantum della pretesa risarcitoria.
La causa, documentalmente istruita era decisa con sentenza in data 09.01.2012, con la quale il Tribunale di Firenze rigettava la domanda, condannando il ricorrente al rimborso delle spese di lite.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), svolgendo tre motivi.
Ha resistito la (OMISSIS), depositando controricorso.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il Tribunale – premesso, in fatto, che l’avv. (OMISSIS), dopo avere corrisposto alcune rate, all’inizio del 2008 aveva revocato la delega RID e interrotto il rimborso del finanziamento contratto con la (OMISSIS) s.p.a. – ha ritenuto che la segnalazione, da parte di quest’ultima, alla Centrale Rischi, come “credito a sofferenza”, del residuo importo finanziato di euro 1.400,00 non si palesava come impropria e, in particolare, non si presentava come effettuata in malafede o per fini diversi da quelli della doverosa informativa al sistema creditizio.
In disparte il Tribunale ha evidenziato che, in ogni caso, la domanda risarcitoria non avrebbe potuto essere accolta perche’ mancava la prova, incombente necessariamente sulla parte istante per il risarcimento, del collegamento causale dei danni lamentati, all’uopo risultando inidonea, per genericita’, la prova orale dedotta.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia error in iudicando, violazione o falsa applicazione del Decreto Legislativo 1 settembre 1993, n. 385, articolo 53, comma 1, lettera b, articolo 67, comma 1, lettera b e articoli 106 e 107, come integrati a) dalla Delib. CICR 29 marzo 1994, n. 429300; b) dalla Circolare della Banca di Italia n. 139 del 11.02.1991 in tema di istruzioni per gli intermediari creditizi nel testo risultante dal 9 aggiornamento del 22.06.2004, applicabile ratione temporis; c) dal provv. (OMISSIS) 1 agosto 1995 denominato “Obbligo di partecipazione degli intermediari finanziari al servizio dei rischi gestito dalla (OMISSIS)”. Al riguardo parte ricorrente deduce l’errore in cui sarebbe incorso il giudice per aver ritenuto sufficiente un presupposto (“mero ritardo nell’adempimento”) che invece non e’ idoneo per la segnalazione e, comunque, differente da quello voluto dall’ordinamento (“stato di insolvenza”).
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa la sussistenza delle condizioni necessarie ai fini della segnalazione a sofferenza, fatto controverso e decisivo per il giudizio. Al riguardo parte ricorrente deduce che il Tribunale ha valutato in maniera errata una circostanza di fatto essenziale (lo stato di insolvenza) ai fini della applicazione della normativa in materia e affermato in maniera apodittica l’inesistenza di una “seria contestazione” del credito della (OMISSIS).
1.3 Con il terzo motivo di ricorso si denuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in relazione alla mancata ammissione dei mezzi istruttori articolati in ordine alla dimostrazione dei danni.
2. Il ricorso non merita accoglimento.
Innanzitutto si osserva che il Tribunale ha correttamente indicato i dati normativi rilevanti nella fattispecie, individuandoli: nella Delib. adottata dal Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) del 16 maggio 1962, che ha istituito il Servizio per la centralizzazione dei rischi bancari gestito dalla (OMISSIS); nella Delib. adottata dallo stesso CICR in data 29 marzo 1994, ai sensi del Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 53, comma 1, lettera b, articolo 67, comma 1, lettera b e articolo 107, comma 2 (T.U.B.C.)
che disciplina il servizio; nonche’ nelle “Istruzioni” emanate dalla (OMISSIS) in conformita’ della stessa Delib., trasfuse nella Circolare n. 139 dell’11.2.1991 e successivi aggiornamenti.
Nell’ambito di detto quadro normativo di riferimento i crediti “in sofferenza” risultano individuati in tutti i crediti per cassa nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente, o in situazioni sostanzialmente equiparabili, indipendentemente dall’esistenza di garanzie o dalla previsione di perdita, con la conseguenza che – come raccomandato specificamente dalla (OMISSIS) – l’apposizione a sofferenza implica una valutazione da parte dell’intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente e non puo’ scaturire automaticamente da un mero ritardo di quest’ultimo nel pagamento del debito.
Orbene cio’ che parte ricorrente pone in discussione, con i primi due motivi di ricorso, rispettivamente sotto il profilo della violazione di legge e del vizio motivazionale, e’ che, nella specie, non vi fosse uno “stato di insolvenza”, ma un “mero ritardo” nell’adempimento.
Costituisce, invece, questione nuova quella del mancato invio al debitore di un preavviso tramite raccomandata A.R., cui il ricorrente fa cenno solo nella memoria ex articolo 378 cod. proc. civ., che e’ inidonea, come tale, a integrare i motivi di ricorso. Peraltro le deduzioni al riguardo – prima ancora che inammissibili – appaiono manifestamente infondate alla luce delle stesse allegazioni in ricorso che, richiamando le istruzioni della (OMISSIS), come risultanti dal 9 aggiornamento del 22.06.2004, vigente ratione temporis (cfr. fl. 5 e 7 del ricorso per cassazione) – implicitamente, ma inequivocamente confermano l’esattezza del rilievo svolto nella decisione impugnata in ordine all’inapplicabilita’ delle istruzioni contenute nel 13 e 14 aggiornamento, (siccome successivi alla vicenda per cui e’ causa), che predicano la necessita’ di un preavviso da parte della banca al debitore della segnalazione di sofferenza, nonche’ l’indicazione, nella segnalazione, dell’esistenza o meno di contestazioni del rapporto.
2.1. Cio’ precisato, si osserva, in conformita’ a principio acquisito nella giurisprudenza di questa Corte, che la nozione di insolvenza ai fini della segnalazione del credito “in sofferenza”, quale si ricava dalle “Istruzioni” emanate dalla (OMISSIS) in materia, non si identifica con quella dell’insolvenza fallimentare, dovendosi piuttosto far riferimento ad una valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzabile come “deficitaria”, ovvero come “grave difficolta’ economica”, senza quindi alcun riferimento al concetto di incapienza ovvero di “definitiva irrecuperabilita”. Lo stesso tenore letterale delle “Istruzioni”, che assimila lo stato di insolvenza (anche non accertato giudizialmente) e le situazioni sostanzialmente equiparabili, induce a preferire quelle ricostruzioni che, oggettivamente gemmate dalla piattaforma della norma di cui all’articolo 5, Legge fall. – Regio Decreto n. 267 del 1942, hanno tuttavia proposto, ai fini della segnalazione in sofferenza alla Centrale rischi, una nozione levior rispetto a quella dell’insolvenza fallimentare (cfr. Cass. 01 aprile 2009, n. 7958; Cass. 12 ottobre 2007, n. 21428). Invero cio’ che rileva e’ la situazione “oggettiva” di incapacita’ finanziaria (“incapacita’ non transitoria di adempiere alle obbligazioni assunte”), mentre nessun rilievo assume la manifestazione di volonta’ di non adempimento se giustificata da una seria contestazione sull’esistenza del titolo del credito vantato dalla banca.
Orbene la sentenza impugnata ha correttamente interpretato e applicato il dato normativo di riferimento, dal momento che ha evidenziato, da un lato, l’implausibilita’ degli argomenti che avevano determinato la sospensione dei pagamenti (valutabile come ritardo solo ex post, ma protrattosi per diversi mesi e finanche, per oltre due mesi, dopo la trasmissione di una copia del contratto di finanziamento, di cui il (OMISSIS) avrebbe, comunque, dovuto essere gia’ in possesso) e, dall’altro, la complessiva situazione finanziaria del debitore (pesantemente esposto verso il sistema creditizio e, comunque, in termini non giustificabili per un professionista dai costi gestionali e rischi limitati), quale risultava alla creditrice dallo stesso sistema informativo della Centrale dei Rischi; conseguentemente inferendone, anche in considerazione della modestia dello stesso credito, che il diniego di pagamento poteva essere legittimamente assunto come sintomatico di una “una difficolta’ perdurante al pagamento e serie prospettive di mancato recupero del credito da parte della finanziaria” (pag. 5 della sentenza).
2.2. Come si vede, i presupposti assunti dal Giudice del merito, per ritenere che, nella fattispecie concreta, la segnalazione del credito “in sofferenza” avvenne per fini conformi a quelli della doverosa informativa al sistema creditizio, rispecchiano esattamente quella situazione “oggettiva” di incapacita’ finanziaria che, per quanto sopra evidenziato, concreta la nozione (levior rispetto a quella della legge fallimentare) di “stato di insolvenza” rilevante ai fini in oggetto.
Il procedimento logico-giuridico sviluppato nell’impugnata decisione a sostegno delle riportate affermazioni e conclusioni e’ ineccepibile in quanto coerente e razionale, nonche’ frutto di un esame accurato e puntuale delle risultanze di causa. In particolare, contrariamente a quanto postulato da parte ricorrente, le valutazioni espresse in ordine alla pretestuosita’ della sospensione dei pagamenti non sono affatto apodittiche, ma – muovendo dalla considerazione dell’implausibilita’ di una mera “dimenticanza” del debitore -trovano conforto nella disamina del carteggio tra le parti, siccome costituente un’evidente smentita del preteso “silenzio” della (OMISSIS), e risultano altresi’ convalidate dalla considerazione del protrarsi della sospensione dei pagamenti anche dopo la trasmissione della copia del contratto.
Sfugge, pertanto, al sindacato di legittimita’ il riesame di dette circostanze di fatto, cosi’ come l’apprezzamento della serieta’ dell’esposizione bancaria del (OMISSIS), che in buona sostanza, parte ricorrente vorrebbe misurare con criteri valutativi diversi da quelli della sentenza impugnata. Si rammenta che il controllo di logicita’ del giudizio di fatto, consentito al giudice di legittimita’, non equivale alla revisione del “ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che una revisione del genere si risolverebbe, sostanzialmente, in una nuova formulazione del giudizio di fatto, riservato al giudice del merito, e risulterebbe affatto estranea alla funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimita’ il quale deve limitarsi a verificare se siano stati dal ricorrente denunciati specificamente – ed esistano effettivamente – vizi deducibili in sede di legittimita’.
In definitiva non sussiste il denunciato vizio di violazione o falsa applicazione di legge, giacche’ il Tribunale ha correttamente individuato la normativa di riferimento e valutato i fatti nella prospettiva dalla stessa richiesta; inoltre la motivazione e’ immune dai vizi assertivamente lamentati in quanto sufficiente (risultando completa la valutazione delle circostanze rilevanti), logica non contraddittoria; per cui sia il primo che il secondo motivo vanno rigettati.
3. E’ inammissibile il terzo motivo il quale si appunta sulle argomentazioni svolte nell’impugnata decisione in ordine al difetto di prova di un danno causalmente collegabile alla segnalazione del credito “a sofferenza” alla Centrale dei Rischi.
Si tratta di argomentazioni svolte dal Tribunale nella dichiarata consapevolezza che quelle svolte in precedenza in ordine alla legittimita’ della segnalazione fossero gia’ sufficienti al rigetto della domanda.
Orbene, secondo un insegnamento assolutamente pacifico presso la giurisprudenza di questa Corte e che nella specie deve trovare ulteriore conferma, ove una sentenza (o un capo di questa) si fondi su piu’ ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, e’ necessario – per giungere alla cassazione della pronunzia – non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinche’ si realizzi lo scopo stesso dell’impugnazione. Questa, infatti, e’ intesa alla cassazione della sentenza in toto, o in un suo singolo capo, id est di tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano. E’ sufficiente, pertanto, che anche una sola delle dette ragioni non formi oggetto di censura, ovvero che sia respinta la censura relativa anche ad una sola delle dette ragioni, perche’ il ricorso debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni (cfr. ex multis Cass. 18 maggio 2005, n. 10420; Cass. 4 febbraio 2005, n. 2274; Cass. 26 maggio 2004, n. 10134).
Nella specie, una volta che sono stati rigettati i motivi di ricorso, che censurano la prima (e per il vero assorbente) ratio della decisione impugnata, e’ evidente che l’ultimo motivo e’ divenuto inammissibile, per carenza di interesse (articolo 100 cod. proc. civ.), atteso che postula l’ammissibilita’ di mezzi istruttori articolati in punto di esistenza di danni, laddove e’ stata esclusa in radice la fondatezza della pretesa risarcitoria.
In conclusione la complessiva disamina dei motivi comporta il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimita’, liquidate come in dispositivo alla stregua dei parametri di cui al Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro 8,200,00 (di cui euro 200,00 per esborsi) oltre accessori come per legge e contributo spese generali.

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