Il delitto di millantato credito si differenzia da quello di traffico di influenze, di cui all’art. 346 bis cod. pen. in quanto presuppone che non esista il credito né la relazione con il pubblico ufficiale e tanto meno l’influenza; mentre il traffico di influenze postula una situazione fattuale nella quale la relazione sia esistente, al...
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Corte di Cassazione, sezione VI penale, sentenza 9 marzo 2017, n. 11534
Millantato credito per l’usciere del comune che si fa consegnare somme per “addolcire” i funzionari. Suprema Corte di Cassazione sezione VI penale sentenza 9 marzo 2017, n. 11534 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. IPPOLITO Francesco – Presidente Dott. FIDELBO...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 11 dicembre 2015, n. 49145. La millanteria che integra il reato di cui all’art. 346 cod. pen. può essere sia esplicita sia implicita. In tale ultimo caso, non è necessario che l’agente vanti espressamente credito presso un pubblico ufficiale o presso un pubblico impiegato che presti un servizio pubblico, essendo sufficiente un comportamento che ingeneri la ragionevole persuasione di essere in grado di potere usare un particolare ascendente sulle decisioni di organi della pubblica amministrazione. E ciò in quanto, l’interesse primario tutelato dalla norma di cui all’art. 346 cod. pen. è il prestigio della pubblica amministrazione, che è offeso quando un suo organo, anche se non specificamente indicato, viene fatto apparire come corrotto o corruttibile o quando la sua attività funzionale viene fatta apparire come ispirata a caratteri incompatibili con quelli di imparzialità o correttezza cui la stessa pubblica amministrazione deve ispirarsi ex lege. Il reato di millantato credito può concorrere formalmente con quello di truffa, stante la diversità dell’oggetto della tutela penale, rispettivamente consistente nel prestigio della P.A. e nella protezione del patrimonio
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 11 dicembre 2015, n. 49145 Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Reggio Calabria riformava parzialmente la sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale della medesima città del 15 ottobre 2012 che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva dichiarato T.R. responsabile di...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 5 agosto 2015, n. 34200. Non può contestarsi il reato di concussione, ma quello meno grave di millantato credito aggravato ai sensi dell’art. 61 n. 9, c.p., nel caso in cui la richiesta di una somma di denaro alla persona offesa sia avanzata da un privato e non vi sia la prova che il pubblico funzionario ne sia consapevole e partecipe
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 5 agosto 2015, n. 34200 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. IPPOLITO Francesco – Presidente Dott. PETRUZZELLIS Anna – Consigliere Dott. MOGINI Stefano – Consigliere Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere Dott. BASSI...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 27 aprile 2015, n. 17655. La creazione di un pericolo fittizio dal quale proteggere la vittima dell’inganno facendosi consegnare somme di denaro è inquadrabile nel delitto di truffa (articolo 640 del Cp) e non invece nei più gravi reati di concussione (articolo 317 del Cp) o induzione indebita (articolo 319 quater del Cp). La Cassazione ha precisato il giusto reato da applicare nei confronti di un carabiniere e di un suo complice che si fingeva tale i quali inventando un falso pericolo avevano offerto la loro protezione alla persona offesa in cambio di denaro. Per la Corte in questo caso non si configura la concussione perché la persona offesa non paga perché teme un danno ingiusto che può derivare da un uso distorto del potere; non si configura l’induzione indebita perché la vittima non si trova nella condizione di assoggettamento alla potestà; ma si configura la meno grave ipotesi di truffa perché l’aspettativa di un interessamento per risolvere la falsa situazione di pericolo è generata da artifici e raggiri
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 27 aprile 2015, n. 17655 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. AGRO’ Antonio S. – Presidente Dott. ROTUNDO Vincenzo – Consigliere Dott. PETRUZZELLIS Anna – rel. Consigliere Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 2 marzo 2015, n. 8989. E' irrilevante che il pubblico ufficiale abbia o meno emesso il provvedimento per il quale l'agente ha promesso il suo interessamento, consumandosi il reato di cui all'art. 346, cpv., c.p., già solo nel momento in cui l'agente si fa promettere l'utilità con il pretesto di dover comprare il favore del pubblico ufficiale, mentre non è affatto previsto come elemento costitutivo del reato che l'agente condizioni effettivamente l'attività del pubblico ufficiale. Se ciò accadesse, e la remunerazione fosse dunque effettivamente destinata al pubblico ufficiale, scatterebbero le diverse ipotesi di reato previste dagli artt. 318 e 319 c.p.. Il millantato credito realizza, quindi, una forma di tutela anticipata, dovendosi ritenere sufficiente per la sua integrazione, alternativamente, l'accettazione della promessa ovvero la dazione e ricezione di un'utilità anche non patrimoniale
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 2 marzo 2015, n. 8989 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 22 maggio 2014 la Corte d’appello di Reggio Calabria, in riforma della sentenza emessa dal G.u.p. presso il Tribunale di Palmi in data 11 aprile 2013 – che all’esito di giudizio abbreviato dichiarava G.M.G. , nella...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 11 dicembre 2014, n. 51688. Le condotte di colui che, vantando un'influenza effettiva verso il pubblico ufficiale, si fa dare o promettere denaro o altra utilità come prezzo della propria mediazione o col pretesto di dover comprare il favore del pubblico ufficiale, condotte finora qualificate come reato di millantato credito ai sensi dell'art. 346, commi primo e secondo, cod. pen., devono, dopo l'entrata in vigore della legge n. 190/2012, in forza del rapporto di continuità tra norma generale e norma speciale, rifluire sotto la previsione dell'art. 346 bis cod. pen., che punisce il fatto con pena più mite
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE VI SENTENZA 11 dicembre 2014, n. 51688 Considerato in fatto p.1. Con ordinanza del 4 agosto 2014 il Tribunale di Milano confermava il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere a M.M., accusato del delitto previsto dall’art. 319 cod.pen.,...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 28 febbraio 2014, n. 9889. Reato di patrocinio infedele per l'avvocato che, pur avendo conseguito l'onorario in via anticipata, non aveva approntato alcuna difesa ed avendo anche celato la circostanza di non essere abilitata al patrocinio in sede di legittimità. Inoltre, alle successive rimostranze dell'assistito aveva ulteriormente millantato credito presso magistrati della Procura Generale della Corte di Cassazione, riuscendo a farsi corrispondere l'ulteriore somma di € 2.000,00.
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 28 febbraio 2014, n. 9889 Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di Appello di Bari, in accoglimento dell’appello proposto dalla parte civile M.V., riformava limitatamente alle statuizioni civili quella di assoluzione pronunziata dal Tribunale di Foggia in data 11/03/2011 a carico di B.L.,...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 18 aprile 2013, n. 17941. In tema di millantato credito
La massima 1. L’interesse protetto dalle due fattispecie sanzionate dall’art. 346 c.p. va individuato nel prestigio e nella esteriore e tangibile credibilità della pubblica amministrazione, sì che ogni pubblico ufficiale o impiegato pubblico esercente un pubblico servizio (art. 346 c.p., comma 1) ovvero ogni pubblico ufficiale o impiegato pubblico pur non esercente un pubblico servizio...