Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|12 settembre 2024| n. 24550.
Spese processuali e giudizio di divisione endoesecutiva
Con il provvedimento che definisce il giudizio di divisione endoesecutiva (sentenza o ordinanza ex articolo 789, terzo comma, cod. proc. civ.) va disposta la condanna del condividente debitore esecutato alla refusione delle spese sopportate in tale lite dal creditore (procedente o intervenuto titolato), da liquidarsi secondo lo scaglione tariffario corrispondente al valore della massa – con cui si identifica il valore della controversia ex articolo 5 del Dm 10 marzo 2014, n. 55) – e la relativa statuizione costituisce titolo per la collocazione nella distribuzione dell’attivo dell’espropriazione con il privilegio ex articolo 2770 cod. civ. e con la preferenza garantita dall’articolo 2777 cod. civ. (Nel caso di specie, la Suprema Corte, rigettando il ricorso, ha ritenuto incensurabile la decisione gravata di conferma della sentenza appellata che, nel provvedere alla divisione dei cespiti oggetto di giudizio, aveva posto le spese dell’esperita consulenza tecnica di ufficio a carico della massa, ovvero, per il 50% a carico del ricorrente, debitore esecutato, e per l’altro 50% a carico dei due comproprietari, condannando poi il primo alla refusione delle residue spese di lite in favore del comproprietario creditore procedente). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, sentenza 3 maggio 2024, n. 12068; Cassazione, sezione civile II, ordinanza 31 gennaio 2023, n. 2787; Cassazione, sezione civile II, sentenza 24 gennaio 2020, n. 1635; Cassazione, sezione civile III, sentenza 20 agosto 2018, n. 20817; Cassazione, sezione civile VI, sentenza 13 maggio 2015, n. 9813; Cassazione, sezione civile II, sentenza 8 ottobre 2013, n. 22903; Cassazione, sezione civile III, sentenza 18 aprile 2012, n. 6072; Cassazione, sezione civile III, sentenza 19 ottobre 2009, n. 22122; Cassazione, sezione civile III, sentenza 13 febbraio 2006, n. 3083; Cassazione, sezione civile II, sentenza 15 maggio 2002, n. 7059).
Ordinanza|12 settembre 2024| n. 24550. Spese processuali e giudizio di divisione endoesecutiva
Data udienza 12 giugno 2024
Integrale
Tag/parola chiave: Procedimento civile – Spese processuali – Giudizio di divisione endoesecutiva – Disciplina applicabile – Spese sopportate dal creditore procedente – Condanna alla refusione da parte del debitore esecutato – Sussistenza. (Cc, articolo 1113, 2770 e 2777; Cpc, articoli 91, 784, 789, 600 e 601)
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta da
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente
Dott. CONDELLO Pasqualina A.P.- Consigliere
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere
Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere rel
Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11301/2022 R.G.
proposto da
Me.Al., rappresentato e difeso dall’Avv. Fe.Te.
– ricorrente –
contro
Gi.Vi., rappresentato e difeso dall’Avv. An.Se. e dall’Avv. Ma.Ca.
– controricorrente –
nonché contro
Me.An.
– intimato –
avverso la sentenza n. 168/2022 della CORTE DI APPELLO DI GENOVA, depositata il giorno 21 febbraio 2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 giugno 2024 dal Consigliere RAFFAELE ROSSI;
Spese processuali e giudizio di divisione endoesecutiva
Rilevato che
Gi.Vi. promosse in danno del suo debitore Me.Al. espropriazione forzata avente ad oggetto la quota, pari al 50%, del diritto di proprietà su alcuni immobili, nella titolarità, per la residua quota paritaria, di Me.An.;
su istanza del comproprietario ex art. 600 cod. proc. civ. e previa sospensione della procedura esecutiva, l’adito Tribunale di Genova provvide, con sentenza, alla divisione dei cespiti, ponendo le spese della esperita consulenza tecnica di ufficio a carico della massa (ovvero, per il 50% a carico di Gi.Vi. e del comproprietario Me.An. e per l’altro 50% a carico di Me.Al.) e condannò Me.Al. alla refusione delle (residue) spese di lite in favore di Gi.Vi.;
la decisione in epigrafe indicata ha rigettato l’appello interposto da Me.Al., avente quale esclusivo oggetto la statuizione di condanna alle spese in favore del creditore Gi.Vi.;
ricorre per cassazione Me.Al., affidandosi ad un unico motivo;
resiste, con controricorso, Gi.Vi.;
non svolge difese nel giudizio di legittimità Me.An.;
parte ricorrente deposita memoria illustrativa;
il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ.;
Spese processuali e giudizio di divisione endoesecutiva
Considerato in diritto
l’unico motivo censura, per violazione degli artt. 91 e 95 cod. proc. civ., la condanna del debitore esecutato, in questa sede ricorrente, alle spese della controversia di divisione in favore del creditore procedente, qui controricorrente;
premesso che “il giudizio di divisione, quand’anche sia instaurato nell’ambito di un processo di esecuzione, costituisce un giudizio di cognizione ordinaria del tutto distinto ed autonomo rispetto al processo di esecuzione”, si assume “l’assenza di soccombenza in capo ad Me.Al.” per non aver costui “mai posto opposizione alla divisione”;
il motivo è infondato;
giova premettere, in punto di inquadramento sistematico, che la divisione c.d. endoesecutiva prevista dagli artt. 600 e 601 cod. proc. civ. – ovvero la divisione disposta dal giudice dell’esecuzione nel corso dell’espropriazione di beni indivisi onde far cessare lo stato di comunione e poter poi disporre in sede esecutiva della sola quota, in natura o in denaro, attribuita al debitore, condividente forzoso – integra un vero e proprio giudizio ordinario di cognizione, soggiacente alle regole del modello processuale a cognizione piena ed esauriente;
detto giudizio, come già precisato da questa Corte, costituisce una parentesi di cognizione incidentale alla procedura espropriativa avente ad oggetto una mera quota su beni indivisi (ed anzi lo sviluppo normale di essa) che, per un verso, si pone – proprio per l’evidenziato scopo -in correlazione funzionale con il procedimento esecutivo (il quale, non a caso, resta sospeso in attesa degli esiti della divisione) ma che, per d’altro lato, è dallo stesso strutturalmente autonomo, poiché distinto soggettivamente ed oggettivamente, tanto da non poterne essere considerato né una continuazione, né una fase (così Cass. 20/08/2018, n. 20817, alla cui diffusa motivazione si opera adesiva relatio; in precedenza, anche Cass. 18/04/2012, n. 6072);
Spese processuali e giudizio di divisione endoesecutiva
tanto chiarito, ne segue che, in applicazione del principio generale dettato dall’art. 91, primo comma, cod. proc. civ., la regolamentazione delle spese della divisione endoesecutiva (attività che compendia due operazioni, logicamente successive e sequenziali: l’individuazione della parte a carico della quale porre le spese; la quantificazione di queste ultime) spetta esclusivamente al giudice del giudizio divisorio e va compiuta con il provvedimento che lo definisce, quand’anche costituito dalla ordinanza ex art. 789, terzo comma, cod. proc. civ., di approvazione del progetto divisionale elaborato dal giudice, dacché anch’essa munita di natura decisoria, attesa la funzione assolta, in tal caso, dalla non contestazione delle parti;
orbene, con riferimento al paradigmatico giudizio di scioglimento di comunioni regolato dagli artt. 784 e seguenti del codice di rito (da cui la divisione endoesecutiva mutua, con il limite di compatibilità delle disposizioni alle peculiarità della stessa, lo statuto di disciplina), è fermo convincimento del giudice di nomofilachia che le spese della lite vadano poste “a carico della massa”, sincretistica espressione con cui si vuol intendere che ciascun condividente sopporta le spese affrontate nel proprio interesse e partecipa pro quota (in misura corrispondente alla propria quota di titolarità del diritto oggetto di divisione) alle spese comuni, ovvero quelle sostenute per gli atti di causa che servono a condurre il giudizio alla sua fisiologica conclusione (ex plurimis, Cass. 13/05/2015, n. 9813; Cass. 08/10/2013, n. 22903; Cass. 19/10/2009, n. 22122; Cass. 13/02/2006, n. 3083; Cass. 15/05/2002, n. 7059);
detto criterio di ripartizione delle spese rinviene giustificazione nell’interesse comune di tutti i condividenti – titolari di un’identica situazione di diritto sostanziale – a pervenire alla divisione: tanto legittima la deroga al principio della soccombenza, il quale trova però operatività anche in tale controversia con riguardo alle spese afferenti ad eccessive pretese o inutili resistenze alla divisione, fatta comunque salva la facoltà di disporre la compensazione ex art. 92 cod. proc. civ. (cfr., oltre alle pronunce citate nel capoverso che precede, anche Cass. 03/05/2024, n. 12068; Cass. 24/01/2020, n. 1635);
nella divisione c.d. endoesecutiva, tuttavia, la partecipazione al giudizio dei soggetti che nell’esecuzione rivestono il ruolo di creditori (procedenti o intervenuti muniti di titolo esecutivo) non è sorretta da un interesse identico o accomunabile a quello che anima i condividenti: per il ceto creditorio, nella sua indistinta globalità considerato, lo scioglimento della comunione sul bene staggito rappresenta, infatti, un’attività necessaria alla (prosecuzione della) espropriazione forzata intrapresa, ovvero, in ultima analisi, un’attività necessariamente strumentale alla soddisfazione forzosa del credito azionato;
pertanto – fermo l’illustrato criterio di ripartizione delle spese di lite tra i condividenti – per la regolamentazione delle spese sopportate dal creditore (ovvero dei plurimi creditori) che partecipi(no) al giudizio divisorio non può che applicarsi la regola generale della soccombenza: e, in quanto questa riposa sulla causalità che fonda la responsabilità del processo, la parte soccombente nei riguardi di detto creditore va individuata nel debitore esecutato, contraddittore necessario, attesa la teleologica strumentalità che lega la divisione all’espropriazione (in tal senso, già Cass. 31/01/2023, n. 2787);
Spese processuali e giudizio di divisione endoesecutiva
in definitiva e per riassumere, con il provvedimento che definisce il giudizio di divisione endoesecutiva (sentenza o ordinanza ex art. 789, terzo comma, cod. proc. civ.) va disposta la condanna del condividente debitore esecutato alla refusione delle spese sopportate in detta lite dal creditore (procedente o intervenuto titolato), da liquidarsi secondo lo scaglione tariffario corrispondente al valore della massa (con cui si identifica il valore della controversia: art. 5 del D.M. 10 marzo 2014, n. 55): la relativa statuizione costituisce titolo per la collocazione nella distribuzione dell’attivo dell’espropriazione con il privilegio ex art. 2770 cod. civ. e con la preferenza garantita dall’art. 2777 cod. civ.;
le considerazioni che precedono palesano l’infondatezza del motivo di ricorso, riposando la condanna del condividente debitore esecutato alle spese di lite nell’aver dato causa, con la sua condotta antigiuridica, alla partecipazione del creditore al giudizio divisorio, ed insignificante essendo la mancanza di opposizioni del debitore alla divisione; il ricorso è rigettato;
il regolamento delle spese del grado segue la soccombenza;
atteso l’esito del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass., Sez. U, 20/02/2020, n. 4315) per il versamento al competente ufficio di merito da parte del ricorrente – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13;
Spese processuali e giudizio di divisione endoesecutiva
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente alla refusione in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.500 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge;
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile, il giorno 12 giugno 2024.
Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2024.
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