Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 12 ottobre 2018, n. 46241.
La massima estrapolata:
In materia di detenzione di sostanze stupefacenti, la distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel reato materialmente commesso da altro soggetto va individuata nel fatto che la prima implica che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare alcun contributo causale alla realizzazione del reato, mentre il secondo richiede un consapevole contributo positivo – morale o materiale – all’altrui condotta criminosa, anche in forme che agevolino o rafforzino il proposito criminoso del concorrente
Sentenza 12 ottobre 2018, n. 46241
Data udienza 16 luglio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI NICOLA Vito – Presidente
Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere
Dott. ACETO Aldo – Consigliere
Dott. REYNAUD Gianni F – rel. Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro M. – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata in (OMISSIS);
avverso la sentenza in data 28.4.2016 della Corte di Appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Donatella Galterio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Romano Giulio, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore, avv. (OMISSIS) che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 28.4.2016 la Corte di Appello di Roma ha integralmente confermato la pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di Tivoli che ha condannato (OMISSIS) alla pena di quattro anni di reclusione ed Euro 18.000 di multa, ritenendola responsabile in qualita’ di concorrente al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1-bis per detenzione a fini di spaccio di 1.025 grammi lordi di cocaina.
2.Avverso il suddetto provvedimento l’imputata ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando un unico motivo con il coscienza e volonta’, sotto il profilo psicologico, di arrecare un contributo quale contesta, in relazione al vizio motivazionale, la sussistenza di alcuna prova diretta a suo carico, non evincibile nel fatto di essersi trovata nell’autovettura a bordo della quale veniva trasportata la droga, seduta esattamente sul sedile del passeggero anteriore dove vi era il cassetto in cui era stato riposto il panetto oggetto della successiva consegna, e di essersi recata insieme agli altri coimputati nel luogo dove sarebbe dovuta avvenire la cessione, in assenza dell’elemento soggettivo, dando cioe’ per scontato, che fosse a conoscenza del trasporto della cocaina e della prevista cessione a terzi, circostanze entrambe negate dalla prevenuta. Deduce al riguardo che la (OMISSIS) non era scesa dall’auto per consentire al fidanzato di prelevare la droga, bensi’ perche’ tutti gli occupanti erano scesi dall’auto e cio’ ben prima che il (OMISSIS) facesse ritorno alla macchina per procedere alla consegna della cocaina, che il suo rientro in auto all’arrivo degli agenti fosse da ascriversi al fatto che questi avessero sparato un colpo di pistola contro l’auto del (OMISSIS) per forare uno pneumatico al fine di impedirne la fuga ed al conseguente spavento subito e che del tutto neutra rispetto alla vicenda fosse la proprieta’ in capo a costei dell’auto che il fidanzato utilizzava come propria, sia guidandola personalmente che concedendola in prestito a terzi. Sottolinea in relazione a tale ultimo profilo che, analogamente alla giurisprudenza che ritiene non sanzionabile il comportamento de del proprietario o del titolare del contratto di locazione che tolleri all’interno dell’immobile nella sua proprieta’ o nel suo possesso esclusivo la condotta di detenzione di droga da parte del convivente, del pari non poteva ritenersi punibile la condotta della formale intestataria della vettura per il solo fatto di non aver impedito un evento cui la stessa era del tutto estranea.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso che si sostanzia nella censura della valutazione delle prove di cui si propugna, attraverso circostanze del tutto fattuali, una diversa lettura delle risultanze istruttorie in senso piu’ favorevole al ricorrente, di cui si assume persino il travisamento, risulta inammissibile.
Devono, al riguardo, essere richiamati i consolidati e noti orientamenti di questa Corte circa la portata dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) e comma 3, secondo cui il controllo sulla motivazione demandato al giudice di legittimita’ resta circoscritto, in ragione dell’espressa previsione normativa dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), al solo accertamento sulla congruita’ e coerenza dell’apparato argomentativo, con riferimento a tutti gli elementi acquisiti nel corso del processo, e non puo’ risolversi in una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o dell’autonoma scelta di nuovi e diversi criteri di giudizio in ordine alla ricostruzione e valutazione dei fatti. Ne consegue che, laddove le censure del ricorrente non siano tali da scalfire la logicita’ e la linearita’ della motivazione del provvedimento impugnato, queste devono ritenersi inammissibili, perche’ proposte per motivi diversi da quelli consentiti, in quanto non riconducibili alla categoria generale di cui al richiamato articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), (ex plurimis, sez. fer., 2 agosto 2011, n. 30880; sez. 6, 20 luglio 2011, n. 32878; sez. 1, 14 luglio 2011, n. 33028).
Cosi’ ridelineato il perimetro del sindacato riservato a questa Corte, le censure che la ricorrente rivolge a provvedimento impugnato si palesano manifestamente infondate, non apprezzandosi nella motivazione della sentenza alcuna illogicita’ che ne vulneri la tenuta complessiva. I giudici capitolini hanno puntualmente evidenziato come il concorso dell’imputata fosse da ravvisarsi in base ad una pluralita’ di elementi univoci, costituiti secondo la logica concatenazione degli eventi puntualmente ricostruiti, in primis dal fatto che si trattasse della proprietaria dell’auto con la quale era stata trasportata la cocaina e dove erano state peraltro rinvenute copiose tracce dello stesso stupefacente sparse nel vano portaoggetti, nonche’ dalla sua presenza a bordo della vettura durante l’operazione di consegna, elementi sufficienti a dimostrare il suo contributo materiale all’intera operazione, comunque confermati dalla condotta dalla medesima tenuta nello svolgimento dell’episodio criminoso.
Viene con riguardo a tale profilo sottolineato come costei fosse scesa dall’autovettura in concomitanza con il fidanzato, una volta arrivati all’appuntamento concordato, condotta questa che non avrebbe avuto ragion d’essere se non per consentire a costui di prelevare lo stupefacente nascosto sotto il sedile del passeggero dove era seduta, e di cui neppure la difesa fornisce una spiegazione alternativa limitandosi ad affermare che tutti i passeggeri, ovverosia anche l’ (OMISSIS) che stava sul sedile di dietro, erano usciti fuori dalla macchina, nonche’ dalla circostanza che fosse risalita in auto subito dopo l’arrivo degli agenti di PG mentre il compagno tentava di darsi alla fuga scappando a piedi, ben prima dei colpi pistola sparati in aria dalla polizia per fermare quest’ultimo. In nessun travisamento della prova risulta essere incorsa la Corte territoriale atteso che ne’ dalla sentenza impugnata ne’ dalla deposizione del Commissario (OMISSIS) allegata al ricorso emerge che il colpo tirato dal collega di quest’ultimo contro la ruota dell’auto del presunto acquirente, la Smart del (OMISSIS), fosse antecedente al rientro della (OMISSIS) a bordo della Fiat 500, tanto piu’ che la giustificazione addotta dall’imputata, consistita nello spavento provocatole dal rumore degli spari, indicati al plurale, e’ stata dalla Corte distrettuale ritenuta non credibile perche’ smentita dalla testimonianza del (OMISSIS) in relazione alla successione cronologica dei fatti. Tale ultimo elemento, indebitamente addotto dalla difesa, lungi dall’evidenziare un ipotetico travisamento della prova, si risolve in un argomento meramente fattuale che, non trovando riscontro negli atti processuali, non puo’ di converso trovare ingresso innanzi a questa Corte di legittimita’.
In definitiva la sentenza impugnata risulta essersi correttamente uniformata all’indirizzo giurisprudenziale in materia di detenzione di sostanze stupefacenti, la distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel reato materialmente commesso da altro soggetto va individuata nel fatto che la prima implica che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare alcun contributo causale alla realizzazione del reato, mentre il secondo richiede un consapevole contributo positivo – morale o materiale – all’altrui condotta criminosa, anche in forme che agevolino o rafforzino il proposito criminoso del concorrente (Sez. 4, n. 4055 del 12/12/2013 – dep. 29/01/2014, Benocci Rv. 258186; Sez. 3, n. 34985 del 16/07/2015 – dep. 20/08/2015, Caradonna, Rv. 264454). Del tutto impropria e’ la similitudine invocata dalla difesa rispetto al rapporto di convivenza con chi e’ incontroverbilmente dedito al traffico di stupefacenti detenuti all’interno della stessa abitazione posto che nella specie l’auto risulta di proprieta’ esclusiva dell’imputata – evenienza questa che di per se’ esclude un comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare alcun contributo causale alla realizzazione del reato – e che la sua presenza a bordo della vettura utilizzata per la consegna dello stupefacente postula la consapevolezza da parte di costei del carico trasportato, non avendo altrimenti ragion d’essere per gli altri coimputati, come affermano con logica stringente i giudici di merito, portare con se’ uno scomodo testimone, avendo al contrario la (OMISSIS) la funzione di rendere meno sospetto il trasporto, in quanto legittima proprietaria dell’auto, in caso di eventuali controlli casuali anche da parte della polizia stradale. Del resto, nel solco di un orientamento giurisprudenziale quanto mai rigoroso in relazione alla volontarieta’ del contributo positivo – morale o materiale – all’altrui condotta criminosa, anche in forme che agevolino o rafforzino il proposito criminoso del concorrente (ex multis Sez. 3, n. 34985 del 16/07/2015 – dep. 20/08/2015, Caradonna e altro, Rv. 264454), la Corte capitolina ha evidenziato la complessiva condotta dell’imputata che, dopo essere scesa dall’auto per consentire al compagno di prelevare lo stupefacente posto sotto il sedile del passeggero ove era seduta, aveva immediatamente, al sopraggiungere delle forze dell’ordine, tentato la fuga, fuga che non troverebbe altrimenti spiegazione se costei fosse stata ignara della finalita’ della gita in auto, rientrando nella vettura insieme all’altro passeggero, di fatto impeditagli dal mancanza delle chiavi nel cruscotto che aveva invece con se’ il (OMISSIS), trovando ulteriore conferma dell’adesione dei due al proposito criminoso nel rinvenimento nella tasca dei pantaloni dell’altro soggetto a bordo dell’auto di una scaglia di cocaina staccata dal panetto oggetto della consegna. Elementi questi che unitariamente considerati rendono la pronuncia impugnata in relazione alla coscienza e volonta’ di arrecare sotto il profilo Psicologico, un contributo concorsuale alla realizzazione dell’illecito, immune da censure.
Segue all’esito del ricorso, non sussistendo elementi per ritenere che la parte abbia proposto la presente impugnativa senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’, la condanna della ricorrente, a norma dell’articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma equitativamente liquidata alla Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.