Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 24811.
Separazione e prova dell’intollerabilità della convivenza
In tema di separazione, la parte che chiede l’addebito della separazione all’altro coniuge, per l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà, ha l’onere di dimostrare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza. Al contrario, spetta a chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell’infedeltà nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata infedeltà.
Ordinanza|16 settembre 2024| n. 24811. Separazione e prova dell’intollerabilità della convivenza
Data udienza 3 luglio 2024
Integrale
Tag/parola chiave: Separazione – Addebito – Inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda – Infedeltà – Determinazione dell’intollerabilità della convivenza – Anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata infedeltà – Onere della prova – Art. 2697 cc
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere Rel.
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20824-2023 R.G. proposto da:
Vo.Ri., elettivamente domiciliata in Aosta, via Ch.N., presso lo studio dell’Avvocato Fa.Ma. (Omissis), che la rappresenta e difende giusta procura speciale allegata al ricorso
– ricorrente –
contro
Ga.Al., rappresentato e difeso dall’Avvocato CA.CA. (Omissis) giusta procura speciale in calce al controricorso
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 928-2023 depositata il 17-3-2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3-7-2024 dal Consigliere Alberto Pazzi.
Separazione e prova dell’intollerabilità della convivenza
RILEVATO CHE
1. Il Tribunale di Monza, dopo aver dichiarato con sentenza parziale del 13 dicembre 2018 la separazione dei coniugi Vo.Ri. e Ga.Al., con sentenza definitiva n. 465-2022 pronunciava l’addebito della separazione nei confronti della Vo.Ri., rigettando, di conseguenza, la domanda di quest’ultima di vedersi riconosciuto un assegno di mantenimento.
2. La Corte d’appello di Milano, a seguito dell’impugnazione presentata da Vo.Ri., ravvisava l’inammissibilità delle istanze istruttorie riportate nella parte motiva dell’atto di appello, ma non formalizzate in sede di precisazione delle conclusioni, trattandosi di mezzi istruttori privi del requisito dell’indispensabilità della prova, perché relativi a circostanze generiche o già risultanti dagli atti e comunque irrilevanti ai fini della revoca dell’addebito, che era stato correttamente correlato alla relazione extraconiugale dell’appellante.
Osservava che mentre il Ga.Al. aveva provato che la Vo.Ri. aveva intrattenuto una relazione extraconiugale, quest’ultima aveva genericamente dedotto, ma non adeguatamente dimostrato, che la causa della separazione andava individuata nell’anaffettività del marito.
3. Vo.Ri. ha proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza, pubblicata in data 17 marzo 2023, prospettando quattro motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso Ga.Al.
Separazione e prova dell’intollerabilità della convivenza
CONSIDERATO CHE
4. Il primo motivo di ricorso assume, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e 4, cod. proc. civ., che la corte d’appello abbia posto a fondamento della propria decisione l’inosservanza da parte dell’appellante dell’onere probatorio ex art. 2697 cod. civ. circa la preesistenza del venir meno dell’affectio coniugalis rispetto alla presunta relazione extra coniugale benché la Vo.Ri., in realtà, avesse offerto di adempiere tale onere probatorio attraverso le prove dedotte in secondo grado.
5. Il motivo è inammissibile.
Il mezzo in esame, infatti, è totalmente privo di autosufficienza, dato che lamenta la mancata ammissione di prove di cui non riporta in alcun modo il contenuto, impedendo così a questa Corte il controllo della decisività dei fatti da dimostrare in questo modo e, quindi, delle prove stesse (Cass., Sez. U., 28336-2011).
Una simile omissione si pone in evidente contrasto con l’attuale disposto dell’art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ., secondo cui il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità, la specifica indicazione degli atti processuali sui quali il motivo si fonda “e l’illustrazione del contenuto rilevante degli stessi”.
6.1 Il secondo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per difetto assoluto di motivazione e-o motivazione inesistente o solamente apparente, in relazione all’iter logico ed alla valutazione dei requisiti per il ricorso alla presunzione semplice.
Il quadro probatorio disponibile permetteva di accertare solo che in alcune occasioni la Vo.Ri. fosse stata in viaggio o in albergo con il sig. Bi..
La decisione impugnata – a dire della ricorrente – omette del tutto di illustrare l’apprezzamento discrezionale svolto nella valutazione di questi elementi indiziari e di prendere posizione in ordine alla sussistenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza necessari per ricorrere alla presunzione al fine di dimostrare la violazione dell’obbligo di fedeltà, l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza e, soprattutto, del rapporto causale tra detta violazione e l’intollerabilità della convivenza.
6.2 Il terzo motivo di ricorso assume la nullità della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e 4, cod. proc. civ., a causa del suo difetto assoluto di motivazione o del suo carattere solamente apparente in punto di nesso causale fra la presunta infedeltà e il determinarsi della crisi del rapporto coniugale.
Separazione e prova dell’intollerabilità della convivenza
7. I motivi, da esaminarsi congiuntamente, non sono fondati.
7.1 La Corte distrettuale non solo ha condiviso la valutazione del primo giudice in ordine all’esistenza di una relazione extraconiugale, desumendo la prova di un simile rapporto dalle “plurime e puntuali allegazioni documentali prodotte” (costituite da numerose prenotazioni di titoli di viaggio e ricevute-fatture di soggiorni alberghieri, in Italia e all’estero, a nome della coppia, con indicazione in alcuni di tali documenti del domicilio della Vo.Ri. presso l’abitazione del Bi.), ma ha pure constatato che l’appellante non aveva offerto alcuna prospettazione alternativa sulle ragioni di viaggi e pernottamenti, contestando anzi al marito di non aver agito subito a propria tutela pur essendo a conoscenza della relazione.
In questo modo la Corte distrettuale ha ritenuto – attraverso una chiara rappresentazione dell’iter logico-intellettivo seguito per arrivare alla propria decisione – che i risultati della prova presuntiva trovassero conferma nella linea di difesa della Vo.Ri., desumendo così argomenti di prova dal contegno tenuto dalla parte nel processo ai sensi dell’art. 116, comma 2, cod. proc. civ.
Si tratta, quindi, di una valutazione dei requisiti di gravità, precisione e concordanza delle risultanze della documentazione prodotta fondata su un elemento integrativo della prova presuntiva, costituito dal contegno della parte tenuto nel processo e tale da giustificare il convincimento a cui già era giunto il tribunale, condiviso dalla corte distrettuale.
La doglianza non può quindi che essere rigettata, dato che una motivazione in merito all’esistenza di un’infedeltà esiste all’interno della sentenza impugnata ed è ben comprensibile.
7.2 La decisione impugnata dà conto che il tribunale aveva ritenuto “dimostrati sia l’esistenza di una relazione extraconiugale della moglie in costanza di matrimonio, sia il nesso di causalità tra tale condotta volontaria e consapevole e l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza e l’assenza di altre circostanze cui ricondurre la crisi irreversibile del matrimonio” (pag. 9).
A fronte di questa constatazione l’appellante si è limitata a sostenere che il marito, “pur essendo a conoscenza della relazione”, non aveva chiesto la separazione, “con ciò dimostrando che .. il fatto non gli era intollerabile” (pag. 10 della decisione impugnata).
Separazione e prova dell’intollerabilità della convivenza
La corte d’appello ha preso in esame l’unica doglianza che investiva la constatazione, da parte del primo giudice, dell’esistenza di un nesso di causalità fra infedeltà e prosecuzione della convivenza ricordando il principio secondo cui la tolleranza dell’altro coniuge, di per sé, non assume rilievo al fine di escludere un simile nesso causale ma, al più, può essere presa in considerazione, unitamente ad altri elementi, quale indice rivelatore del fatto che l’affectio coniugalis era già venuta meno da tempo.
Altri elementi che – hanno immediatamente precisato i giudici distrettuali – erano stati solo genericamente dedotti ed erano rimasti privi di adeguate allegazioni probatorie.
Anche sotto questo profilo, dunque, non può essere predicato alcun vizio di motivazione, posto che la corte distrettuale si è correttamente preoccupata di prendere in esame le uniche doglianze specificamente addotte dalla Vo.Ri. con l’atto di impugnazione, escludendone la fondatezza attraverso argomenti che rappresentano compiutamente l’iter logico-intellettivo seguito dal collegio d’appello per arrivare alla decisione.
Non è inutile ricordare, da ultimo, che grava sulla parte che richieda, per l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà, l’addebito della separazione all’altro coniuge l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre è onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell’infedeltà nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata infedeltà (Cass. 3923-2018).
8. Il quarto motivo di ricorso lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, costituito dalla mancata conoscenza del comportamento tenuto dalla moglie; questa mancata conoscenza comportava l’impossibilità di collegare causalmente l’infedeltà e l’intolleranza della convivenza e, di conseguenza, di addebitare la separazione alla Vo.Ri.
9. Il motivo è inammissibile.
Il mezzo sostiene che era stata esplicitamente dedotta in appello non la tolleranza, ma la mancata conoscenza da parte del Ga.Al. dell’infedeltà della moglie.
L’assunto, oltre a mancare di autosufficienza rispetto al grado di appello, dato che non indica dove e come questa circostanza fosse stata dedotta in appello, contrasta con il contenuto della sentenza impugnata, che, al contrario, rappresenta (a pag. 10) che secondo la prospettazione dell’appellante il Ga.Al. aveva dimostrato “che pur essendo a conoscenza della relazione il fatto non gli era intollerabile”.
La circostanza di fatto dedotta in sede di appello, dunque, era la tolleranza del marito pur in presenza di una conoscenza dell’infedeltà.
E tale circostanza non è stata affatto negletta dalla corte distrettuale, la quale, al contrario, ha rilevato come la stessa, in sé, non assumesse rilievo, “non essendo configurabile un’esimente oggettiva, che faccia venire meno l’illiceità del comportamento, né una rinuncia tacita all’adempimento dei doveri coniugali, aventi carattere indisponibile, anche se la sopportazione dell’infedeltà altrui può essere presa in considerazione, unitamente ad altri elementi, quale indice rivelatore del fatto che l’affectio coniugalis era già venuta meno da tempo” (pag. 11 della decisione impugnata).
10. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Separazione e prova dell’intollerabilità della convivenza
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 4.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri titoli identificativi a norma dell’art. 52 D.Lgs. 196-2003 in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma in data 3 luglio 2024.
Separazione e prova dell’intollerabilità della convivenza
Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2024
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.
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