Risoluzione e possibilità di rinunciare al relativo effetto

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|18 settembre 2024| n. 25128.

Risoluzione e possibilità di rinunciare al relativo effetto

La parte che ha ottenuto la risoluzione legale o giudiziale del contratto non può rinunciare ai relativi effetti, restando altrimenti leso il legittimo affidamento del debitore nell’ormai intervenuta risoluzione. (Nella specie, la S.C. ha affermato che il concedente di un’autovettura in leasing, una volta dichiarato di volersi avvalere di una clausola risolutiva espressa connessa al furto del bene, non può, per iniziativa unilaterale, far rivivere il contratto in conseguenza del suo ritrovamento, essendosi gli effetti risolutivi già cristallizzati nel momento in cui la dichiarazione era giunta a conoscenza dell’utilizzatrice).

 

Ordinanza|18 settembre 2024| n. 25128. Risoluzione e possibilità di rinunciare al relativo effetto

Data udienza 14 maggio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Contratti in genere – Scioglimento del contratto – Risoluzione del contratto – In genere inadempimento – Rimedi a disposizione della parte non inadempiente – Risoluzione legale o giudiziale – Possibilità di rinunciare al relativo effetto – Insussistenza – Ragioni – Fattispecie.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente

Dott. TASSONE Stefania – Consigliere

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere – Rel.

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 636/2023 R.G. proposto da:

TR. Srl, in persona del rappresentante legale p.t., e Tr.Ga., rappresentati e difesi dall’avvocato GI.SC. (Omissis), pec: Gi.Sc.;

-ricorrenti-

contro

IN.BA. N.V., già IN.LE. (ITALIA) Spa, in persona dei procuratori speciali, Pr.Lo. e Ro.Fr., rappresentata e difesa dall’avvocato AU.AZ. (C.F. Omissis), pec: A.Az.;

-controricorrente-

avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BRESCIA n. 674/2022, depositata il 31/05/2022.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/05/2024 dal Consigliere MARILENA GORGONI.

Risoluzione e possibilità di rinunciare al relativo effetto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto n. 7718/2014 veniva ingiunto alla società TR. Srl e a al sig. Tr.Ga., fideiussore della prima, il pagamento, a favore della IN.LE. Spa, della somma di Euro 43.310,01, al netto degli interessi, a titolo di risarcimento del danno patito a causa della risoluzione anticipata, per inadempimento dell’utilizzatrice, del contratto di leasing avente per oggetto un autoveicolo.

Nel giudizio di opposizione che ne era seguito, gli ingiunti deducevano che:

i) l’autovettura oggetto del contratto era stata rubata in data 29.09.2011, quando erano stati già stati corrisposti n. 24 canoni per complessivi Euro 52.026,82;

ii) vantavano un credito nei confronti della concedente pari a Euro 7.689,07, in quanto doveva tenersi conto (e portare in diffalco dalle somme richieste dalla IN.LE. Spa): a) della somma di Euro 32.530,54, corrispondente al valore dell’autovettura al momento del sinistro, che avrebbe dovuto essere corrisposta dalla Re.Mu. in forza della polizza stipulata contestualmente al contratto di leasing; b) della debenza, stante la richiesta di risoluzione anticipata del contratto da parte della IN.LE. Spa, degli interessi sulle rate a scadere, pari ad Euro 3.835,00; c) della somma di Euro 3.144,52 prevista per il riscatto; d) della somma pagata per assicurare l’auto;

in) l’auto era stata ritrovata in Germania ed era rientrata nel possesso della concedente;

iv) la concedente, dapprima, aveva inviato loro una nota di credito per l’importo di Euro 32.528,73 a titolo di risarcimento danni per furto, ma poi aveva cambiato idea ed aveva dichiarato il contratto risolto, ai sensi dell’art. 12 delle condizioni generali di contratto, cioè per inadempimento, chiedendo la restituzione del mezzo (nonostante lo stesso fosse già nel suo possesso) e il pagamento delle rate insolute, pari ad Euro 14.717,260;

v) in seguito, la concedente aveva venduto l’auto per Euro 13.000,00, cioè per un prezzo assai inferiore rispetto al suo valore di mercato.

Risoluzione e possibilità di rinunciare al relativo effetto

Chiedevano perciò che: a) il decreto ingiuntivo opposto fosse revocato o dichiarato nullo; b) in subordine, la IN.LE. fosse dichiarata dichiarare inadempiente; c) fosse accertato, di conseguenza, che nulla le era dovuto; d) fosse dichiarata la nullità della clausola contrattuale di cui all’art. 12 del contratto di leasing, perché pregiudizievole nei confronti della TR. Srl, la quale, pur avendo subito il furto dell’auto, sarebbe stata obbligata a pagare anche le rate del leasing non ancora venute a scadenza; e) fosse disposta la compensazione delle somme incassate dalla IN.LE. Spa a titolo di risarcimento dei danni da furto e dalla vendita dell’autoveicolo con quanto eventualmente fossero stati condannati a pagare, con restituzione delle somme ulteriori in favore della TR. Srl; f) fosse disposta la condanna della concedente al risarcimento dei danni per le condotte tenute.

Con sentenza n. 2356/2018, il Tribunale di Brescia rigettava l’opposizione e la Corte d’Appello di Brescia, con la sentenza n. 674/2022, pubblicata il 31.05.2022, ha rigettato l’impugnazione, confermando la pronuncia di prime cure.

Risoluzione e possibilità di rinunciare al relativo effetto

Segnatamente, la Corte d’Appello ha ritenuto che:

– l’art. 6 delle condizioni generali del contratto legittimava la concedente in caso di furto a risolvere di diritto il contratto, con obbligo dell’utilizzatore di proseguire nel pagamento dei corrispettivi contrattualmente previsti, restando tutti i medesimi acquisiti definitivamente dalla concedente; la concedente era tenuta a comunicare all’utilizzatore, entro 60-90 giorni dalla data in cui aveva ricevuto la comunicazione del sinistro e/o del furto da parte dell’utilizzatore, l’importo dovutole a titolo di risarcimento del danno forfettariamente preconcordato, cui aggiungere il valore dell’opzione d’acquisto e l’attualizzazione dei corrispettivi a scadere, al tasso contrattualmente previsto, e i canoni di leasing insoluti alla data della risoluzione del contratto, con il diritto della concedente di trattenere quanto liquidato dall’assicurazione a titolo di risarcimento, imputandolo alla copertura delle spese e degli interessi, dei canoni di leasing insoluti alla data della risoluzione del contratto e per la parte residua a diffalco del danno subito;

– l’assicurazione non aveva liquidato alcunché per inoperatività della polizza, rilevando che l’utilizzatore aveva omesso di consegnare tutte e due le chiavi dell’auto in dotazione;

– tenuto conto dei canoni a scadere, di quelli insoluti già maturati, degli interessi moratori, del valore di opzione dell’acquisto, delle spese di pratica, dei costi sostenuti, l’utilizzatrice era debitrice di complessivi Euro 44.339,80;

-dopo il ritrovamento dell’auto, la concedente aveva rinunciato agli effetti risolutivi del contratto, manifestando, quando aveva inviato la nota di credito del 15/10/2012, con la quale veniva stornata dalla precedente fattura la somma di Euro 32.528,73, relativa al risarcimento del danno, l’intenzione di continuare nell’esecuzione del contratto originario;

– l’utilizzatrice aveva ammesso di essere a conoscenza del ritrovamento e della restituzione della vettura, ma aveva dichiarato di non essere interessata a rientrare nel possesso del veicolo, avendone già acquistato un altro dopo il furto e che ciononostante era tenuta a versare le somme contrattualmente pattuite;

– persistendo l’inadempimento dell’utilizzatrice, la IN.LE. aveva risolto il contratto, ai sensi dell’art. 12 delle condizioni generali, il quale poneva a carico della utilizzatrice l’obbligo di corrispondere i canoni già scaduti e quelli non ancora maturati (attualizzati al tasso indicato contrattualmente) alla data della risoluzione nonché le spese sostenute dalla concedente, al netto di quanto ricavato dalla vendita del bene locato;

– ha escluso che l’auto sia stata venduta ad un prezzo inferiore al suo valore di mercato, perché la vendita aveva avuto luogo nel dicembre 2012 e tenendo conto che il suo valore, secondo il listino Eurotax blu, era, compresa l’Iva e il guadagno del rivenditore, di Euro 21.500,00;

– ha negato la necessità di ridurre la clausola penale perché dalla risoluzione per inadempimento la concedente non aveva ottenuto vantaggi iniqui.

TR. Srl e Tr.Ga., nella qualità indicata, ricorrono per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Brescia, formulando quattro motivi.

Risoluzione e possibilità di rinunciare al relativo effetto

Resiste con controricorso la società IN.LE. Spa

La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis 1 cod. proc. civ.

Le parti hanno depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo i ricorrenti si dolgono della violazione e falsa applicazione dell’art. 6 delle condizioni generali del contratto di locazione finanziaria, degli artt. 1453, 1456 e art. 1353 cod. civ., ex art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ., della nullità della sentenza per omessa motivazione in violazione e falsa applicazione dell’art. 132 cod. proc. civ. e art. 111 Cost., ex art. 360, 1 comma, n. 4 cod. proc. civ.

Sostengono che il contratto non si era risolto quando la IN.LE. aveva chiesto di avvalersi della clausola risolutiva espressa di cui all’art. 12 delle condizioni generali di contratto, atteso che esso si era già risolto quando la concedente si era avvalsa della clausola n. 6 del contratto, relativa alla risoluzione del contratto per furto; di conseguenza non erano dovuti i canoni scaduti dal 02.11.2011 al 14.12.2012 né le spese per il recupero successivo dell’auto.

Aggiungono che, essendosi la risoluzione del contratto verificata per il furto dell’auto e non per inadempimento, la domanda oggetto di provvedimento monitorio non avrebbe dovuto essere accolta.

Risoluzione e possibilità di rinunciare al relativo effetto

La Corte d’Appello definendo la clausola n. 6 “clausola risolutiva espressa” avrebbe ribaltato, senza motivazione, la sentenza del Tribunale, il quale aveva qualificato la medesima clausola quale “condizione risolutiva”.

Quand’anche detta qualificazione fosse corretta, la Corte territoriale avrebbe erroneamente permesso alla concedente di rinunciare alla risoluzione contrattuale già verificatasi, incorrendo nella violazione del principio di diritto enunciato dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 553/2009, a mente del quale non può permettersi alla parte non inadempiente di disporre degli effetti della risoluzione del contratto, perché ciò genererebbe una ingiustificata e sproporzionata lesione all’interesse del debitore, il cui ormai definitivo affidamento nella risoluzione (e nelle relative conseguenze) del contratto inadempiuto potrebbe indurlo, non illegittimamente, ad un conseguente riassetto della propria complessiva situazione patrimoniale.

Peraltro, i ricorrenti fanno rilevare che, non essendo, al momento in cui si era verificato il furto, inadempienti, ma del tutto in regola con il pagamento dei canoni via via maturati, ogni mancato pagamento di quanto richiesto dopo il furto non avrebbe mai potuto integrare gli estremi dell’inadempimento e che non avrebbero dovuto essere condannati a risarcire un danno che la concedente non aveva mai patito, atteso che l’auto era stata recuperata in buone condizioni. Tantomeno la Corte d’Appello avrebbe potuto far riferimento all’inoperatività della copertura assicurativa, poiché l’autovettura era stata ritrovata e la società concedente era rientrata nel possesso del bene e l’aveva rivenduta.

Il motivo è per quanto di ragione fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.

Innanzitutto, va affrontata la questione relativa all’individuazione del momento e quindi della causa che ha determinato la risoluzione del contratto: per furto o per inadempimento rispetto al pagamento dei canoni, rispettivamente, ai sensi dell’art. 6 o dell’art. 12 delle condizioni generali di contratto.

Risoluzione e possibilità di rinunciare al relativo effetto

Che il Tribunale avesse qualificato la clausola di cui all’art. 6 come condizione risolutiva e non come clausola risolutiva espressa e che quindi la Corte d’Appello qualificandola diversamente “senza motivazione” sia incorsa nel vizio di cui all’art. 132, 2 comma, n. 4 cod. proc. civ. è stato affermato in maniera assolutamente assertiva da parte dei ricorrenti, incorsi nella violazione dell’art. 366, 1 comma, n. 6, cod. proc. civ. Mentre le parti possono confrontare le ragioni della decisione con le posizioni, ad esse ovviamente note, assunte nel corso del giudizio conclusosi con la sentenza impugnata, lo stesso evidentemente non vale per la Corte di cassazione, che per conoscere le dette posizioni non deve essere costretta ad esaminare gli atti del giudizio di merito.

Né ai ricorrenti giova il fatto che negli atti processuali delle parti, nel controricorso o nella sentenza impugnata possano rinvenirsi i fatti cui alludono, poiché vi ostano il principio di autonomia del ricorso e il requisito della specificità che deve caratterizzare ogni impugnazione ed ogni suo motivo.

E ciò anche senza considerare che la Corte d’Appello non era vincolata dalla qualificazione giuridica della clausola data dal giudice di primo grado o prospettata dalle parti, avendo il giudice a quo il potere-dovere di inquadrare nell’esatta disciplina giuridica gli atti e i fatti che formano oggetto della controversia, anche in mancanza di una specifica impugnazione e indipendentemente dalle argomentazioni delle parti, purché nell’ambito delle questioni riproposte col gravame e col limite di lasciare inalterati il “petitum” e la “causa petendi” e di non introdurre nel tema controverso nuovi elementi di fatto.

Superata la censura mossa alla sentenza impugnata sotto il profilo motivazionale, va esaminata la quaestio iuris relativa alla retrocedibilità/rinunciabilità degli effetti della risoluzione del contratto per iniziativa unilaterale della parte non inadempiente.

A tal proposito, va osservato che:

la clausola n. 6 disciplinava gli effetti del furto, gli effetti, dunque, del sopravvenire di una casa di impossibilità della prestazione (e non gli effetti risolutivi cagionati dall’inadempimento);

le parti, nell’esercizio del loro potere di privata autonomia, erano libere di disporre una regolamentazione degli effetti dello scioglimento del contratto diversa da quella prevista dall’art. 1467 cod. civ., la quale non esprime una disciplina di natura cogente e inderogabile (Cass. 29/01/1976, n. 275) e che nel caso di specie a tanto avevano provveduto con l’art. 6 delle condizioni generali di contratto;

il furto del bene è una causa di impossibilità della prestazione che, a seguito dell’attivazione da parte della concedente della clausola risolutiva espressa, di cui all’art. 6 delle condizioni generali di contratto, ha provocato la risoluzione di diritto del contratto.

In altri termini, ad avviso del Collegio non sbagliano i ricorrenti quando ritengono non cancellabili per iniziativa unilaterale della parte non inadempiente gli effetti risolutivi già prodotti.

Risoluzione e possibilità di rinunciare al relativo effetto

Nonostante le pronunce n. 5734/2011 e n. 23824/2010, cui la Corte d’Appello ha fatto riferimento, abbiano ammesso la rinunciabilità degli effetti risolutivi, la quale troverebbe la sua ragion d’essere nell’essenziale umlaterahta della scelta rimessa alla parte non inadempiente in ordine alla convenienza o meno della stabilità degli effetti risolutivi, proprio negli stessi termini in cui la parte può scegliere tra risoluzione, giudiziale o di diritto, pertanto, non vi sarebbero ostacoli ad ammettere la neutralizzazione degli effetti prodotti dalla manifestazione della volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa o degli effetti di una diffida ad adempiere attraverso altra manifestazione di volontà negoziale, dichiarativa o per facta concludentia, la giurisprudenza di questa Corte – come rilevato dai ricorrenti – con la pronuncia delle sezioni unite n.393/1999, ha espresso un orientamento diverso che è da ritenere più persuasivo.

Secondo detto indirizzo “Se ‘il contratto è risolto’ creditore e debitore sono ormai liberati dalle rispettive obbligazioni (salvo quelle restitutorie), e l’effetto risolutivo, destinato a prodursi automaticamente, cristallizza un inadempimento e le sue conseguenze in iure impedendo ogni ulteriore attività di disposizione dell’effetto stesso”; ciò allo scopo di realizzare “un irrinunciabile bilanciamento tanto dei contrapposti interessi negoziali – ivi compreso quello dell’inadempiente che non può indefinitamente restare esposto all’arbitrio della controparte -quanto di quelli, più generali, al rapido e non più discutibile rientro nel circolo economico di quei beni coinvolti nella singola, patologica vicenda contrattuale”. È irrilevante il fatto che l’effetto solutorio sia sub iudice, cioè ancora in itinere, per estensione della stessa ratio per cui “la proposizione di una domanda giudiziale di risoluzione implica l’assenza di interesse del creditore all’adempimento e il conseguente acquisto, da parte del debitore, di una sorta di ‘diritto a non adempierè'”.

Le Sezioni unite aggiungono che “la concezione dell’effetto risolutivo disponibile in capo al creditore pare figlia di una ideologia fortemente punitiva per l’inadempiente, si atteggia a mo’ di sanzione punitiva senza tempo, assume forme di (ingiustificata) “ipertutela” del contraente adempiente, del quale si legittima ogni mutevole e repentino cambiamento di “umore” negoziale… per cui la rinuncia all’effetto risolutorio da parte del contraente non adempiente non può ritenersi in alcun modo ammissibile, trattandosi di effetto sottratto, per evidente voluntas legis, alla libera disponibilità del contraente stesso”.

Applicando detti principi alla vicenda per cui è causa, deve ritenersi che: i) avvalendosi della clausola risolutiva espressa di cui all’art. 6 del contratto di leasing, la concedente aveva manifestato il suo chiaro intendimento di ritenere il contratto risolto; ii) il contratto si era risolto nel momento in cui la dichiarazione era giunta a conoscenza dell’utilizzatrice; iii) in quel momento si erano cristallizzati gli effetti risolutivi; iv) per iniziativa unilaterale della concedente non era possibile far rivivere il contratto, al netto degli effetti restitutori/risarcitori provocati dalla risoluzione.

Risoluzione e possibilità di rinunciare al relativo effetto

2) Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 4 per omessa pronuncia su parte del secondo motivo di appello (ex art. 112 cod. proc. civ.), con cui avevano censurato la sentenza di primo grado per non aver defalcato il valore di mercato del mezzo ovvero la somma comunque ricavata dalla vendita dalla complessiva richiesta di pagamento.

3) Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano la nullità della sentenza per omessa motivazione, in quanto apparente ed apodittica, in violazione e falsa applicazione dell’art. 132 cod. proc. civ. e art. 111 Cost., in riferimento all’art. 360, 1 comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere la Corte d’Appello confermato la decisione di primo grado in forza di argomentazioni motivazionali apparenti, compendiatesi in clausole di stile inidonee a rendere esplicito l’iter logico giuridico delle statuizioni rese in ordine al perché abbia ritenuto non dimostrata la sproporzione tra il valore di mercato del bene e il prezzo di vendita, pur avendo confrontato il prezzo ricavato dalla vendita (euro 15.954,00) e il valore di mercato risultante dal listino Eurotax Blu agli atti (euro 21.500,00) ed essendo stata prodotta la ben più elevata valutazione di Quattroruote (euro 26.775,00), limitandosi a osservare che la vendita del veicolo era avvenuta un anno dopo, nel dicembre 2012.

4) Con l’ultimo motivo i ricorrenti adducono l’omessa motivazione in quanto apparente ed apodittica in violazione e falsa applicazione dell’art. 132 cod. proc. civ. e art. 111 Cost., ex art. 360, 1 comma, n. 4, cod. proc. civ., per non essersi la Corte d’Appello pronunciata sul terzo motivo di gravame con cui era stata richiesta la riduzione ad equità della penale contrattuale di cui all’art. 12.

5) I motivi secondo, terzo e quarto rimangono assorbiti in conseguenza dell’accoglimento del primo motivo.

6) All’accoglimento nei suindicati termini del primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, consegue la cassazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’Appello di Brescia, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

Risoluzione e possibilità di rinunciare al relativo effetto

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, dichiara assorbiti gli altri motivi. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Brescia, in diversa composizione.

Così deciso nella Camera di Consiglio del 14 maggio 2024 dalla Terza Sezione civile della Corte di Cassazione.

Depositata in Cancelleria il 18 settembre 2024.

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