Ricorso per cassazione in caso di omesso esame non di fatti ma di documenti

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 7156.

Ricorso per cassazione in caso di omesso esame non di fatti ma di documenti

In caso di omesso esame non di fatti ma di documenti, la denuncia ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 5) Cpc può essere ammessa solo se il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, rendendo la ratio decidendi priva di fondamento, per cui la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa.

Ordinanza|18 marzo 2024| n. 7156. Ricorso per cassazione in caso di omesso esame non di fatti ma di documenti

Data udienza 14 febbraio 2024.

Integrale

Tag/parola chiave: Fallimento – Risarcimento del danno per i vizi dell’immobile – Spese di urbanizzazione – Censure inammissibili

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente
Dott. VELLA Paola – Consigliere – Rel.

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15456/2017 R.G. proposto da:

(…) Srl, elettivamente domiciliato in ROMA, (…), presso lo studio dell’avvocato TA. RI. ((Omissis)) che lo rappresenta e difende

– ricorrente –

contro

Pa.Am. quale curatore del FALLIMENTO (…) Srl

– intimato –

avverso il DECRETO del TRIBUNALE di SIENA n. 5522/2017 depositato il 09/05/2017;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/02/2024 dal Consigliere PAOLA VELLA.

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FATTI DI CAUSA

1. – Con il decreto indicato in epigrafe, il Tribunale di Siena ha accolto parzialmente l’opposizione allo stato passivo del Fallimento (…) Srl proposto dalla società (…) Srl contro l’esclusione del credito di Euro 264.200,48 insinuato a titolo di risarcimento del danno per i vizi presenti nell’immobile acquistato con contratto del 09/11/2010 dalla società in bonis e per l’inadempimento di quest’ultima all’obbligo pattizio di accollo di tutti gli oneri e obblighi relativi alla realizzazione delle opere di urbanizzazione a servizio del piano di lottizzazione, nonché al rinnovo e al mantenimento delle fideiussioni bancarie facenti capo al Consorzio lottizzante, in forza di convenzione urbanistica con il Comune di C. In particolare, il tribunale:

A) – ha rigettato l’eccezione della curatela fallimentare di nullità della clausola contenuta nel contratto di compravendita (art. 4) con cui la società venditrice ha assunto gli obblighi relativi alla completa realizzazione, al collaudo e a quanto necessario per la consegna e cessione al Comune di C delle opere di urbanizzazione (determinate dalla convenzione stipulata con il Comune), nonché l’obbligo di rinnovare e mantenere in essere le vigenti le fideiussioni bancarie e/o garanzie prestate a garanzia del completamento delle opere di urbanizzazione (determinate nella medesima convenzione), obblighi traslati in capo all’avente causa dall’originaria consorziata in ossequio all’art. 14 della Convenzione di lottizzazione e all’art. 1 del contratto costitutivo del Consorzio;

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B) – ha ammesso al passivo fallimentare il credito afferente il rimborso delle quote di premio delle polizze fideiussorie, fondato sull’art. 4 del contratto di compravendita, nell’importo di Euro 3.190,00 per gli anni 2011-2013 e di Euro 1.510,92 per l’anno 2014, nei limiti della quota consortile di spettanza dell’acquirente (tenuto, per il recupero della restante parte anticipata, ad agire in via di regresso nei confronti degli altri consorziati, condebitori solidali), individuata nell’originaria frazione di 220/1000, e non in quella di 351/1000, essendo le nuove tabelle millesimali condizionate al completamento delle opere di urbanizzazione alla data di scadenza delle obbligazioni, evento non verificatosi;

C) – ha escluso dal passivo la somma insinuata al medesimo titolo per l’anno 2015, ai sensi dell’art. 55, comma 2, l.fall., trattandosi di obbligazione non ancora venuta a scadenza alla data di dichiarazione del fallimento (17/02/2015), poiché, pur risultando l’obbligo di copertura mediante garanzia fideiussoria di cui all’art. 11 della Convenzione di lottizzazione per tutta la durata della Convenzione stessa (con scadenza nel 2018), “non risulta in atti la prova (da fornirsi necessariamente mediante produzione documentale) dell’avvenuto rinnovo della polizza da parte dei consorziati, o della persistenza di quella precedentemente contratta e valida, quantomeno, sino al 07/08/14 (come da quietanza in atti), né, tantomeno, dell’esatto ammontare della quota di spettanza in capo alla (…) Srl (tardive e dunque inammissibili dovendosi considerare le produzioni effettuate in allegato alla memoria conclusionale, in quanto successive allo spirare del termine decadenziale di cui all’art. 99, n. 4, che preclude espressamente la produzione di documenti successivamente al deposito del ricorso introduttivo dell’opposizione)”, con rigetto anche della correlata domanda di compensazione con il controcredito del Fallimento;

D) – ha ammesso al passivo per soli Euro 352,704 il credito da rimborso del corrispettivo di Euro 1.603,20 versato all’avv. Na. a titolo di spese legali in relazione all’incarico conferitogli da altra consorziata (Bu. Srl) per “esame e studio dei partecipanti al Consorzio La. e problematiche connesse al pagamento delle polizze assicurative con Fondiaria-Sai” relative agli anni 20112013, trattandosi di somma in linea di principio ripetibile ai sensi dell’art. 1223 c.c. (in quanto riconducibile sul piano eziologico all’inadempimento della venditrice all’obbligazione di cui all’art. 4 della compravendita), ma sempre nei limiti delle tabelle millesimali vigenti alla data di fatturazione della prestazione (220/1000), da considerarsi resa nei confronti del Consorzio, “dovendosi ipotizzare, in assenza di altra documentazione, l’importo fatturato come corrispondente all’intera somma richiesta a titolo di compenso nella fattura in atti”;

E) – ha confermato l’esclusione dal passivo del credito di Euro 219.789,78 insinuato a titolo di rimborso dei costi di completamento e collaudo delle opere di urbanizzazione asseritamente da sostenere, trattandosi di debito non ancora scaduto alla data del fallimento (risultando anche dalla delibera datata 30/04/2014 che il termine di ultimazione dei lavori de quibus scadeva il 06/08/2018, in coincidenza con la validità della Convenzione) e non ammissibile nemmeno a titolo di compensazione, in quanto voce di credito non liquida, né certa nell’an e nel quantum e nemmeno annoverabile con certezza tra i costi ripetibili in forza dell’obbligo assunto dalla società in bonis con l’art. 4 del contratto di compravendita (“dalla lettura della documentazione in atti non appare possibile evincere quali, tra le opere al cui compimento il Consorzio si era obbligato in forza della Convenzione, siano rimaste inadempiute, e se alla realizzazione di queste o di altre opere sia stata finalizzata la stipula del contratto di appalto datato 18/06/15 da parte di (…) Srl e l’assunzione dei relativi costi (…) da parte di quest’ultima”);

F) – ha infine confermato anche l’esclusione delle spese asseritamente sostenute per l’eliminazione dei vizi dell’immobile acquistato, ai sensi degli artt. 1667-1669 c.c., per mancanza di prova della dovuta previa escussione della garanzia assicurativa prestata dalla venditrice, avente durata sino al 2020, oltre che di adeguata prova della loro sussistenza e ascrivibilità a difetti originari, piuttosto che a cattiva manutenzione, nonché della loro avvenuta eliminazione e del valore economico delle riparazioni, a tal fine risultando inidonea “la produzione di una perizia di parte non giurata né corredata di alcun reperto fotografico, nonché di fatture di prestazioni non sicuramente riconducibili ad opere di emenda dell’immobile in questione, in assenza, inoltre, della prova del pagamento delle prestazioni”.

2. – (…) Srl impugna la decisione con cinque mezzi; il Fallimento intimato non svolge difese.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e s. c.c. e dell’art. 55 l. fall., nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, con riguardo al credito da rimborso delle quote di premio delle polizze fideiussorie per gli anni dal 2011 al 2014 (v. sub B), in quanto il tribunale non avrebbe tenuto conto delle previsioni del contratto di compravendita con cui la venditrice (…) si era obbligata a sostenere tutte le spese relative al completamento delle opere di urbanizzazione de quibus, e non solo a una quota parte di tali spese, mentre la frazione millesimale (di 220/1000 ovvero 351/1000) atteneva alla quota di partecipazione della ricorrente per la “gestione delle opere e beni adiacenti alla proprietà esclusiva da lei acquistata” (art. 4, comma 3).

2. – Con il secondo mezzo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e s. c.c. e degli artt. 55, 56 e 99 l.fall., nonché omesso esame circa un fatto decisivo, per non avere il tribunale ammesso al passivo, neanche in compensazione, il rimborso delle spese sostenute per polizze fideiussorie relative all’anno 2015 (v. sub C), in quanto, per un verso, non era stato possibile produrre le relative quietanze di pagamento prima della domanda di ammissione al passivo (trattandosi di credito non ancora scaduto) e, per altro verso, il deposito di ulteriore documentazione con la memoria conclusionale depositata ex art. 99 l.fall. si era reso necessario alla luce delle contestazioni formulate nella memoria di costituzione del Fallimento.

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3. – Con il terzo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1362 e s. c.c. e dell’art. 55 l.fall., nonché omesso esame circa un fatto decisivo, per avere il tribunale ammesso al passivo solo parte dell’esborso per spese legali (v. sub D), essendo erronei sia l’applicazione della quota millesimale di 220/1000 sia il riferimento al Consorzio della prestazione complessivamente resa.

4. – Con il quarto motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1362 e s., 2697 c.c., 55 e 56 l.fall., nonché dell’omesso esame circa un fatto decisivo, per l’esclusione del credito da rimborso dei costi di completamento/collaudo delle opere di urbanizzazione (v. sub E), avendo il tribunale erroneamente ritenuto che l’importo massimo garantito fosse pari a Euro 200.000,00 (mentre l’art. 4 ,comma 5, del contratto recitava “circa” Euro 200.000.00) e che non fosse stata fornita la prova dell’inadempimento della venditrice e della quantificazione del danno.

5. – Con il quinto mezzo si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e s. c.c. e dell’art. 55 l.fall., nonché omesso esame circa un fatto decisivo, con riguardo all’esclusione delle spese sostenute per l’eliminazione dei vizi dell’immobile compravenduto (v. sub F), in quanto la previa escussione della garanzia assicurativa non sarebbe ostativa, mentre i vizi emergerebbero per tabulas dalla relazione tecnica di parte.

6. – Tutti i motivi presentano plurimi profili di inammissibilità.

6.1. – In primo luogo, il ricorrente espone in modo promiscuo vizi eterogenei, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c. (errores in iudicando e vizi motivazionali), in contrasto col principio di tassatività dei mezzi di ricorso per cassazione e con l’orientamento di questa Corte per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure (Cass. 7340/2023, 23995/2022, 16756/2019, 26790/2018, 27458/2017, 19133/2016), essendo indispensabile che le stesse individuino con chiarezza i vizi prospettati (Cass. Sez. U, 32415/2021; Cass. 7345/2023).

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6.2. – Risulta incongruo anche prospettare una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quelli della violazione di norme di diritto, sostanziali e processuali – che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma – e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; pertanto, ove la violazione di legge sia mediata dalla denuncia di omessa considerazione di un fatto decisivo e controverso, si versa piuttosto nell’ipotesi di denuncia della erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, che attiene al merito e non è sindacabile in sede di legittimità (Cass. Sez. U, 10313/2006; Cass. 195/2016, 26110/2015, 8315/2013, 16698/2010).

6.3. – Inoltre, le censure motivazionali non rispettano i canoni imposti dal novellato art. 360, n. 5) c.p.c., che onerano il ricorrente di indicare – nel rispetto degli artt. 366, comma 1, n. 6) e 369, comma 2, n. 4), c.p.c. – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti, e, soprattutto, la sua “decisività” (Cass. Sez. U, 8053/2014, 1241/2015; Cass. 19987/2017, 27415/2018, 6735/2020);

6.4. – Ove poi si tratti dell’omesso esame non di “fatti” ma di documenti, la denuncia ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. può essere ammessa solo se il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, rendendo la “ratio decidendi” priva di fondamento, per cui “la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa” (Cass. 19150/2016, 16812/2018, 15733/2022). Nel caso in esame, peraltro, il tribunale risulta avere esaminato tutti i documenti prodotti, però interpretandoli in modo difforme dal ricorrente e traendone perciò conseguenze da questi non condivise.

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6.5. – È allora il caso di ricordare che, in tema di ermeneutica contrattuale, l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo in relazione al profilo della mancata osservanza dei criteri legali d’interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e s. c.c., o della radicale inadeguatezza della motivazione, con conseguente onere del ricorrente di indicare espressamente i canoni ermeneutici dei quali si allega la violazione, di precisare in quale modo il giudice del merito se ne sia discostato, e di riportare in ricorso il testo in discussione, al fine di consentirne il controllo da parte della Corte di cassazione, che non può sopperire con indagini integrative alle lacune dell’atto di impugnazione (Cass. Sez. U, 10374/2007). In ogni caso, il sindacato sull’interpretazione dei contratti e degli atti unilaterali in sede di legittimità non può mai risolversi nella mera contrapposizione fra l’interpretazione proposta dal ricorrente e quella diversa che, tra le varie opzioni possibili, sia stata divisata dai giudici di merito (ex multis, Cass. 27136/2017, 11254/2018, 873/2019, 995/2021, 9461/2021).

6.6. – Detto altrimenti, ove non risultino violati i criteri dettati dagli artt. 1362 e s. c.c. e non emergano vizi logico-giuridici, come nel caso in esame, l’accertamento della reale volontà delle parti costituisce una valutazione di fatto, rientrante nella discrezionalità del giudice di merito e come tale insindacabile in sede di legittimità (Cass. 7945/2020, 21576/2019), poiché il sindacato di legittimità non può avere ad oggetto la ricostruzione della volontà delle parti (Cass. 8810/2020, 1547/2019).

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6.7. – Quanto agli ulteriori vizi di violazione di legge denunciati, occorre ribadire che non integra violazione né falsa applicazione di norme di diritto la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poiché essa si colloca al di fuori dell’ambito interpretativo ed applicativo della norma di legge (Cass. 4784/2023). Difatti, il discrimine tra violazione di legge in senso proprio (per erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa) ed erronea applicazione della legge (in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, diversamente dalla prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. 195/2016, 26110/2015, 8315/2013, 16698/2010). Ne segue che le doglianze attinenti non già all’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito (Cass. 13238/2017, 26110/2015).

6.8. – Del resto, ove si ammettesse un sindacato di legittimità sulle quaestiones facti, si consentirebbe un inammissibile raffronto tra le ragioni del decidere espresse nel provvedimento impugnato e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice di merito (Cass. Sez. U, 28220/2018; Cass. 2001/2023, 28643/2020, 33858/2019, 32064/2018, 8758/2017). Il ricorrente per cassazione non può dunque pretendere di contrapporre a quelle del giudice di merito le proprie valutazioni (a prescindere dal loro essere più o meno appaganti, sotto il profilo del coordinamento delle acquisizioni istruttorie) per ottenere la revisione degli accertamenti di fatto da questi compiuti, o una diversa lettura delle risultanze processuali (Cass. 3630/2017, 9097/2017, 30516/2018, 205/2022), non essendo compito di questa Corte condividere o meno la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove esposte nella decisione impugnata (Cass. 12052/2007, 3267/2008).

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6.9. – Per concludere, i vizi denunziati non emergono dalla decisione impugnata, i cui passaggi motivazionali sono stati sopra appositamente riportati, sicché appare evidente che, sotto l’apparente deduzione di errores in iudicando e censure motivazionali, tutti i motivi, al netto del difetto di autosufficienza che caratterizza alcune argomentazioni, mirano a una diversa valutazione dei fatti di causa, che non può trovare ingresso in sede di legittimità (Cass. Sez. U, 34476/2019).

7. – Segue la declaratoria di inammissibilità del ricorso, senza statuizione sulle spese, in mancanza di difese dell’intimato.

8. – Sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 115/02 (cfr. Cass. Sez. U, 23535/2019, 4315/2020).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 febbraio 2024.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2024.

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