Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|17 maggio 2024| n. 13783.
Ricorso per cassazione ed il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza
In materia di ricorso per cassazione, il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sé, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati.
Ordinanza|17 maggio 2024| n. 13783. Ricorso per cassazione ed il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza
Data udienza 20 marzo 2024
Integrale
Tag/parola chiave: Mutuo fondiario – Limite di finanziabilità ex art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 385 del 1993 – Elemento essenziale del contenuto del contratto – Esclusione – Elemento stabilito dalla Vigilanza bancaria – Violazione – Nullità del contratto – Esclusione – Volontà dei contraenti diretta alla stipula di un finanziamento corrispondente al mutuo fondiario – Riqualificazione d’ufficio del contratto da parte del giudice – Preclusione – Sentenza della Corte di Cassazione del 16 novembre 2022, n. 33719
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente
Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – Consigliere Rel.
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere
Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere
Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12394/2022 R.G. proposto da:
Lu.Fr., Lu.An.e Fi.Va., Lu.Em., nella qualità di eredi di Lu.Ma., rappresentati e difesi, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. Le.Ra. (p.e.c. …)
– ricorrente –
contro
(…) – (…), e, per essa, (…) Spa – (…) Spa, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’avv. Sa.Pe. (p.e.c. …), elettivamente domiciliata presso lo Studio legale Pe. & Associati, in Roma, (…)
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro n. 1431/2021, pubblicata in data 5 novembre 2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 marzo 2024 dal Consigliere dott.ssa Pasqualina A. P. Condello
Ricorso per cassazione ed il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza
FATTI DI CAUSA
1. Lu.Ma. proponeva opposizione avverso l’atto di precetto notificatogli dalla Banca (…) (…), con cui era stato intimato il pagamento della somma di euro 66.600,82 sulla base di titolo esecutivo costituito da mutuo fondiario, stipulato il 20 aprile 2004, per la somma di euro 70.000,00.
Eccepita dall’opponente, con la memoria ex art. 183, sesto comma, cod. proc. civ., la nullità del contratto per superamento del limite di finanziabilità previsto dalla delibera CICR 22 aprile 1995, a supporto della quale produceva gli atti pubblici di acquisto dei beni immobili ipotecati, il Tribunale di Catanzaro accoglieva l’opposizione.
2. La Corte d’appello di Catanzaro, in riforma della sentenza di primo grado, all’esito della costituzione degli eredi di Lu.Ma., nel frattempo deceduto, ha accolto il gravame interposto dalla Banca, sul presupposto che l’originario opponente non avesse fornito adeguata prova del superamento del limite di finanziabilità, reputando a tal fine non sufficiente l’unico elemento fornito, desumibile dagli atti di acquisto dei beni immobili ipotecati, cioè il prezzo di vendita, ed ha considerato rinunciate per mancata riproposizione le ulteriore doglianze fatte valere originariamente dagli opponenti.
3. Lu.Fr., Lu.An., Fi.Va., Lu.Em. ricorrono per la cassazione della sentenza d’appello, con un unico motivo, cui resiste il (…) – (…) – e, per essa, (…) Spa, con controricorso.
4. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.
In prossimità dell’adunanza camerale entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Il Collegio si è riservato il deposito nel termine di sessanta giorni dalla decisione.
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RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo, illustrato nei paragrafi 1), 2), 3), 4), 5), i ricorrenti denunziano, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 115, 116, 167, 183 e 191 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ.
1.1.Deducono, sotto un primo profilo, che ai fini dell’apprezzamento del superamento del limite di finanziabilità, non si può prescindere dal prezzo al quale il bene è stato venduto, poiché questo costituisce un importante indice del valore commerciale dello stesso, soprattutto nella fattispecie in esame in cui tra la stipula dell’atto di compravendita e quella del mutuo fondiario era intercorso un breve lasso di tempo (circa due mesi), fatto che lasciava ritenere che il prezzo non potesse che rispecchiare il reale valore di mercato dei beni acquistati.
1.2. Sotto altro profilo, addebitano ai giudici d’appello di avere disapplicato la regola della non contestazione stabilita dall’art 115 cod. proc. civ., perché la Banca non aveva contrastato le specifiche allegazioni addotte a sostegno della nullità del contratto di mutuo, essendosi limitata a sostenere la tardività dell’eccezione e delle produzioni documentali, comportamento questo che avrebbe dovuto indurre i giudici di merito a ritenere dimostrato il superamento del limite di finanziabilità.
1.3. Con un ulteriore profilo di doglianza lamentano che la Corte d’appello non avrebbe fatto buon governo dei principi in materia di onere della prova, spettando al creditore dimostrare il rispetto dei limiti di finanziabilità, per essere il contratto della cui validità si discuteva il titolo su cui poggiava la pretesa creditoria.
1.4. Infine, soggiungono che la Corte territoriale non avrebbe fatto corretta applicazione delle regole del giusto processo là dove ha ritenuto di non ammettere la c.t.u. sulla base di una motivazione illogica, anche in ordine all’insufficienza della prova del fatto e della stessa individuazione dell’onerato.
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2. Il motivo, sebbene comprenda una pluralità di censure eterogenee, non è, per ciò solo, inammissibile.
Invero, in materia di ricorso per cassazione, il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sé, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass., sez. U, 06/05/2015, n. 9100).
La censura, per come formulata, consente di individuare con sufficiente chiarezza le diverse doglianze e di esaminarle separatamente, cosicché, sotto tale profilo, il motivo sfugge alla declaratoria d’inammissibilità (Cass., sez. 6 -3, 17/03/2017, n. 9007; Cass., sez. 1, 09/12/2021, n. 39169).
3. Le censure prospettate, tuttavia, sono complessivamente infondate.
3.1. Varrà premettere che, in difetto di impugnazione sul punto, non è più in questa sede in discussione che il contratto di mutuo fondiario, in violazione della soglia di finanziabilità, sia nullo, cosicché non possono trovare applicazione i principi enunciati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 33719 del 27 settembre 2022, invocata dalla controricorrente nella memoria illustrativa, secondo cui “in tema di mutuo fondiario, il limite di finanziabilità ex art. 38, comma 2, del D.Lgs. n. 385 del 1993, non costituisce un elemento essenziale del contenuto del contratto, non essendo la predetta norma determinativa del contenuto medesimo, né posta a presidio della validità del negozio, bensì un elemento meramente specificativo o integrativo dell’oggetto contrattuale, fissato dall’Autorità di vigilanza sul sistema bancario nell’ambito della c.d. “vigilanza prudenziale”, in forza di una norma di natura non imperativa, la cui violazione è, dunque, insuscettibile di determinare la nullità del contratto (nella specie, del mutuo ormai erogato cui dovrebbe conseguire anche il venir meno della connessa garanzia ipotecaria), che potrebbe condurre al pregiudizio proprio di quell’interesse alla stabilità patrimoniale della banca e al contenimento dei rischi nella concessione del credito che la disposizione mira a proteggerei.
3.2. Posto ciò, la sentenza qui impugnata ha escluso che gli odierni ricorrenti avessero offerto valida prova del superamento del limite di finanziabilità, puntualizzando che a tal fine la valutazione dovesse essere effettuata confrontando l’ammontare della somma mutuata con il valore di mercato degli immobili ipotecati o, quanto meno, con il cd. “valore prudenziale” dei medesimi immobili, e non con il prezzo di compravendita.
3.2.1. Tale specifica statuizione non è stata idoneamente censurata con il primo profilo di doglianza, perché i ricorrenti si limitano a rimarcare che il prezzo indicato negli atti di compravendita può assurgere “ad importante indice del valore commerciale del bene”, richiamando un isolato precedente di questa Corte (Cass., n. 9079/18) e trascurando di considerare che la ratio decidendi della pronuncia impugnata poggia, in realtà, sulla diversa considerazione che il valore indicato nel contratto di compravendita non può costituire l’unico elemento da cui evincere il presunto superamento della soglia di finanziabilità di cui all’art 38 t.u.b., che non si accontenta di meri riscontri formali, ma si riferisce alla sostanza del rapporto tra misura del credito concedibile e il valore della garanzia a servizio dello stesso.
3.2.2. Del tutto inconferente è, invece, la contestata violazione dell’art. 191 cod. proc. civ., che disciplina la nomina del consulente tecnico d’ufficio, che, nel caso de quo, non vi è mai stata; va, peraltro, considerato che i giudici di secondo grado non hanno mai affermato che la c.t.u. costituisce un mezzo di prova, ma hanno piuttosto osservato che l’opponente, nel rispetto dell’onere probatorio sullo stesso incombente, “avrebbe dovuto quanto meno produrre una perizia attestante il valore di mercato degli immobili ipotecati (o meglio, il cd. valore prudenziale) e chiedere, in caso di contestazione, l’ammissione di una consulenza estimativa”, sulla base del rilievo non solo che il prezzo dichiarato negli atti di compravendita poteva non corrispondere a quello realmente versato per evidenti ragioni fiscali, ma anche che esso poteva non corrispondere, per le più svariate ragioni, al valore di mercato, da ricercare avendo riguardo ad una normale trattativa di vendita intercorsa tra un soggetto venditore ed un acquirente, non avvinti da particolari legami e in assenza di qualsiasi coercizione.
3.2.3. Inammissibile è pure la contestata violazione del principio di non contestazione. La doglianza investe un elemento valutativo riservato al giudice del merito, atteso che – nel vigore del novellato art. 115 cod. proc. civ., secondo cui la mancata contestazione specifica di circostanze di fatto produce l’effetto della relevatio ab onere probandi – spetta al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte (cfr., fra le altre, Cass., sez. 1, 11/06/2014, n. 13217; Cass., sez. 1, 07/02/2019, n. 3680; Cass., sez. 2, 28/10/2019, n. 27490).
Tale apprezzamento esige l’interpretazione della domanda e delle deduzioni delle parti ed è perciò sindacabile in cassazione solo per difetto assoluto o apparenza di motivazione o per manifesta illogicità della stessa, per cui, sul punto, va ribadito il principio di diritto, secondo cui l’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione, quale contenuto della posizione processuale della parte, rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, è funzione del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione (Cass., sez. L, n. 10182 del 03/05/2007; Cass., sez. L, n. 27833 del 16/12/2005).
In ogni caso, la censura sarebbe infondata, in quanto, come sottolineato al punto 2.5. della motivazione della decisione gravata, la banca mutuante ha espressamente contestato che il prezzo indicato negli atti di compravendita potesse costituire valido elemento probatorio per dimostrare il valore reale dei beni compravenduti ed ipotecati, evidenziando altresì che il prezzo pattuito per la conclusione del contratto ben poteva essere determinato, consensualmente, al di sotto del valore di mercato; in tal modo negando i fatti allegati dalle controparti.
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3.3. È, pure, da escludere la violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte la violazione dell’art. 2697 cod. civ. può essere prospettata se il giudice del merito abbia applicato la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo (cioè attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costitutivi ed eccezioni), non anche quando abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (Cass., sez. 3, 05/09/2006, n. 19064; Cass., sez. 3, 17/06/2013, n. 15107; Cass., sez. 6 -3, 21/02/2018, n. 4241; Cass., sez. 3, 29/05/2018, n. 13395; Cass., sez. 6 -3, 31/08/2020, n. 18092).
Nel caso de quo, sulla premessa che l’onere di addurre i fatti costitutivi della domanda di nullità del contratto di mutuo spettava proprio ai ricorrenti, il giudice del merito non ha operato un’indebita inversione di tale onere, ma ha ritenuto che lo stesso non fosse stato debitamente assolto all’esito del solo deposito degli atti di acquisto dei beni ipotecati. L’eventualità che la valutazione delle acquisizioni istruttorie sia stata incongrua e che il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata non avesse assolto l’onus probandi non integra violazione dell’art. 2697 cod. civ., ma soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità esclusivamente nei ristretti limiti del riformulato art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., vizio non adeguatamente contestato con le modalità con cui esso è deducibile (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054).
3.4. Anche l’ultimo profilo di doglianza, con cui si lamenta un malgoverno delle regole del giusto processo, non si sottrae alla declaratoria d’inammissibilità.
Difatti, il motivo investe la valutazione delle prove, ed in parte una scelta discrezionale riservata al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, come quella di disporre una consulenza tecnica d’ufficio; inoltre, non viene in rilievo il principio (di per sé corretto), secondo cui il giudice di merito ha l’obbligo di disporre una consulenza tecnica quando quest’ultima costituisca l’unico mezzo per dimostrare il fatto costitutivo della domanda o dell’eccezione, perché la Corte d’appello ha in sostanza rigettato l’istanza di consulenza tecnica d’ufficio, formulata dalla sola parte opponente in via cautelativa, sul presupposto che essa, quand’anche fosse stata disposta, null’altro avrebbe potuto accertare a fronte di quanto acquisito agli atti e del rilevato difetto di prova del valore di mercato degli immobili: d’altro canto, stabilire se nel caso di specie una consulenza tecnica d’ufficio potesse essere utile od inutile è questione di puro fatto, riservata al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità (Cass., sez. 3, 24/03/2023, n. 8536).
4. Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e, poste a carico solidale dei ricorrenti per l’identità della posizione processuale, sono liquidate come in dispositivo.
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P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile, il 20 marzo 2024.
Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2024.
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