Corte di Cassazione, penale, Sentenza|2 settembre 2021| n. 32785.
Ai fini del riconoscimento della recidiva aggravata infraquinquennale il calcolo dei cinque anni va effettuato considerando come “dies a quo” non già la data di commissione dell’ultimo delitto antecedente a quello espressivo della recidiva, bensì quella relativa al passaggio in giudicato della sentenza avente ad oggetto il medesimo reato presupposto.
Sentenza|2 settembre 2021| n. 32785. Riconoscimento della recidiva aggravata infraquinquennale
Data udienza 13 luglio 2021
Integrale
Tag – parola: Truffa in concorso – Sostituzione di persona – Recidiva – Attenuanti generiche – Giudizio di equivalenza – Rideterminazione della pena – Beneficio della sospensione condizionale della pena – Art. 163 c.p. – Precedenti penali – Ragioni ostative
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIOTALLEVI Giovanni – Presidente
Dott. VERGA Giovanna – Consigliere
Dott. MESSINI D’AGOSTINI Pie – rel. Consigliere
Dott. CIANFROCCA Pierluig – Consigliere
Dott. TUTINELLI Vincenzo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 19/12/2018 della CORTE DI APPELLO DI VENEZIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MESSINI D’AGOSTINI Piero;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale ZACCO Franca, che ha chiesto l’inammissibilita’ dei ricorsi.
Riconoscimento della recidiva aggravata infraquinquennale
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 19/12/2018 la Corte di appello di Venezia riformava parzialmente la decisione con la quale il Tribunale di Verona, ad esito del giudizio ordinario, aveva dichiarato (OMISSIS) e (OMISSIS) colpevoli del reato di truffa in concorso e, solo il secondo, di sostituzione di persona; riconosciute agli imputati le attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, la Corte territoriale rideterminava le pene inflitte, confermando nel resto la sentenza di primo grado.
2. Hanno proposto ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS), a mezzo dei rispettivi difensori, chiedendo l’annullamento della sentenza.
3. Nel ricorso presentato nell’interesse di (OMISSIS) si lamenta unicamente la mancanza di motivazione con riferimento alla richiesta di applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
4. Il ricorso di (OMISSIS) e’ articolato in quattro motivi.
4.1. Violazione della legge processuale e motivazione omessa o apparente in ordine alla sussistenza del reato di truffa, non essendo stato dimostrato che (OMISSIS), al momento della ricezione della somma da parte della persona offesa, avesse gia’ intenzione di non adempiere l’incarico affidatogli con il contratto di brokeraggio.
4.2. Motivazione apparente e violazione della legge processuale in relazione al concorso di (OMISSIS) nella truffa.
Gli elementi di collegamento fra lo stesso e (OMISSIS) sono “meramente estrinseci rispetto alla ipotesi di truffa” e i giudici di merito hanno erroneamente utilizzato le dichiarazioni accusatorie rese nella fase delle indagini da parte dello stesso (OMISSIS), rimasto pero’ contumace nel giudizio.
4.3. Violazione della legge processuale e motivazione illogica in relazione alla condanna per il reato di sostituzione di persona, insussistente in quanto il ricorrente aveva utilizzato uno pseudonimo senza la finalita’ di ingannare la persona offesa.
4.4. Violazione della legge penale e contraddittorieta’ della motivazione in ordine all’applicazione della recidiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili perche’ proposti con motivi manifestamente infondati.
2. Il ricorso di (OMISSIS) oblitera un dato fondamentale: il primo giudice aveva espressamente escluso la possibilita’ di riconoscere per entrambi gli imputati la sospensione condizionale della pena, in quanto gli stessi “non possono piu’ usufruire del beneficio ex articolo 163 c.p., in ragione dei precedenti penali”, vale a dire in presenza di una causa ostativa ex lege.
Con detta argomentazione la difesa, nell’atto di appello, non si era affatto confrontata, non svolgendo neppure uno specifico motivo di gravame e incorrendo sul punto nel vizio di genericita’, sotto il profilo del difetto di “specificita’ estrinseca” (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822).
L’unico motivo di appello, infatti, riguardava il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e solo nella richiesta in via subordinata si era chiesto il riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale.
La Corte di appello, accogliendo il motivo inerente alle suddette attenuanti, ha ricordato che ad (OMISSIS) e’ stata contestata e applicata la recidiva reiterata, fondata su due condanne per reati fallimentari.
La difesa neppure con il ricorso ha dedotto che, diversamente da quanto affermato espressamente nella prima decisione, con conferma implicita nella sentenza impugnata, (OMISSIS) potrebbe astrattamente beneficiare della sospensione condizionale.
Peraltro, dal certificato del casellario giudiziale risulta che le pene inflitte per le suddette condanne furono di un anno e quattro mesi di reclusione e di un anno, nove mesi e dieci giorni di reclusione, cosicche’, ai sensi dell’articolo 163 c.p., difettava radicalmente la possibilita’ di disporre la sospensione condizionale della pena di un anno di reclusione (oltre multa), come rideterminata dalla Corte di appello.
3. Nel ricorso di (OMISSIS) sono reiterate doglianze gia’ valutate e disattese dalla Corte di appello con adeguata motivazione, per nulla carente o illogica, cosicche’ il ricorso e’ connotato anche da genericita’.
3.1. In relazione al reato di truffa, oggetto dei primi due motivi, va premesso che nella sentenza del Tribunale vi e’ un incidentale riferimento a una dichiarazione di (OMISSIS) nell’interrogatorio, ma solo per dare conto della sua tesi difensiva, senza alcun rilievo ai fini della ricostruzione del quadro probatorio a carico di (OMISSIS).
La sussistenza della truffa e il concorso di quest’ultimo sono stati desunti da una pluralita’ di risultati probatori convergenti, indicativi del previo accordo fra i due imputati e della loro evidente mala fede iniziale, alla luce soprattutto delle puntuali e coerenti dichiarazioni della parte civile, supportate dalla dimostrazione del pacifico versamento della cospicua somma, mai restituita, rispetto alle quali le doglianze della difesa sono generiche e reiterative.
Detti risultati di prova, ampiamente e puntualmente illustrati nella sentenza impugnata (§ 2.2), sono stati in buona parte obliterati dal ricorrente, che nel contempo ha proposto una inammissibile rilettura del compendio probatorio, quando invece e’ preclusa alla Corte di cassazione “la possibilita’ di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilita’ delle fonti di prova” (cosi’ Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217; in senso conforme, ex plurimis, v. Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099; da ultimo cfr. Sez. 2, n. 9108 del 17/02/2021, Scordato, non mass.).
3.2. Il motivo in ordine al reato ex articolo 494 c.p., e’ privo di fondamento, avendo la sentenza impugnata correttamente escluso l’onere in capo alla persona offesa di svolgere indagini sulla effettiva identita’ del proprio interlocutore.
In ogni caso, ad integrare il delitto di sostituzione di persona e’ necessaria e sufficiente una condotta ingannevole, che induca il soggetto passivo in errore sull’attribuzione all’agente di un falso nome – come nel caso in esame – o di un falso stato o di false qualita’ personali, cui la legge attribuisce specifici effetti giuridici (Sez. 5, n. 3012 del 19/09/2019, dep. 2020, De Gaetani, Rv. 278146; Sez. 5, n. 11087 del 15/12/2014, dep. 2015, Volpicelli, Rv. 263103). Resta irrilevante l’eventuale pregresso uso di tale “pseudonimo” da parte di (OMISSIS), circostanza peraltro dallo stesso riferita in assenza del benche’ minimo riscontro e priva di ogni fondamento logico, come spiegato nella sentenza impugnata.
3.3. Non ha alcun pregio l’ultimo motivo in tema di recidiva, essendo chiaramente inammissibile una doglianza quale quella proposta nell’atto di appello sul punto: la difesa si era limitata a dedurre che “l’attribuita recidiva non sussiste”, senza l’indicazione “delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto” a sostegno della (implicita) richiesta di esclusione della circostanza, come espressamente previsto, a pena d’inammissibilita’ dell’impugnazione, dall’articolo 581, comma 1, lettera d), del codice di rito.
Non vi e’ neppure la contraddittorieta’ della motivazione, genericamente denunciata dal ricorrente: la Corte di appello, infatti, ha rilevato che l’ultimo dei quattro precedenti penali dell’imputato riguardava fatti risalenti al 1993; tuttavia, ai fini del riconoscimento della recidiva aggravata infraquinquennale, il calcolo dei cinque anni va effettuato avendo riguardo, quanto al dies a quo, non gia’ alla data di commissione dell’ultimo delitto antecedente a quello espressivo della recidiva, bensi’ a quella relativa al passaggio in giudicato della sentenza avente ad oggetto il medesimo reato presupposto (ex plurimis cfr. Sez. 6, n. 15441 del 17/03/2016, Graviano, Rv. 266547; da ultimo v. Sez. 4, n. 21557 del 05/05/2021, Solinas, non mass.).
Nel caso di specie risulta dal certificato del casellario giudiziale che l’ultima condanna, per il fatto commesso nel 1993, divenne irrevocabile nell’anno 2008, soltanto tre anni prima della commissione del nuovo delitto.
4. Alla inammissibilita’ delle impugnazioni, segue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonche’, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’, al pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro duemila ciascuno, cosi’ equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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