Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|29 settembre 2021| n. 26450.

La prestazione lavorativa “eccedente”, che supera di gran lunga i limiti previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva e si protrae per diversi anni, cagiona al lavoratore un danno da usura psico-fisica, di natura non patrimoniale e distinto da quello biologico, la cui esistenza è presunta nell’ an in quanto lesione del diritto garantito dall’art. 36 Cost., mentre ai fini della determinazione del quantum occorre tenere conto della gravità della prestazione e delle indicazioni della disciplina collettiva intesa a regolare il risarcimento in oggetto.

Ordinanza|29 settembre 2021| n. 26450. La prestazione lavorativa eccedente

Data udienza 27 aprile 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Lavoro straordinario – Risarcimento danno – Spese di lite – Principio della soccombenza

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente
Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 7651/2018 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 735/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 07/09/2017 R.G.N. 317/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 27/04/2021 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita.

La prestazione lavorativa eccedente

RILEVATO

Che:
Il Tribunale di Torino accoglieva in parte la domanda proposta da (OMISSIS) nei confronti della Vigilanza (OMISSIS) s.p.a. fusa per incorporazione nella (OMISSIS) s.p.a. volta a conseguire il pagamento di maggiorazioni retributive e risarcimento danno per lavoro straordinario prestato oltre il limite massimo previsto dalla legge e dal contratto collettivo nel periodo 2006-2008, e condannava la societa’ al pagamento della somma di Euro 9.990,96 per il titolo descritto, compensando per due terzi le spese di lite, per il residuo poste a carico della (OMISSIS) s.p.a.;
detta pronuncia veniva parzialmente riformata dalla Corte distrettuale che, accogliendo il motivo di gravame proposto dalla societa’, attinente alla erroneita’ dei conteggi allegati al ricorso e posti a base della decisione, disponeva condanna di parte appellante al pagamento del minore importo di Euro 7.556,19, compensando per un terzo le spese del doppio grado di giudizio e condannando l’appellante alla rifusione del residuo;
la cassazione di tale decisione e’ domandata dalla (OMISSIS) s.p.a. sulla base di tre motivi;
resiste (OMISSIS) con controricorso successivamente illustrato da memoria ex articolo 380 bis c.p.c..

 

La prestazione lavorativa eccedente

CONSIDERATO

Che:
1. con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3;
ci si duole che il giudice di seconda istanza sia pervenuto al riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a prestazioni lavorative rese oltre i limiti di legge e di contratto, in assenza di qualsivoglia allegazione e prova della natura ed esistenza del danno lamentato, della sua entita’, del nesso causale dell’asserito danno, con la propria vicenda lavorativa;
gli approdi ai quali e’ addivenuto, non sono coerenti con i principi consolidati nella giurisprudenza di legittimita’ alla stregua dei quali l’accertamento del diritto in questa sede rivendicato, non ricorrendo automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale, non puo’ prescindere da una specifica allegazione in ordine alla natura ed alle caratteristiche proprie del pregiudizio che si asserisce risentito;
si addebita quindi, al giudice del gravame, di aver fatto ricorso ad una nozione di prova del danno in via presuntiva, inammissibile nel nostro ordinamento;
2. il motivo non e’ fondato;
la pronuncia della Corte distrettuale, nei suoi esiti applicativi, si colloca nel solco dell’orientamento espresso da questa Corte secondo cui la prestazione lavorativa “eccedente”, che supera di gran lunga i limiti previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva e si protrae per diversi anni, cagiona al lavoratore un danno da usura – psicofisica, di natura non patrimoniale e distinto da quello biologico, la cui esistenza e’ presunta nell’an in quanto lesione del diritto garantito dall’articolo 36 Cost., mentre ai fini della determinazione occorre tenere conto della gravita’ della prestazione e delle indicazioni della disciplina collettiva intesa a regolare il risarcimento in oggetto (in termini Cass. 14.7.2015 n. 14710; Cass. 23.5.2014 n. 11581, Cass. 10.5.2019 n. 12540);
come accertato in precedenti arresti di legittimita’ inerenti a fattispecie sovrapponibili a quella qui scrutinata, con riguardo al principio sopra esposto, nessun difetto di allegazione e prova e’ ravvisabile nello specifico, essendo stati prospettati dal ricorrente nei gradi di merito sia il numero delle ore straordinarie svolte che il periodo di riferimento, elementi dai quali la Corte territoriale, con argomentazioni congruamente motivate, ha rilevato la “abnormita’” della prestazione eseguita e, quindi, tale di per se’ da compromettere l’integrita’ psico-fisica e la vita di relazione del lavoratore, secondo un corretto ragionamento logico-giuridico (in termini, vedi Cass. cit. n. 12540/2019, Cass.10.5.2019 n. 12538, Cass. 10.5.2019 n. 12539);

 

La prestazione lavorativa eccedente

3. il secondo motivo prospetta violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1366, 1367 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3;
si critica la statuizione con la quale la Corte di merito ha proceduto alla esegesi del Contratto Integrativo Regionale affermando che la nuova disciplina della banca ore ivi prevista, decorresse dal 2009; si osserva per contro che, in applicazione del c.c.n.l. del 2006, detto contratto integrativo territoriale – che aveva previsto per le ore di lavoro prestate in eccedenza, una maggiorazione retributiva del 50% – benche’ sottoscritto il 19/3/2009, avrebbe dovuto rinvenire applicazione a far tempo dal 18/7/2007;
l’espressa deroga a tale decorrenza, prevista dall’articolo 12, con riferimento alla elevazione della banca ore da una a due ore di accantonamento per ogni giorno di effettivo lavoro, non era invece contenuta nel comma 4 in tema di remunerazione delle ore prestate oltre il tetto di banca ore, fissato nella misura del 50% della normale retribuzione; detto comma non poteva che essere interpetrato, quindi, nel senso che la nuova determinazione della misura della maggiorazione, dovesse decorrere dal luglio 2007;
4. il motivo e’ inammissibile;
al di la’ di ogni pur assorbente considerazione in ordine alla mancanza di produzione in forma integrale del c.c.n.l. di settore e del difetto di specificita’ del motivo che non riporta il tenore delle disposizioni del contratto integrativo, giova rimarcare che, per l’interpretazione del Contratto Integrativo Regionale, devono essere adottati i criteri ermeneutici negoziali, non essendo possibile procedere ad una interpretazione diretta delle sue clausole ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, riguardando, tale norma, esclusivamente i contratti collettivi nazionali di lavoro (Cass. 3.12.2013 n. 27062; Cass. 17.2.2014 n. 3681);
orbene, nella fattispecie in esame, l’interpretazione fornita dalla Corte di merito (richiamando anche i propri precedenti in materia) sulla non retroattivita’ dell’articolo 12 del C.I.R. e’ plausibile, perche’ non contrasta con i criteri di letteralita’ e di interpretazione complessiva delle clausole ed e’ ragionevole perche’, oltre alla previsione della maggiorazione della percentuale di risarcimento (dal 35% al 50%), la contrattazione integrativa ha modificato da una a due le ore confluibili nella “banca ore”, di talche’ sarebbe ingiustificato applicare il solo aspetto economico ad un sistema di regime orario fondato invece su diversi presupposti;
la censura si limita, pertanto, a contrapporre un diverso risultato interpretativo rispetto a quello giudiziario in assenza, pero’, di acclarate violazioni in ordine ai criteri ermeneutici di riferimento (Cass. 22.2.2007 n. 4178; Cass. 3.9.2010 n. 19044);
5. il terzo motivo attiene alla violazione e falsa applicazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3;
ci si duole del governo delle spese disposto dalla Corte distrettuale che, nonostante avesse ridotto l’entita’ delle somme oggetto di condanna rispetto a quelle liquidate dal giudice di prima istanza, aveva proceduto a parziale compensazione delle spese ponendole a carico della societa’ in misura superiore (due terzi) rispetto a quelle liquidate dal Tribunale (un terzo);

 

La prestazione lavorativa eccedente

6. il motivo non e’ fondato;
e’ bene rammentare che in materia di procedimento civile, il criterio della soccombenza deve essere riferito alla causa nel suo insieme, con particolare riferimento all’esito finale della lite, sicche’ e’ totalmente vittoriosa la parte nei cui confronti la domanda avversaria sia stata totalmente respinta, a nulla rilevando che siano state disattese eccezioni di carattere processuale o anche di merito (ex aliis vedi Cass. 2/9/2014 n. 18503);
va altresi’ considerato che la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la,determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti’, ai sensi dell’articolo 92 c.p.c., comma 2, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimita’, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalita’ fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (vedi Cass. 20/12/2017 n. 30592);
in tale prospettiva la statuizione emessa dai giudici di seconda istanza,. disposta all’esito dello scrutinio dell’esito complessivo della lite, si sottrae alla censura all’esame, atteso che la ricordata ripartizione delle spese di lite, frutto del corretto vaglio del criterio della soccombenza riferito all’intero giudizio, non e’ scrutinabile nella presente sede di legittimita’;
il ricorso, alla stregua delle superiori argomentazioni, va, pertanto respinto;
le spese del presente giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza, liquidate come da dispositivo;
trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, ove dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 200,00 per esborsi e’d Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, ove dovuto.

 

La prestazione lavorativa eccedente

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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