Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|12 febbraio 2024| n. 3824.
Responsabilità professionale dell’avvocato in caso di inadempimento dell’incarico avente ad oggetto la partecipazione ad un incanto
In tema di responsabilità professionale dell’avvocato, in caso di inadempimento dell’incarico avente ad oggetto la partecipazione ad un incanto per l’aggiudicazione di un immobile, da cui derivi la perdita della possibilità di partecipare alla gara, è configurabile un danno da perdita di chances, ai fini del cui accertamento il danneggiato ha l’onere di provare non la perdita del risultato, cioè che avrebbe ottenuto certamente l’aggiudicazione del bene, bensì soltanto la perdita della possibilità di conseguirlo.
Ordinanza|12 febbraio 2024| n. 3824. Responsabilità professionale dell’avvocato in caso di inadempimento dell’incarico avente ad oggetto la partecipazione ad un incanto
Data udienza 15 gennaio 2024
Integrale
Tag/parola chiave: Avvocato e procuratore – Responsabilita’ civile – In genere responsabilità professionale dell’avvocato – Inadempimento dell’incarico avente ad oggetto la partecipazione ad incanto per l’aggiudicazione di un immobile – Impossibilità di partecipare all’incanto – Danno da perdita di chances – Configurabilità – Onere probatorio – Perdita del risultato – Esclusione – Perdita della possibilità di conseguirlo – Necessità.
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
composta dai signori magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere relatore
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 26766 del ruolo generale dell’anno 2021, proposto
da
Ve.Fa. (C.F.: (Omissis))
rappresentato e difeso, giusta procura allegata al ricorso, dall’avvocato Mi.Ma. (C.F.: (Omissis))
– ricorrente –
nei confronti di
Or.Va. (C.F.: (Omissis))
rappresentata e difese, giusta procura allegata al controricorso, dall’avvocato Rita Sanna (C.F.: (Omissis))
– controricorrente – ricorrente in via incidentale –
(…) S.A. (C.F.: non indicato), in persona del procuratore speciale del rappresentante per l’Italia, Ni.An.
rappresentato e difeso, giusta procura allegata al controricorso, dall’avvocato Pi.Vi. (C.F.: (Omissis))
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 2180/2021, pubblicata in data 23 agosto 2021;
udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 15 gennaio 2024 dal consigliere Augusto Tatangelo.
Responsabilità professionale dell’avvocato in caso di inadempimento dell’incarico avente ad oggetto la partecipazione ad un incanto
Fatti di causa
Ve.Fa. ha agito in giudizio nei confronti dell’avvocato Or.Va. per ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza del dedotto inadempimento di quest’ultima ad una obbligazione professionale avente ad oggetto la partecipazione – per conto dell’attore – agli incanti per l’aggiudicazione di un immobile, oggetto di procedura di espropriazione forzata. La Or.Va. ha chiamato in causa la propria assicuratrice della responsabilità civile professionale, (…), Rappresentanza Generale per l’Italia, per essere tenuta indenne in caso di accoglimento della domanda avanzata nei suoi confronti.
La domanda del Ve.Fa. è stata rigettata dal Tribunale di Venezia.
La Corte d’appello di Venezia ha confermato la decisione di primo grado, sulla base di diversa motivazione.
Ricorre il Ve.Fa., sulla base di quattro motivi.
Resistono con distinti controricorsi: a) la Or.Va., che propone a sua volta ricorso incidentale sulla base di un unico motivo; b) (…) S.A., in persona del procuratore speciale del rappresentante per l’Italia, dott.ssa Ni.An., quale successore nella titolarità del contratto e dei diritti controversi riferibili al rischio assunto con il certificato (Omissis), di cui erano titolari gli Assicuratori membri del mercato dei Lloyd’s.
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..
Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.
Responsabilità professionale dell’avvocato in caso di inadempimento dell’incarico avente ad oggetto la partecipazione ad un incanto
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo del ricorso principale (proposto da Ve.Fa.) si denunzia “Violazione dell’art. 360 comma 1 n. 4 del c.p.c. (error in procedendo). Nullità del procedimento per omessa osservanza dell’art. 307 del c.p.c.”.
Il ricorrente sostiene che il giudizio di appello avrebbe dovuto essere dichiarato estinto ai sensi dell’art. 307 c.p.c..
1.1 Va precisato che l’appello è stato proposto dal Ve.Fa., il quale non ha evocato in giudizio la (…), terza chiamata in garanzia dalla convenuta Or.Va..
Disposta dalla corte d’appello l’integrazione del contraddittorio nei confronti della terza chiamata in garanzia, questa avrebbe in realtà avuto luogo tempestivamente (e la compagnia chiamata si è certamente anche costituita in giudizio per difendersi nel merito), ma l’atto notificato alla terza chiamata in garanzia non sarebbe stato depositato entro i dieci giorni dalla notificazione, dall’appellata Or.Va., che aveva provveduto all’integrazione del contraddittorio.
Secondo il Ve.Fa., ciò avrebbe dovuto comportare che “il processo relativo alla chiamata in garanzia del terzo avrebbe dovuto esser dichiarato estinto”, ai sensi dell’art. 307 c.p.c..
1.2 Il motivo di ricorso in esame deve ritenersi inammissibile, sotto vari profili.
In primo luogo, non è richiamato in modo adeguato e completo il contenuto degli atti processuali posti a base delle censure, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c..
In ogni caso, il ricorrente risulta del tutto privo di interesse ad impugnare la decisione di secondo grado sotto il profilo in esame, in quanto “la chiamata in garanzia determina un litisconsorzio necessario processuale tra il terzo chiamato e le parti originarie, con conseguente inscindibilità delle cause ex art. 331 c.p.c., sicché l’attore che impugna la sentenza a sé sfavorevole è tenuto ad evocare nel giudizio di appello, oltre che il responsabile, anche il garante” (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 24707 del 04/12/2015, Rv. 638109 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 25822 del 31/10/2017, Rv. 646026 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 9013 del 21/03/2022, Rv. 664555 – 01): di conseguenza, l’eventuale irregolarità dell’evocazione del terzo chiamato nel giudizio di appello, determinerebbe l’estinzione integrale di quest’ultimo, con il passaggio in giudicato della sen-tenza di primo grado di rigetto della domanda dello stesso ricorrente.
D’altra parte, il Ve.Fa. non avrebbe in realtà interesse neanche ad impugnare la decisione di appello al fine di ottenere la dichiarazione di estinzione del solo giudizio avente ad oggetto il rapporto di garanzia, al quale è estraneo.
2. Prima degli ulteriori motivi del ricorso principale, deve essere esaminato l’unico motivo del ricorso incidentale (proposto da Or.Va.), con il quale si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 2232 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.”.
Tale motivo di ricorso, infatti, risulta logicamente pregiudiziale rispetto alle censure di merito avanzate dal Ve.Fa. (che attengono alla valutazione della prova del danno), avendo ad oggetto l’an della responsabilità.
La ricorrente contesta, in particolare, la decisione impugnata nella parte in cui la corte territoriale ha ritenuto che sussistesse un rapporto contrattuale professionale diretto tra lei ed il Ve.Fa..
Il ricorso incidentale è infondato.
La corte d’appello ha ritenuto sufficientemente dimostrata dall’attore Ve.Fa. la sussistenza del rapporto contrattuale professionale con l’avvocato Or.Va., sulla base della prudente valutazione di tutti gli elementi di prova disponibili, escludendo invece – contrariamente a quanto statuito dal giudice di primo grado e sostenuto dalla stessa Or.Va. – che il rapporto intercorresse con un altro legale (precisamente l’avvocato Tonetto, che rappresentava la madre del Ve.Fa. nella procedura esecutiva da essa stessa promossa sul bene posto in vendita), con mera subdelega di una specifica attività alla Or.Va..
Si tratta di un accertamento di fatto operato sulla base della valutazione delle prove, sostenuto da adeguata motivazione, non apparente, né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile nella presente sede.
Non sussiste, pertanto, la dedotta violazione delle disposizioni normative richiamate dalla ricorrente.
Le censure di cui al ricorso incidentale si risolvono, in definitiva, nella contestazione dell’indicato accertamento di fatto e nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle prove, il che non è consentito nel giudizio di legittimità.
3. Con il secondo motivo del ricorso principale (proposto da Ve.Fa.) si denunzia “Violazione o falsa applicazione dell’art. 1218 del c.c., degli artt. 1223 e 1224 del c.c. e dell’art. 1453 del c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 del c.p.c. per aver erroneamente escluso l’esistenza di un danno da inadempimento contrattuale (patrimoniale e non patrimoniale) risarcibile”.
Il motivo è fondato.
3.1 Va premesso che il tribunale, in primo grado, aveva rigettato la domanda del Ve.Fa., ritenendo che quest’ultimo non avesse dimostrato la sussistenza di un rapporto contrattuale diretto con la Or.Va. (la quale sarebbe stata una mera subdelegata di altro legale officiato).
La corte d’appello ha, però, ritenuto fondato il gravame proposto dal Ve.Fa., sotto tale profilo.
Ha, quindi, ritenuto, in primo luogo, che sussistesse il rapporto contrattuale diretto tra Ve.Fa. ed Or.Va..
Ha anche affermato che sussisteva l’inadempimento della Or.Va. alla sua obbligazione professionale, avendo essa omesso di indicare il prezzo offerto, nella domanda di partecipazione alla procedura di vendita, con conseguente dichiarazione di decadenza dal diritto di parteciparvi.
Ha, peraltro, rigettato ugualmente la domanda, in quanto ha ritenuto non sufficientemente provato il danno.
In proposito, ha, in primo luogo, rilevato che certamente non era fondata la pretesa dell’attore di un risarcimento corrispondente al valore dell’immobile, avendo egli ottenuto la restituzione integrale dell’importo offerto.
Ha, poi, affermato che “se anche il Ve.Fa., tramite l’avv. Or.Va., avesse potuto partecipare all’asta non vi è alcuna prova che avrebbe potuto ottenere l’aggiudicazione del bene” (si precisa che l’aggiudicazione è avvenuta in favore di altro partecipante alla gara, per il prezzo di Euro 199.000,00, importo secondo l’attore inferiore al valore di mercato dell’immobile).
3.2 Il ricorrente sostiene di avere chiesto, tra l’altro, il risarcimento della perdita della chance di aggiudicarsi l’immobile nella gara e afferma che tale danno avrebbe potuto e dovuto essergli liquidato in via equitativa.
In effetti, è pacifico che il Ve.Fa. aveva chiesto il risarcimento del danno, quantificandolo nel prezzo di aggiudicazione dell’immobile.
Nella prospettazione alla base della sua domanda, peraltro è altrettanto certo che egli abbia allegato, in concreto, quale evento dannoso riconducibile all’inadempimento della Or.Va., il fatto di essere stato escluso dalla gara per l’aggiudicazione dell’immobile.
Di conseguenza, la circostanza che egli, quale risarcimento di tale evento dannoso (correttamente individuato nella perdita della possibilità di partecipare all’incanto) abbia richiesto un importo manifestamente eccessivo, in quanto parametrato sull’intero prezzo di aggiudicazione dell’immobile, non escludeva il potere dovere dei giudici del merito di liquidare il minore importo effettivamente dovuto, in relazione al suddetto evento dannoso allegato, in quanto provato sulla base degli atti, cioè la perdita della possibilità di partecipare all’incanto, in termini di perdita di chance, nei limiti di quanto dovuto a tale titolo.
3.3 Sotto il profilo appena esposto, la decisione impugnata non può affatto ritenersi conforme, in diritto, ai principi affermati da questa Corte in materia di risarcimento del danno da perdita di chance.
Non vi è dubbio, infatti, che l’inadempimento della Or.Va. alla sua obbligazione professionale abbia impedito al Ve.Fa. di partecipare alla gara per l’aggiudicazione dell’immobile e, dunque, che tale inadempimento abbia determinato la perdita della sua possibilità (chance) di aggiudicarselo.
Questo era il pregiudizio – certamente dimostrato e ritenuto, correttamente, senz’altro sussistente dalla stessa corte territoriale – che doveva essere risarcito, mediante liquidazione equitativa: tale risarcimento avrebbe potuto, al più, essere escluso solo laddove fosse stato dimostrato (ma, in tal caso, l’onere della prova sarebbe spettato al danneggiante) che il Ve.Fa. non avrebbe avuto alcuna seria e concreta possibilità di rendersi aggiudicatario dell’immobile, il che non risulta avvenuto.
La corte d’appello ha, invece, ritenuto che l’attore danneggiato avrebbe dovuto dimostrare non solo di aver perso la possibilità di aggiudicarsi l’immobile (per non aver potuto partecipare alla gara) ma anche che avrebbe certamente ottenuto l’aggiudicazione.
In tal modo, la decisione impugnata si è discostata dai consolidati principi di diritto affermati da questa Corte in tema di danno da perdita di chance (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 5641 del 09/03/2018, Rv. 648461 – 02: “in caso di perdita di una “chance” a carattere non patrimoniale, il risarcimento non potrà essere proporzionale al “risultato perduto” – nella specie, maggiori “chance” di sopravvivenza di un paziente al quale non era stata diagnosticata tempestivamente una patologia tumorale con esiti certamente mortali – ma andrà commisurato, in via equitativa, alla “possibilità perduta” di realizzarlo, intesa quale evento di danno rappresentato in via diretta ed immediata dalla minore durata della vita e/o dalla peggiore qualità della stessa; tale “possibilità”, per integrare gli estremi del danno risarcibile, deve necessariamente attingere ai para-metri della apprezzabilità, serietà e consistenza, rispetto ai quali il valore statistico – percentuale, ove in concreto accerta-bile, può costituire solo un criterio orientativo, in considerazione della infungibile specificità del caso concreto”; conf.: Sez. 3, Ordinanza n. 12906 del 26/06/2020, Rv. 658177 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 2261 del 26/01/2022, Rv. 663862 – 02; Sez. 3, Sentenza n. 25886 del 02/09/2022, Rv. 665403 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 24050 del 07/08/2023, Rv. 668589 – 01; è appena il caso di precisare che analoghi principi valgono, per quanto rileva nel presente giudizio, ai fini della liquidazione del risarcimento della perdita di chance di carattere patrimoniale), in quanto è stata richiesta al danneggiato una prova in realtà impossibile o, almeno, diabolica e, in ogni caso, relativa a un danno diverso da quello nella specie allegato, dimostrato e da liquidare, cioè relativa alla perdita del risultato, ovvero del bene, desiderato, non alla mera perdita della possibilità di conseguirlo.
La corte d’appello ha confuso, in definitiva, il risarcimento del danno consistente nel “risultato perduto” con il risarcimento del danno consistente nella “possibilità perduta di realizzare il risultato” (cioè, la perdita di chance), che era l’evento dannoso nella specie allegato e di cui era stata ampiamente fornita la dimostrazione e che doveva, quindi, essere liquidato (ovviamente in via equitativa), come da essa stessa corte affermato in premessa.
La decisione impugnata va, pertanto, cassata sotto il profilo in contestazione, affinché la liquidazione del danno da perdita di chance subito dell’attore sia correttamente effettuata, in sede di rinvio, in base ai principi di diritto appena esposti.
4. Con il terzo motivo del ricorso principale (proposto da Ve.Fa.) si denunzia “Violazione dell’art. 360 n. 5 del c.p.c. per omesso esame da parte della Corte d’appello del punto decisivo della condanna alle spese a favore del terzo chiamato Assicuratori dei Lloyd’s”.
Con il quarto motivo del medesimo ricorso si denunzia “Violazione dell’art. 360 n. 3 in relazione all’art. 92 del c.p.c. in relazione alla condanna alle spese del Ve.Fa. a favore dell’avv. Or.Va.”.
I motivi di ricorso in esame, relativi alle spese di lite, restano assorbiti, in conseguenza dell’accoglimento del motivo precedente che, imponendo la cassazione con rinvio della decisione impugnata, determina la necessità di rinnovare integralmente anche la decisione sulle spese del giudizio.
5. Il primo motivo del ricorso principale è dichiarato inammissibile. È accolto il secondo motivo del ricorso principale, assorbiti il terzo ed il quarto. È rigettato il ricorso incidentale.
La sentenza impugnata è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 (con riguardo al ricorso incidentale).
Responsabilità professionale dell’avvocato in caso di inadempimento dell’incarico avente ad oggetto la partecipazione ad un incanto
P.Q.M.
La Corte:
– dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso principale; accoglie il secondo, assorbiti il terzo ed il quarto; rigetta il ricorso incidentale;
– cassa, per l’effetto, la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento, da parte della ricorrente in via incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Ci-vile, in data 15 gennaio 2024.
Depositata in Cancelleria il 12 febbraio 2024.
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