Responsabilità precontrattuale il pregiudizio risarcibile è circoscritto al solo interesse negativo

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|13 settembre 2024| n. 24690.

Responsabilità precontrattuale il pregiudizio risarcibile è circoscritto al solo interesse negativo

In tema di responsabilità precontrattuale, il pregiudizio risarcibile è circoscritto al solo interesse negativo, costituito sia dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative ed in vista della conclusione del contratto, sia dalla perdita di altre occasioni di stipulazione contrattuale, pregiudizio liquidabile anche in via equitativa, sulla base di criteri logici e non arbitrari.

 

Ordinanza|13 settembre 2024| n. 24690. Responsabilità precontrattuale il pregiudizio risarcibile è circoscritto al solo interesse negativo

Data udienza 10 settembre 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Responsabilità precontrattuale – Pregiudizio risarcibile – Riferimento al solo interesse negativo costituito sia dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative sia dalla perdita di altre occasioni di stipulazione contrattuale – Distinzione rispetto al risarcimento del danno da inadempimento contrattuale – Annullamento con rinvio

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere

Dott. AMBROSI Irene – Consigliere Rel.

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere

Dott. SPAZIANI Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1394/2021 R.G. proposto da

Ma.Ca. Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al ricorso dall’Avv. Lu.Ri. – PEC (Omissis) – elettivamente domiciliata in Roma, Viale (Omissis) presso lo studio dell’Avv. Sa.Co.;

– ricorrente –

contro

De.Mi. Srl (già De.Mi. Spa), in persona del legale rapp.te p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Um.Ge. (PEC: (Omissis)), come da procura speciale in calce al controricorso, ex lege domiciliata in ROMA, presso la Cancelleria della Corte di cassazione, piazza (Omissis);

– controricorrente, ricorrente incidentale –

nonché contro

Fo.It. Spa,

– intimata –

avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli n. 4477/2020 depositata il 23/12/2020;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 gennaio 2024 dalla Consigliera Irene Ambrosi.

Responsabilità precontrattuale il pregiudizio risarcibile è circoscritto al solo interesse negativo

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Napoli, in parziale accoglimento del gravame proposto da Ma.Ca. Spa ed in parziale riforma della sentenza n. 1464/2018 del Tribunale di Napoli, ha ridotto il quantum del risarcimento del danno dovuto dalla società appellante alla De.Mi. Spa (attualmente Srl) nella misura di Euro 90.000 (invece che di Euro 300.0000), oltre gli interessi al tasso legale come calcolati in dispositivo, ha compensato tra le parti per un terzo le spese del primo grado nonché quelle di appello e posto a carico della società appellante i restanti due terzi del doppio grado e quelle della Ctu e confermato, nel resto, la sentenza di prime cure.

2. Per quanto ancora qui rileva, la De.Mi. aveva dedotto in fatto: – di essere stata concessionaria autorizzata Ford per la provincia di Benevento dal 1999, in virtù di una serie consecutiva di contratti di concessione, l’ultimo dei quali stipulato in data 9.05.2011 per il commercio e la vendita di veicoli Ford e per il servizio di assistenza e riparazione; – che, la Ford, nella seconda metà dell’anno 2011, per un trend negativo di vendite nella provincia di Benevento, l’aveva sollecitata ad attivarsi per la cessione ad altro operatore del settore del ramo di azienda e che aveva proposto, quale nuovo operatore, la Ma.Ca. Spa, già concessionaria Ford autorizzata per la provincia di Caserta; – nel settembre 2011 la Ford aveva effettuato la valutazione del ramo aziendale; – in data 1.02.2012, erano state avviate le trattative con la Ma.Ca.; – dal novembre 2011 la Ma.Ca. aveva cominciato ad effettuare sopralluoghi nei locali dell’azienda e, sempre nel novembre 2011, comunicato ai rivenditori autorizzati il subentro ad essa De.Mi. quale concessionario Ford di zona; – dal dicembre 2011, erano stati trasferiti alla Ma.Ca. i contratti di fornitura dei servizi e i nominativi della clientela; – la Ma.Ca. le aveva chiesto l’esecuzione di lavori di adeguamento dei locali dell’azienda che erano stati eseguiti a cura e spese di essa De.Mi., per la somma di Euro 62.600,00; – in esecuzione dello stipulando contratto di cessione del ramo di azienda, era stata convenuta la risoluzione dei rapporti di lavoro con i propri dipendenti al marzo 2012 ed era stato altresì convenuto che le vendite degli autoveicoli giacenti sul proprio piazzale fossero effettuate direttamente dalla Ma.Ca.; – la Ford aveva provveduto al ritiro di tutte le autovetture ancora giacenti presso il magazzino; – in data 17.04.2012 la Ma.Ca. aveva comunicato di non ritenere più conveniente la cessione del ramo di azienda; – in data 3.07.2012, la Ford le aveva comunicato la risoluzione dei contratti di concessione del 2003 per i propri inadempimenti contrattuali consistenti nel mancato pagamento di somme dovute per la fornitura di prodotti Ford.

Tanto dedotto, con atto di citazione innanzi al Tribunale di S. Maria Capua Vetere, la De.Mi. Spa, conveniva in giudizio la Fo.It. Spa e la Ma.Ca. Spa chiedendone la condanna, in solido, al risarcimento dei danni da essa subiti in conseguenza dell’illegittimo recesso della Ma.Ca. dalle trattative intercorse per la cessione del ramo d’azienda, nonché della sola Ford al risarcimento dei danni patiti per l’illegittima risoluzione dal contratto di concessione. Si costituiva la Ma.Ca. Spa, chiedendo il rigetto della domanda, e la Fo.It. Spa, proponendo, a sua volta, domanda riconvenzionale nei confronti della De.Mi. per il risarcimento del danno per la somma di Euro 206.347,98 o di quella maggiore e minore ritenuta di giustizia, oltre interessi e rivalutazione.

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il Tribunale aveva accolto parzialmente la domanda proposta dalla De.Mi. Spa, nei confronti della società Ma.Ca. Spa per averne ritenuto la responsabilità precontrattuale, per essere la seconda ingiustificatamente receduta dalle trattative intraprese con la prima, condannandola al pagamento della somma di Euro 300.800,84, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal 17 aprile 2012, fino al soddisfo e rifusione spese di lite per Euro 63.287,87 con accessori di legge e, in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta dalla Fo.It. Spa, aveva condannato la De.Mi. al pagamento in favore della Ford, della somma di Euro 206.347,98, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla data delle singole fatture fino al soddisfo.

3. Avverso la decisione della Corte d’appello di Napoli, Ma.Ca. Spa ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi; De.Mi. ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale fondato su due motivi. Seppur intimata, Fo.It. Spa non ha ritenuto di svolgere difese nel giudizio di legittimità.

Ai fini della decisione del presente ricorso questa Corte ha proceduto in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.

Parte ricorrente e parte resistente hanno depositato rispettive memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Ricorso principale.

1.1. La società Ma.Ca. con il primo motivo di ricorso principale lamenta la “violazione dell’art. 1337 cod. civ. (art. 360, co. 1, n. 3 cod. proc. civ.)”; nello specifico, contesta che la Corte d’appello, non condividendo la determinazione dell’ammontare del danno effettuata dal Tribunale e per l’effetto, in accoglimento del secondo motivo d’appello, ha ridotto il pregiudizio risarcibile come circoscritto al solo “interesse negativo” costituito sia dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative ed in vista della conclusione del contratto, sia dalla perdita di altre occasioni di stipulazione contrattuale, pregiudizio liquidabile anche in via equitativa, “sulla base di criteri logici e non arbitrari” (Cass. 3 dicembre 2015, n. 24625), aggiungendo inoltre che “.. ove sia dedotta una ipotesi di responsabilità precontrattuale ex articolo 1337 c.c. per ingiustificato recesso dalla trattativa, non essendo stato stipulato il contratto e non essendovi stata lesione di diritti che dallo stesso sarebbero nati, non può mai essere dovuto un risarcimento equivalente a quello conseguente all’inadempimento contrattuale” (Cass. 10/06/2005, n. 12313; 15/04/2016, n. 7545).

La società ricorrente principale sostiene che la Corte territoriale, dopo aver richiamato detti condivisibili principi, li avrebbe però “malamente” applicati al caso concreto; difatti, dopo aver escluso qualsiasi relazione tra il fitto di azienda non concluso e la perdita della concessione Ford, collegata alle inadempienze della De.Mi., e affermato che non può mai essere dovuto un risarcimento equivalente a quello conseguente all’inadempimento contrattuale, ha poi individuato tale danno, come diretta conseguenza della mancata conclusione del contratto, nella mancata percezione del fitto di azienda pari a Euro 2.500,00 mensili per 36 mesi, giungendo così a liquidare un interesse positivo non ammesso.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente principale denuncia la “Violazione dell’art. 1337 c. civ e dell’art. 1223 c. civ. (art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.)” in quanto la Corte d’appello avrebbe confuso il mancato guadagno risarcibile – che corrisponde alla perdita patrimoniale direttamente derivata dalla interruzione delle trattative avanzate – con il mancato ricavo costituito dal corrispettivo contrattuale (Euro 90.000,00) che la Srl De.Mi. non ha riscosso perché il contratto non è stato concluso (e perché la locatrice non ha concesso alcuna controprestazione).

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1.3. Con il terzo motivo, la “Violazione dell’art. 1337 c. civ e dell’art. 1223 c. civ. in relazione all’art. 132, co. 4, c.p.c. (art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c.)”, in via di “estremo subordine”, la Ma.Ca. censura la sentenza impugnata anche sotto il profilo del vizio della motivazione (che, nel caso in esame, si traduce nella violazione di legge costituzionalmente rilevante in presenza di un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili), per avere la Corte, prima, precisato che il risarcimento non può mai essere equivalente a quello conseguente all’inadempimento contrattuale, e poi, nell’aver stabilito la misura del risarcimento come equivalente del valore del contratto non concluso, contraddicendo la premessa del suo ragionamento in “maniera plateale”; in sostanza, riconoscendo alla Srl De.Mi. un incremento patrimoniale addirittura superiore a quello che avrebbe realizzato se il contratto di fitto fosse stato effettivamente stipulato, pari al ricavo lordo di un contratto mai concluso.

2. Ricorso incidentale.

2.1. Con il primo motivo di ricorso incidentale, la società De.Mi. lamenta la “Violazione Art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 1337 c. civ e all’art. 1223 c. civ.” ed in particolare, impugna le argomentazioni con cui la Corte d’appello ha ridotto l’ammontare del danno rispetto al Tribunale. Evidenzia sul punto che, da un lato, i capi di sentenza sull’elemento soggettivo e sul nesso causale non avrebbero costituito oggetto del gravame; che, dall’altro, la perdita del valore aziendale sarebbe stato quantificato alla data del recesso, tenuto conto del valore dell’azienda determinato a seguito di CTU, non contestata dalle parti; che fermo il principio secondo cui in caso di inadempimento precontrattuale non può essere dovuto un risarcimento equivalente a quello conseguente all’inadempimento contrattuale, cionondimeno l’interesso giuridico leso dall’illecito precontrattuale merita di essere risarcito tanto nel c.d. interesse negativo ossia il danno emergente tanto in quello derivante da lucro cessante e coincidente con la perdita degli affari e di occasione di lavoro alternative; sottolinea che nel “perimetro” di tale interesse negativo va ricompresa sia il danno da mancata “realizzazione” – a seguito della mancata conclusione del contratto – del fitto dell’azienda per il triennio ma anche quello derivante dalla perdita di valore dell’azienda per l’ingerenza di fatto della società Ca. nella gestione aziendale. Ad avviso della ricorrente incidentale il danno emergente avrebbe dovuto essere quantificato tenendo conto della differenza tra il valore dell’azienda alla fine dell’anno in cui le trattative erano iniziate (31.12.2011) ed il valore dell’azienda alla fine dell’anno in cui le trattative si erano chiuse (31.12.2012) per effetto del recesso ingiustificato della Ma.Ca. Spa.

2.2. Con il secondo motivo la ricorrente incidentale denuncia la “Violazione dell’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c.”; nello specifico, contesta come motivazione apparente, motivazione con contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, quella resa dalla Corte d’appello al fine di escludere la sussistenza del danno emergente, sebbene dagli atti processuali (in particolare, dalla Ctu esperita) emergesse la prova del medesimo.

3. Per ragioni di ordine logico, va esaminato con priorità il ricorso incidentale che non è fondato.

3.1. Invero, non sussistono i vizi lamentati dalla società De.Mi. Srl con i due mezzi sopra sinteticamente illustrati, che possono essere congiuntamente esaminati ponendo entrambi, sotto diversi profili, la stessa questione.

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La Corte d’appello napoletana, sulla base di un ragionamento piano e adeguato, affatto apparente o incomprensibile, come contrariamente ritenuto dalla ricorrente incidentale, si è posta in linea con i principi affermati da questa Corte in materia ed ha escluso motivatamente, sul punto, che vi fosse alcuna relazione tra il fitto d’azienda non concluso e il danno conseguente alla perdita di concessione Ford, erroneamente riconosciuto in prime cure alla stessa società odierna ricorrente incidentale, rapporto di concessione tra questa e la Ford, risoltosi per un inadempimento della stessa De.Mi..

In proposito, la Corte d’appello ha in modo esatto richiamato gli orientamenti consolidati secondo cui “in tema di responsabilità precontrattuale, il pregiudizio risarcibile è circoscritto al solo interesse negativo, costituito sia dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative ed in vista della conclusione del contratto, sia dalla perdita di altre occasioni di stipulazione contrattuale, pregiudizio liquidabile anche in via equitativa, sulla base di criteri logici e non arbitrari” (Cass. 3.12.2015, n. 24625), e ancora, l’indirizzo secondo cui “.. ove sia dedotta una ipotesi di responsabilità precontrattuale ex articolo 1337 c.c. per ingiustificato recesso dalla trattativa, non essendo stato stipulato il contratto e non essendovi stata lesione di diritti che dallo stesso sarebbero nati, non può mai essere dovuto un risarcimento equivalente a quello conseguente all’inadempimento contrattuale (Cass. 10 giugno 2005, n. 1231)”” (Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 15 aprile 2016, n. 7545 già sopra cit.)” (così testualmente nella sentenza impugnata pag. 15).

Va pure evidenziato, in proposito, che la Corte di merito, in base ad un accertamento di fatto, non censurabile in questa sede, ha poi ritenuto non corretto il criterio di liquidazione del danno adottato dal primo giudice, atteso che dall’istruttoria esperita “era emerso in maniera inequivocabile che il rapporto di concessione tra la De.Mi. e la Ford si è risolto per inadempimento della De.Mi. e, pertanto, questa alcun guadagno avrebbe potuto ricavare dalla vendita di veicoli nell’anno in questione. Nessuna relazione, pertanto, sussiste tra il fitto d’azienda non concluso ed il danno conseguente alla perdita della concessione Ford collegata ad inadempienze della De.Mi.” (ancora testualmente nella sentenza impugnata pagg. 1516).

Non sussiste quindi alcuna confusione tra il risarcimento del danno emergente costituente parte dell’interesse negativo e quantificato correttamente, ad avviso della ricorrente incidentale, dal Giudice di prime cure, con il risarcimento corrispondente a quello conseguente all’inadempimento contrattuale; in proposito, il pregiudizio economico occorso al patrimonio aziendale, quale diretta conseguenza della illecita ingerenza di fatto di Ma.Ca. Spa nella gestione aziendale, che avrebbe determinato la perdita di valore dell’azienda nella misura stabilita dal CTU, è stato, infatti, come già evidenziato, ritenuto non collegato alla situazione di obiettiva difficoltà aziendale, già instauratasi, prima dell’inizio delle trattative tra De.Mi. e Ma.Ca..

A tale riguardo va pure precisato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla controricorrente ricorrente incidentale che su tale presunto rigetto fonda le sue doglianze (v. controricorso pagg. 17 e 18), il secondo motivo di appello non è stato rigettato bensì è stato in parte accolto dalla Corte di merito, che ha esplicitamente affermato di non condividere le valutazioni espresse dal Tribunale testualmente riportate nella sentenza impugnata anche nella parte in cui il primo giudice aveva ritenuto che “nel caso di specie non può dubitarsi che, qualora la De.Mi. Spa non avesse subito i danni al valore della propria azienda, avrebbe continuato a svolgere l’attività di concessionaria di (…) Spa e, dunque, a trarre utili da questa”. Pertanto, la sentenza impugnata – contrariamente a quanto sostenuto dalla De.Mi. E C Srl nel controricorso con ricorso incidentale a p. 18 – non conferma in alcun modo la gestione di fatto dell’azienda da parte dell’attuale ricorrente principale fino al recesso né, in ogni caso, l’imputabilità diretta della riduzione del valore aziendale a siffatta gestione di fatto.

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4. Venendo all’esame del ricorso principale, meritano accoglimento il primo e il terzo dei motivi nei limiti ed in ragione delle seguenti considerazioni.

4.1. La Corte d’appello, sebbene abbia riconosciuto come meritevole di risarcimento, circoscritto all’interesse negativo, il danno derivato alla De.Mi. Srl dall’illegittima interruzione delle trattative da parte della Ca. Spa, tuttavia l’ha ritenuto risarcibile nella componente del lucro cessante “consistente nella mancata realizzazione, a seguito della mancata conclusione del contratto , del fitto di azienda per un triennio che nella bozza di accordo prevedeva un fitto mensile di Euro 2.500,00” (pag. 16 della sentenza impugnata).

In tal guisa, il Giudice d’appello pur richiamando l’indirizzo consolidato espresso da questa Corte, a mente del quale la responsabilità precontrattuale prevista dall’art. 1337 c.c., coprendo, nei limiti del cosiddetto interesse negativo, tutte le conseguenze immediate e dirette della violazione del dovere di comportarsi secondo buona fede nella fase preparatoria del contratto, secondo i criteri stabiliti dagli artt. 1223 e 2056 c.c., si estende al danno per il pregiudizio economico derivante dalle rinunce a stipulare un contratto, ancorché avente contenuto diverso, rispetto a quello per cui si erano svolte le trattative, se la sua mancata conclusione si manifesti come conseguenza immediata e diretta del comportamento della controparte, che ha lasciato cadere le dette trattative quando queste erano giunte al punto di creare un ragionevole affidamento nella conclusione positiva di esse (v. Cass. civ. Sez. 3, 6/07/2023, n. 19202; in senso conforme: Cass. Sez. 1, 10/03/2016 n. 4718; Cass. Sez. 3, 12/03/1993, n. 2973), ha poi, contraddittoriamente, con conseguente vizio di motivazione sul punto, fatto ricorso ad un parametro corrispondente a quanto dalle parti convenuto sia economicamente sia temporalmente per il fitto d’azienda, accordo mai concluso, per l’accertata rottura delle trattative da parte della Ma.Ca..

Orbene, il riferimento ai canoni di locazione dell’azienda -che la De.Mi. avrebbe percepito nel triennio- rappresenta (come ben asserisce la ricorrente principale in memoria) il ricavo lordo che avrebbe conseguito col contratto, non corrispondendo quindi ad un corretto parametro logico giuridico in base al quale quantificare il danno risarcibile quale circoscritto al solo “interesse negativo”.

5. In conclusione, meritano accoglimento il primo e terzo dei motivi del ricorso principale, assorbito il secondo, mentre il ricorso incidentale va integralmente rigettato; per l’effetto, va cassata la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinviata la causa alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche in merito alle spese del presente giudizio di legittimità.

A carico della ricorrente incidentale, stante il rigetto del ricorso dalla medesima proposto, sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto (Cass. Sez. U, 20 febbraio 2020, n. 4315), ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

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P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e terzo dei motivi del ricorso principale, assorbito il secondo motivo, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche in merito alle spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dalla medesima proposto, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso il 10 settembre 2024.

Depositata in Cancelleria il 13 settembre 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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