Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|20 settembre 2024| n. 25313.
Responsabilità del datore e l’omissione di cautele dei lavoratori
In tema di responsabilità del datore, l’omissione di cautele da parte dei lavoratori non è idonea ad escludere il nesso causale rispetto alla condotta colposa del datore di lavoro che non abbia provveduto all’adozione di tutte le misure di prevenzione rese necessarie dalle condizioni concrete di svolgimento del lavoro, non essendo né imprevedibile né anomala una dimenticanza dei lavoratori nell’adozione di tutte le cautele necessarie. In tal senso, il concorso di colpa del lavoratore o rischio elettivo, tale da escludere il nesso di causalità, si ha allorquando il lavoratore abbia posto in essere un contegno abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute. Un comportamento, quindi, che deve essere frutto di una scelta arbitraria volta a creare e ad affrontare, volutamente, per ragioni o impulsi personali, una situazione diversa da quella legata all’attività lavorativa, creando condizioni di rischio estranee alle normali modalità del lavoro da svolgere e ponendosi, in tal modo, come causa esclusiva dell’evento dannoso.
Ordinanza|20 settembre 2024| n. 25313. Responsabilità del datore e l’omissione di cautele dei lavoratori
Data udienza 9 luglio 2024
Integrale
Tag/parola chiave: Infortunio sul lavoro – Responsabilità del datore di lavoro – Omissione di cautele da parte del lavoratore – Nesso causale – Concorso di colpa del lavoratore – Rischio elettivo – Condotta abnorme – Scelta arbitraria – Necessità
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere – Rel.
Dott. TASSONE Stefania – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12934/2023 R.G. proposto da:
LI.PI. Spa, in persona del legale rappresentante in carica, domiciliato per legge in ROMA, alla piazza CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MA.FR. (omissis), con domicilio digitale come in atti;
– ricorrente –
contro
Co.Ci. e Fa.An., domiciliate per legge in ROMA, alla piazza CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentate e difese dall’avvocato ZA.DA. (omissis), con domicilio digitale come in atti;
– ricorrenti incidentale –
nonché contro
GE.IT. Spa
– intimata –
avverso la SENTENZA della Corte d’Appello di TRIESTE n. 109/2023 depositata il 03/03/2023.
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 8/07/2024, dal Consigliere relatore Cristiano Valle.
Responsabilità del datore e l’omissione di cautele dei lavoratori
FATTI DI CAUSA
Co.Va., quale dipendente della LI.PI. Spa, il giorno (omissis), mentre compiva dei lavori sulla sommità della villetta di proprietà del presidente della detta società Ar.Gi. (in particolare nell’effettuazione delle opere di reimpermeabilizzazione del tetto o di una tettoia) sita in L, alla via (omissis), cadde da oltre tre metri di altezza e venne soccorso da un passante mentre giaceva riverso, con i piedi ancora impigliati in una scala, non fornitagli dalla società, e trasportato all’ospedale, ivi decedette.
Fa.An. e Co.Ci., rispettivamente la madre e la sorella di Co.Va., anche quali eredi di Co.An. rispettivamente loro marito e padre, deceduto dopo quattro anni dalla morte del figlio, convennero in giudizio, dinanzi al Tribunale di Udine, con atto di citazione notificato il 12/02/2019, la società LI.PI..
Questa si costituì in giudizio e resistette alla domanda.
Il Tribunale di Udine, istruita la causa con prove testimoniali, acquisizione di documenti e consulenza medico legale di ufficio, con sentenza n. 75 del 22/01/2022, rigettò la domanda.
Su impugnazione di Fa.An. e Co.Ci. la Corte d’Appello di Trieste, nel ricostituito contraddittorio delle parti, con sentenza n. 109 del 3/03/2023, ha accolto l’impugnazione e ha liquidato oltre trecento sessantamila Euro in favore della madre e della sorella del lavoratore deceduto (specificamente Euro 233.867,50 per Fa.An. e Euro 130.662,10 per Co.Ci. oltre interessi compensativi al tasso legale sulle dette somme svalutate alla data del sinistro – 14/05/2014 – e via via rivalutate fino alla data della sentenza e oltre interessi legali da detta data al saldo.
Responsabilità del datore e l’omissione di cautele dei lavoratori
Avverso la sentenza della Corte territoriale ricorre per cassazione la LI.PI. Spa con atto affidato a quattro motivi.
Resistono con controricorso Fa.An. e Co.Ci.
GE.IT. Spa è rimasta intimata.
Il Procuratore generale non ha presentato conclusioni.
Entrambe le parti hanno depositato memoria e il difensore della LI.PI. ha chiesto di essere rimesso in termini per provvedere all’incombente qualora fosse stato ritenuto incompleto il procedimento informatico di deposito.
Il Collegio, all’adunanza camerale del 8/07/2024 ha trattenuto il ricorso in decisione, acquisendo la memoria della società ricorrente.
Responsabilità del datore e l’omissione di cautele dei lavoratori
RAGIONI DELLA DECISIONE
La Li.Pi. Spa propone i seguenti motivi di ricorso:
primo motivo, violazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. dell’art. art. 115 cod. proc. civ. per errore di percezione sulla ricognizione del contenuto delle prove, anche in riferimento all’art. 132, comma 2, n. 4 per motivazione apparente in relazione all’art. 111 Costituzione, la società LI.PI. Spa censura la sentenza d’appello per erronea percezione dell’informazione probatoria, con riferimento, in particolare, al contenuto delle testimonianze.
Secondo motivo, violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., insussistenza del fatto storico grave, preciso e concordante dal quale trarre la conoscenza da parte del presidente Ar.Gi. della esecuzione dei lavori da parte del Co.Va., con il detto motivo è censurata la sentenza d’appello laddove ha ritenuto che dalla presenza dell’Ar.Gi. nella propria abitazione potesse inferirsi che egli era a conoscenza che stava effettuando dei lavori sul tetto della stessa.
Terzo motivo, violazione degli artt. 2043, 2087 cod. civ., 41 e 43, c.p., nonché degli artt. 113, comma 6, lett. d) e f), 115, comma 1, 15, 71, 75 del D.Lgs. n. 81 del 2008 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la società ricorrente censura la sentenza laddove questa ha affermato che erano state omesse le cautele antinfortunistiche di cui al D.Lgs. n. 81 del 9/04/2008.
Quarto motivo violazione degli artt. 2043, 2087 cod. civ. e 1227, comma 1, cod. civ. in combinato disposto con l’art. 20 del D.Lgs. n. 81 del 2008 e 2104 cod. civ., nonché degli artt. 71, 73, 75 e 78 del D.Lgs. n. 81 del 2008 in tema di uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., con detto mezzo la sentenza è impugnata laddove ha escluso la rilevanza del concorso di colpa del lavoratore deceduto nella causazione dell’evento.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile, risolvendosi in una contestazione dell’apprezzamento del materiale probatorio, e segnatamente di quello testimoniale, già adeguatamente compiuto dal giudice di merito. Sul punto, peraltro, è agevole richiamare la più recente giurisprudenza di questa Corte (Sez. U., n. 5792 del 05/03/2024 Rv. 670391 – 01), che ha escluso che nel novero dei vizi spendibili con il ricorso ordinario per cassazione vi sia quello di c.d. travisamento della prova nel senso prospettato dal motivo, laddove non ricorrano ipotesi di insufficienza della motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., nel senso della violazione del minimo costituzionale o di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, nel senso della totale omissione della valutazione di un fatto. Invero, nel caso di specie non si è verificata alcuna delle due ipotesi, la Corte d’Appello ha preso in esame tutte le testimonianze raccolte in primo grado e ha, al contrario di quanto ritenuto dal Tribunale, escluso che si fosse in presenza di un rischio elettivo e ha affermato, con adeguato apprezzamento di merito, che l’incarico di procedere ai lavori sul tetto (o comunque sulla tettoia) dell’abitazione dell’Ar.Gi., era stato conferito a Co.Va. dai vertici della LI.PI. Spa, cosicché deve escludersi, come fatto dalla Corte d’Appello, che il lavoratore fosse salito sul tetto per una sua libera scelta, in totale autonomia organizzativa e peraltro la stessa difesa della società ricorrente afferma che l’incarico era stato conferito al Co.Va., affinché vi provvedesse quando avrebbe avuto tempo. Occorre, inoltre, ribadire, con riferimento all’art. 115 cod. proc. civ., che affinché si configuri effettivamente un motivo denunciante la violazione del paradigma dell’art. 115 cod. proc. civ. è necessario che venga denunciato, nell’attività argomentativa ed illustrativa del motivo, che il giudice non ha posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè che abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che, per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso art. 115 cod. proc. civ.), mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’art. 116 cod. proc. civ., che non a caso è rubricato alla “valutazione delle prove”. Ne segue che il motivo così dedotto è privo di fondamento per ciò solo (Sez. U., n. 16598 del 2016 e Cass. n. 11892 del 10/06/2016 Rv. 640192 – 01).
Responsabilità del datore e l’omissione di cautele dei lavoratori
Il secondo motivo del ricorso principale, incentrato sul disposto dell’art. 2729 cod. civ. è inammissibile, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 3541 del 13/02/2020 Rv. 657016 – 01) secondo la quale: “è possibile censurare la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. solo allorché ricorra il c.d. vizio di sussunzione, ovvero quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti, li ritenga, però, inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso”.
Il motivo all’esame, ancora, come già il primo motivo, pone in discussione la valutazione del materiale e delle risultanze istruttorie, ma non censura adeguatamente, come sopra prospettato, il ragionamento presuntivo operato dalla Corte d’Appello.
Il terzo e il quarto motivo del ricorso della LI.PI. Spa possono essere congiuntamente scrutinati, in quanto strettamente connessi, poiché entrambi incentrati sul disposto dell’art. 2087 cod. civ. e della normativa prevenzionale, di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008 e sul principio di causalità.
I motivi sono entrambi infondati: costituiscono circostanze incontroverse che Co.Va. nello svolgere il compito demandatogli dalla società, ossia la effettuazione di operazioni di impermeabilizzazione o reimpermeabilizzazione del tetto, o di una tettoia aggettante, abbia utilizzato una scala non adeguata e che non era stata fornita dalla società stessa. Ciò, nondimeno, non concretizza concorso di colpa del lavoratore o rischio elettivo, tale da escludere il nesso di causalità, posto che il rischio elettivo si ha allorquando (Cass. n. 3763 del 12/02/2021 Rv. 660550 – 01) soltanto ove il lavoratore “abbia posto in essere un contegno abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, sulla base di una scelta arbitraria volta a creare e ad affrontare, volutamente, per ragioni o impulsi personali, una situazione diversa da quella inerente all’attività lavorativa, creando condizioni di rischio estranee alle normali modalità del lavoro da svolgere e ponendosi, in tal modo, come causa esclusiva dell’evento dannoso”.
Responsabilità del datore e l’omissione di cautele dei lavoratori
La detta citata giurisprudenza richiama l’affermazione pure ricorrente nelle pronunce di questa Corte secondo la quale “il datore di lavoro ha il dovere di proteggere l’incolumità del lavoratore nonostante la sua imprudenza o negligenza (così Cass. n. 1994 del 13/02/2012, Rv. 620913 – 01; ed ancora Cass. n. 5419 del 25/02/2019, secondo cui “l’omissione di cautele da parte dei lavoratori non è idonea ad escludere il nesso causale rispetto alla condotta colposa del committente che non abbia provveduto all’adozione di tutte le misure di prevenzione rese necessarie dalle condizioni concrete di svolgimento del lavoro, non essendo né imprevedibile né anomala una dimenticanza dei lavoratori nell’adozione di tutte le cautele necessarie, con conseguente esclusione, in tale ipotesi, del c.d. rischio elettivo, idoneo ad interrompere il nesso causale ma ravvisabile solo quando l’attività non sia in rapporto con lo svolgimento del lavoro o sia esorbitante dai limiti di esso”.
L’orientamento è stato vieppiù, e di recente, ribadito, essendosi esclusa la rilevanza del concorso di colpa del lavoratore che non si era adeguatamente allontanato dall’area di manovra durante le operazioni di un carroponte che stava provvedendo alla movimentazione di alcune lamiere (Cass. n. 25597 del 21/09/2021 Rv. 662272 – 01).
Alle pagg. 24 e segg. della motivazione della sentenza impugnata è, peraltro, adeguatamente spiegato per quale ragione il Co.Va. non poteva ritenersi in colpa: nell’incaricarlo il datore di lavoro avrebbe dovuto anche fornirgli le attrezzature necessarie e se del caso del personale per coadiuvarlo “posto che comunque allo stesso non competeva l’organizzazione suo lavoro”. L’accertamento dell’imprudenza del lavoratore non è valso, secondo la logica e coerentemente argomentata motivazione dei giudici di merito a rendere configurabile un concorso di colpa, in quanto al Co.Va. era stato affidato un incarico non rientrante nelle sue mansioni senza che gli fosse fornita tutta l’attrezzatura necessaria e che vi fosse stata adeguata sorveglianza sulla scelta dei mezzi da utilizzare da parte del datore di lavoro.
I detti due ultimi motivi di ricorso, che, peraltro, sono connotati da scarsa specificità, sono pertanto, rigettati.
Responsabilità del datore e l’omissione di cautele dei lavoratori
Il ricorso principale è, quindi, infondato.
Il ricorso principale deve, in conclusione, essere rigettato.
Il ricorso incidentale condizionato di Fa.An. e Co.Ci., con il quale era chiesta, nel caso di accoglimento del ricorso principale, la riforma della sentenza d’appello laddove aveva escluso la sussumibilità dell’accaduto nell’ambito dell’art. 2050 cod. civ., è assorbito dal rigetto del ricorso principale.
Il ricorso incidentale autonomo di Fa.An. e Co.Ci. incentrato sull’ammontare delle spese delle fasi di merito è fondato, risultando non adeguatamente applicati, dalla Corte territoriale, i valori tabellari di riferimento, tenuto presente che il valore della controversia si attesta tra i duecentosessantamila Euro e i cinquecentoventimila Euro e che compete l’aumento del trenta per cento, per esservi due parti con identica posizione.
In riforma della sentenza d’appello le spese del detto grado, e quelle del primo grado di giudizio sono rispettivamente, in applicazione dei valori medi di cui al D.M. (Giustizia) n. 55 del 2014, liquidate in Euro 20.119,00 per la fase dell’impugnazione di merito e in Euro 22.457,00 per il primo grado, oltre accessori.
Responsabilità del datore e l’omissione di cautele dei lavoratori
Le spese di lite della presente fase del giudizio seguono la soccombenza della LI.PI. Spa e son liquidate come in dispositivo, in considerazione dell’attività processuale espletata in relazione al valore della controversia.
Nulla per le spese nei confronti di GE.IT. Spa, che non ha svolto attività difensiva.
Le spese, comprensive di tutte le somme liquidate a detto titolo, sono distratte in favore dell’avvocato Da.Za. che ha reso la dichiarazione di cui all’art. 93, comma 1, cod. proc. civ.
Il rigetto dell’impugnazione comporta che deve attestarsi, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Il deposito della motivazione è fissato nel termine di cui al secondo comma dell’art. 380-bis 1 cod. proc. civ.
Responsabilità del datore e l’omissione di cautele dei lavoratori
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato e accoglie il ricorso incidentale autonomo. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore delle controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.200,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, nonché, in riforma della sentenza d’appello e di quella di primo grado sul punto, al pagamento delle spese dei relativi grado, che liquida in Euro 20.119,00 oltre accessori per l’appello e in Euro 22.457,00 per il primo grado oltre accessori, con distrazione in favore dell’avvocato Da.Za..
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e in favore del competente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, Sezione Terza civile, il giorno 8 luglio 2024.
Depositata in Cancelleria il 20 settembre 2024.
Responsabilità del datore e l’omissione di cautele dei lavoratori
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
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