Corte di Cassazione, sezione tributaria, Ordinanza 6 febbraio 2019, n. 3394.
La massima estrapolata:
Laddove il contribuente, a seguito di risposta negativa ricevuta sull’interpello proposto per la disapplicazione della normativa sulle società di comodo, pur avendo conteggiato in dichiarazione il reddito minimo previsto ma non lo abbia poi pagato, non è più legittimato ad opporsi successivamente nel merito della pretesa quando l’Amministrazione gli notifica l’iscrizione a ruolo a seguito di liquidazione automatizzata. Questo in quanto, se il legislatore subordina la concessione di un beneficio fiscale ad una precisa manifestazione di volontà del contribuente, la dichiarazione reddituale assume il valore di atto negoziale e come tale irretrattabile in caso di errore.
Ordinanza 6 febbraio 2019, n. 3394
Data udienza 24 ottobre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente
Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere
Dott. STALLA Giacomo – Consigliere
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere
Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7537/2013 R.G. proposto da:
(OMISSIS) s.r.l. unipersonale, in persona del legale rapp.te p.t., elett.te domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), unitamente all’avv. (OMISSIS), che la rapp.ta e difende come da procura speciale a margine del ricorso
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elett.te domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 95/11/12 della Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia, depositata il 9/8/2012, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24 ottobre 2018 dalla dr Milena d’Oriano.
RITENUTO
CHE:
1. con sentenza n. 95/11/12, depositata il 9/8/2012, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia ha rigettato l’appello proposto da (OMISSIS) s.r.l. societa’ non operativa ai sensi della L. n. 724 del 1994 – avverso la sentenza n. 79/01/11 della Commissione Tributaria Provinciale di Gorizia, che aveva a sua volta respinto il ricorso della societa’ avverso la cartella esattoriale notificatale, a seguito di controllo automatizzato Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ex articolo 36 bis, per il recupero dell’IRES 2006;
3. la CTR ha rilevato che era stata la stessa appellante ad aver indicato nel Mod. Unico relativo a quell’anno l’ammontare del proprio reddito in misura corrispondente a quello minimo presunto derivante dall’applicazione della disciplina sulle c.d. societa’ di comodo ed ha pertanto affermato che l’ufficio, che non aveva proceduto a rettifiche o correzioni, ma si era limitato a richiedere il pagamento dell’IRES calcolata dalla contribuente, era pienamente legittimato a ricorrere alla procedura di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 36 bis; il giudice d’appello ha inoltre ritenuto che gli fosse preclusa ogni ulteriore valutazione in ordine alla dedotta sussistenza dei presupposti per la disapplicazione della predetta disciplina, posto che la societa’, dopo aver ottenuto dalla Direzione Regionale delle Entrate risposta negativa all’interpello formulato sul punto, non si sarebbe dovuta adeguare al reddito minimo, ma avrebbe dovuto presentare una dichiarazione che, facendo figurare il minor reddito prodotto, avrebbe innescato l’accertamento dell’ufficio e consentito di dedurre la questione in sede contenziosa;
4. avverso la sentenza (OMISSIS) s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, articolati su piu’ profili, cui l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO
CHE:
1. con il primo motivo di ricorso, la contribuente denuncia violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, della normativa in tema di riscossione, del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articoli 1, 7, 4 e 49, degli articolo 112 e 115 c.p.c., nonche’ dell’articolo 2697 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3; la nullita’ della sentenza in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4; l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5;
1.2. nello specifico, la ricorrente lamenta che la CTR si sia arrestata al rilievo che la cartella richiedeva il pagamento del debito tributario da essa stessa indicato nella dichiarazione, e che abbia ignorato tutte le sue difese, omettendo di valutare le voci del Mod. Unico 2006 che contraddicevano quell’indicazione (il reddito pari a zero dichiarato al rigo RN1, la perdita di Euro 15.864,00 dichiarata al rigo RN2; l’importo di appena Euro 38.284 dichiarato per ricavi effettivi) e non considerando neppure che, una volta respinto l’interpello per ottenere la disapplicazione della normativa sulle societa’ di comodo, dichiarare il reddito minimo presunto in base a tale normativa risultava una scelta obbligata ai fini dell’invio della dichiarazione telematica, atteso che l’indicazione di un reddito inferiore costituiva errore “bloccante” sulla piattaforma telematica adottata dall’A.E; in ordine a tale ultima circostanza, che il contribuente sarebbe impossibilitato a provare, denuncia altresi’ la mancata attivazione dei poteri istruttori del giudice;
3. con il secondo motivo (OMISSIS) deduce violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articoli 1-7 e ss.; degli articolo 112 e 115 c.p.c., del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articoli 36-bis e 37-bis, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 435 del 2001, articolo 2; del Decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, articolo 2; della L. n. 304 del 1994, articolo 30, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3; la nullita’ della sentenza in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4; l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti; osserva, in particolare, che il fatto che l’ammontare dell’imposta fosse stato indicato nella dichiarazione non precludeva l’accertamento di merito in ordine alla sua effettiva debenza, atteso che in sede contenziosa e’ sempre consentito al contribuente di dimostrare l’errore compiuto nella determinazione del tributo;
OSSERVA CHE:
1. Il primo motivo di ricorso e’ infondato.
1.1. L’accertamento formale Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ex articolo 36 bis, consiste essenzialmente in un mero riscontro cartolare delle dichiarazioni ed e’ finalizzato alla verifica della correttezza degli adempimenti posti a carico dei contribuenti.
Tale strumento e’ utilizzabile sia ai fini della regolarizzazione degli aspetti formali della dichiarazione (con conseguente eventuale determinazione della maggior imposta dovuta o rettifica del credito chiesto a rimborso), in modo da evitare che il contribuente effettui gli stessi errori nelle dichiarazioni successive o che insorga contenzioso su questioni immediatamente risolvibili, sia nel caso di mera liquidazione dell’imposta sulla base dei dati forniti dal contribuente medesimo nelle proprie dichiarazioni e nei propri adempimenti fiscali, nonche’ nel caso di interessi e sovrattasse per ritardato od omesso pagamento delle stesse.
1.2 Nella prima ipotesi l’esito della liquidazione viene reso noto attraverso l’emanazione di un avviso di comunicazione contenente l’indicazione degli aspetti formali sanabili e i motivi della liquidazione della maggiore imposta o del diniego di rimborso; nello stesso avviso, l’Amministrazione fissa, inoltre, un termine di 30 giorni che permettera’ al contribuente di regolarizzare la dichiarazione presentata, ovvero determinare anche l’interruzione del procedimento nei suoi confronti o la modifica dei risultati gia’ acquisiti, attraverso l’esibizione di ulteriore dati ed elementi.
Nella seconda, in cui il contribuente si trova gia’ nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa tributaria originata dalla sua stessa dichiarazione, e’ consentito invece all’Amministrazione di procedere direttamente all’iscrizione a ruolo ed all’emanazione della cartella.
Costituisce orientamento consolidato di questa Corte che “In materia di riscossione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 36 bis e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 54 bis, l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarita’, al fine di evitare la reiterazione di errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, e’ dovuto solo ove dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero un’imposta o una maggiore imposta e, comunque, la sua omissione determina una mera irregolarita’ e non preclude, una volta ricevuta la notifica della cartella, di corrispondere quanto dovuto con riduzione della sanzione, mentre tale adempimento non e’ prescritto in caso di omessi o tardivi versamenti, ipotesi in cui, peraltro, non spetta la riduzione delle sanzioni amministrative ai sensi del Decreto Legislativo n. 462 del 1997, articolo 2, comma 2. (Cass. n. 13759 del 2016);
negli stessi termini Cass. n. 4360 del 2017 “In tema di controlli delle dichiarazioni tributarie, l’attivita’ dell’Ufficio accertatore, correlata alla contestazione di detrazioni e crediti indicati dal contribuente, qualora nasca da una verifica di dati indicati da quest’ultimo e dalle incongruenze dagli stessi risultanti, non implica valutazioni, sicche’ e’ legittima l’iscrizione a ruolo della maggiore imposta ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 36-bis e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 54-bis, non essendo necessario un previo avviso di recupero”.
1.3 Ebbene nel caso in esame l’Amministrazione non ha calcolato l’imposta autonomamente, cioe’ utilizzando e qualificando come effettivo il reddito dichiarato da (OMISSIS) quale risultato del test di operativita’, determinato secondo i parametri presuntivi previsti dalla L. n. 724 del 1994, articolo 30, nel testo risultante dalle modifiche apportate dal Decreto Legge n. 223 del 2006, articolo 35, conv. dalla L. n. 248 del 2006, ma si e’ limitata a procedere alla liquidazione dell’imposta nella misura dichiarata come dovuta dalla stessa societa’ contribuente al rigo RN21 del Modello Unico, che, secondo quanto accertato dal giudice del merito, conteneva anche l’indicazione, al rigo RN5 ed al rigo RF80, di un medesimo importo quale reddito imponibile e quale reddito imponibile minimo, scelta sintomatica della chiara volonta’ della dichiarante di adeguarsi al reddito minimo derivante dalla disciplina sulle societa’ di comodo.
1.4 Quanto all’eccezione secondo cui l’indicazione del reddito minimo sarebbe avvenuta al solo fine di consentire l’invio telematico della dichiarazione, si rileva che la stessa societa’ ricorrente da’ atto che tale circostanza e’ rimasta del tutto sfornita di un riscontro probatorio.
In ordine invece alla lamentata mancata attivazione dei poteri istruttori ufficiosi della CTR va ribadito che “Nel processo tributario, il Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 7, in quanto norma eccezionale attributiva di ampi poteri istruttori officiosi alle Commissioni Tributarie, tra i quali la facolta’ di ordinare il deposito di documenti necessari ai fini della decisione, trova applicazione solo quando l’assolvimento dell’onere della prova a carico del contribuente sia impossibile o sommamente difficile. Tale indefettibile condizione richiede, a carico della parte, l’allegazione e l’accertamento della specifica situazione di fatto che, nel caso concreto, abbia reso impossibile o sommamente difficile l’assolvimento dell’onere della prova, essendo insufficiente la mera affermazione dell’esistenza del presupposto priva dell’allegazione relativa all’avvenuta sollecitazione del giudice del merito all’esercizio del predetto potere.” (Vedi Cass. n. 4589 del 2009).
Ebbene nessuna allegazione risulta effettuata nell’atto di appello, trascritto in ricorso, circa queste difficolta’ probatorie che avrebbero dovuto indurre la CTR ad attivare i propri poteri istruttori.
1.5 Va quindi ritenuto legittimo il ricorso da parte dell’Agenzia delle Entrate allo strumento del controllo formale Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ex articolo 36 bis, per richiedere un importo determinato sulla base di un esame meramente cartolare dei dati forniti dallo stesso contribuente.
2. Anche il secondo motivo di ricorso va rigettato.
2.1 Secondo l’indirizzo giurisprudenziale consolidato di questa Corte, “sebbene le denunce dei redditi costituiscano di norma delle dichiarazioni di scienza e, quindi, possano essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti, nondimeno quando il legislatore subordina la concessione di un beneficio fiscale ad una precisa manifestazione di volonta’ del contribuente, la dichiarazione assume per questa parte il valore di un atto negoziale., come tale irretrattabile anche in caso di errore, salvo che il contribuente dimostri che questo fosse conosciuto o conoscibile dall’amministrazione; (Vedi Cass. n. 14550 del 2018; n. Cass. n. 18180 del 2015; Cass. n. 1427 del 2013, in termini analoghi Cass. n. 7294 del 2012; sui termini per la rettifica in caso di errori o omissioni si veda Cass. n. 13378 del 2016).
Piu’ specificamente e’ stato precisato da Cass. n. 7294 dei 2012 e da Cass. n. 6977 del 2015, che “l’affermazione di una generale ed automatica emendabilita’ degli errori commessi dal contribuente nella redazione della dichiarazione, tuttavia, non puo’ ritenersi estesa alla dichiarazione dei redditi “tout court”, ma deve correttamente circoscriversi alla indicazione di quei dati, relativi alla quantificazione delle poste reddituali positive o negative, che integrino errori tipicamente materiali (ad es. errori di calcolo od anche errata liquidazione degli importi), ovvero anche formali (concernerti le esatta individuazione della voce del modello da compilare nella quale collocare la posta)”.
2.2 Nel caso di specie, la dichiarazione dell’intendimento di adeguamento al parametro del reddito minimo imponibile previsto dalla normativa sulla disciplina delle cd. societa’ di comodo va indubbiamente considerato atto negoziale, perche’ incide sulla determinazione della base imponibile, e sull’entita’ del tributo da versare, ed evita alla contribuente, attraverso l’adeguamento al test di operativita’, che l’amministrazione proceda alla rettifica o comunque all’assoggettamento alla disciplina disincentivante delle societa’ “non operative”, introdotta dalla L. n. 724 del 1994, articolo 30, commi da 1 a 7, (come modificata dal Decreto Legge n. 41 del 1995, articolo 27, conv. in L. n. 85 del 1995, integralmente riscritta dalla L. n. 662 del 1996, articolo 3, commi da 37 a 45); circostanza di cui la ricorrente era pienamente consapevole avendo in precedenza presentato istanza di interpello per la disapplicazione di tale normativa, gia’ rigettata.
Ne’, in ogni caso, la contribuente ha dedotto che tale indicazione avesse costituito un mero errore materiale o formale emendabile, limitandosi a pretendere di poter successivamente modificare la propria dichiarazione iniziale.
3. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va rigettato.
4. Segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimita’, che si liquidano come da dispositivo.
4.1 Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, in quanto notificato dopo tale data, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17 (che ha aggiunto il Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la societa’ ricorrente a pagare all’Agenzia delle Entrate le spese del presente giudizio, che si liquidano nell’importo complessivo di Euro 4.100,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1- bis.
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