Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 28219.
Procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi e l’istanza di decisione presentata da uno solo dei litisconsorti
In tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, previsto dall’art. 380-bis, comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), l’istanza di decisione, tempestivamente presentata da uno solo dei litisconsorti necessari, fa sì che il processo litisconsortile, in virtù dell’inscindibilità delle cause, debba essere trattato nelle forme camerali di cui all’art. 380-bis.1 c.p.c. anche nei confronti degli altri litisconsorti che non abbiano presentato analoga istanza, potendo tale circostanza rilevare unicamente in relazione alle conseguenze sanzionatorie eventualmente discendenti dalla conformità della decisione finale alla proposta.
Ordinanza|| n. 28219. Procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi e l’istanza di decisione presentata da uno solo dei litisconsorti
Data udienza 14 settembre 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Ricorso in cassazione – Ex articolo 380 – bis c.p.c. – Impugnazioni – Litisconsorzio necessario – Istanza di decisione da parte di uno solo dei litisconsorti – Trattazione del ricorso nei confronti di tutti gli altri litisconsorti – Contraddittorio necessario – Corte costituzionale, con sentenza n. 41 del 2006
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere
Dott. GORGONI Marilena – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14404/2022 R.G. proposto da:
(OMISSIS), e (OMISSIS), rappresentate e difese dall’Avv. (OMISSIS) (p.e.c. indicata: (OMISSIS));
– ricorrenti –
contro
Fallimento (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione, in persona del Curatore (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), (p.e.c. indicata: (OMISSIS)), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo (OMISSIS) S.r.l. (p.e.c.: (OMISSIS));
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze, n. 632/2022, depositata il 5 aprile 2022;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 settembre 2023 dal Consigliere Dott. Emilio Iannello.
Procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi e l’istanza di decisione presentata da uno solo dei litisconsorti
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS) ed (OMISSIS) ricorrono, con quattro mezzi, nei confronti del Fallimento (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione (che resiste con controricorso), per la cassazione della sentenza n. 632/2022, depositata il 5 aprile 2022, con la quale la Corte d’appello di Firenze ha confermato la decisione di primo grado che, in accoglimento della domanda della curatela – creditrice sulla base di decreto ingiuntivo della somma di Euro 598.387,00, indebitamente distratta, negli anni dal (OMISSIS), dalla (OMISSIS) e dal di lei coniuge, (OMISSIS), soci della S.r.l., dai fondi della S.r.l., per far fronte a debiti personali – aveva dichiarato nullo, per simulazione assoluta, l’atto con il quale, nell’aprile del 2012, in piena concomitanza dunque con detta ammessa attivita’ distrattiva, (OMISSIS) aveva trasferito alla figlia diciannovenne (OMISSIS) la proprieta’ di un compendio immobiliare sito in (OMISSIS) col mandato di rivenderlo a terzi.
2. In data 29 marzo 2023 e’ stata comunicata ai difensori delle parti proposta di definizione accelerata, ex articolo 380-bis c.p.c. (nel testo introdotto dal Decreto Legislativo n. 149 del 2022, applicabile al ricorso ai sensi dell’articolo 35, comma 6, di esso), con pronuncia di inammissibilita’, sulla base della seguente motivazione:
“… tutti i motivi sui quali si fonda il ricorso sono inammissibili, sia in quanto dedotti senza rispettare l’articolo 366 c.p.c., n. 6, giacche’ non forniscono l’indicazione specifica degli atti e documenti su cui si fondano (secondo i criteri indicati dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte: ex multis, Cass., Sez. Un., n. 28547 del 2008 e 7161 del 2010, nonche’ Cass., Sez. Un., n. 8950 del 2022), sia per l’assoluta genericita’ e mancanza di specificita’ della loro illustrazione (Cass. n. 4741 del 2005, il cui consolidato principio di diritto e’ stato ribadito, ex multis, da Cass., Sez. Un., n. 7074 del 2017, in motivazione espressa, sebbene non massimata);
“… ad abundantiam,… il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso, pur nella loro genericita’, si profilano altresi’ come inammissibili, risolvendosi in censure di merito relative all’accertamento dei fatti compiuto sulla base degli elementi probatori acquisiti, accertamento che e’ insindacabile in sede di legittimita’;
“la violazione e falsa applicazione dell’articolo 115 e dell’articolo 116 c.p.c., espressamente evocata dal quarto motivo, non rispetta i criteri di deduzione indicati dalla giurisprudenza di questa Corte, inaugurati da Cass. n. 11892 del 2016, ribaditi, in motivazione non massimata, ma espressa, da Cass., Sez. Un., n. 16598 del 2016 e, quindi, ex multis, da Cass. n. 20867 del 2020, sollecitando, appunto, una rivalutazione della quaestio facti per come ricostruita dal giudice di merito”.
3. In data 8 maggio 2023 l’Avv. (OMISSIS), nella dichiarata qualita’ di difensore di (OMISSIS), ha depositato istanza ex articolo 380-bis c.p.c., comma 2, corredata da nuova procura.
E’ stata fissata, quindi, la trattazione del ricorso in adunanza camerale ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c..
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.
Il controricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Occorre premettere che l’istanza di decisione, tempestivamente presentata da una sola delle ricorrenti, (OMISSIS), per ministero dello stesso procuratore che nell’interesse di entrambe aveva proposto unico ricorso, munito di nuova procura rilasciata dalla sola (OMISSIS), fa si’ che, vertendosi in ipotesi di inscindibilita’ di cause (per litisconsorzio necessario sostanziale: v. ex multis Cass. n. 13145 del 25/05/2017), debba comunque darsi corso alla trattazione del processo litisconsortile nelle forme camerali di cui all’articolo 380-bis.1 anche nei confronti dell’altra ricorrente, (OMISSIS), a tanto non ostando che analoga istanza essa invece non abbia presentato.
Valgano in tal senso le seguenti considerazioni:
– in presenza di una rituale istanza di decisione presentata da uno dei litisconsorti necessari, il giudizio non potrebbe giammai dirsi estinto nei suoi confronti; essa costituisce infatti atto d’impulso ai fini della trattazione della causa nelle forme ordinariamente previste, a fronte della quale la mancanza di analogo atto di impulso del litisconsorte necessario non puo’ considerarsi ragione sufficiente per non darvi corso, occorrendo solo valutarne la rilevanza ad altri effetti, segnatamente in relazione alle conseguenze sanzionatorie eventualmente discendenti da una decisione finale conforme alla proposta;
– costituisce principio generale dell’ordinamento processuale, chiaramente ricavabile da altre norme del processo, quello per cui l’inerzia di un litisconsorte necessario non puo’ essere ragione sufficiente a paralizzare il diritto di agire in giudizio o il diritto di difesa dell’altro o degli altri litisconsorti, salva solo la necessita’ di assicurare il contraddittorio (articolo 331 c.p.c.);
– in questa logica la Corte costituzionale, con sentenza n. 41 del 2006, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il combinato disposto degli articoli 38 e 102 c.p.c., per contrasto con gli articoli 24 e 25 Cost., nella parte in cui, in ipotesi di litisconsorzio necessario, consente, secondo l’interpretazione allora assolutamente dominante e consolidata nella giurisprudenza della Corte di cassazione, di ritenere improduttiva di effetti l’eccezione di incompetenza territoriale derogabile proposta non da tutti i litisconsorti convenuti, sul rilievo che “il conflitto tra il convenuto litisconsorte che, proponendo l’eccezione, invoca la competenza del giudice naturale precostituito per legge e il convenuto litisconsorte che, viceversa, non si oppone a che il giudizio si svolga davanti ad un giudice individuato difformemente da quanto previsto dalla legge, non puo’ risolversi, attraendo l’unitario giudizio, altrimenti che a favore del foro legale, dal quale non puo’ essere distolto il convenuto che con la sua eccezione lo invochi”;
– per converso il comportamento inerte della parte litisconsorte necessaria, se sul piano strutturale e’ in se’ interpretabile quale rinuncia tacita al ricorso, secondo il disposto dell’articolo 380-bis c.p.c., comma 2, ultimo periodo, (“in mancanza” dell’istanza “il ricorso si intende rinunciato”), sul piano funzionale rimane comunque rinuncia priva di effetti (almeno ai fini della prosecuzione del processo), non solo nei confronti del litisconsorte necessario che, avendo presentato invece l’istanza, non puo’ considerarsi a sua volta rinunciante, ma anche nei confronti dello stesso litisconsorte inerte, non potendosi ipotizzare una decisione non unitaria, in quanto inutiliter data in ipotesi di processo a litisconsorzio necessario;
– in tal senso, del resto, e’ incontrastato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui la rinuncia al ricorso per Cassazione di uno solo fra piu’ ricorrenti in causa inscindibile e’ priva di efficacia (v., tra le pronunce massimate, Cass. n. 4177 del 19/02/2008; n. 1502 del 16/02/1994; n. 834 del 10/02/1986; n. 3312 del 16/10/1968).
2. Procedendo, dunque, allo scrutinio dei motivi di ricorso giova premettere che, a fondamento dell’espresso convincimento, circa la natura assolutamente simulata della vendita, la Corte territoriale ha posto, in termini sostanzialmente conformi a quelli utilizzati dal primo giudice, un ragionamento presuntivo fondato sui seguenti elementi indiziari, ritenuti gravi, precisi e concordanti:
i) ” l’operazione negoziale fittizia s’innesta in un quadro di stretti legami familiari, tali da garantire l’assoluta tenuta della realta’ dissimulata, ovvero tali da scongiurare l’eventualita’ di un’appropriazione del bene da parte del simulato acquirente in forza delle apparenze.
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ii) ” la vendita ad un parente affinche’ questi rivenda sollecitamente a terzi si palesa economicamente irrazionale, in quanto comporta un raddoppio di costi fiscali e notarli non trascurabili.
iii) ” la simulata acquirente era all’epoca poco piu’ che maggiorenne, nonche’ del tutto priva di mezzi e di esperienze per gestire proficuamente, secondo le apparenze allestite, l’accennata operazione di collocamento dell’immobile sul mercato.
iv) ” appare risibile la scusa addotta dalla madre per spiegare l’incarico d’intermediazione conferito alla figlia, vale a dire “che la signora (OMISSIS), anche a causa dei propri pressanti impegni lavorativi, non dispone del tempo necessario per curare con la dovuta diligenza la vendita del predetto immobile” (cosi’ testualmente nelle premesse del rogito); per vendere un immobile, invero, non c’e’ bisogno di andare in giro a cercare un compratore, basta incaricare un’agenzia immobiliare, che e’ in grado di trovarlo con abilita’ e strumenti decisamente maggiori di quelli a disposizione di una ragazza.
v) ” che l’esigenza di trasferire la titolarita’ del bene non fosse quella di realizzarlo a beneficio dei creditori, ma semmai di sottrarlo ai creditori, viene praticamente “confessato” dalla stessa difesa della (OMISSIS), quando (a pag. 3-4 della comparsa di costituzione in primo grado) scrive che “stante appunto l’esistenza di numerosi debiti, veniva operato il trasferimento della titolarita’ del bene immobile in favore della (OMISSIS)”, sicche’ il bene “risultava protetto dall’azione che poteva essere promossa anche da un solo creditore”.
vi) ” l’immobile di fatto non e’ stato rivenduto a terzi “nel piu’ breve tempo possibile”, come da programma annunciato, bensi’ e’ rimasto per anni nella disponibilita’ della famiglia, cosi’ contraddicendo platealmente le motivazioni della (finta) alienazione. La conservazione del bene dopo la stipulazione del rogito nello stesso identico assetto funzionale in cui si trovava anteriormente costituisce un settimo elemento tipico della figura simulatoria, nell’ambito della quale al formale mutamento della situazione giuridica non si accompagna, come sarebbe normale, un coerente mutamento nella situazione materiale.
vii) ” la (OMISSIS) aveva un buon motivo per spogliarsi fittiziamente della proprieta’ dell’immobile nel momento in cui, insieme al marito, stava depredando una societa’ scarsamente capitalizzata a rischio d’insolvenza: sottrarre il bene alla probabile aggressione dei creditori, giacche’ gli atti di mala gestio che la titolare della carica amministrativa stava compiendo avrebbero comportato una grave responsabilita’ patrimoniale destinata inevitabilmente ad emergere in prosieguo”.
3. Con il primo motivo le ricorrenti denunciano, con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e/o falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 28 del 2010, sostenendo che, riguardando la domanda in via principale la titolarita’ di un bene immobile, il Tribunale prima e la Corte di Appello poi avrebbero quindi dovuto disporre di darsi inizio alla procedura di mediazione obbligatoria per i diritti reali.
3.1. La censura e’ inammissibile per la sua patente genericita’ ed e’ comunque infondata.
Le ricorrenti – in palese violazione degli oneri di specificita’ imposti dall’articolo 366 c.p.c., n. 6, come gia’ rilevato nella proposta di definizione accelerata – non dicono se l’eccezione, che esse affermano di aver proposto con la comparsa di costituzione, sia stata esaminata dal Tribunale e, in tal caso, come sia stata valutata, ne’ se poi la questione sia stata riproposta in appello.
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Varra’ comunque rilevare che non si verte in materia di diritti reali ma in materia contrattuale, non compresa nelle materie indicate nel Decreto Legislativo n. 28 del 2010, articolo 5 comma 1-bis: la domanda relativa alla dichiarazione della simulazione ha ad oggetto il contratto e la sua efficacia; la domanda subordinata di cui all’articolo 2901 c.c. e’ relativa a un diritto di credito e alla conservazione della garanzia patrimoniale (v. Cass. n. 25855 del 23/09/2021).
4. Con il secondo motivo le ricorrenti denunciano, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1414 e 1415 c.c..
Contestano l’efficacia indiziaria degli elementi valorizzati in sentenza, rilevando che:
– il legame parentale era necessario dato che con l’atto si conferiva un mandato fiduciario gratuito;
– la vendita non doveva essere sollecita ma doveva garantire il giusto realizzo;
– la mandataria, sebbene di giovane eta’, era persona matura, perlomeno nella considerazione della madre; e’ ovvio, peraltro, che essa sarebbe stata comunque assistita da agenti immobiliari;
– la vendita celere dell’immobile non e’ stata possibile a causa della grave crisi del mercato immobiliare;
– la situazione giuridica e materiale non poteva mutare (!);
– la tempistica del trasferimento nessun pregiudizio poteva arrecare alla societa’ e dunque alla curatela che, al tempo, non era ancora creditrice, essendo stato il fallimento dichiarato nel (OMISSIS).
4.1. Anche tale censura e’ inammissibile.
In disparte la palese inosservanza degli oneri di specificita’ e autosufficienza imposti dagli articolo 366 c.p.c., n. 6 e articolo 369 c.p.c., n. 4.
quanto al se e come gli elementi fattuali cui si fa riferimento sarebbero stati introdotti nel processo, nei vari gradi, e la collocazione della loro fonte nel fascicolo di causa, e’ comunque evidente la natura meramente fattuale degli argomenti di critica, inidonei a palesare l’error iuris denunciato e piuttosto mirati a sollecitare, come gia’ evidenziato nella proposta di definizione accelerata, una mera rivalutazione del materiale istruttorio onde giungere ad una diversa ricostruzione dei fatti.
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In tale prospettiva la censura appare piu’ precisamente mirata a dedurre, piuttosto che una errata ricognizione della portata normativa astratta degli articoli 1414 e 1415 c.c., la violazione delle regole che, ai sensi dell’articolo 2729 c.c., devono presiedere il ragionamento presuntivo. Un tale effettivo contenuto della censura (al cui scrutinio non osta la diversa intestazione in rubrica del motivo: v. Cass. Sez. U. 24/07/2013, n. 17931), non rispetta pero’ i criteri e i requisiti al riguardo indicati, sulla falsariga di giurisprudenza precedente, da Cass. Sez. U. 24/01/2018, n. 1785, nei termini seguenti:
“la denuncia di violazione o di falsa applicazione della norma di diritto di cui all’articolo 2729 c.c. si puo’ prospettare… sotto i seguenti aspetti:
aa) il giudice di merito (ma e’ caso scolastico) contraddice il disposto dell’articolo 2729 c.c., comma 1, affermando (e, quindi, facendone poi concreta applicazione) che un ragionamento presuntivo puo’ basarsi anche su presunzioni (rectius: fatti), che non siano gravi, precise e concordanti: questo e’ un errore di diretta violazione della norma;
bb) il giudice di merito fonda la presunzione su un fatto storico privo di gravita’ o di precisione o di concordanza ai fini della inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota, cosi’ sussumendo sotto la norma dell’articolo 2729 c.c. fatti privi di quelle caratteristiche e, quindi, incorrendo in una sua falsa applicazione, giacche’ dichiara di applicarla assumendola esattamente nel suo contenuto astratto, ma lo fa con riguardo ad una fattispecie concreta che non si presta ad essere ricondotta sotto tale contenuto, cioe’ sotto la specie della gravita’, precisione e concordanza.
Con riferimento a tale secondo profilo, si rileva che, com’e’ noto, la gravita’ allude ad un concetto logico, generale o speciale (cioe’ rispondente a principi di logica in genere oppure a principi di una qualche logica particolare, per esempio di natura scientifica o propria di una qualche lex artis), che esprime nient’altro – almeno secondo l’opinione preferibile – che la presunzione si deve fondare su un ragionamento probabilistico, per cui dato un fatto A noto e’ probabile che si sia verificato il fatto B (non e’ condivisibile, invece, l’idea che vorrebbe sotteso alla “gravita’” che l’inferenza presuntiva sia “certa”).
La precisione esprime l’idea che l’inferenza probabilistica conduca alla conoscenza del fatto ignoto con un grado di probabilita’ che si indirizzi solo verso il fatto B e non lasci spazio, sempre al livello della probabilita’, ad un indirizzarsi in senso diverso, cioe’ anche verso un altro o altri fatti.
La concordanza esprime – almeno secondo l’opinione preferibile – un requisito del ragionamento presuntivo (cioe’ di una applicazione “non falsa” dell’articolo 2729 c.c.), che non lo concerne in modo assoluto, cioe’ di per se’ considerato, come invece gli altri due elementi, bensi’ in modo relativo, cioe’ nel quadro della possibile sussistenza di altri elementi probatori considerati, volendo esprimere l’idea che, in tanto la presunzione e’ ammissibile, in quanto indirizzi alla conoscenza del fatto in modo concordante con altri elementi probatori, che, peraltro, possono essere o meno anche altri ragionamenti presuntivi.
Ebbene, quando il giudice di merito sussume erroneamente sotto i tre caratteri individuatori della presunzione fatti concreti accertati che non sono invece rispondenti a quei caratteri, si deve senz’altro ritenere che il suo ragionamento sia censurabile alla stregua dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 e compete, dunque, alla Corte di cassazione controllare se la norma dell’articolo 2729 c.c., oltre ad essere applicata esattamente a livello di proclamazione astratta dal giudice di merito, lo sia stata anche a livello di applicazione a fattispecie concrete che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie astratta.
Essa puo’, pertanto, essere investita ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 dell’errore in cui il giudice di merito sia incorso nel considerare grave una presunzione (cioe’ un’inferenza) che non lo sia o sotto un profilo logico generale o sotto il particolare profilo logico (interno ad una certa disciplina) entro il quale essa si collochi. La stessa cosa dicasi per il controllo della precisione e per quello della concordanza.
In base alle considerazioni svolte la deduzione del vizio di falsa applicazione dell’articolo 2729 c.c., comma 1, suppone allora un’attivita’ argomentativa che si deve estrinsecare nella puntuale indicazione, enunciazione e spiegazione che il ragionamento presuntivo compiuto dal giudice di merito – assunto, pero’, come tale e, quindi, in facto per come e’ stato enunciato – risulti irrispettoso del paradigma della gravita’, o di quello della precisione o di quello della concordanza.
Occorre, dunque, una preliminare attivita’ di individuazione del ragionamento asseritamente irrispettoso di uno o di tutti tali paradigmi compiuto dal giudice di merito e, quindi, e’ su di esso che la critica di c.d. falsa applicazione si deve innestare ed essa postula l’evidenziare in modo chiaro che quel ragionamento e’ stato erroneamente sussunto sotto uno o sotto tutti quei paradigmi.
Di contro la critica al ragionamento presuntivo svolto da giudice di merito sfugge al concetto di falsa applicazione quando invece si concreta o in un’attivita’ diretta ad evidenziare soltanto che le circostanze fattuali in relazione alle quali il ragionamento presuntivo e’ stato enunciato dal giudice di merito, avrebbero dovuto essere ricostruite in altro modo (sicche’ il giudice di merito e’ partito in definitiva da un presupposto fattuale erroneo nell’applicare il ragionamento presuntivo), o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica semplicemente diversa da quella che si dice applicata dal giudice di merito, senza spiegare e dimostrare perche’ quella da costui applicata abbia esorbitato dai paradigmi dell’articolo 2729, comma 1 (e cio’ tanto se questa prospettazione sia basata sulle stesse circostanze fattuali su cui si e’ basato il giudice di merito, quanto se basata altresi’ su altre circostanze fattuali).
In questi casi la critica si risolve in realta’ in un diverso apprezzamento della ricostruzione della quaestio facti e, in definitiva, nella prospettazione di una diversa ricostruzione della stessa quaestio e ci si pone su un terreno che non e’ quello dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 (falsa applicazione dell’articolo 2729 c.c., comma 1), ma e’ quello che sollecita un controllo sulla motivazione del giudice relativa alla ricostruzione della quaestio facti.
Terreno che, come le Sezioni Unite (Cass. Sez. U. nn. 8053 e 8054 del 2014) hanno avuto modo di precisare, vigente il nuovo n. 5 dell’articolo 360 c.p.c., e’ percorribile solo qualora si denunci che il giudice di merito ha omesso l’esame di un fatto principale o secondario, che avrebbe avuto carattere decisivo per una diversa individuazione del modo di essere della detta quaestio ai fini della decisione, occorrendo, peraltro, che tale fatto venga indicato in modo chiaro e non potendo esso individuarsi solo nell’omessa valutazione di una risultanza istruttoria”.
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Ebbene, nella specie, l’impostazione censoria e’ chiaramente orientata verso questo secondo versante argomentativo.
Si critica il valore presuntivo degli elementi considerati in ragione di una diversa loro ricostruzione e interpretazione, ovvero facendo ricorso ad ulteriori riferimenti fattuali, privi di riscontro in sentenza e comunque irrilevanti, o ancora prospettando una inferenza probabilistica semplicemente diversa da quella che si dice applicata dal giudice di merito, senza spiegare e dimostrare perche’ quella da costui applicata abbia esorbitato dai paradigmi dell’articolo 2729 c.c., comma 1.
In tal modo la critica, nel suo complesso, si risolve in realta’ nella prospettazione di una diversa ricostruzione della quaestio facti e si pone su un terreno che non e’ quello dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 (falsa applicazione dell’articolo 2729 c.c., comma 1), ma e’ quello che sollecita un controllo sulla motivazione del giudice relativa alla ricognizione della fattispecie concreta ed alla ponderazione dell’efficacia dimostrativa dei vari elementi di prova acquisiti.
5. Con il terzo motivo le ricorrenti deducono “violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1414 e 1417 c.c.”.
Lamentano che “la Corte di Appello di Firenze avrebbe dovuto accertare l’esistenza di un accordo simulatorio, quale prova della simulazione, mentre invece l’accordo simulatorio e’ stato solo presunto dagli indizi sopra esaminati che non possono essere considerati elementi precisi gravi e concordanti. La regola di giudizio violata dunque e’ sia nell’uso delle presunzioni (si e’ fatto ricorso a fatti noti non aventi carattere significativo) sia nella circostanza di aver dato prevalenza agli elementi indiziari, ed in particolare ad un indizio di secondo grado come quello ricavato dalla presunta intenzione elusiva, rispetto alle prove documentali”.
5.1. Il motivo e’ inammissibile sia per la sua palese genericita’, sia perche’, a voler dare ad essa il contenuto rappresentato dai rilievi svolti con il secondo motivo, nel senso della inammissibilita’ valgono le medesime considerazioni gia’ sopra svolte ai fini del relativo scrutinio, cui puo’ farsi rinvio.
6. Con il quarto motivo le ricorrenti infine denunciano, con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 115 c.p.c..
Lamentano che la Corte d’appello “ha dato prevalenza agli indizi e non ha ammesso le prove orali richieste… e neppure e’ stata ammessa la successiva produzione documentale cosi’ non riuscendo a pervenire ad un risultato certo, come avrebbe dovuto invece essere”.
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6.1. La censura e’ inammissibile.
In disparte anche in tal caso la palese genericita’ e inosservanza degli oneri di cui all’articolo 366 c.p.c., n. 6 (gia’ rilevata nella p.d.a.), si deduce l’inosservanza dell’articolo 115 c.p.c. in termini del tutto diversi da quelli indicati dalla giurisprudenza di questa Corte, come pure gia’ rimarcato nella p.d.a..
Va al riguardo rammentato che, secondo consolidato indirizzo, in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’articolo 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilita’ di ricorrere al notorio), mentre e’ inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attivita’ valutativa consentita dall’articolo 116 c.p.c. (v. Cass. Cass. n. 11892 del 2016; Cass. Sez. U. n. 16598 del 2016, in motivazione; Cass.- Sez. U. n. 20867 del 2020).
7. La conclusione delle considerazioni che precedono e’ che, in piena conformita’ alla proposta di definizione accelerata, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna delle ricorrenti, in solido, alla rifusione, in favore del Fallimento controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimita’.
8. Ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., comma 3, alla definizione del giudizio “in conformita’ alla proposta” consegue l'”applicazione” dell’articolo 96 c.p.c., commi 3 e 4 ossia, rispettivamente: a) la condanna della parte soccombente al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della controparte; b) la condanna, altresi’, della parte soccombente al pagamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma di denaro non inferiore ad Euro 500 e non superiore ad Euro 5.000.
La norma sottende una valutazione legale tipica del legislatore delegato, in ragione della quale l’applicazione delle sanzioni – di quelle del comma 3 come di quelle del comma 4 dell’articolo 96 – non e’ subordinata ad una valutazione discrezionale ma discende, “di default”, dalla definizione del giudizio in conformita’ alla proposta.
9. Nella Relazione illustrativa al Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 si precisa che la previsione in questione “non risponde ad un intento punitivo o sanzionatorio, ma e’ la realistica presa d’atto del fatto che la giurisdizione e’ una risorsa limitata”, di guisa che sembra conforme al sistema far si’ che il costo dell’aggravio per il servizio giustizia sia sostenuto da colui che, nonostante una prima delibazione negativa, abbia chiesto comunque una valutazione supplementare collegiale senza che ne sussistessero fondate ragioni.
Procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi e l’istanza di decisione presentata da uno solo dei litisconsorti
Si tratti di “sanzione”, o di “realistica presa d’atto” delle risorse limitate della giurisdizione, e’ pero’ allora evidente che la condanna, di default, ai sensi del comma 3 e/o del comma 4 dell’articolo 96, avra’ ragione di essere solo nei confronti della parte che l’aggravio per il servizio giustizia abbia determinato con la sua istanza di decisione.
Ne discende che, nella specie, nella quale, come detto, l’istanza e’ stata presentata solo da una delle ricorrenti litisconsorti necessarie, tale condanna si giustifica e andra’ pronunciata nei soli confronti di questa e non della parte che, non avendo presentato analoga istanza, doveva anzi considerarsi rinunciante tacita, ma la cui rinuncia tuttavia, per le ragioni dette, e’ rimasta priva di effetto, anche nei suoi confronti.
10. Nei confronti di quest’ultima l’eventuale applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 96 c.p.c., commi 3 e 4 resta bensi’ possibile, ma solo ove se ne ravvisino i presupposti propri di tali disposizioni, quali ordinariamente valutabili a discrezione del decidente, ove reputi di trovarsi di fronte – con riferimento al contenuto del ricorso originario e non certo alla istanza di decisione, che tale parte non ha presentato – ad una ipotesi di abuso del processo.
Nella specie, non ritiene il Collegio che tali ipotesi possa configurarsi in relazione al contenuto del ricorso, al di la’ della evidenziata inammissibilita’ delle censure, di per se’ non sufficiente a integrarne gli estremi.
11. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di entrambe le ricorrenti, in solido, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
Procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi e l’istanza di decisione presentata da uno solo dei litisconsorti
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso in conformita’ alla proposta di definizione accelerata. Condanna le ricorrenti, in solido, al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 8.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Condanna (OMISSIS), ai sensi dell’articolo 96 c.p.c., comma 3, al pagamento, in favore del controricorrente, della ulteriore somma di Euro 8.000.
Condanna (OMISSIS), ai sensi dell’articolo 96 c.p.c., comma 4, al pagamento, in favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1.000.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
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