Le prestazioni sovrafatturate

Corte di Cassazione, sezione sesta tributaria, Ordinanza 14 febbraio 2019, n. 4344.

La massima estrapolata:

Le prestazioni sovrafatturate non consentono al cessionario/committente la maggiore detrazione dell’Iva della fattura passiva per evitare il pregiudizio che altrimenti si determinerebbe alle risorse finanziarie della Ue. In tal caso, infatti, alla minore entrata dovuta in base alla detrazione d’imposta operata dal cessionario/committente, non verrebbe a corrispondere la maggiore entrata riscossa attraverso il prelievo fiscale operato nei confronti del soggetto passivo.

Ordinanza 14 febbraio 2019, n. 4344

Data udienza 22 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19744/2017 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso la quale e’ domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.r.l., in persona del legale rappresentante, (OMISSIS), rappresentata e difesa, per procura in calce al controricorso, dal prof. avv. (OMISSIS), presso il cui studio legale sito in (OMISSIS), e’ elettivamente domiciliata;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 56/02/2017 della Commissione tributaria di secondo grado di BOLZANO, depositata il 23/05/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 22/11/2018 dal Consigliere LUCIOTTI Lucio.

RILEVATO

che:
1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui replica l’intimata con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe indicata con cui la Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano, ha rigettato – oltre all’appello incidentale proposto dalla societa’ contribuente sulla questione del raddoppio dei termini di accertamento, che qui non rileva – anche l’appello principale dell’Agenzia delle entrate riconoscendo il diritto della societa’ contribuente di portare in detrazione l’IVA risultante da fatture emesse per operazioni inesistenti, ritenendo di non condividere i principi espressi in materia da questa Corte di cassazione, ma di dare prevalenza, perche’ inderogabile, al principio di neutralita’ dell’IVA in fattispecie come quella in esame in cui “non si e’ in presenza di alcuna condotta evasiva, avendo l’erario non soltanto non avuto alcun danno, ma addirittura un vantaggio dalla indebita sovrafatturazione delle prestazioni” e che non ricorreva “alcun indizio di una condotta fraudolenta ai fini fiscali di uno qualsiasi dei soggetti coinvolti”.
2. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato articolo 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio, all’esito del quale la controricorrente ha depositato memorie.

CONSIDERATO

che:
1. Con il motivo di ricorso, incentrato sulla indetraibilita’ dell’IVA relativa ad operazioni commerciali sovrafatturate e, come tali inesistenti, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione da parte dei giudici di appello del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 19 e articolo 21, comma 7.
2. Orbene, quella contestata dall’amministrazione finanziaria alla societa’ contribuente e’ la sovrafatturazione di operazioni commerciali, ovvero quel particolare meccanismo fraudolento che costituisce anche il presupposto per la configurabilita’ della fattispecie illecita prevista dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8, ovverosia l'”emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”, in relazione alla quale si e’ affermato che “Il delitto previsto dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8 e dalla L. n. 516 del 1982, articolo 4, comma 1, lettera d), intende punire ogni tipo di divergenza tra la realta’ commerciale e l’espressione documentale di essa e non soltanto la mancanza assoluta dell’operazione. La falsa fatturazione quantitativa e’ punita non solo nel caso in cui la divergenza tra il reale ed il rappresentato e’ totale, ma anche quando e’ parziale e l’operazione economica si sia effettivamente verificata tra i soggetti indicati in fattura, ma in termini minori rispetto al dichiarato” (Cass. pen., n. 5804 del 2004; v. anche Cass. pen. n. 45056 del 2010).
3. La sovrafatturazione e’ quindi disciplinata, in ambito fiscale, dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 21, comma 7, che, nella versione vigente ratione temporis prevedeva che, “se viene emessa fattura per operazioni inesistenti, ovvero se nella fattura i corrispettivi delle operazioni o le imposte relativi sono indicate in misura superiore a quella reale, l’imposta e’ dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura” (disposizione modificata dal Decreto Legislativo n. 158 del 2015, articolo 31, comma 1, con decorrenza dal 1 gennaio 2016, che attualmente prevede che l’imposta in tali ipotesi e’ dovuta dal “cedente o prestatore”, che emette la falsa fatturazione).
3.1. Al riguardo questa Corte ha precisato che “In tema d’IVA, in attuazione del principio di cartolarita’ posto a base del sistema impositivo va escluso il diritto alla detrazione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, articolo 19, comma 1, in relazione ad operazioni oggettivamente inesistenti non assumendo rilievo che il cessionario abbia versato al cedente l’ammontare del tributo sulla base della regolarita’ formale dell’operazione dal punto di vista contabile e fiscale, atteso che l’imposta e’ dovuta ogniqualvolta la fattura sia emessa, seppure per un’operazione non avvenuta o non avvenuta nei termini in essa descritti” (Cass., Sez. 6 – 5, ord. n. 12111 del 10/06/2015; in termini, Cass., Sez. 5, sent. n. 1565 del 27/01/2014; Sez. 5, sent. n. 10939 del 27/05/2015, Rv. 635942; n. 20060 del 07/10/2015, Rv. 636663; ord. n. 11873 del 2018; ord. n. 9721 del 19/04/2018, Rv. 647833, § 7.1 e segg.) Analogamente non rileva l’effettivo utilizzo della fattura emessa per operazioni inesistenti, in quanto nella fattispecie tributaria di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 21, comma 7, che fa applicazione del “principio di cartolarita’”, l’insorgenza del rapporto impositivo sorge per la semplice “emissione” del documento contabile, completo in tutto i suoi elementi formali, in quanto suscettibile di essere utilizzato a fini fiscali – o ad altri fini giuridicamente rilevanti ove non sia stato tempestivamente eliminato e sottratto al commercio giuridico (Cass., Sez. 5, sent. n. 10939 del 27/05/2015, in motivazione).
3.2. Sempre in tale ultima pronuncia si e’ condivisibilmente affermato che “Il principio di neutralita’ dell’IVA, che informa la disciplina comunitaria, non viene ad essere peraltro contraddetto dalla norma tributaria in questione (Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 21, comma 7), avuto riguardo al chiaro disposto normativo dell’articolo 21, paragr. 1, lettera c), della Sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio in data 17.5.1977, applicabile “razione temporis”, secondo cui deve ritenersi “soggetto passivo” d’imposta colui che “indichi l’imposta sul valore aggiunto in una fattura o in altro documento che ne fa le veci” (disposizione riprodotta nell’articolo 203 della nuova Direttiva IVA, 206/112/CE del Consiglio del 28/11/2006, che prevede che “l’IVA e’ dovuta da chiunque indichi tale imposta in una fattura” Se infatti la Corte di Giustizia UE ha ripetutamente affermato che il diritto alla detrazione implica indefettibilmente la effettiva debenza della imposta indicata in fattura, non essendo pertanto sufficiente a consentire l’esercizio del diritto alla detrazione la mera indicazione in fattura della imposta, qualora questa “non corrisponda ad un’operazione determinata, perche’ e’ piu’ elevata di quella dovuta per legge o perche’ l’operazione di cui trattasi non e’ soggetta all’IVA” (la decisione capostipite e’ la sentenza della Corte di giustizia CE, in data 13.12.1989, in causa 0342/87, Genius Holding BY), tale affermazione deve essere, evidentemente, correlata alle ipotesi in cui la sottostante inesistenza totale o parziale – della operazione falsamente rappresentata in fattura risulti tempestivamente ed utilmente accertata dalle autorita’ fiscali e sia stati effettivamente “neutralizzati” gli effetti giuridici (id est il diritto alla detrazione della imposta versata in rivalsa) conseguenti all’immissione del documento nel circuito del “sistema dell’IVA”: diversamente, nelle ipotesi in cui, non sia stato possibile impedire l’esercizio del diritto alla detrazione od al rimborso da parte del cessionario/committente, destinatario della fattura passiva ideologicamente falsa (ad esempio, versando il destinatario della fattura in buona fede, ovvero essendo decorso il termine di decadenza per l’accertamento nei confronti del medesimo soggetto), la pretesa fiscale della Amministrazione finanziaria nei confronti dell’emittente – soggetto passivo, fatta valere in relazione all’IVA liquidata in fattura se pure emessa a fronte di operazione inesistente, trova fondamento nella esigenza di evitare il pregiudizio che altrimenti verrebbe a determinarsi alle risorse finanziarie della Comunita’, ove alla minore entrata dovuta alla detrazione d’imposta effettuata dal cessionario/committente, non venisse a corrispondere la maggiore entrata riscossa con il prelievo fiscale operato nei confronti del soggetto passivo (cfr. Corte di giustizia sentenza 18.6.2009, C-566/07, Stadeco, punto 28).
3.6 La istituzione di tale necessaria correlazione tra prelievo e detrazione, e’ dunque determinata proprio dalla introduzione della fattura (recante dati non corrispondenti alla effettiva realta’ della operazione) nella operativita’ del sistema dell’IVA, che non tollera che la medesima fattura, una volta “emessa”, possa legittimare l’esercizio del diritto alla detrazione d’imposta ma non anche la riscossione della imposta, e si palesa quindi ragione idonea a fugare, dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 21, comma 7, i paventati dubbi di incompatibilita’ con l’ordinamento comunitario e di illegittimita’ costituzionale prospettati dalla societa’ resistente, sotto il profilo della surrettizia funzione meramente sanzionatoria- repressiva della norma tributaria in esame, rimanendo al contrario evidenziata la funzione di ripristinatoria dell’equilibrio del sistema dell’IVA svolta dalla predetta norma eliminando l’anomalia” creata in difetto di rettifica od annullamento della fattura contenente dati difformi dalla realta’ della operazione economica (cfr. Corte di giustizia, sentenza 31 gennaio 2013, C-642/11, Strov trans 1,00D, punto 34 e 35, in relazione all’articolo 203 della direttiva n. 112/2006 che ha riprodotto l’articolo 21, della 6 direttiva n. 388/1977)”.
4. Orbene, con riferimento al caso di specie osserva il Collegio che diversamente da quanto sostenuto dalla societa’ contribuente nel controricorso e ribadito nella memoria depositata ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., comma 2, u.p., non vi e’ stato alcun accertamento da parte dei giudici di merito circa l’effettivita’ delle operazioni contestate, in quanto sia i giudici di primo grado (per come si legge a pag. 3 della sentenza impugnata, ove si legge che con la sentenza n. 197/2015, la Commissione Tributaria di primo grado di Bolzano “Ritenne in sostanza che l’IVA, ancorche’ pagata su prestazioni sovrafatturate, fosse ugualmente detraibile”), che quelli d’appello (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata, ove la Commissione d’appello sostiene che “Non si e’ in presenza di alcuna condotta evasiva, avendo l’erario [âEuro¦] addirittura ricevuto un vantaggio dalla indebita sovrafatturazione delle prestazioni [âEuro¦]”, ritenuta quindi sub specie sussistente) si sono limitati a sostenere – invero erroneamente, per come detto sopra – la detraibilita’ dell’IVA su prestazioni sovrafatturate, peraltro sulla base di circostanze.
6. Da quanto detto emerge con evidenza che le tesi sostenute dalla CTR si pongono in insanabile ed ingiustificato contrasto con i sopra enunciati principi giurisprudenziali con la conseguenza che il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione d’appello competente che provvedera’ ad esaminare eventuali ulteriori profili di merito e a regolamentare le spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

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